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CUBA POSSIBILE

Pubblicato da rossanocrotti il 30 dicembre 2007

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CUBA   POSSIBILE


 


La settimana dopo, io e Valeriana non ci vedemmo, a causa dei suoi esami di maturità. Così decisi di telefonare al mio insegnante di batteria che non vedevo da tempo.


Marcello (era il suo nome) viveva nel piccolo paese con un alone di insofferenza che gli accompagnava le giornate da quando più di un anno fa , lasciò la sua ragazza e decise di fare un viaggio a Cuba. Al telefono mi rispose con una voce priva di emozione, ma comunque capii che era felice della mia telefonata. Andammo a mangiare una pizza. Durante la serata feci di tutto per aiutarlo e capire il suo senso di sconforto. Complice il vino fermo, ma un po’ frizzante, Cello si aprì come un uovo di pasqua, dove la bella sorpresa era appunto color cioccolato. Una bella ragazza cubana di cui si era innamorato. Il povero cristo si era già rovinato con quattro viaggi al di là dell’Atlantico, ma soprattutto a causa delle notti insonni per quella mazzata nel cuore che nella sua metodica e soddisfacente vita non era prevista.


Il nostro amico viveva ed operava nel paese e quella esperienza stava per sempre sradicando le sue solide radici di trentacinquenne, anticonformista di paese, artista agli occhi di chi lavorava veramente e a suo modo soddisfatto di quella vita – appartamentino in mutuo – scuola di musica dove insegnava- bar – appartamentino in mutuo .


“Robby, non so più che pesci prendere” mi disse (era visibilmente abbronzato e aveva una collanina bianca al collo).


“I miei genitori non hanno più fiducia in me” (hai trentacinque anni)


“mi hanno negato l’ultimo prestito” (capisco)


“volevo sapere se secondo te sto facendo la cosa giusta” (e chi sono io?).


“Tu non sei mai stato in quei posti, non ti puoi rendere conto. Le donne ….un insieme di profumi, di emozioni, di pianti. Il sesso, è travolgente, una complicità di sguardi mentre il cuore batte forte ed inizi a sudare …..l’eccitazione sale e tutto intorno a te batte forte come un tamburo” (deformazione professionale, pensai) mentre il cameriere col dessert lo guardava malissimo.


“Credimi, è da un anno ormai che penso al grande passo  e comunque ho deciso in un modo o in un altro di stare con lei”.


Cello pensava che la cosa più giusta era seguire il suo amore nel posto dove tutti e due potevano ballare e trombare al ritmo di salsa, anziché trasferire quel timido cioccolatino in un paesello di provincia ancora vergine da contaminazioni etniche.


I pilastri ultrasettantenni erano ancora vivi e vegeti  e la loro opinione, la si sa: moglie e buoi dei paesi tuoi. (?).


Povero Marcello, i vecchi non lo capivano “con tutte le donne che ci sono qua”, dicevano.


I giovani, dal canto loro, lo consideravano come un pervertito, in quanto da quel che si sa in quei posti le donne le si toccano e poi si torna a casa belli puliti dopo aver spedito le cartoline agli amici.


Il suo tono di voce era sempre più affabile,cercava qualcuno, almeno qualcuno che gli desse ragione. Mi parlò dei posti che aveva visitato sin quando il cameriere, con la ramazza in mano e mezze luci del locale spente, buttò sul tavolo il conto.


(Chi vuole intendere, intenda).


L’Havana Veja, i quartieri poveri coi bambini mezzi nudi che ti chiedono i soldi, una vecchia che si mette a parlare di politica, la fila per fare la spesa, gli stipendi da fame, tutto che manca, la miseria, tutto a ritmo di merengue con la rabbia nel vedere nell’albergo accanto tanto lusso e spreco. Spreco di parole, avidità di sentimenti, egoismo.


I turisti. Il turista ha pagato. E i cubani pagano. Solo per essere cubani.


Una delle tante ingiustizie al mondo, pensai. Ma quella notte, avrei dormito lo stesso. Cello no. In quel sistema viveva il suo amore e non poteva sopportarlo. Mi descriveva il suo viso, come un frutto appena colto dalla pianta, da riporre con attenzione perchè non si rovini, come una pesca matura. Nei suoi occhi scuri, l’immensità dell’oceano e una fredda dolcezza di granito che con un solo sguardo potevano farti vivere tutte le emozioni del mondo. Le ragazze di Cuba .


Marcello aveva conosciuto Marilena in piscina, il penultimo giorno della sua prima vacanza a l’Havana. Rimase letteralmente inghiottito dalla sua espressione mentre lo guardava, che gli sembrava volesse dire : “ portami via di qua, ti prego”.


E il Marcello che di sentimenti ne ha (anche se non sembra), captò il messaggio, che fra l’ altro era mandato da una gnocca spaziale. Nera. E rivide tutto quello di cui era stato testimone come turista nella città, dove lui la miseria l’ aveva sfiorata, dove i bambini lo guardavano da fuori della vetrina del bar dove lui si strafogava di patatine unte.


Difficile parlarne qui, dove a parte l’odore di letame nei campi va tutto bene. Una bella dormita e a noi di come si sta a diecimila chilometri da qua non ce ne fregherà di nuovo un emerito cazzo, che di problemi ce ne abbiamo già abbastanza.


(Ammetto di risentire di una cultura un po’ troppo campanilistica, o forse non ho neanche una cultura) ma la storia di Marcello mi ha spiazzato.


Lui era nel pallone, ma forse sbagliava a farsi dei problemi, l’unica voce che doveva ascoltare era la sua. Chiunque avrebbe contaminato la sua scelta in base a giudizi superficiali e stupidi ai quali noi, non siamo ancora pronti. 


Le nostre famiglie non sono ancora pronte, l’ uomo nero fa ancora paura, la donna nera fa le pulizie o qualcosa di peggio. E non vogliamo neanche sapere da dove vengono, perchè sicuramente sono più poveri di noi. E noi stiamo bene solo fra di noi.


Forse hanno studiato ma siamo comunque più furbi noi, con la televisione e il nostro bravo cellulare. Noi siamo più evoluti di loro. E comunque noi siamo già qua. Fortunati.


Sposati  Marcello, fai  dei figli, vai a Cuba, in Africa, vieni qua, vai dove vuoi, cominciamo a pensare di essere cittadini del mondo, cazzo. Il posto migliore per vivere non è quello dove si nasce, ma quello dove si sta meglio. E magari con la persona che si ama. Cello mi ringraziò. Almeno un essere umano la pensava come lui. Mi regalò la collanina bianca e mi promise cartoline, rhum e sigari.


Ci saremmo risentiti prima delle sue nozze, la prossima primavera .

2 Commenti a “CUBA POSSIBILE”

  1. wildant. dice:

    già.
    oltre che ben scritto fa pensare.
    è vero, in fondo siamo ancora così.
    il diverso fa ancora paura, non è accettato nel nostro mondo ristretto e a suo modo rassicurante.
    anche se però io mi sono spesso chiesta cosa ci sia di autentico in questi amori, e quanto ci sia invece di voglia di fuggire dall nostro piccolo mondo ristretto e a suo modo rassicurante, spesso opprimente.
    bravissimo rossano

  2. emmaus 2007 dice:

    condivido appieno il bel commento di wildant. C’è poco d’aggiungere, a parte che si legge che è un piacere! Ciao e buon anno!

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