I Fili del Destino – Capitolo IV – Al Faro
Pubblicato da Sergio il 22 novembre 2008
Minaerva camminava al fianco di suo fratello lungo il viale principale della città. Quella strada era un dipinto di troppi colori perché potesse apprezzarla. Gente di ogni razza e ogni regione era lì accalcata per vedere le bancarelle e i negozi che facevano da argine a quel fiume di persone.
«Non ti sembrava strana Searlin stamane prima di partire?»
Aelhgar le annuì in risposta, seppure il fratello non lo desse a vedere lei sapeva quanto fosse preoccupato. Le riusciva facile leggere i sentimenti e le sensazioni del gemello dal suo sguardo e dal suo modo di fare, e probabilmente la cosa era reciproca.
Percorso il viale raggiunsero il distretto dei moli. Non era un posto molto raccomandabile per la gente comune: di giorno nella confusione era facile venir alleggeriti dalle proprie monete, e di notte era ancor più facile torvare qualche ubriaco con un coltello in mano alla ricerca di qualche spicciolo per un’altra birra.
Per Minaerva era diverso, di giorno aveva con sé suo fratello che di certo non si sarebbe fatto raggirare da un borseggiatore di bassa lega, e di notte erano gli eventuali ubriachi a doversi preoccupare di lei. Il potere della Dea era ampiamente sufficiente, e forse addirittura sprecato, per sbarazzarsi della feccia che le ostruiva la strada.
Raggiunsero il solito molo dove era ormeggiata la nave di Rimsus.
«Lady Minaerva, Aelhgar. Bentrovati, siete diretti al faro?»
Quel vecchio pirata aveva trovato di che vivere. Klun, il custode, lo retribuiva bene per il servizio di spola tra la città e l’isola su cui sorgeva il faro. In più Rimsus si faceva pagare due monete d’oro ogni viaggio, arrotondando di un bel po’ i suoi introiti.
Minaerva si limitò ad annuire e porse il denaro all’uomo. Non le piaceva avere a che fare con persone simili, e non le piaceva che quell’uomo potesse sapere della sua fede. Klun aveva sempre spergiurato che Rimsus non aveva nessuna informazione riguardante il culto celato nel faro, ma Minaerva non si fidava di quelle parole. Klun era un uomo furbo, ed essendo a capo del nucleo locale della chiesa era anche decisamente potente.
La piccola imbarcazione di Rimsus solcava lentamente le acque che li separavano dal faro. Minaerva ascoltava la vela gonfiarsi della brezza mattutina mentre guardava le onde infrangersi contro la chiglia. La baia in sé era facilmente navigabile, il problema era l’ingresso che si presentava come un giardino di scogli e isolotti quasi invisibili di notte. Il faro era stato costruito sull’isola più grande e ad esso era collegato un sistema di illuminazione magico che rivelava ai navigatori ogni insidia.
«Va tutto bene sorella?»
Le mani di Aelhgar si posarono delicatamente sulle sue spalle. Minaerva sapeva di non potergli nascondere la sua preoccupazione per i sogni che ormai da più di una settimana faceva.
«Vedo con gli occhi di una nostra nemica quando dormo, e temo che lei possa vedere con i miei. E’ questo a preoccuparmi, potrebbe vedere il faro, conoscere i nostri segreti… E io non posso farci nulla.»
Una mezza verità. A inquietarla di più in realtà era l’obbligo di assistere come spettatrice involontaria alle torture a cui quella donna veniva sottoposta, e sentire le sue urla senza potersi svegliare.
«Forse dovremmo cercarla e strapparla dalle mani di quella gente. Anche Sid la pensa a questa maniera.»
Al sentire il nome di Sid Minaerva non fu in grado di trattenere un sorriso. Chissà cosa stava facendo in quel momento.
Durante il viaggio verso le montagne di qualche tempo prima era riuscita a confidarsi con lui riguardo la sua reale natura, e il suo destino. Lei non era una sacerdotessa, ma veniva considerata tale. Era nata infusa del potere della Dea, e riusciva ad esercitarlo talvolta in maniera più efficace di sacerdoti esperti. Ad un’entità con quelle caratteristiche era legata una leggenda che veniva tramandata dall’alto clero da tempi remoti: sarebbe prima o poi nata una donna identica nell’aspetto alla Dea, portatrice spontanea della forma più pura del Suo potere e, immolando la propria vita, avrebbe guidato i veri fedeli nel regno di oscurità auspicato dalla loro Signora. Quando nacque Minaerva molti nella chiesa si convinsero che fosse lei la donna della profezia.
Durante la sua infanzia il suo potere era del tutto incontrollato, e si sprigionava insieme alle sue emozioni. Era riuscita a guarire persone a cui teneva e che non voleva morissero, e a letteralmente distruggere quelle che odiava e cercava di ferirle. Aveva passato molto tempo in isolamento, ricevendo visita solo dell’uomo che cercava di insegnarle a dominare quel potere.
