I Fili del Destino – Capitolo V – Confine Instabile
Pubblicato da Sergio il 24 novembre 2008
Quella mattina Searlin si svegliò più tardi del solito. Il viaggio del giorno precedente l’aveva evidentemente stancata più del dovuto. Si prese tutto il tempo necessario a prepararsi per scendere nella sala comune della locanda. Finite le scale notò che al solito tavolo dove era abituata a fare colazione c’erano soltanto Sid e Minaerva. Li salutò e prese posto, versando poi il thè nella sua tazza.
«Aelhgar è dovuto partire per una missione, tornerà tra pochi giorni»
Searlin sorrise ringraziando Minaerva per aver anticipato la sua domanda. Aveva sempre un nodo alla gola quando non vedeva Aelhgar giungere al locale insieme a sua sorella. Scacciò i pensieri cercando di concentrarsi sulle cose da fare nella giornata. Prese parola mentre Sid e Minaerva continuavano ad inzuppare biscotti nel thè.
«Credo che non ci sia più molto da fare per la faccenda dei maghi che stavo cercando. Dovremmo pensare a come muoverci per quella Adyviel, sempre che vogliamo davvero muoverci.»
«Sì ne ho parlato a Klun ieri, possiamo agire ma dobbiamo cavarcela da soli. Inizio a reputare piuttosto fondamentale il suo ritrovamento in realtà.»
Searlin colse che il tono neutro con cui Minaerva aveva pronunciato quelle parole era soltanto uno scudo per una grande preoccupazione.
«Andrò a fare qualche ricerca in biblioteca. Sappiamo che su quei monti Adyviel e il suo gruppo stavano forse cercando degli artefatti, magari posso trovare qualche leggenda a riguardo.»
«Perchè non porti anche Minaerva in biblioteca?»
La domanda si Sid lasciò Searlin un po’ spiazzata. Di norma quei due non aspettavano altro che un istante per restare da soli, chissà cosa stesse attraversando la mente di Sid.
«Io devo aspettare delle consegne qui, domani apriamo al pubblico ve lo ricordate vero? Soprattutto tu Searlin, dovrai suonare!»
«Sì Sid, è una decade che lo ripeti ogni giorno. Me lo ricordo, me lo ricordo.»
Searlin finì la colazione e uscì in strada con Minaerva. La giornata era soleggiata e serena, la stagione calda era al suo culmine e ben presto quel tepore sarebbe stato soltanto un rimpianto. Camminare per la città al fianco di Minaerva metteva in Searlin una certa soggezione. La sacerdotessa era più giovane di lei, aveva un carattere solare e aperto, eppure c’era qualcosa che la metteva a disagio.
«Posso chiederti un piacere Minaerva? Riusciresti a contattare Aelhgar per chiedergli se sta bene?»
In risposta Searlin ricevette un sorriso e un assenso, era la prima volta che Searlni faceva una vera e propria richiesta alla sacerdotessa. Le due ragazze si recarono alla locanda più vicina e chiesero all’oste di poter usare una stanza per mezzora circa. L’incantesimo per inviare un messaggio a qualcuno di distante richiedeva parecchio tempo per essere concluso. Arrivate in stanza, Searlin interruppe Minaerva mentre stava iniziando a concentrarsi sull’incantesimo.
«Minaerva.. stai bene, vero?»
«Sì, perchè lo chiedi?»
«No intendo dire, non c’è nulla che non va nel modo giusto, vero?»
Era il ricordo dell’enorme tempesta distruttiva che Minaerva aveva scatenato nel suo sogno che aveva convinto Searlin a porre quelle domande. Un’incuriosita perplessità trovò spazio, anche se solo per pochi istanti, negli occhi della sua interlocutrice.
«Sì, Searlin, va davvero tutto bene. Tu piuttosto stai bene? Sembri un po’… tesa, ecco.»
«Tutto bene, tutto bene.»
Era una risposta banale che soffocava l’urlo implorante aiuto del suo animo. Seppure gli incubi che la perseguitavano iniziavano a darle l’idea di aver perso la ragione, Searlin non lo avrebbe mai ammesso davanti a qualcuno.
