Racconti e poesie di una viaggiatrice

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CRONACA DI UN VIAGGIO NON ANNUNCIATO

Pubblicato da blanchedubois il 4 settembre 2007

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21 agosto 2007 dalle ore 16 in poi…


Porto di Genova. All’inglese, it’s raining cats and dogs. Sto accompagnando la mia amica Ale e il suo cane Zen all’imbarco per Tunisi. Sembra che io stia trascorrendo queste strane vacanze da un aeroporto all’altro a portare gente, mentre non so decidere dove andare a mollare le carcasse dei miei pensieri ritorti. Un incubo il porto, un dedalo di costruzioni, cantieri, passaggi, containers, dogane e doganieri, non vedo l’ora di ripartire, ho uno zaino fatto in auto, pensavo di fermarmi qui a Genova per un paio di notti, ma sto cambiando rapidamente idea. Umore pessimo, complice l’acqua battente. ‘Sto cazzo di nave Splendid non arriva, ah sì finalmente, ti aiuto Ale a portare valigie e cane, no non posso nemmeno avvicinarmi alla zona antistante al molo senza biglietto d’imbarco…cosa vuol dire la seduzione femminile, l’Ale convince i doganieri e mi fanno entrare lo stesso…qualche lezione dovrei prenderla anch’io…uno stronzo in auto sportiva gialla per fare venti metri in due nanosecondi e poi fermarsi in fila e aspettare un’ora e mezza per salire svuota un’enorme pozzanghera che ci si rovescia addosso…


E’ quasi buio, un cielo di piombo, buon viaggio buon viaggio Ale, è di nuovo autostrada verso La Spezia stavolta, non ho ancora deciso che fare, sono sospesa ogni desiderio azzerato, corro, lascio auto e auto dietro di me e anche la pioggia piano mi abbandona, rimangono montagne scure da un lato con le loro lucine accoglienti e il mare metallico dall’altro. Una timida luna velata appare alle spalle di una cima. Una gioia improvvisa mi allaga il cuore e non so perché, è senza nome, la osservo mentre riempie gli anfratti dell’anima, non spero nulla non attendo nulla, sono una donna libera. In ogni fibra si riversa una lieve eccitazione, una follia leggera, non ho fame non ho sete non ho bisogno le uscite sfilano e mi lascio trasportare dalla strada nera e lucida posso piangere e ridere allo stesso modo mentre la marea di un amore per questo pianeta avanza…..


 


Finalmente esco a Deiva Marina e m’inerpico su per la montagna in cerca di un posto in cui dormire. Uno due tre tentativi sono quasi le dieci di sera e ancora nulla, un amico telefona e m’invita qualche giorno a Levanto o in giro, troppo tardi sono già fuori Robbi next time, Hotel Augusta Anzo di  Framura, una bella insenatura tra Deiva Marina e Levanto, con alcuni borghi di origine medievale, sentieri tra i boschi e fichi e ulivi ovunque. Quanti siete? Una, nessuna, centomila. Fatico a dormire, nonostante la stanchezza, sento il mare, la risacca contro le rocce, non sono abituata, i pensieri si rovesciano e rotolano…


 


Sulla spiaggia di sassi osservo in piedi a gambe larghe l’orizzonte marino, la carovana delle nuvole procede e accompagna navi a distanza, il sole si sta levando alto, tre quarti d’ora e sono lì piantata a guardare il mare spostando veloce gli occhi da una piccola onda all’altra, un uomo gira tutt’attorno e fotografa il paesaggio e credo anche me, che ormai ne faccio parte, immobile da quasi un’ora.


Mi siedo e scrivo di getto, come il bimbo che se la fa addosso, dietro di me la ferrovia lungo la costa un piccolo treno merci passa e sferraglia. L’aria è dolce e profumata mentre risalgo il sentiero che mi porta al borgo e poi a quello successivo dove ferve la vita del primo mattino, Setta di Framura, un bar, un negozio con vini pregiati e gastronomia, un alimentari vecchio stile, una sorta di bazar ricchissimo di cianfrusaglie per turisti doc, l’ufficio informazioni e la piazzetta dove signori di mezza e oltre età controllano l’andirivieni e discutono; salgo ancora fino a Costa, una bella torre campanaria dell’XI/XII sec.  e una vista mozzafiato della baia. Ho fichi e focaccia a mezzogiorno, sulla panchina chiedo a una coppia d’inglesi se mi posso sedere accanto a loro, certo che posso, il mare m’ipnotizza, lo desidero, io che non ho mai imparato a nuotare per paura e poi indifferenza e poi altro, c’è quiete, la gente è a pranzo, gli inglesi con pane e formaggio, il sole forte nel cielo di cobalto. Il silenzio pulisce la mia mente così gli odori di cibo fiori bucato fresco entrano nelle narici fino agli angoli delle cornee….


