non c’e’ altro modo. e non c’e’ mai stato.

Una raccolta www.storydrawer.org

sulla via delle pietre

Pubblicato da caterina il 25 settembre 2008

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Dovrei farne un libro.

Il progetto sarebbe questo.

Per adesso “approfitto” dell’amicizia virtuale che mi lega a Storydrawer e tento qui la mia pubblicazione.

Il titolo che avrei scelto è “SULLA VIA DELLE PIETRE”, visto che là, in Terrasanta i sassi hanno molto valore forse perché sono rimasti i soli a testimoniare ciò che è stato, che si creda o meno.

Ecco, io sono credente e ci ho messo del mio ma per chi invece si professa diversamente, e lo rispetto, spero consideri questi miei dei buoni appunti di viaggio.

 

AEROPORTO CATULLO VERONA-TELAVIV

 

Israele…cosi’ come l’ho vista io, una pellegrina qualsiasi, mescolata a molti altri pellegrini colorati e vocianti, accorsi in cerca di risposte, di emozioni o forse anche niente.

Prima di partire, ho comprato un taccuino al volo “tanto per segnarmi le cose principali” e dubitando sull’uso che ne farò. Non so se avrò il desiderio di portarmi appresso un ufficio, penna, block notes, zaino, digitale…davvero non so. Vedremo.

E’ poi finita che il taccuino è diventato la mia ragione di vita laggiù.

L’ho riempito tutto, anche sulla quarta di copertina, rendendolo pasticciato alla vista ma più vissuto di una valigia di cuoio che abbia compiuto il giro del mondo.

L’occasione mi e’ gradita per iniziare a decifrarlo, a distanza di un anno…qui, insieme a voi, se lo vorrete.

E’ un racconto lungo sette giorni. Lo divido, per non tediarvi più del dovuto e per godermelo ancora, forse meglio a casa, quando ne caldo, ne stanchezza, ne tensioni si intrometteranno tra me e i ricordi che si fanno dolcissimi dopo ogni avventura e hanno la garanzia di diventare miei per sempre.

…siamo atterrati a Telaviv, all’aeroporto Ben Gurion, il nome di questo statista che diede un apporto fondamentale al rientro degli Ebrei in patria intorno agli Anni ‘50, diventandone uno dei padri ispiratori.
Telaviv e’ tutta bianca e si affaccia sul Mediterraneo con spiagge lunghissime. Incredibile come in mezzo al deserto, sorgano oasi e palmeti di un verde da far invidia a Miuccia Prada.
Adesso non so che questa immagine diventerà una costante durante tutto il viaggio.
I colori “rosso rosato” del deserto, il verde vivo delle palme, l’azzurro intenso del cielo: si vede che abbiamo cambiato latitudine.
L’aeroporto e’ all’avanguardia.
Arriviamo di sabato, in pieno “Shabbat” , la Domenica degli Ebrei, che inizia alle 6,29 in punto del pomeriggio prima e termina alla sera del sabato in un orario non ben specificato.

Praticamente una Domenica che dura un giorno e mezzo, giornata in cui
non si deve fare proprio nulla ma dedicarsi a Dio e al riposo.
Tanto che si mangia tutto freddo per non dover accendere nemmeno i fornelli.
Di conseguenza, quegli Ebrei che sono costretti a lavorare, non brillano in gentilezza, nemmeno all’aeroporto. Devo ammettere che l’impatto non e’ stato dei più carini e poiché tendo sempre a dare una giustificazione agli eventi, mi sono detta “avranno dei problemi.”

Ebrei con preoccupazioni.
Fuori dall’aeroporto e dal paradiso dell’aria condizionata 40 gradi alle nove di sera.
Resisterò?
Siamo diretti in Galilea , a 150 km da Telaviv che e’ nella Giudea dove si trova anche Gerusalemme e in mezzo la Samaria.

Le regioni sono solo queste tre, semplici come tutto ciò che h visto.

Il discorso religioso è sempre stato così confuso dentro di me e i catechisti dell’epoca hanno fatto quello che hanno potuto, poveretti anche loro, ma se si vuole che i tasselli vadano a posto occorre andare a vedere di persona, ovunque e per ogni storia o leggenda che ci sia stata raccontata.