«Allora pensiamo a contattare mio fratello ora»
Minaerva iniziò la preparazione dell’incantesimo. Searlin portò una sedia vicino alla finestra e non disturbò più la sacerdotessa con altre domande. La guardò mentre salmodiava a voce bassa le formule necessarie affinchè il messaggio raggiungesse Aelhgar. Minaerva era una ragazza decisamente avvenente: lunghi e lisci capelli neri, lineamenti del viso delicati e forme pronunciate. Sembrava perfetta sotto ogni aspetto, anche a volero cercare era difficile far emergere un difetto nel suo corpo. Sid aveva avuto senza dubbio una gran fortuna quando quella ragazza si era innamorata proprio di lui.
Dopo qualche minuto Searlin guardò la strada oltre il vetro della finestra e i suoi pensieri tornarono inevitabilmente ai sogni. Anche nella sua testa c’era un via vai di persone indaffarate come là fuori, ed ognuna di loro trasportava un piccolo frammento di ricordi.
Aveva iniziato a scartare l’idea iniziale che la locanda di Sid fosse la causa di tutto per colpa di qualche maledizione. Aveva dormito lì prima di partire per le montagne ed erano state notti serene senza incubi. In effetti quella sequenza di visioni agghiaccianti era iniziata al ritorno dalla missione a nord sui monti. Cosa di quel viaggio potesse aver generato tutto ciò però Searlin non riusciva proprio a comprenderlo.
«Ecco fatto»
La voce di Minaerva fu una secchiata gelida per i pensieri che insistenti affollavano la mente di Searlin.
«Sta bene?»
Chiese con una certa ansia. Minaerva in risposta si limitò a sorridere e ad allungare una mano per arruffarle i capelli bianchi, marchio inseparabile della sua natura albina.
«Mi ha detto solo di fare così e assicurarti che domani sarà di ritorno.»
Searlin sorrise e si sentì nuovamente pronta ad iniziare la giornata. Aspettò pazientemente che Minaerva fosse pronta e lasciò con lei la locanda per dirigersi verso la biblioteca. La struttura non apparteneva al cuore più antico della città, ma guardandola era percepibile lo stile caratterizzato dall’infausta schiera di gargoyle di pietra sparsi qua e là sugli edifici tra le mura. Camminare tra gli stretti corridoi che seperavano le librerie era un po’ come nuotare in un mare di titoli, di parole e di storie offuscate dal tempo e dalla polvere. La biblioteca non era tenuta come meritava di essere agli occhi di Searlin, ma non aveva alcuna importanza.
Passò tutta la mattinata prima che Searlin e Minaerva rimisero piede sulla breve scalinata della biblioteca. Era stata una perdita di tempo, avevano trovato delle informazioni talmente generiche che non avrebbero portato a nessuna conclusione. Sembrava proprio che l’unica via per sapere di più sugli scopi di Adyviel tra quelle montagne fosse chiederlo ad Adyviel stessa. Erano quasi giunte al locale di Sid quando Searlin percepì un sibilo nelle sue orecchie.
«Il serpente per quell’idiota, padrona.»
Kaleb era strisciato fuori dalla sua sacca raggiungendo la spalla sinistra di Searlin. Per lei quel serpente era un compagno inseparabile. Molti maghi e incantatori avevano con loro animali, famigli come venivano definiti, che li aiutavano nei modi più disparati. Kaleb era qualcosa di più, un amico prezioso a cui difficilmente poteva pensare di rinunciare. Sid ovviamente nella sua idiozia stuzzicava sempre quel serpente per fare dispetto a lei. Così tempo addietro Searlin s’era ripromessa di comprargliene uno di compagnia di modo che lasciasse in pace il suo.
Minaerva accettò seppur con non troppa convinzione l’idea di recarsi sul viale principale della città alla ricerca di un serpente. Quando però seppe che era un regalo per Sid, Searlin notò più positività nell’attitudine della sacerdotessa e non riuscì a trattenere un sorriso. Trovarono una bancarella che vendeva animali esotici di ogni genere. Searlin lasciò parlare il mercante e comprò un serpente senza dare troppo peso ai consigli del venditore. Non era importante la razza dell’animale, tanto Kaleb avrebbe potuto prendersi la sua rivincita imponendo un comando magico sulla creatura perchè facesse patire a Sid lunghe giornate di fastidi.