 


ORA SALTATE QUESTO PEZZO – E’ NOIOSO –  SCRIVO PER ME SOLA – IL RESTO E’ VANITA’


Come resistete alla bellezza che vi sovrasta? Cantate dipingete urlate correte meditate imprecate scrivete ridete fate sesso piangete cucinate state immobili parlate con il primo malcapitato pregate Dio e il diavolo e tutto l’Universo dormite sognate recitate fischiate digrignate i denti mangiate bevete vi sporcate vi drogate fumate prendete psicofarmaci nuotate suonate perché subito la bellezza fa un male quasi da morirne……che cosa fate quando vedete tutto il mondo possibile dentro gli occhi di uno/una che passa per la strada – “Passing stranger! you do not know how longingly I look / upon you /…” -? Strapparli e ingoiarli interi? Dissolvervi lo sguardo e non tornare? Ficcarvi le dita per sentirli pulsare e l’umido e oltre oltre fino alla materia grigia arrotolata come il serpente che mordicchia l’albero della vita? Adorarne il riflesso e respirare un minuscolo frammento d’eternità?


STOP


 


Il pomeriggio si distende, sono tra i boschi, seguo un sentiero mal segnato, raccolgo pigne per le decorazioni del prossimo Natale e mangio more selvatiche, l’istinto della raccoglitrice primitiva si risveglia immancabilmente; c’è molto umido, l’aria si è fatta spessa, arriva di nuovo il maltempo.


Sono in auto con la pioggia che mi spinge scendo verso Levanto paesaggio incantevole, risalgo alle Cinqueterre, strada panoramica abbastanza frequentata che vale la pena, mi fermo al monastero della Madonna di Soviore. Monterosso si trova qualche chilometro più sotto, anche da qui si vede il mare… m’inoltro nel bosco perché sono attirata da un piccolo tempietto ottocentesco dedicato alla Madonna, spunta tra gli alberi color rosa antico, scrostato e in stato di evidente trascuratezza: ha un’aria fascinosa, romantica dalla panchina posta a pochi metri di distanza. Non tralascio nemmeno un angolo d’osservazione: la percezione che ho è più di un tempio pagano che cristiano, costruito per ringraziare Maria di aver protetto gli abitanti del luogo dall’epidemia…..Mi figuro di dormirvi all’interno, per terra tra la polvere, di scassinare la fragile porta di legno e attendere la notte.


 


Controllo la cartina, ma lo sai dove stai andando?!! Più o meno, attraverso una valle in direzione La Spezia, arrivo fino alle porte della città poi dritta verso la Toscana, è quasi sera, di nuovo. Aulla, gironzolo per il centro, chiamo il mio amico Giovanni, per raccontargli un po’ di cose, Gio pensavo di fermarmi ad Aulla stanotte, ma fa schifo fa venire i brividi, proseguo verso la Garfagnana, vado a Barga, Gio ho appena visto un negozio di scarpe stratosferico, in questo posto da quasi taglio delle vene, sto impazzendo le ho comprate scarpe di stilista inglese, o impiego anni per prendere una decisione, come per acquistare la cassetta della posta per la casa di mio padre, che non ci si può credere nemmeno io, oppure in un fulmine accade tutto.


 


SR445 strada regionale della Toscana 445, Casola in Lunigiana, Castelnuovo Garfagnana, Castelvecchio Pascoli, Barga. Uva e pane cotto in forno a legna in auto sono le nove di sera passate, sbarco ad Albiano, a pochi chilometri di distanza da Barga, Hotel ristorante La Terrazza. Quanti siete? Una. Una visita notturna a Barga, deliziosa cittadina medievale con palazzi rinascimentali, dall’alto della piazza del Duomo il paese si adagia sulla collina, intorno i monti, le Apuane si scorgono a distanza, e la valle verso sudovest. Vi è un grande albero di fianco al Duomo, davvero enorme forse servono tre persone per abbracciarlo, faccio aderire il mio corpo al suo ma non sono liquida abbastanza per divenire linfa e corteccia.


Piove ancora di mattina, percorro le viuzze di Barga per un paio d’ore, entro nel Duomo, vuoto e silenzioso, un’ottima acustica, la provo, Gio non ridere, intono le note di Haendel Anthem 2 “In the Lord put I my trust”, voce da contralto, peccato che ho smesso di cantare nel coro, mentre canto la chiesa si dissolve, ho un fremito e la magia scompare.


E’ quasi mezzogiorno all’eremo di Calomini, un santuario settecentesco, ma di ben più antiche origini incastonato come un bianco gioiello nella parete rocciosa di una montagna.


Vi è una foresteria accanto, prenoto un letto per la notte. Quanti siete?…Mi danno un mazzo di chiavi perché li ho avvertiti che non mi farò viva fino a mezzanotte e non ci sarà nessun altro tranne me e il custode dell’eremo che nemmeno vedrò.


Guido attraverso la valle strettissima fino alla Grotta del Vento, tre ore nelle viscere della terra, tra concrezioni calcaree roccia torrenti sotterranei (il principale si chiama Acheronte lo giuro), sono a casa le profondità mi abbracciano mi sento al sicuro con 800 metri di roccia sopra la testa. Perché devo tornare su? Se non fosse per i 10 gradi centigradi e il 98% di umidità…Vorrei far sparire tutta questa gente urlante che profana il meraviglioso silenzio della terra, non ce la fanno a contemplare senza dover per forza aprire la bocca e sparare cazzate a raffica…Ok, snob intollerante, ma qualche attimo di puro limpido trasparente cristallino silenzio Gee….