Tutto questo le era costato un ruolo di prestigio, seppur puramente di immagine, nella chiesa. Era però costato anche molti fedeli contrari a quell’interpretazione della profezia che avevano tentato di ucciderla ancora prima che compisse dieci anni.
La sua fede aveva vacillato nel raccontarlo a Sid, per la prima volta riusciva a sfiorare con le dita un futuro in cui potesse vivere felice. Avrebbe voluto scappare dal suo destino con lui, ma invece fu proprio lui a convincerla a continuare il suo cammino. Le sembrava soltanto una favola pensare che tutto sarebbe andato bene e lei non sarebbe morta se fosse rimasta al suo fianco, ma voleva credere a quella favola con tutta la sua determinazione.
«Sì penso sia il caso di cercarla, dopotutto è la nostra preda. Vediamo cosa ne pensa Klun.»
L’isola non era molto grande e gli unici edifici che ospitava erano il faro e l’annesso casolare dove viveva il sacerdote con la sua famiglia. C’era poi la spiaggia su cui sonnecchiavano stancamente le rovine del precedente faro e un antico obelisco che ospitava le ultime parole di tre uomini che riuscirono ad uccidere un dio.
Li accolse al molo Selice, la figlia più grande di Klun. A differenza del padre, Minaerva considerava quella ragazza molto più di una collaboratrice, la vedeva come un’amica. Selice aveva diciannove anni ed aveva ereditato l’intelligenza del padre. Era una maga estremamente pericolosa e potente, soprattutto considerando la sua età, e aveva imparato a padroneggiare alcune forme di magia segrete del loro culto. Mascherava tutto questo con un comportamento gioviale e a tratti infantile. Questo unito al suo aspetto fresco e delicato la rendeva abbastanza popolare tra le sue frequentazioni ai moli.
«Era qualche giorno che non ci vedevamo, ti fermi un po’ di più stavolta Minaerva?»
«Oggi mi fermo tutto il giorno, magari dopo aver parlato a tuo padre scambiamo un po’ di chiacchere, se non disturba troppo i tuoi studi.»
«Ah lo studio può aspettare per queste cose! Chissà il buon Aelhgar poi come sarà contento di sentirci chiaccherare»
La risata cristallina di Selice riempiva l’aria. Nessuno guardandola avrebbe mai detto che quella ragazza fosse capace di spezzare una vita, eppure l’aveva sicuramente fatto molte volte anche se non ne aveva mai parlato.
La casa di Klun rifletteva in pieno il suo animo: era ordinata, arredata riccamente e piena di porte chiuse a chiave. Trovarono il sacerdote nel suo tempio: una piccola stanza quadrata buia e priva di finestre. Ai suoi lati le statue recuperate dalle rovine del vecchio faro si studiavano tra di loro, e sul pavimento era stato disegnato il grande cerchio nero dal bordo spesso e viola simbolo della Dea. L’uomo non era abbigliato con le vesti sacerdotali, portava dei pantaloni larghi marroni e una camicia bianca.
«Lady Minaerva, è sempre un onore avervi nel nostro tempio»
Ogni volta che iniziavano a parlare, Klun non mancava mai di ricordarle chi fosse a comandare in quella città. Il potere di Minaerva era frutto solo della sua natura e dell’influenza che riusciva ad esercitare sulla gente, a livello gerarchico non contava effettivamente nulla. Sin dalla prima volta che si erano incontrati, aveva capito che quell’influenza non sarebbe riuscita ad esercitarla su Klun.
«Avrei bisogno di conferire con voi»
«Sono a vostra disposizione anche subito»
Minaerva poteva dire tante cose di quell’uomo, fuorchè fosse un ipocrita. Se diceva di essere intenzionato ad ascoltarla, lo avrebbe fatto attentamente e non per falsa cortesia.
«Riguarda Adyviel, la sacerdotessa che avremmo dovuto assassinare sulle montagne. Come vi ho detto al nostro scorso incontro, è stata rapita da un’altra chiesa con cui non siamo in conflitto aperto. Tuttavia reputo importante concludere quella missione.»
«Probabilmente è stata uccisa, e anche se fosse viva non se la sta sicuramente passando bene. Quella chiesa non è conosciuta per gentilezza e compassione come ben saprete.»
Minaerva non voleva parlare a Klun dei suoi sogni. Non si fidava, supponeva che quell’uomo avrebbe trovato un modo per sfruttarli a proprio vantaggio. Forse sarebbe stato anche capace di credere che Adyviel potesse vedere con i suoi occhi soltanto per avere una scusa per considerarla una minaccia per tutta la chiesa e trattarla come tale.
«Ho compiuto una comunione con la Dea qualche giorno fa’, e ne è risultato che la donna è ancora viva in una città non troppo distante da qui. Intendo portare a termine ciò che avevo iniziato.»
Klun rimase in silenzio qualche istante. Quello era il momento cruciale, Minaerva sapeva che se il sacerdote avesse vietato qualsiasi azione lei avrebbe potuto soltanto obbedire.