Searlin e Minaerva lasciarono il frastuono della via principale e si diressero verso il locale di Sid. Svoltato un incrocio la strada però mutò improvvisamente. L’aria era più pesante e tetra, gli edifici quasi in rovina e pochissime persone trovavano rifugio sulle soglie delle case. Searlin guardava quella scena con gli occhi spalancati, dietro di sé i rumori abituali della città la obbligarono a voltarsi e si accorse di essere in mezzo a due mondi. La città che conosceva e da dove era venuta, e la visione della città semi-distrutta verso dove stava andando.
«Qualcosa non va?»
La voce di Minaerva sembrava così distante. Searlin rispose con un filo di voce guardando il confine su cui si trovava.
«E’… E’ tutto distrutto…»
«E cosa c’è di diverso dal solito?»
La domanda di Minaerva le impose di voltarsi a guardarla. La sacerdotessa era diversa da quella con cui stava camminando poco prima. Aveva altri vestiti, la sua espressione era seria e infastidita e aveva due enormi ali nere alle sue spalle. Searlin si soffermò a guardarla senza fiato, le due ali di Minaerva erano vere, non era un’illusione. Si muovevano con il suo corpo, come se le avesse sempre avute. Passato qualche istante di stupore Searlin si sforzò di considerare tutta quella situazione normale, forse avrebbe potuto scoprire qualcosa di quanto stesse succedendo. Stava per chiedere a Minaerva dove stessero andando, ma la sacerdotessa si avviò parlandole senza neanche guardarla.
«Andiamo, non c’è tempo»
Camminarono fianco a fianco tra quella desolazione osservate dai gargoyle ornamentali degli edifici, che in quell’atmosfera erano ancora più spaventosi. Il cielo era plumbeo ma non pioveva una sola goccia di pioggia, la strada era coperta da un grigio tappeto di nebbiolina fitta e nell’aria si sentiva un acre odore paludoso. Arrivarono al locale di Sid, una delle vetrate era infranta e si sentì un urlo dall’interno. Minaerva sussultò e dando un forte colpo di ali volò rapidamente verso la finestra rotta.
Quando Searlin arrivò, la scena all’interno della locanda era quantomeno bizzarra. Oltre a Minaerva, che sembrava del tutto intenzionata a combattere, c’erano due Sid e un’altra ragazza. Searlin cercò di calmare il fiume di paura e sconforto che stava provando per analizzare la situazione. Uno dei due Sid era steso a terra in una pozzanghera di sangue, probabilmente morto. L’altro era in piedi e aveva in mano il pugnale, la lama era sporca quindi presumibilmente era stato lui ad uccidere il suo clone. La ragazza le era perfettamente sconosciuta: aveva dei capelli castani chiari lunghi fino a metà della schiena, era abbastanza alta ed equipaggiata in modo piuttosto leggero. Vestiva con un’armatura maschile di pelle scura, e impugnava nella mano sinistra uno stocco dalla foggia orientale. I suoi occhi, abbastanza grandi e carichi di una determinazione che poteva assomigliare ad un odio profondo, erano fissi su Minaerva. Searlin si affiancò alla sacerdotessa guardando Sid, la situazione sembrava essere decisamente tesa. Senza proferire una sola parola, Minaerva iniziò a lanciare un incantesimo contro la ragazza sconosciuta. Searlin riconobbe nella formula una magia in grado di far implodere il corpo delle vittime su sé stesso riducendolo a una piccola biglia. Era uno degli incantesimi sacerdotali più potenti di cui fosse a conoscenza, eppure prima di allora non aveva mai visto Minaerva lanciarlo. L’attacco di Minaerva non andò a buon fine, la sconosciuta riuscì ad eludere quella magia terribile per poi alzare la spada verso il soffitto. Searliln non fece in tempo a chiederse il perchè di quel gesto: nell’istante successivo la ragazza era alle loro spalle e stava tentando di trafiggere Minaerva. La sacerdotessa non riuscì a schivare il colpo e venne ferita ad un fianco, Sid si precipitò verso di loro e prendendole per mano attivò il potere magico del suo mantello.
