Piccola ala – Littlewing

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      Non vi assicuro assiduità. Scrivo solo se trovo la giusta combinazione di parole e sensazioni,se provo qualcosa. Sono un puzzle di emozioni e sentimenti misti, di sensazioni e di idee improvvise. Mi piace tanto immaginare, sognare, fantasticare partendo dal mio punto di vista. Mi piace confrontarmi con gli altri e sapere cosa pensano di ciò che scrivo. Tornate a trovarmi, se vi va!

Due filari di alberi (Capitolo finale)

Pubblicato da piccolaala il 1 ottobre 2007

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Due filari d’alberi (III ed ultima parte)


 


La mattina del sabato cominciava con una bella alba sulle colline del viterbese. Il sole riscaldava l’aria ed il paese era già tutto in fermento.


Quella mattina, serena all’apparenza, non lo era per Veronica. La notte non era riuscita a chiudere occhio così si era alzata presto e si era seduta sul suo divano, che le ricordava tanti momenti felici.


Quindi aveva iniziato a pensare, pensare perché fosse così nervosa.


Lui già stava intorno agli stands della fiera e curava il suo spazio sistemando le foto del suo allevamento… e pensava a lei, ormai da giorni.


Pensare che oggi era quel sabato che aspettavano da tempo e si sarebbero rivisti.


Era da quella notte che non avevano notizie l’uno dell’altro ma lui aveva ancora il suo odore addosso.


Preparò tutto per bene, perchè doveva essere uno stand elegante; voleva fare bella figura con lei,


dei clienti non gli fregava granché.


Era lei al centro di tutto.


Il suo stand doveva essere il suo biglietto da visita per lei. Mentre attaccava i manifesti e le foto


e metteva tutte le brochures sui tavolini non riusciva a smettere di pensare a quella serata insieme, quella donna lo aveva cambiato.


Quel sabato mattina,da quando si era alzata, anche lei continuava a pensare e ripensare. Non sapeva cosa fare… andare o non andare a quell’incontro? Lui aveva avuto una vita avventurosa, era stato sposato, lei invece era una piccola ragazzetta provinciale, senza esperienze. Eppure le porte del suo cuore non si erano mai aperte in quel modo.


Quella ragazza aveva quello che si dice “un alone di luce” intorno, come un’energia di vita e d’amore


che si riscontra in poca gente o che si riesce a vedere solo tra anime elette.


Il pomeriggio arrivò in fretta. Lei decise che sarebbe andata. L’avrebbe rivisto da lontano almeno, lo doveva rivedere; lo portava nel cuore da quella sera.


Erano le sei del pomeriggio e lui stava attaccando i teli laterali dello stand.


Lei aveva scelto con cura cosa indossare.


Si girò un attimo …


Non aveva idea di cosa avrebbe fatto una volta lì ma ormai era comunque arrivata.


… e vide un sorriso, illuminato.


Era tesa, ma si sforzava di sorridere.


Lui a momenti cadeva dallo sgabello.


E ora? Cosa avrebbe detto? Era il caso d’avvicinarsi? Ma si, l’avrebbe salutato e poi, scambiate due parole, sarebbe andata via. Doveva fare così.


Riccardo si resse alla bene e meglio alla struttura di metallo e rimase incollato ai suoi occhi.


Lei, appena lo vide, ripercorse quella notte.


Le si avvicinò e la baciò sul lato della bocca.


Un dolce brivido le attraversò tutta la colonna vertebrale.


Per Riccardo era bello sentire di nuovo il suo profumo, sentire le sue mani… le accarezzò le spalle e disse:


R – Tesoro! Mi hai fatto ancora più felice venendo alla festa… senti? Hanno cominciato con la musica.


V – Già, sono venuta…ma devo dirti che sono stata a lungo indecisa.


R – Vuoi ballare? Se sei qui l’indecisione è svanita,però.


V – Si, devo dire di si, anche se…


R – Si, dimmi.


V – Anche se, io devo e voglio essere chiara con te.


R – Mi preoccupi..


V – E’ giusto che non ci sia ipocrisia tra noi.


R – Si. Ma dimmi. Che c’è, tesò?


V – Tu sai che io non sono sola. E’ da tempo ormai che sto con una persona.


R – Si, capisco.


V – Io non so cosa è rimasto per te dell’altra notte..


R – Andate d’accordo?


V – Quando stiamo insieme no. ( ahahah )


R – Se state lontani si?


