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CARLO

Pubblicato da rossanocrotti il 25 aprile 2007

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CARLO


 


La mattina che Carlo venne in ditta a vedere i mobili per il suo nuovo appartamento           (Carlo era l’uomo dell’eterno trasloco) era una mattina di sole. Ruggero decise di chiamare i giardinieri per tosare il prato. L’odore dell’ erba tagliata si sentì sin dietro il capannone ed era piacevole. Carlo lo conobbi solo qualche tempo dopo, quella mattina non lo vidi neppure. Si presentò con la moglie, la bambina di sette anni e l’ aspettativa di una seconda fra cinque mesi. La moglie, visibilmente incinta, voleva arredare la casa in funzione del futuro neonato. Gli accolse Ruggero che balzò fuori dal suo ufficio con l’agilità e la delicatezza di un ippopotamo con la giacca. La finanza era lì da due ore. Problema di base,  acquisti gonfiati e ipotetiche vendite fantasma. Carlo curiosava nell’ esposizione e Ruggero si  presentò a lui.


“Tozzi, piacere…il titolare…avete un’ idea ? “


“ Si, fra poco ci nasce il secondo figlio e siamo al quarto trasloco in otto anni….ci converrebbe comprare mobili di carta..  ah ..ah..ah.”


“Ah.. ah…ah…ah ah ah…” (la risata standard e falsa di Ruggero) che intanto offrì alla bambina una caramella da esposizione (quelle alla menta, dure, che non sono più in vendita, le trovi solo nelle esposizioni). Dopo questi convenevoli, ippo-Gero lasciò la coppia al venditore di fiducia e tornò dalla finanza.


“Tozzi, lei è di coccio, come fa a non sapere di cosa stiamo parlando? Qui manca della roba e in una contabilità come la sua, è impossibile che non si ricordi queste fatture.” Il Maresciallo Catania si stava incazzando. E aveva tutto il mio consenso. Ruggero, sia pure in buona fede, non era nato per comandare un’ azienda. E da quando suo padre era all’ ospedale, sempre in buona fede di casini ne aveva combinati parecchi.


Alle sei di sera la ditta si spense e lasciò un Ruggero seduto nel suo ufficio in penombra, con la faccia fra le mani e sotto l’orologio attaccato alla parete che sembrava andare troppo veloce per lui. Erano le sei di sera e a quell’ora si sentiva più triste, non poteva più urlare con nessuno. Nessuno da comandare nel giusto o nello sbagliato, tanto lui era il capo. Nessuno con cui parlare di macchine e di orologi, nessuno con cui pavoneggiarsi e fare sentire più piccolo. Il grande Ruggero finiva alle sei di sera. Solo, con la testa fra le mani, con lo sguardo verso la porta dove il personale andava verso casa, ordinatamente come in una sfilata di moda. Ruggero rimaneva solo con il ticchettio di quell’orologio. Era di suo padre (come tutto), ed era lì da quando esisteva la ditta, da quando lui era un bambino cicciottello che giocava con i trucioli del legno nel laboratorio. Per venticinque anni …..tic tac, tic tac….., quell’orologio ha segnato il tempo. E il Gero rimane solo con lui, con quel rumore secco che sembrava lo volesse rimproverare, come una vecchia zia, che sa tutto, a cui non puoi nascondere niente…..tic tac, tic tac…. Ruggero guarda la gente che va a casa e prova ad immaginare la vita di ciascuno di loro, morbosamente, come se fosse il padre di tutti. Un po’ si sentiva responsabile, in fondo dava il lavoro a trenta dipendenti. Immaginava quando arrivavano a casa, e la mogliettina faceva assaggiare al marito il sugo, poi mangiavano insieme davanti alla tivù………..


E lui era lì , sotto il vecchio orologio…..tic tac, tic tac…..


Quella sera il vecchio orologio finì nel cassone dei rifiuti. E il ticchettio smise di segnare la fine delle giornate di Ruggero.


La stessa sera, dato il clima mite e nettamente al di sopra della media stagionale, Carlo decise di friggere il pesce nel piccolo pratino condominiale dietro la palazzina da otto appartamenti dove da due mesi si erano trasferiti. La moglie Carmela aveva freddo e tornò in casa, si stese sul divano e guardò la televisione. Valeria, la bambina primogenita, rimase fuori a giocare con il padre. Stavano bene, erano illuminati da un piccolo lampioncino di fianco alla siepe e potevano vedere, da fuori, persino la televisione che era in sala. Quando venne tardi, Carlo e Carmela rimasero fino a notte sdraiati sul divano pensando alla nascita del nuovo bambino, ai nuovi mobili e ad una felicità già radicata,  solo da coltivare. Senza fatica, con naturale entusiasmo e un pizzico di orgoglio di chi, a trent’ anni, ha una famiglia invidiabile.


Nella casa attaccata al mobilificio, la madre di Ruggero era già a letto, e lui dovette arrangiarsi con due uova e mezzo etto di prosciutto. Buttò le uova nel tegamino, le passò sul fuoco e ancora con la cravatta le mangiò in cucina. In compagnia del telegiornale di mezza sera .


 

Un commento a “CARLO”

  1. nihil dice:

    Che dire, sai dare precise pennellate alla vita quotidiana, guardando dentro la finestra di ciascuno. Destino privato, fatto di piccole e grandi cose. Complimenti. N.

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