Searlin si ritrovò con i suoi due compagni nello scantinato della locanda. Il suo respiro era accellerato anche se non aveva ancora iniziato a combattere, Sid al contrario sembrava mosso da una fredda e cinica determinazione.
«Rimanete qui, salgo a controllare.»
Searlin guardò Sid salire le scale pugnale in mano, senza produrre il benchè minimo rumore. Minaerva era immobile, ma in lei si poteva vedere tutta la furia di un fiume di rabbia in piena.
«Che cosa sta succedendo?»
Nessuna risposta dalla sacerdotessa, sembrava essere persa nel buio che la seperava dalla porta in cima alle scale. Poi d’un tratto pronunciò qualche parola ma Searlin non capì in che lingua. Chiese di ripetere ma Minaerva la guardò piuttosto perplessa, forse anche lei non capiva. Passarono a comunicare con il linguaggio dei segni e si accorse che Minaerva le stava chiedendo perchè lei fosse ancora in quella regione. Searlin non rispose cercando di capire perchè non doveva essere lì, e Minaerva con aria fortemente contrariata si voltò e si avviò su per gli scalini.
«Ferma, non abbiamo finito di parlare io e te!»
Searlin prese per un braccio Minaerva per farla voltare. Sentì la sua anima trafitta da due acuminate e oscure lance nell’incontrare lo sguardo della sacerdotessa. Lasciò la presa quando sentì una mano appoggiarsi sul suo petto e capì l’incantesimo che stava prendendo forma dalle labbra di Minaerva. Era un incantesimo di morte, avrebbe distrutto il suo corpo. Searlin ebbe solo il tempo di sentire l’ultimo battito del cuore e la scia umida lasciata da un’unica lacrima sulla guancia.
Si svegliò matida di sudore nel solito letto. Un altro sogno, un altro dannato incubo. Searlin guardò la mano appoggiata al materasso, tremava come l’ultima foglia ancora verde straziata dal vento autunnale. Si alzò e camminò fino allo specchio.
«Sto diventando pazza?»
L’immagine riflessa non rispose. Continuò ad osservarla con occhi carichi di ironico sarcasmo, attendendo fiduciosa che Searlin si coprisse il viso con le mani. Dopo aver fatto alcuni lunghi respiri, si vestì e scese le scale lentamente. Nella sala comune come si aspettava c’erano soltanto Sid e Minaerva. La vista della sacerdotessa che rideva serenamente le gelò ogni goccia di sangue.
Sid si alzò dicendo a Minaerva che sarebbe tornato subito, raggiunse Searlin e prendendola sottobraccio la trascinò al piano di sopra.
«Questa volta faremo come dico io, lo ripercorriamo tale e quale il sogno!»
Ormai era così scontato vivere quegli incubi ogni notte che non c’era neanche più bisogno di chiedere se fosse successo. Sid sembrava meno allegro del solito però, forse gli dei avevano voluto che iniziasse infine a capire la gravità della situazione.
«E’ una follia Sid, sono morta in quel sogno! Mi hai lasciata da sola con la psicopatica lady-morte con cui sei fidanzato! La stessa che ora è là sotto a inzuppare biscotti nel thè, mi ha uccisa! Lo capisci? Capisci che non voglio fare quella fine?!»
«Ma dobbiamo farlo, dobbiamo capire cosa sta succedendo Searlin…»
«Allora facciamo così… Andrà tutto come quel sogno, girerò la città con quella maniaca omicida e scherzerò con lei come se nulla fosse. Ma appena succede qualcosa di strano, qualsiasi cosa, anche la più insignificante, io mi teletrasporto in un’altra regione!»