V – Si, da lontano si. ( ??? )


R – Ma senti, cambiamo argomento… perchè non ci passiamo una bella serata noi due? Andiamo a ballare, vuoi?


V – Si, andiamo…non avrei mai detto ti piacesse ballare!


R – Si … a volte mi prende. Non riesco a stare fermo, sento la musica nel midollo.


V – Io sono molto più tranquilla, ma ballare non mi dispiace.


Appena avvicinati alla pista da ballo, quelle piste di paese improvvisate, con il gruppo dal vivo, con intermezzi di dischi di musica varia… appena avvicinati alla pista, iniziò un brano stupendo


” If you leave me now ” dei Chicago, un pezzo d’amore, lento e struggente, bello da morire.


“… Se mi lasci adesso, tu porti via la parte più grande di me… “, dice il testo.


R – Veronica, permetti?


E le porse una mano.


V – Certo.


La abbracciò … e ballarono stretti, guancia a guancia.


R – Ti voglio bene, Veronica. Non sono ipocrita, ma sento che non è uno scherzo.


Partì con qualche piccolo bacio. A questo punto lei, distrutta emotivamente, ricambiò il suo bacio; poi si allontanò dalla pista; aveva voglia di piangere tant’era giù.


R – Veronica, aspetta! Ti devo dire una cosa.. aspetta, ti prego!


V – Non mi va più di stare tra tutte questa persone, non arrabbiarti.


R – Fermati!


E le prese le mani.


R – Ti amo, non lo hai capito?


V – Il problema è proprio questo.


R – Ma, senti …


Driiiinnn drrrr driiinnn


R- Scusa … il cellulare squilla sempre nel momento meno opportuno… un attimo.


V – Non preoccuparti.


R – Pronto? Si?


R – Si,capisco… è urgente? Si,si.. mh mh..


R – Senti Nica …


V – Dimmi.


R – Aspettami 10 minuti, devo assentarmi. Hanno problemi con una parte della mandria, torno subito.


V – Ah, vai….tranquillo!


Le dette un bacio e sparì nella folla. Lei pensò di tornare allo stand ed aspettarlo lì. Fece la strada al contrario e passò vicino al chiosco dello zucchero filato.


V – Mmm perchè no?


Ne prese una stecca, poi  si diresse verso lo stand.


V – Ma non era dopo il negozio dei giocattoli? Qui non c’è nulla…


In effetti non c’era niente… vicino, solo una vecchietta che lavorava al tombolo e faceva i merletti. Era bravissima, la vecchia Livia, ed era conosciuta in paese per questa sua abilità. Lei sbigottita, non sapeva che pensare.


V – Avrò sbagliato strada..


Non potevano smontare uno stand in 3 minuti!


V – … sono sempre così confusa in mezzo alla gente!


La strada era quella; di fronte c’era l’antiquario. Allora chiese alla vecchietta.


V – Signora, mi scusi … ma qui non c’era lo stand dell’allevamento Benoki?


No, non c’è più … da tempo,ormai.


V – Da.. da tempo, ormai? Ma poco fa c’èra! Dove sono andati?


La vecchia si alzò, prese per mano Veronica e le disse:


L – Seguimi.


A lei cadde lo zucchero filato dalla mani, tremava. Si incamminarono verso la fine del paese e


la vecchietta le disse:


L – Hai conosciuto Riccardo, Olaf?


V – Si,signora. Ma io.. io continuo a non capirci molto!


L – Quando lo hai conosciuto?


V – La scorsa settimana.


La vecchia prese la ragazza stringendole le spalle. Continuando a camminare superarono un cancello di ferro. Lei non riusciva a parlare… non capiva… erano tutte in fila, pietre bianche, tutte uguali. Lapidi. Dopo dieci passi si fermarono. Su una c’era una foto, un nome che conosceva ed una data.


nato il 9-12-1960


morto il 19-7-1994


L – Vedi, cara, certe cose non si spiegano. Qualcuno non accetta quello che gli è capitato, soprattutto a lui, che era pieno di vita, dava forza a tutti. Ma è andato via presto purtroppo. Era mio nipote.


Era sconvolta da quello che aveva appena visto e scoppiò in lacrime ancora incredula. Non poteva essere, no no. La vecchia le aveva dato conforto, ma le lacrime continuavano a scendere. Non credeva a tutto questo, non riusciva ad immaginare… è vero,lei era sempre stata eccessivamente sensibile


fin da piccola… ma non questo! Non era possibile.


Dopo avere ripreso fiato e calmato il senso di smarrimento, salutò la vecchia Livia e riprese la strada di casa cercando di fare presto fino a che c’era luce.