 


Trassilico, verso il tramonto, altro paesucolo medievale con resti di fortezza che domina valle e monti, salgo alle rovine mentre gli ultimi turisti scendono, non mi considero tale, sono una viaggiatrice, appollaiata come aquila in cima alle mura della torre restaurata, l’eco mi rimanda dal borgo di fronte una musica anni Trenta, sdolcinata e melanconica, è di nuovo sole e nuvole bianche correnti, qualcosa m’invade e scoppio in singhiozzi, con la schiena appoggiata alle pietre, il blu mi confonde e mi dà vertigini…


Bargajazz al Teatro dei Differenti, mi sono cambiata, si fa per dire, in auto nel parcheggio, sembro comunque una mezza barbona lo stesso, teatro settecentesco con graziose decorazioni, dove il Pascoli pronunciò un famoso pare discorso, a me il Pascoli poeta non è mai piaciuto eppure la mia prof di italiano delle superiori ha conservato per anni, mi confessò qualche tempo fa, un mio tema proprio sul Pascoli…cose da matti.


Sono in seconda fila, dietro di me un uomo e una donna, estranei, sono seduti accanto per caso, parlano, si scoprono legati da amicizie comuni, si raccontano le vite, lei una scrittrice di splatter e di noir ambientati a Lucca, lui bancario pure a Lucca sposato con la famiglia che vive a Bologna, dopo vieni all’Enojazz? Sono invisibile mentre ascolto l’orchestra che esegue composizioni jazz originali e un pianista lucchese che ha lavorato anche per Sofia Coppola in Lost in translation, suona con maestria e leggerezza pezzi suoi e di Ellington/Gershwin.


Mi piacerebbe passare tutta la notte al locale ad ascoltare il jazz, ma sono quasi ubriaca di stanchezza, torno all’eremo dopo mezzanotte. Il grido della civetta e lo scroscio della sorgente dietro la roccia cullano il sonno.


 


Puntata a Coreglia Antelmini, gatti che si stiracchiano a ogni angolo, un buon odore di panni stesi, riprendo la via per Borgo a Mezzano per vedere il ponte del Diavolo, lungo la statale 12, ponte di probabile origine canossiana, a cinque arcate asimmetriche, non interamente originale in quanto danneggiato ai primi del novecento e poi parzialmente ricostruito ma decisamente suggestivo.


Statale 12 dell’Abetone, verso casa stavolta, prima però Lucchio, altro paesino costruito a ridosso della roccia, le case tutte in sasso come abeti, alte e strette, su più livelli, sembra un bosco di pietra sulla parete della montagna. Una visione. In alto la fortezza normanna, ciò che ne rimane.


Per arrivarvi una straducola che si attorciglia tra i castagni onnipresenti in questa zona.


L’atmosfera è incredibile, pietra su roccia, roccia dentro la pietra, una donna del luogo mi vede, good morning, good morning, certo è la mia aria da barbona straniera…ah, ah!


Sta per piovere ancora, sono su alla fortezza, circondata da monti, la statale serpeggia sul fondo della valle, mi scappa da pisciare forte, machicazzosenefrega, la faccio così insieme alla pioggia tra l’erba e i massi dell’XI sec. Questione di secondi, appena in tempo per alzare i pantaloni e spuntano tre motociclisti, uno di loro in testa mi scorge, è perplesso, ha visto il movimento, fanno il giro largo, non vengono nella mia direzione, sfido io, una pazza che piscia sotto l’acqua, vorrei ridere a crepapelle, mi allontano e sghignazzo, da grande farò la strega nella foresta.


Statale 12 all’infinito stanno preparando un rally per il fine settimana, ecco il modenese, con il suo appennino poco vario e noioso.


Appoggio zaino pigne cartine, all’aeroporto di Bologna a riprendere Alessandra che torna da Tunisi. Senza Zen però, che rimarrà a casa del fratello di Ale per due mesi. Se qualcuno avesse bisogno di un taxi driver per spostamenti veloci, contattatemi…


FINE

5 Commenti a “CRONACA DI UN VIAGGIO NON ANNUNCIATO”

  1. Andrea dice:

    Ciao Barbara, interessante questo tuo diario di viaggio. In molti dei posti che descrivi sono passato diverse volte, ed e’ impressionante come sei riuscita a rendere con poche pennellate la complessita’ di un’atmosfera particolare. Mi e’ molto piaciuto il contrasto tra le lucine accoglienti ed il mare metallico.
    Grazie per avercelo fatto leggere :)

  2. fabio dice:

    Davvero carina come idea, descrivere l’emozioni e le sensazioni di un viaggio. Grazie Barbara, bel racconto.

  3. marilety dice:

    simpatico racconto si intravede molta solitudine accettata pacificamente auguri

  4. Luca dice:

    Bene..davvero. Le emozioni sono vive, quasi visibili attraverso le righe di quello che scrivi. Complimenti.

  5. imprese dice:

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