Amore è amore
Pubblicato da rracoon il 10 febbraio 2008
Il giorno che ti ho incontrato mi sono detto «Questo è amore.»
È cominciata così. Mi hai guardato e poi mi hai detto «Sì, questo è amore.»
Ardevi per me. Eri una fiamma ardente, allora. Oh, sì. Bruciavi d’amore. Eri tutta chick to chick. Cosa sia successo dopo, non so più. A momenti, non mi guardi e non mi parli. Io ti guardo, ma sei appassita. Sei una gatta morta che fa l’indifferente. È chiaro che non ti importa di me più niente. Sei riuscita a rendermi corta la vita e io non so più cosa farmene di te.
Un tempo passeggiavamo, mano nella mano, eravamo una persona sola. Ti portavo alla torre di Carcangiola, le orme sulla rena del Poetto si confondevano le tue con le mie. Camminavamo e dicevamo frasi d’amore. «Questo è amore» mi dicevi. «Sì, è amore» rispondevo. Un cane ci seguiva sino alla prima fermata e poi ci salutava. Vai che ce n’era.
Sto qui adesso nella mia stanza e aspetto che torni. Sarai col muso lungo, lo so già. In attesa. Come tutti i giorni avrai il broncio e io non saprò perché. Entri e non saluti. Scaraventi la borsetta a terra e il cappotto vola non so più dove. Sarai col muso lungo, lo so già. Aprirai la finestra che dà sul ponte della Scaffa e dirai: «Ma che schifo di frago[1] c’è in questo mare.» Una volta c’erano certi ollioni[2] e spirrittu[3] da paura in questo mare, è vero. Oggi melma e fango. Neanche i gabbiani ci vengono. E i cormorani volano alti. Giuro che un giorno, con una scusa, verrai con me alla Scaffa. Scoprirai che il vento non ce l’ho portato io. Neppure le schifezze. E nemmeno
Eppure sembra ieri. Ti facevi bella e ti truccavi per me. Sapevi di miele e alla tua pelle profumata di rose io non resistevo. Sesso, libidine, ballo e rock and roll. E quando ti vestivi ammiravo le tue movenze, baby. Ti vestivi per me, ti facevi bella, adorabile che eri! Pane duro e amore puro.
Ora giri per la casa sbatacchiando le ciabatte, brutta e impossibile, bigodini sempre in testa. Ammetti, lo fai apposta. Dio, quanto odio vederti conciata in quel modo, imperdonabile che sei!
Se tu sapessi quante volte mi sono detto: «Se almeno ti arrabbiassi, avrei un pretesto.» Ma tu te ne stai sempre muta. Rimugini, rimugini… non sbraiti e non so perché.
Se penso che ti ho amato, amato tanto, quando è cominciato tutto. Ho cambiato la mia vita. Ho fatto il lustrascarpe e la mattina a lucidar arance a Villacidro per due zirconi che non ho mai visto penzolare dalle tue orecchie.
Ora guarda come sono ridotto, seduto su questa sedia, al tavolo del bar di sotto, al casotto di Fisiotto, che si caga sotto quando vede entrare un poliziotto, pensando che un giorno o l’altro gli faranno un bel filotto, accopperanno lui, la madre ed suo bassotto. Pure lui non sa spiegarsi come ha fatto a perdere la sua donna. «Arrenditi all’evidenza» gli ho detto, «topo di fogna come me, tu sei.»
Ma che dico, adesso, non mi va di parlare d’altri. È a te che penso, nonostante tutto, che sei la mia disperazione. Fisso, assente, il fondo di un bicchiere vuoto di vernaccia per non pensare alla tua faccia assente. Non c’è che dire, io ti ho dato tutto. Tu non mi hai dato niente.
«Era amore» mi dicevo. «Sì, era proprio amore» mi rispondevi. Pane, amore a sazietà.
Ero fiero di te, donna, sapevi come conquistarmi. Ti bastava poco, una carezza, un sorriso e io mi squagliavo come neve al sole. Amavo la tua personalità, eri un blues, ora non so dov’è la tua femminilità. Ti facevo fare tutto e non ti ho fatto mancare niente. Una casetta a Giorgino, davanti il mare, semplice e accogliente. Due stanzette, i gerani sul davanzale e i bisogni al naturale. Solo quando il maestrale urlava, qualche tavola volava e qualcuno, se passava… ma divago, sono vago, impreciso, signor giudice, «è amore» mi diceva, «è amore» mi ripeteva «voglio un figlio da te.»
Ora scatti, zitta e muta, irascibile per un nonnulla. Ti apparti e non esisto. Io ti ho persa e non ti vedo. Pane, rabbia, odio e sangue.
È vero, riesco a malapena a sopportare la sua presenza, ma so che di lei posso farne a meno. Senza. Smetterà di essere la mia maledizione.
Dapprima non me ne facevo una ragione, ma adesso ho imparato la lezione.
Signor giudice, ne convenga, merito o no l’assoluzione?
10 febbraio 2008 alle 8:17 pm
Veramente delizioso! Bravissimo!
11 febbraio 2008 alle 11:46 am
Bello, complimenti!!
27 dicembre 2008 alle 2:06 pm
Complimenti! Bello il ritmo incalzante, dato dalle frasi brevi e molto “musicali”. :o)