«Come volete, ma non avrete supporto»
Minaerva annuì e si congedò con deferenza l’uomo. Non aveva bisogno di supporto, le bastava che Sid, suo fratello e Searlin fossero con lei. Seppure avrebbe gradito anche la presenza di Selice, c’era qualcosa che la spaventava all’idea di combattere al fianco di quella ragazza. Poco prima di uscire Klun chiese ad Aelhgar di restare per discutere di una missione. Minaerva si soffermò qualche istante ad osservare il fratello, poi lasciò la stanza e i due uomini a discutere e si recò nella camera di Selice. L’ambiente lì dentro era decisamente diverso dal resto della casa, era più disordinato ma più accogliente. Scaffali troppo carichi di libri e alambicchi si appoggiavano a due delle pareti, e una scrivania molto ampia affogava nelle pergamene dalla parte opposta della stanza. Selice era seduta sul letto con la schiena appoggiata al muro. Aveva aperto sulle gambe un tomo piuttosto spesso e lo stava sfogliando con occhi abbastanza annoiati. Minaerva le sorrise e la guardò accantonare quel libro.
«Come procede l’addestramento di Searlin?»
Quando tempo addietro Searlin le aveva confessato di voler imparare i segreti magici della Dea, Minaerva l’aveva indirizzata da Selice. Anche lei avrebbe potuto insegnarglieli, ma preferiva non farlo finché non fosse stata sicura di potersi fidare di lei.
«Bene bene, è troppo seria però. Dovrebbe lasciarsi andare un po’ di più e pensare a divertirsi, sarebbe tutto molto più facile»
«Non state facendo un corso di ricamo, fa bene a prendere la cosa seriamente. Tu più di me conosci le conseguenze nel prendere una cosa del genere sotto gamba»
«Stai dicendo che sono pazza?»
Minaerva sorrise per il tono con cui venne pronunciata quella domanda. I segreti della magia della Dea potevano effettivamente condurre alla follia una mente troppo avida o troppo debole, ma Selice non sembrava essersene mai preoccupata. Le loro chiacchere continuarono per ore. Parlarono di Sid e dei prossimi viaggi, della gente dei moli e dei pettegolezzi sentiti in città. Minaerva sentiva un enorme sollievo a stare in quella stanza e riempire l’aria e la mente di cose un po’ futili. Erano tutti argomenti decisamente più leggeri di quelli a cui era abituata a dover affrontare nei templi.
Tra chiacchere e risate giunse il tramonto, e con l’arrivo del buio arrivava anche l’ora per Minaerva di adempiere il suo dovere. Andò nella camera che le era stata adibita per quando doveva fermarsi al faro, infilò la tunica cerimoniale e si perse nello specchio mentre si allisciava i capelli con una spazzola.
«Minaerva posso entrare?»
Due colpi alla porta avevano preceduto la voce di Aelhgar.
«Sì entra pure»
«Devo compiere una missione per la chiesa, sarà una cosa breve di un paio di giorni al massimo»
Minaerva odiava quei momenti, suo fratello era tutto ciò che restava della sua famiglia. La proteggeva, l’ascoltava e l’aiutava anche soltanto restandole vicino. Da quando erano arrivati lì però Klun lo mandava spesso da solo a compiere qualche omicidio. Detestava Klun e chiunque le portasse via suo fratello, ma era conscia di non poter fare nulla per impedirlo.
Abbracciato e salutato Aelhgar, accompagnando i saluti con le solite raccomandazioni, Minaerva si diresse verso il tempio in cui aveva in mattinata discusso con Klun. Quella notte ci sarebbe stata una cerimonia, avrebbe dovuto donare in sacrificio un altro eretico alla Dea.
22 novembre 2008 alle 11:55 pm
Ahi un altro personaggio che inizia col la S
“Quella strada era un dipinto di troppi colori perché potesse apprezzarla”… bella anche questa frase
Quello che mi è piaciuto di questo capitolo è il fatto che viene approfondito il personaggio di Minaerva. Direttamente e indirettamente si inizia a entrare nel suo modo di pensare e di provare emozioni, e quindi diventa più spesso, più reale e più interessante (senza menzionare il fatto del cattivo che prova sentimenti grazie al cielo, ma su questo argomento sei già ferrato =P). Se non hanno un ruolo troppo minore, forse inizierei a far delineare un po’ anche il carattere degli altri personaggi
E per la saga “alla ricerca della critica”: forse cercherei di far capire meglio al lettore chi sta parlando, durante i dialoghi. Ad esempio qui, nel dialogo tra Minaerva e Selice (dove dice “bene bene, è troppo seria però”) si capisce chi parla solo deducendolo dalle parole, ma non è immediatamente chiaro chi chiede e chi risponde: ci si arriva subito eh pensandoci, però personalmente preferisco quando non devo fare uno sforzo per cercare di capire chi parla, ma è chiaro da subito chi inizia il dialogo. Tanto, bene o male, basta trovare il modo di farlo capire al lettore alla prima battuta, così poi è sequenziale, e da lì in poi al massimo rinfrescarlo se il dialogo è molto lungo.
23 novembre 2008 alle 11:54 pm
Sid è il migliore.
5 agosto 2011 alle 10:54 am
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