Sid annuì soddisfatto. Searlin scese al pianterreno in sua compagnia e fecero colazione, tutto come nel sogno vissuto quella notte. Si propose di andare in biblioteca, e Sid le suggerì di portare Minaerva. Fu dura per lei accettare l’offerta e soffcare il tremolio della sua voce nello stesso momento. Cosiccome fu difficile restare calma mentre la mano della sacerdotessa le scompigliava i capelli nella stanza della locanda in cui si fermarono successivamente per contattare Aelhgar.
La giornata trascorse in maniera identica, un deja-vu cosciente lungo un’intera mattina. Searlin e Minaerva comprarono lo stesso serpente dallo stesso mercante, e poi si avviarono verso il locale. Arrivate al fatidico incrocio che aveva fatto da confine tra i due mondi Searlin si fermò terrorizzata.
«Qualcosa non va?»
La voce di Minaerva era calda e preoccupata. Attorno a Searlin la città era confusionaria e colorata, i gargoyle osservavano la strada ma non sembravano così terribili. Non c’era desolazione e dalla schiena di Minaerva non si levavano le due grandi ali nere. Con un enorme sforzo Searlin fece un passo oltre quel confine immaginario e tutto restò normale. Il cielo era limpido e la via era battuta da una leggera brezza che portava l’odore di sale.
«No, va tutto bene»
25 novembre 2008 alle 9:28 am
[...] Passo e chiudo annunciando che ho pubblicato ieri il quinto capitolo, non gli faccio un post dedicato nella sezione apposita ma mi limito a linkarlo: aprimi e leggimi! [...]
26 novembre 2008 alle 1:35 am
[quote]«Sta bene?»
Chiese con una certa ansia.[/quote]
Non sei fan delle parole dopo la chiusura delle virgolette, o sono io a sbagliare a farlo? Si può fare una cosa tipo:
«Sta bene?» chiese lei con una certa ansia.
?
Ennesima puntata della saga “trova la critica”: forse perchè i primi capitoli li avevo letti tempo fa (perchè viene detto nei primi capitoli, vero?), ma non ricordavo che Searlin fosse albina. O l’hai messo poco in risalto (è un particolare estetico molto importante per figurarsi il personaggio), o l’ho dimenticato io… ok, la seconda
La faccenda del serpente invece mi sembra un po’ “calata dall’alto”. Non mi sembra che si sia parlato prima del serpente (o forse mi sono dimenticato pure questo), e introdurlo qui mi sembra un po’ strano, come di una cosa che non era necessario dire, ma che ti serviva come espediente narrativo (o per introdurre l’episodio dell’acquisto, o per anticipare qualcosa che succederà in seguito legato al serpente, cose così insomma). Boh, mi stona un po’
26 novembre 2008 alle 9:05 am
Sul discorso diretto, sì sono sempre in dubbio su come farlo o_o
Per il resto no, non è la tua memoria a fare cilecca. E’ che i primi capitoli volevo riscriverli proprio tra un po’ e quindi riintrodurre un po’ di cose e caratterizzare meglio i personaggi sin dall’inizio.
Come al solito grazie per i consigli
26 novembre 2008 alle 2:48 pm
Spulciando qualche libro mi ero fatto un mini “vademecum” su come libri “ufficiali” trattassero i dialoghi (più che altro per la punteggiatura, non so mai quando vanno messe le virgole, quando no, se prima o dopo la chiusura delle virgolette o che )
Copio qui le casistiche che mi ero copiato anch’io per usarmele come modello, chissà che tornino utili (tipo che punteggiatura ci va quando c’è un punto esclamativo, come gestire la narrazione in mezzo ai dialoghi, quando ci va il punto, quando le maiuscole ecc ecc):
«Aspetta, si sta svegliando».
«Remus!» sussurrò Hermione. «Non dire così».
«Se al nuovo regime non piacciono i nati babbani» continuò Harry, «cosa faranno?»
«Non lo so». Harry riflettè. «Forse».
«Cosa? No» rispose lui. «Ricordo tutto»
Magari c’è anche un modo “ufficiale” di gestire i dialoghi, ma non ho mai ricevuto indicazioni in questo senso, magari cercando in internet si trova qualcosa, non so