La sua testa era piena di preoccupazioni e dubbi per la situazione assurda. Era confusa… aveva amato un’anima !?! Eppure lei lo ricordava vero, tangibile … come poteva essere?


Forse aveva immaginato tutto… lo aveva sognato? Ma lei ricordava odori, sensazioni


emozioni di quella serata con lui… com’era possibile??


Certo che la nonna Livia le aveva spiegato, non poteva mentire su una cosa simile!


Arrivò al cancello della tenuta. Anche ammettendo per assurdo che ciò che la vecchietta le aveva raccontato fosse vero… perchè quell’uomo aveva scelto proprio lei?


Questa domanda le girava e le rigirava in testa da quando aveva visto quella foto.


Imboccò il vialetto d’ingresso, quando…


R – Veronicaaa, tesoroooo!


Per poco non svenne. Lui arrivò di corsa dal sentiero. Lei iniziò a balbettare e sbiancò in viso.


V – Ma.. ma… ma tu…


R – Scusa … scusa .. mi hanno trattenuto!


Lei non disse altro, non capiva e non voleva capire. Era lì e bastava questo. E non aveva paura. Lo abbracciò forte.


V – Mi hai fatto prendere una paura, disse.


Anche lui contraccambiò.


R – Fa freddo, andiamo a casa?


Prepararono la cena, non dissero una parola. Lei non riusciva a capacitarsi. Pensava, era quasi assente quella sera. Dopo cena, prepararono the e tisana, come al loro primo incontro e si misero seduti sul divano, davanti al fuoco, accoccolati, dicendosi un vocabolario di parole d’amore. Presero sonno così, abbracciati.


Il fuoco si era spento da parecchio tempo e restava solo un po’ di brace che rilasciava ancora un tepido calore. Si svegliarono così, insieme, alle prime luci dell’alba, stupiti di non trovarsi soli.


Poi si guardarono a lungo negli occhi.


R – Veronica … mesà che ci siamo addormentati!


E scoppiarono a ridere.


V – Ehm… si… mi sa di si. Ahahah


V – Hai fretta di andare?


R – No, no. Ho tempo. Senti Verò, è l’alba…


V – L’avevo chiesto apposta se avevi fretta… dimmi.


R – Verò, beviamo un caffè e usciamo a fare due passi con questa luce magica? Ti va?


V – Si che mi va! Lo vado a preparare.


Presero un caffè guardandosi con il solito sguardo innamorato e quel sorriso complice ma un po’ da innamorati ebeti stampato in faccia.


R – Per me il solito cucchiaino e mezzo di zucchero, grazie.


V – Eh si, me lo ricordo…. ti darei un baciotto al caffè!


Dolce quel calore di caffè e quella sensazione di intorpidimento per aver dormito sul divano, si avvicinarono e si baciarono.


Presero il sentiero verso la collina, camminando lenti ed abbracciati.


V – Posso cingerti la vita mentre camminiamo, o ti infastidisce?


R – Guarda che con questo freschino se mi stringi è meglio!  


Pochi passi e si guardavano scambiandosi un bacio. Il sole cominciava a riscaldarli. Arrivarono in cima alla collina e scomparvero all’orizzonte.


 


Sono passati cinque anni ormai.


Nessuno sa che fine ha fatto quella dolce ragazza che abitava al limite del paese.


Nessuno si spiega perchè sia andata via così, senza preavvisi.


Ma la cosa ancora più strana è un fatto a dir poco soprannaturale.


Tutto il sentiero dalla casa, ormai abbandonata, fino alla collina, è circondato sul lato sinistro da alberi di castagno e sulla destra da bellissimi olivi.


Alberi secolari, in cinque anni.


Molti in paese parlano di questo fatto e c’è chi dice che ogni pomeriggio vede passeggiare la vecchia Livia nel sentiero, sorridendo.


Qualcuno afferma, sicuro, d’averla vista parlare da sola, a volte girando la testa a sinistra, altre a destra e tornare a casa sempre serena.


 


§

Un commento a “Due filari di alberi (Capitolo finale)”

  1. Andrea dice:

    Ciao Piccola Ala. Ecco questa parte gia’ mi e’ piaciuta un po’ di piu’, con meno dialoghi e piu’ parti narrate, ma non preoccuparti, sono gusti personali :)
    Anzi ho trovato molto bello il fatto che anche le parti narrate fossero “bicolore” in modo da far risaltare i due punti di vista.
    Grazie per avercelo fatto leggere :)

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