Mi rendo conto che non à semplice ma sarebbe bello che ai ragazzini delle medie proponessero una gita in Terrsasanta invece che a Parigi o a Londra dove , se sono mediamente fortunati, ci andranno da soli prima o poi.

Qui è difficile venirci per proprio conto, prima di tutto perché logisticamente ti serve un appoggio e poi anche perché arrivare fin qui sa tanto di bigotto, di “baciabanchi”…sbagliato!

Ma io non lo sapevo.

Altrimenti avrei posto rimedio prima.

Piano piano il mio viaggio si e’ trasformato in un tuffo nella Storia, nella Religione e nella Fede ma questo l’ho avvertito più avanti, quando tutto e’ avvenuto semplicemente.

Mi sono resa disponibile al nuovo e forse anche a Dio.
C’e’ molto buio fuori e anche nel mio cuore, congestionato da mille pensieri di casa. Ogni tanto spunta un paesino tutto illuminato e non ci metto molto a considerare perché il presepio lo facciamo come lo facciamo…qui c’è il suo prototipo, da duemila e passa anni. Ecco, il pullman mi sta infilando in un presepio vivente, reale.
A destra appare una città che nella Road Map di pace, e’ passata ai palestinesi. Se volessimo entrarvi, dovremmo esibire il passaporto alla frontiera.
La cosa mi stupì moltissimo ma alla fine del mio viaggio non ci facevo nemmeno caso.
Il filo spinato che delimita i confini serpeggia qua e la’ ovunque, ad un certo punto ti scappa il conto ma in realtà non ti interessa nemmeno più se sei in Israele o in Palestina e se la Palestina esista davvero come Stato, se i Palestinesi abbiano ragione o se ce l’hanno gli Israeliani.
Non sai deciderei da che parte sta la prepotenza, se di prepotenza si può parlare.
Alla fine del viaggio e’ la stanchezza ad impadronirsi di te…
Ma a queste considerazioni arrivai dopo.

Per ora mi trovavo nella condizione del “tutto nuovo”, della valigia ricolma di biancheria e vestiti puliti. Avevo l’euforia del “tutto a posto, tutto perfetto”; quella era la mia settimana di vacanza e me la sarei goduta fino in fondo.

Non sapevo di certo cosa mi sarebbe toccato in sorte.
E’ quasi notte mentre arriviamo a Nazareth.
Ai bordi della strada negozi arabi ovunque nel loro modo ai nostri occhi un po’ disordinato di esporre le merci e loro, si sa, sono maestri dei commerci.
Arabi e cristiani convivono pacificamente a Nazareth, la Madonna e’ venerata anche dai Mussulmani…
Vi racconterò la storia di una piazzetta insignificante assurta alle cronache mondiali a testimonianza che passerò sette giorni nella polveriera del mondo ma giungerò ad una conclusione paradossale.
Di fronte alla chiesa dell’Annunciazione, un santuario grossolano e senza stile sorto sopra il luogo più sacro al mondo, la casa di Maria, c’è il convento delle sorelle di Gesù, mi pare si chiamasse così,
e li’, per la prima volta, faccio la meravigliosa esperienza di una cena israeliana.
Cucinano da d i o, ‘sti Ebrei, e’ proprio il caso di dirlo…

Ma per me adesso, è tempo di andare.

3 Commenti a “sulla via delle pietre”

  1. andrea dice:

    Ciao Caterina!
    Che voglia di partire che mi hai fatto venire…
    Io il libro lo compro, se lo scrivi :)

  2. emmaus2007 dice:

    Come sempre bello e piacevole. C’è qualche errore di battitura e di accento (sono il solito pignolo, però se vuoi proporlo ad una casa editrice devi essere pignolissima!), ma le frasi mi sembrano ben strutturate.
    Brava! Una mano piena di stelline!!

  3. caterina dice:

    Andrea,
    che complimentone!!!!
    allora vado avanti?
    ne ho facolta’?

    Emmyyy,
    ti prego di continuare ad insistere sugli errori.
    altrimenti non imparo :)
    e grazie sempre.
    sei bravo scrittore e premuroso amico :)

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