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LA VACANZA

Pubblicato da rossanocrotti il 4 marzo 2008

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LA   VACANZA

Valeriana aveva promesso due settimane con i genitori, mi aggregai quindi al Giò e alla compagnia che gli ruotava attorno per quell’estate.

Partimmo in un’alba fresca ritrovandoci al bar del paese. Il sottoscritto, Giovanni, Marino, l’amico tastierista e altri due tipi sulla presenza dei quali, sin dal primo momento, io e Giò ci eravamo opposti. Il gruppo sperimentale (tutti assieme non ci si era mai visti) partì puntuale in direzione adriatica. Il mezzo di trasporto era un vecchio pulmino Volkswagen prestato al Marino non voglio neanche sapere da chi.

L’odore di olio bruciato nell’abitacolo era sempre più fastidioso.

Ci fermammo al primo  autogrill. Non stava fumando niente. I due tipi (soli in un angolino) si stavano rullando qualcosa.

Ore sette e quaranta.

Un cappuccino, due caffé e due acque minerali, tre paste e due Adelscott. (Il doppio malto alla mattina presto mi pareva eccessivo). I due tipi cominciavano a starmi sui coglioni. Odio la gente che ti guarda accennando un lieve sorriso di compatimento e non dice niente. Chi disse che i veri amici si notano nei silenzi, disse parole d’oro.

La confidenza che hai con un amico, la si distingue quando si sta zitti non sentendosi  a disagio, quando non c’è bisogno di parlare per forza. E quando ci si capisce al volo, con simpatia e complicità. Fabiano e Piermaria erano completamente fuori luogo. Ripartimmo, e pensai che quindici giorni forse erano troppi. Giò si svegliò e la sua presenza da cosciente rallegrò l’atmosfera. Dopo i primi giorni passati in un clima d’allegria simile ad un film di Vanzina, in uno spirito di falso divertimento e forzatamente cameratesco non proprio riuscito, Valeriana  cominciò a mancarmi veramente. Avevamo sistemato le tende  nell’ultima piazzola rimasta, in pendenza su alcuni sassi, col sole a picco dieci ore al giorno e di fianco all’altoparlante che periodicamente annunciava il bambino tedesco che si era perso.

Solo i tramonti sul mare valevano la pena di essere vissuti, fra l’odore di salsedine e di pesce alla griglia che veniva dall’accampamento di roulotte di fianco alla spiaggia. Al quinto giorno, io e Giovanni, di comune intesa, prendemmo il pulmino e girammo sul lungomare per due ore senza dire una parola  Solo al ritorno l’urlo fu comune quando una mandria di tacchini usciti da un camion in panne a fianco della strada ci costrinse ad una brusca frenata.

Ore mezzogiorno e cinquanta .

All’aeroporto di Milano Malpensa, Marcello fuma nervosamente seduto sulle panchine degli arrivi internazionali. Aveva preso una decisione e non voleva tirarsi indietro. Era il suo investimento per la vita. Era la sua vita, fuori dai canoni per dirla come la si pensa, ma in realtà, tutti sappiamo che i canoni non esistono. E’ solo frutto di quel perbenismo ipocrita e bigotto che fa apparire il ragioniere di banca con la cravatta, la moglie e i figli, più rispettabile di un musicista che vive alla giornata e vuole sposare una cubana.

Poco importa di quello che fa il ragioniere quando non lo vede nessuno. E Marcello era la persona più limpida e sincera che esistesse in quel microcosmo in provincia di Reggio Emilia.

La strada era quasi sgombra dai tacchini. Io, Giò e il camionista li stavamo riprendendo uno per uno e rimettendo sul camion.

Ore tredici e ventitrè.

Ruggero sfrecciava verso il litorale ligure mentre aggrappato al telefonino tranquillizzava la madre preoccupata per il nuovo ricovero in clinica del marito.

(Il figlio degenerato non intendeva variare il suo programma e aveva assicurato agli amici che per l’ora di pranzo sarebbe stato presente).  

Ore tredici e trenta, nella confusione di piume e avvolti da una puzza nauseante, io e Giovanni ritornammo al campeggio e trovammo Marino alla griglia che stava bruciando del pesce, Fabiano dormiva per terra con un giornale porno in faccia e Piermaria andava verso il bagno dopo aver mangiato quasi un chilo di prugne.

Ore tredici e trentaquattro.

