GRAZIE DI TUTTO.
Pubblicato da rossanocrotti il 20 luglio 2007
GRAZIE DI TUTTO
Il caldo non si decideva ad esplodere ed una sera come le altre Giovanni fece trillare il mio telefono per chiedermi di uscire. Il locale era piccolo e arredato di scuro, ricavato probabilmente da una vecchia cantina. Il fumo fastidioso, la gente strana. Era l’amico del Marino, anche lui presente, che ci aveva invitati ad uscire. Guardò me e il Giò, fiducioso che avremmo ascoltato tutto quello che avrebbe detto con interesse. Marino parlava del più e del meno come se fosse sottinteso che conoscevamo il suo amico da vent’anni. La prima e ultima volta che lo vidi, era sdraiato sulla tastiera, alla fine di quella schifezza di concerto che facemmo circa un mese prima. Fra me e Giovanni cominciarono a nascere sguardi d’intesa su come quella serata si stava piano piano buttando via. Vuoi l’allegria delle persone, vuoi il cesso del locale. Arrivò il cameriere, era pelato e grosso. Rispondeva a chi lo chiamava mandandolo affanculo. Aveva un tatuaggio su un braccio e portava pericolosamente sul vassoio più birre di quante esso potesse contenere. Le birre strabordarono e il tavolo di legno scuro e ruvido si bagnò. Nessuno glielo fece notare. Le poche lampadine emanavano una debolissima luce rivolta dall’alto solo al centro del tavolo ed i nostri volti erano così in penombra. Il Marino e l’ amico attaccarono a parlare senza il minimo bisogno della nostra presenza, salvo qualche sguardo interrogativo durante la conversazione, al quale prontamente io reagivo col mio bravo cenno di assenso. L’ amico si era lasciato con la morosa. (Chi se ne frega, pensai). Ma non avevo calcolato che quello sarebbe stato il tema portante della serata. Al quale ciascuno di noi era chiamato in appello ad esprimere la propria opinione. Dopo Ennio, un’altra bella personcina allegra. Mi chiedevo se costoro saranno disponibili, un domani capitasse a me una cosa simile, a starsene seduti tre ore ad ascoltare i cazzi miei. Il loro rapporto, comunque non era dei più semplici e lui aveva ancora un attaccamento morboso nei confronti di lei. Quello che pare non gli andasse giù è che il motivo per cui si erano lasciati era indipendente dai due. La ragazza non aveva una famiglia, anzi, aveva la sorella e i due bambini di lei a carico, con cui viveva. Il di lei cognato era scappato una settimana dopo la nascita del secondo figlio e la poveretta non era in forze fisiche per cercare un lavoro. Cosicché, sull’ ex fidanzata dell’amico, ricadevano tutti gli oneri e guadagni lavorativi. Tramite avvocato, l’ irresponsabile fuggiasco e oserei dire pezzo di merda, fece pervenire alle due sfigate sorelle la notifica di separazione. Da notare che il tutto uscì dalla bocca del caro amico ratealmente, con mezze frasi e in un’ora di tempo, parlando sempre con la faccia sul bicchiere. Siamo solo all’inizio. Da due anni il giovane ragazzo teneva il rapporto con la sua dolce fidanzatina, ma nel frattempo lei e la sorella abitavano in casa di un ex ragazzo di lei, unica persona che le dava disponibilità di una casa. Viste le molto critiche possibilità economiche delle quali le sorelle disponevano. Era successo che l’ ex ragazzo, spronato dai suoi genitori, si era rotto le palle. Ed in mancanza di un affitto voleva qualcos’altro. Così, i due teneri ragazzi si congedarono con un reciproco e sofferto “ grazie di tutto”. Una frase ci disse, pronunciata senza guardarsi in faccia, in piedi, con l’ intento di scappare via subito dopo. Via da tutto, via dal mondo e dalla sfiga. Senza possibilità di tornare sui propri passi. Senza sapere a cosa pensare. Tutto cancellato, tutto troppo bello per dovere finire così. Nei due era rimasto solo acceso un desiderio di rinascita da zero. Quando la loro storia, magari, fosse ripartita senza nessun altro ad inquinarla. La loro storia. Solo loro. I due forse fingevano, per sfiducia o per scaramanzia, ma quel che desideravano di più al mondo era stare l’uno abbracciato all’altra. “ Il posto più bello del mondo”, lo chiamò l’amico. E volevano a tutti i costi tornare insieme. Una volta per tutte. E così, la povera anima in pena non sapeva che pesci pigliare, non sapeva se farsene una ragione, trovare una soluzione o far finta che non fosse successo niente, almeno per un po’. Ma due anni sono lunghi. E da quel che capivo anche difficili. Ebbi un attimo di commozione quando sentii la sua voce rotta dall’emozione. Questo tizio che mai prima d’ora avevo conosciuto stava confidando a me e agli altri i suoi più intimi segreti, le sue più recondite emozioni. Ero preso dal racconto, capii che il rapporto fra i due era particolare, indefinibile, sottile, all’ antica, profondo, sensibile, diverso. Talmente saldo nonostante fosse costruito su situazioni precarie ed instabili, che poteva essere invidiabile. Provai ad immaginare me in quella situazione. Le pause fra il gruppo divennero all’ unisono. L’amico andò in bagno e tornò con gli occhi rossi. Tutti ormai avevamo gli occhi arrossati dal fumo. L’ ora si faceva tarda e si stava costruendo fra noi una simbiosi che mi sarei ricordato tutta la vita. Quando il silenzio ti cade addosso e le parole prendono più importanza. Uno sguardo può significare un sodalizio. Quella sera capii che l’amicizia era importante. Confidarsi era importante. Ma solo con le persone giuste. E ringraziai Marino di averci chiamati, mi sentivo felice di aver fatto parte di quella serata. L’amico ci salutò e sembrò sollevato.
Due settimane dopo riconobbi la sua foto sul giornale : “ RAPINA A MANO ARMATA IN UNA TABACCHERIA IN PIENO CENTRO, GIOVANE ARRESTATO”.
Ora era in carcere in attesa di processo.
25 luglio 2007 alle 7:27 am
Ma certo che sei tremendo! Sembra tutto risolversi per il meglio… quando meno te lo aspetti poi ribalti completamente la situazione nelle ultime tre righe! ^_^