“La scomparsa”
Pubblicato da rossanocrotti il 12 aprile 2007
Giovanni mi telefonò alle dodici e trenta di un martedì senza senso: ossia in quella zona franca della settimana dove ancora tutto può succedere. La finanza non si era vista. Il Gero con occhio pallato faceva finta di controllare delle carte. Gli operai smettevano di lavorare. Ivan aveva telefonato dicendo che si era perso in provincia di Vicenza.
La voce del Giò mi colpì per il tono più stupito che preoccupato: Ennio era scomparso.
“ Dove? ”chiesi subito, facendo chiaramente trasparire la mia sorpresa….ci fu un attimo di silenzio e senza nulla aggiungere volai a casa di Giovanni. “E’ una settimana che la casa è vuota, nessuno immagina dove possa essere andato” mi disse appena arrivai. Accese una sigaretta e mi guardò in faccia. “ Non per trovarlo…, ma sai …sono suo vicino…, almeno possiamo dire alla ex moglie che lo abbiamo cercato ”….sono amico di tutti e due…( Va bene). Aveva un’ idea.
Arrivati. La strada finisce. Le case si chiudono a U e già dalle finestre si vedono occhi curiosi che scrutano persino la ruota di scorta nel baule della Uno color oliva sbiadito. Il cortile non asfaltato dava un riflesso bianco dappertutto e nel campanello del numero diciotto era infilato un cartoncino col nome sbiadito dalla pioggia. Si suona. Non risponde nessuno. Giovanni inizia a spiegare che qui abitava una ex probabile amante di Ennio, ed in seguito ad un probabile nuovo ritorno di fiamma, i due si erano rimessi insieme. Chiacchiere da bar. Un bar. Un panino. La mortadella. (Avevo fame) .
Arriva un simpatico signore sulla settantina con una bicicletta arrugginita più grande di lui e la borsa della spesa penzolante dal manubrio (intravedo una confezione di affettato sottovuoto) e declama : “…o nonsentemìcca…avete provato di dietro? “ Ringraziamo facendo capire che la cosa non è importante e il simpatico e anziano avventizio locale balza sulla bicicletta e si allontana parlando da solo. Aspettammo nel bar dalla cui vetrina si vedeva l’entrata del sospetto rifugio di Ennio. Il simpatico amico arrivò circa mezz’ ora dopo. Ci salutò con un’espressione sorpresa e imbarazzata (tipo quelle sui giornali quando arrestano qualcuno) e conscio del fatto che ci eravamo preoccupati per lui ci offrì un nocino. “Questo paesino è bellissimo” disse con gli occhi spiritati, “ la sera si fanno canti e danze, giochi di società…, mi sento come un feto in una gigantesca pancia. Un feto che sta iniziando una nuova vita .”
“Va bè, il feto….ma hai moglie e due figlie , Ennio….” disse il Giovanni.
“Staranno benissimo anche da sole, poi lei ha un’ altro, no?”
“Ho capito, ma almeno dovresti stare vicino a loro, per la separazione, le bambine sono ancora piccole …” ribattè Giò sempre più nel pallone e ormai rimbambito dalla birra media e dal nocino assorbiti solo da un tramezzino.
“Ho scoperto una nuova dimensione di vita, ragazzi: qui non ci sono le scale che facevo per arrivare al terzo piano portando la spesa e litigando tutte le volte con mia moglie .
I prodotti dietetici che non mangiava, poi scaduti li dava al gatto….., la maionese che metteva anche nel ragù degli spaghetti, gli orrendi centrini di pizzo di sua zia morta…”. Qui tutte le case sono basse, a pianterreno, si sta meglio , si fa meno fatica. La casa è di Cristina. (Anzi, della zia di lei che non fa centrini ma è piena di soldi), pensò Giovanni che conosceva la tresca.
E costei era la ex amante clandestina e neo amante -convivente di Ennio.
“Ci vogliamo bene”, disse facendoci vedere la foto che teneva nel portafoglio, ed era veramente bella. (Pensai cosa ci potesse trovare in lui una qualsiasi donna di buon senso). Continuò, “ora abbiamo qualche problema, lei vive ancora col suo ex, ed io le pago l’ affitto per questa casa, ma mi ha promesso che appena le cose si sistemeranno ci metteremo insieme”. Tutto mi fu più chiaro. Io e Giovanni ci lanciammo un’occhiata d’intesa. “Nocino!” ordinò tutto contento Ennio. Era il secondo giro ed io pensavo a tutte le curve che dovevo fare per tornare a casa. Erano quasi le due e il sole illuminava quasi di traverso il piccolo bar con arredamento scuro. Il Giò era quasi ubriaco. Ennio non sapeva più cosa dire. Io stavo zitto da molto tempo. “Auguri” ( tanto per dir qualcosa) e mi rispose alzando il bicchierino vuoto. Giò aveva il bianco degli occhi pieno di venuzze rosse. Pensai fosse meglio andare. Ci salutammo e lasciammo Ennio seduto all’angolo di quello sperduto bar di provincia, aspettando, fra qualche anno, di vederlo sempre così allegro ma magari un po’ meno fesso. All’uscita del bar, gli occhi locali guardavano dalle finestre. Erano occhi anziani, distaccati, e guardavano con curiosità e timore qualsiasi cosa venisse a disturbare la quiete di quel piccolo borgo di case.
Rientrando in ditta vidi il Gero coi piedi sulla scrivania che guardava con un occhio da sopra il giornale aperto. Lui non si era mai sposato, aveva evitato tutti i problemi di Ennio. Ma forse Ennio a suo tempo è stato più felice. E sicuramente più soddisfatto di Ruggero.
Il lavoro in quella settimana procedette ad un ritmo forsennato di produzione. Alle soglie del controproducente. Ai clienti che ordinavano cento pezzi gliene si mandava centotrenta nella speranza li tenessero. Ivan consegnava ovunque col furgone da vergogna. Ruggero doveva far bella figura col padre. Andò persino ad una televisione locale per una televendita. E la sua bella faccia di plastica con i capelli unti di gel e raggruppati da un pietoso codino si diffuse nell’ etere di una sera di marzo.
In quella sera , sintonizzato su quel canale, Ennio sdraiato sul divano della sua nuova casa – rifugio, pensava all’arredamento nuovo. Che avrebbe comprato una volta che la sua amante avesse lasciato il suo ex .
“TOZZI ARREDAMENTI…proposte furbe, non dementi…ah ah..ah..ah “ il faccione di Ruggero sembrava esplodere dal ventotto pollici di Ennio.
La fattura di quella telepromozione sparì misteriosamente.
13 aprile 2007 alle 8:06 am
Buono l’intreccio delle storie in questi primi capitoli. Aspetto i prossimi. ^__^