Io sono un poco, poco, polacca,
ma sono anche un poco italiana,
sverno ed estivo di qua e di là,
ero felice, quel giorno, contenta
volavo leggero, volavo lontano,
pesante la neve, copriva il piano,
il piano immenso, su cui la nebbia
poggiava densa.
Io sono un’oca,
ma ho visto tutto,
io sono un’oca,
non sono scema,
ho visto l’angelo vendicatore,
forte afferrare quel trimotore,
piegarlo lesto verso quel ramo,
guidato dal gesto imperioso,
possente, di una gran mano
che, dal supremo cielo, lontano,
in un istante tutto decise.
Che fosse forse d’un dio romano,
quella gran mano onnipotente,
non potrei dirlo senza incertezza,
certo è calata come una scure,
sulla politica e sulla monnezza.
Sarà un avviso o solo un caso?
Nessuno ancora può aver certezza,
di quanto Giove o chi per lui,
si sia impegnato per la bellezza
della giustizia, dell’onestà.
Forse un diluvio sommergerà
pur tutta quanta l’umanità,
ladri furbi e ladri cretini,
potenti laidi e porcellini,
leccapiedi lesti e pugnaci,
giornalisti vili e mendaci,
avvocati e procuratori,
lestofanti e corruttori,
tutti quei che non han visto,
non volevano vedere,
preti, vescovi, prelati,
papi, giudici e relati.
Non rimarranno che uccelli marini
per definire i nuovi confini,
quando le terre si asciugheranno,
del bene e del male, del bello e del brutto,
un mondo di oche, gabbiani e pinguini.