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LA ZIA PARTE

Pubblicato da rossanocrotti il 19 gennaio 2008

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LA   ZIA   PARTE


 


I giorni successivi  passarono lenti e senza colpa con tutta la gente che popolava il piccolo paese aspettando le ferie negli ultimi giorni di lavoro. I più lunghi. Ci si era ormai abituati al caldo e il ritmo biologico delle persone si stava adattando alla stagione estiva.


E ad un moto inerte senza nessuna iniziativa e spinta di nuovo. Mi rividi spesso con Valeriana, le giornate che ci costruivamo erano allegre e senza pretese, spesso all’aria aperta, mentre i prati verdi sdraiati sulle colline rimanevano in silenzio, gli alberi immobili ed il mio cuore batteva sempre più forte sotto al portone quando la riaccompagnavo a  casa. C’era ancora luce alle otto di sera e sempre qualche posto dove andare dopo cena, a bere o a sentir musica. E quelle serate passavano bene, senza la minima stanchezza. Bastava che Valeriana mi guardasse, per accendermi ed alimentare in me un senso di benessere che durava giorni. Le nostre mani si toccavano sempre con più confidenza, festa dopo festa, passeggiata dopo passeggiata e attimo dopo attimo vissuto insieme e ci si guardava sempre di più dentro gli occhi, cercando di scavare sempre più a fondo. E io cercavo, in quei riflessi marroni, chissà quale segreto, quale parola, quale pensiero. Magari il tutto era quello che traspariva in superficie, nel fascino del suo sguardo brillante come una stella, acceso come il fuoco e dolce come un caffelatte a letto la domenica  mattina . Comunque ero al settimo cielo.


“Il prossimo fine settimana mia zia è fuori città, le ho chiesto se posso stare a casa sua”, mi disse un pomeriggio.


Ci svegliammo in una Bologna pettinata e un po’ fiacca in una giornata di festa nell’estate del mio ventitreesimo anno di età .


E dalla finestra della camera da letto si vedeva via D’Azeglio luminosa sotto il sole che si rifletteva sull’acciottolato. Poi tu, a fianco a me. Presenza inquietante. Sei proprio tu quella che sognavo e che ora ti muovi di fianco a me.


Facemmo colazione a letto mentre valutavo il fatto che la vita mi aveva dato tutto              (impressione che a caldo, era un po’ scontata), ma andava bene così, mentre mangiavo la brioche con la marmellata e lei mi baciava ancora. Il tempo era volato, non erano trascorsi neppure due mesi da quando ci eravamo conosciuti ma mi sembrava di conoscerla da una vita. Dopo il pranzo cucinato da noi in mutande, il gelato in piazza Maggiore, il giro in bicicletta in una città tutta nostra, la sera calò su una giornata che valeva la pena di aver vissuto. Con le cose e per le persone che contano .


Mai come quella sera, la Uno color verde Oliva sbiadito tornò a casa fiera, orgogliosa e felice. Appena arrivai a destinazione la chiamai e le telefonai, sussurrando le dissi che le volevo bene. Era vero. Tutto il resto intorno a me era volume ed io non stavo bene messo in nessun posto, preso da una smania incontenibile e da una specie di ansia per la paura che domani non sarà così, non sarà una giornata per cui vale veramente la pena di vivere, una giornata col sorriso sulle labbra, ma una giornata prevedibile e scontata nei suoi ritmi. Valeriana mi aveva reso più consapevole. Più consapevole del fatto che ciascuno di noi ha un patrimonio immenso. Un patrimonio di emozioni, sensazioni, idee, risate, pianti. Quando vengono fuori la propria vita ha un senso.


Quando queste emozioni  non vengono ingoiate con lo schema piatto e predefinito delle nostre giornate  dominate dal lavoro, distratte da mille insegne luminose, dal giudizio degli altri, dalle videocassette, dal giro in macchina senza senso, da qualsiasi cosa che possa ovviare alla mancanza della vera felicità.


Che non sia mai così, che le cose di contorno non prendano mai il sopravvento per riempire gli spazi e che non si guardi mai l’ orologio nei momenti liberi.


E che la notte i miei sogni siano sempre per lei.  Domani sarà un giorno normale e la mia faccia sarà uguale a quella di sempre, ma avrò in me qualcosa in più.


Anche quella notte i grilli cantavano ed il bar della piazza del piccolo paese stava smobilitando la distesa estiva dopo un impegnativo fine settimana pre-ferie. Ciascuno nel proprio letto sognava le proprie cose vissute e i propri desideri. Nessuno come me , quella notte, con tanta smania  sognava le emozioni da vivere in un prossimo futuro.


 

2 Commenti a “LA ZIA PARTE”

  1. wildant dice:

    non sono riuscita a seguire benissimo quel che volevi dire…ci sono degli spunti buoni ma , a mio modesto avviso, un pò slegati…….

  2. mariacristina dice:

    E’ vero ciò che dice Wildant. E’ il racconto di un amore, di sensazioni, di emozioni che forse andrebbero strutturate in maniera diversa. Ma è solo questione di tecnica. Si impara presto.
    macrina

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