Amalia, Amelia, Amulia
Pubblicato da nihil il 4 novembre 2008
Amalia, Amelia, Amulia.
Alle figlie mise il nome Amalia, Amelia, Amulia ( per la cronaca Amulio era il nonno di Romolo e Remo). Poi vennero tre maschi ma ormai l’ uomo era un alcolista d.o.c. e i figli risultarono tutti gravemente dementi , di quelli che la scienza chiama i figli del sabato sera, anche se in realtà Ulisse, Ettore e Patroclo erano il risultato di tutta la settimana.
Il buon padre cercava di mettere nel nome dei figli tutta la sua originalità e cultura, imparata sui libri di scuola e naufragata in una collezione di vini a basso costo.
Il suo amore per i figli non gli impedì di mettere sulla strada le ragazze, appena furono in grado di essere offerte al migliore cliente, di solito vecchi pensionati.
Queste ragazze crebbero con la convinzione che tutto ciò fosse la norma; la madre era morta precocemente , levandosi di dosso il peso delle responsabilità.
Quando capirono che non era proprio normale una faccenda simile, il padre era già morto di cirrosi, ma in compenso avevano ereditato il mantenimento dei tre fratelli dementi e una miriade di figlioli avuti da incidenti sul lavoro.
Non si lamentarono mai, ormai la strada era tracciata e loro non ebbero mai più un’altra scelta.
Mary era l’assistente sociale del comune, che si occupava delle loro storie, anche se loro non la conoscevano personalmente.
Lei lavorava in un ufficio e smistava pratiche e sussidi .
Lei aveva procurato la grande casa in campagna dove la grande famiglia viveva e sempre lei in un certo senso le ammirava; di loro apprezzava il coraggio e l’amore equamente distribuito tra i figli di tutte e tra i fratelli del “sabato sera”.
Lei aveva anche recuperato tra le amiche i mobili per arredare la grande casa.
Mary sapeva che se Amalia comperava le scarpe ai suoi figli, le comperava anche per gli altri ragazzi.
Se Amelia stirava la roba di tutti, Amulia andava a fare la spesa in bicicletta, creando un equilibrio cistercense tra le borse della spesa e i pedali.
Mary riconosceva che in quella casa c’era più amore che nelle case della gente detta perbene, e
guardava quella strana famiglia alla quale il destino sotto forma di padre aveva segnato una strada in salita e si stupiva che nonostante tutto ci fosse tanta serenità.
Rassegnazione, fatalismo, incoscienza? Non avrebbe saputo dirlo.
E poi venne il giorno in cui la Regione inventò uno di quegli sceening pseudo sociali che non servono a nulla, ma che fanno fare tanta bella figura alle istituzioni.
Si trattava di fare una specie di intervista con radici socio-sanitarie e tra tante donne invitate a rispondere al questionario, c’era anche Amalia.
Le donne aspettavano in sala di attesa di essere chiamate e Mary lo vedeva bene, stavano scostate da Amalia, parlando solo tra di loro. Con lei non volevano avere nulla da spartire, sapevano benissimo chi era e se ne guardavano bene d’avvicinarla. Tutto il paese conosceva le tre sorelle, e lei coraggiosamente cercava di darsi un contegno, guardando intensamente fuori dalla finestra o il pavimento o gli orari appesi in bacheca.
Nessuno le rivolgeva la parola, intorno a sé solo il vuoto dell’emarginazione, era una goccia d’olio in un bicchiere di acqua.
L’assistente sociale vedeva tutto ciò e soffriva come se lei stessa fosse stata ferita dal perbenismo, ma non poteva farci nulla.
Mary la invitò ad entrare in ufficio, le indicò la sedia , le rivolse le prime domande, cui lei rispose diligentemente , nome..cognome..titolo di studio… lavoro…quanti figli…
L’imbarazzo era tutto da parte dell’assistente, che non avrebbe mai voluto fare quelle domande, non ad Amalia, per non ferirla, ma non fargliele l’avrebbe fatta sentire diversa da tutte.
“Amalia Pesenti, scuole normali, casalinga…..”
E fu su quel “casalinga” che gli occhi azzurro slavati di Amalia si illuminarono, il sorriso ormai sdentato si allargò, la pelle cotta dal sole della strada parve persino elegante.
Ebbene sì, anche lei poteva finalmente dichiararsi casalinga, esattamente come tutte le altre donne: aveva raggiunto tramite quella qualifica, la parità o meglio il riscatto sociale, un’aureola di vita normale.
Per lei essere definita casalinga era come dichiarare di avere cinque lauree, una carriera alle spalle ed un futuro fatto delle cose di tutte le altre donne.
Era l’Uguaglianza.
Mary terminò il più velocemente possibile l’intervista e quando la donna uscì dall’ufficio, si concesse il lusso di lasciare scendere due lacrime di commozione, pensando a quante donne si struggono per essere “solo” casalinghe.
Amalia non lo seppe mai.
4 novembre 2008 alle 6:39 pm
una cosa bella cosi’ non mi capitava da molto.
c’e’ tutto, qui dentro.
una gran bella lezione, mio caro Nihil.
Amalia e’ di una forza e un coraggio che vorrei averne un decimo.
un maestro nella descrizione della scena in cui lei e’ tagliata fuori dalle altre e cerca di darsi un contegno.
mi pare di vederla mentre passa dalla bacheca, al pavimento e poi ancora alla bacheca e chissa’ quanto avra’ desiderato per un sorriso da parte di quelle quattro str…
e quando usi la parola “elegante” mi emozioni.
bravissimo, veramente.
questo e’ saper scrivere.
4 novembre 2008 alle 6:51 pm
Grazie Caterina, nella vita di tutti ci sono sguardi che non si lasciano dimenticare. N.
4 novembre 2008 alle 7:07 pm
CARO Nihil,
eccoti forse in linea contemporaneamnete e allora ti chiedo il perche’ del tuo nick…niente…in latino, se nn ricordo male…
baci
4 novembre 2008 alle 10:59 pm
Già, nihil=niente.
Nihil perchè è così che mi giudico e perchè mi consola pensare che un nihil non ha nulla da perdere. Nonna Nihil
5 novembre 2008 alle 4:59 pm
Ciao Nihil!!! Ma che bella sopresa rileggerti! Ci sei mancata, sai? Beh, almeno a me sicuramente
Molto bello questo tuo. L’immagine del sorriso sdentato alla fine colpisce molto profondamente.