Carlo stava caricando le ultime valige in macchina quando Carmela dopo due singhiozzi cadde per terra. Al bambino secondo i calcoli mancavano due settimane per nascere e il futuro padre si trovò in un istante nella situazione più critica della sua vita. Contemporaneamente, il nostro amico dovette prestare i primi soccorsi alla moglie, gestire la piccola primogenita, partire di corsa per l’ ospedale in macchina col canotto attaccato dietro. Carlo venne inseguito dalla polizia che capendo la situazione, gentilmente lo scortò sino all’ospedale.

I chioschetti nell’entroterra vendevano vari souvenirs  ed io pensai di acquistarne uno per la madre di Valeriana da mettere sul tavolino di fianco ai portaritratti .

Ruggero, arrivato a destinazione dai suoi amici nel ristorante più caro del posto, si chiuse in bagno e col cellulare telefonò alla madre per sapere le condizioni del vecchio Tozzi, beninteso che per lui, la precedenza è da dare alla sua vacanza. (Uomo di merda).

Visto lo scarso divertimento degli ultimi giorni, i miei pensieri erano già per il ritorno. Un’idea mi balzò spontanea e improvvisa, forse giusta, forse sbagliata, ma comunque forte e sincera come i rutti di quei due animali seduti di fianco alla tenda che mai più voglio rivedere. Avevo intenzione di licenziarmi, mi ero stufato di Ruggero, dei suoi doppi sensi, delle sue cose scontate, del sapere gli affari suoi che non me ne può fregare di meno, del sembrare il suo dipendente di fiducia in una ditta che, sinceramente, non mi dava un granché di affidabilità. Ovviamente il tutto in amicizia e senza rancori (anche a pro della liquidazione).

Ad ottocentocinquanta chilometri di distanza ma sullo stesso litorale, Ennio gioca con i suoi figli , ancora troppo piccoli per capire cos’ è successo, (forse questo vale anche per il padre). Nel bagno di un ristorante di lusso dell’opposto litorale italiano, Ruggero, subito dopo aver riattaccato con la madre, riceve una telefonata da Cristina, che gli ricorda cos’ hanno fatto insieme quella volta di quattro mesi fa mentre io aspettavo come uno stronzo in mezzo ad una fiera alle due di notte. La zoccola, ora libera da Ennio al quale aveva già succhiato abbastanza liquidi (in tutti i sensi), intendeva agganciarsi a colui che credeva fosse un giovane imprenditore rampante. Purtroppo, aveva visto bene solo sulle capacità mentali del Gero (forse),  ma in quanto a liquidi, beni strumentali o proprietà in genere, tutto l’inventario è rimandato a quando il Maresciallo Catania toglierà  le tende dall’archivio della ditta .

Davanti all’ospedale, il carrattrezzi portò via una station wagon carica di bagagli e con un canotto agganciato dietro. Carmela spingeva e urlava. Suo marito fumava e pregava.

All’aeroporto Marcello e Marilena si abbracciarono e baciarono.

Giovanni dormiva nell’unico posto all’ombra della nostra piazzola.

Ed io….iniziai a correre e dopo venti metri di spiaggia mi tuffai in mare. Urlando.

Era la seconda bambina. Al primo vagito, Carlo quasi sfondò la porta della sala parto e  una volta entrato pianse insieme alla moglie e la baciò sfiorandola.

All’aeroporto Marcello e il suo amore erano ancora abbracciati nel centro dell’androne degli arrivi internazionali .

Io ero da solo in mezzo all’acqua. Il sole batteva a picco.

Il Maresciallo Catania fermò un carrattrezzi che rimorchiava una macchina con attaccato un canotto .Tutto quello che state leggendo, in quel momento per me poteva anche non esistere, mi sarebbe bastato avere fra le braccia Valeriana, ora in una spiaggia lontano da me, sul lettino a prendere il sole, con la cuffia del walkman in testa e un pezzo di giornale in mano sul quale disegnava scarabocchi e scriveva il mio nome.

Mentre accadeva questo, la madre di lei, sedutale accanto, risponde al cellulare ed apprende con gioia che il suo caro cugino di Reggio Emilia ha appena avuto una figlia.

La famiglia di Valeriana, stava attendendo Carlo e Carmela per il fine settimana.

Carlo avrebbe portato il canotto.

Ore diciassette e venti.                                                                                            

Un caldo e monotono giorno d’ estate del mio ventitreesimo anno di età.

2 Commenti a “LA VACANZA”

  1. brucobluspensierato dice:

    particolare compleanno!

  2. caterina dice:

    che bello questo racconto! meritava di essere messo in vetrina.
    mi piace la successione contemporana dei fatti, tristi, allegri, vitali…
    e i tacchini…

    bacisparsi
    cate

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