Ti ricordi Chamois? seconda parte
Pubblicato da caterina il 3 marzo 2009
Arrivare.
“Benvenuti a Buisson” citava il solito cartello all’inizio del paese. Tirami fuori ‘sta funivia mirabolante e non se ne parli più. Ho fame e sete e sonno e sono ancora ai piedi di questa montagna enorme e minacciosa!!!! Altro che zio Cervino. Quando mi sento così, sono a rischio capricci. E non mi va bene niente. Pensare che ero partita con le migliori intenzioni, stamattina. Ero anche felice quando è suonata la sveglia…poi il viaggio, nessuno che sa della mia meta, all’avventura, la linea regionale con il trenino fino a Chatillon e ancora la corriera diretta a Buisson e adesso che quasi ci sono e che Chamois è a due passi da me, vorrei tornarmene a casa. Sempre così. Racimolo le forze ma soprattutto mi deve riaffiorare l’entusiasmo e siccome mi conosco, domattina, davanti ad una ricca colazione, tornerà il sole anche nel mio cuore, adesso rabbuiato. Mi era capitato anche a New York. Con il papà, ci imbarcammo nella maratona delle maratone. La madre di tutte le corse. E noi, due minuscoli granelli di sabbia, nel nostro piccolo abbiamo voluto rotolare giù per la Prima Avenue, su per la Quinta, fino a Central Park e proprio quando mancavano duecento metri esatti e occorreva svoltare a destra, dissi esattamente così “basta! La in fondo c’è l’hotel e io ti saluto! Tu e la tua maratona d’Egitto!!!”. Ero alla meta e non me ne ero resa conto. La fatica aveva annebbiato l’obiettivo finale. “Salve. Sale?” chiedo al comandante del barattolo d’acciaio. Certo, dove vuoi che vada? All’inferno? Come in ascensore. Avete notato quanta energia elettrica sprechiamo nella non conoscenza dei due pulsantini per chiamarlo? La regola è semplice: quando si sale si schiaccia la freccia all’insù. Quando si scende, all’ingiù. In questo modo arriverà quello che sta andando nella tua stessa direzione e la domanda a chi è dentro risulterà superflua. Capita invece che molte persone non ci pensino e clicchino tutti e due i bottoni insie me più volte, come se così funzionasse meglio o arrivasse prima. E no! Perché avere due cabine a disposizione quando te ne basta una? Siamo spreconi. Comunque la funivia saliva e io dentro la sua pancia. Dio che inquietudine. Non riesco a godermi il panorama, qui appesa a un filo. Speriamo bene. “Bon zo la dama”. Eh?? Ma cosa dice il Capitano della nave, qui? Cominciamo bene. C’eravamo solo io e lui, all’interno. Speravo salisse qualcun altro ma ormai si era fatto tardi e chi c’è c’è. Nel senso che i residenti se ne stavano lassù fino all’indomani e i turisti mordi e fuggi semmai stavano scendendo. Il tipo aveva un’aria benevola nonostante la mia titubanza. Sembrava il nonno di Heidi. Sorrideva ed era sicuro di sé. Chissà quanti viaggi si faceva a bordo dell’astronave tutti i giorni. Che monotonia. Che alienazione. Magari la cosa lo aveva reso instabile e stava scivolando senza accorgersi nella schizofrenia. Vedrai che tira fuori un coltellino di quelli per tagliare il formaggio che tra l’altro io odio, e mi minaccerà con la lama puzzolente di gorgonzola.. Avevo sempre la mia valigia che potevo proporre come riscatto. Romperà un finestrino e mi ficcherà la testa fuori fino a che confesserò. Non so ancora bene quali reati ma qualcosa mi inventerò. Mi obbligherà a bere dalla sua borraccia una pozione avvelenata con qualche erba malefica raccolta su da qualche parte e io rimarrò immobile per due settimane, vigile ma incapace di qualsiasi gesto, come in quel film “Le Verità nascoste”, con quel figaccione di Harrison Ford e credendomi morta, mi seppelliranno nei boschi e… “Arrivati a Chamois!” Di già? Vedi che la fantasia serve, a volte? “Grazie, signore e arrivederci.” “Io mi chiamo Desiderio. Bon zo la dama, signorina. Si diverta a Chamois.” Desiderio? “Sarebbe Didier ma non tutti sono bilingue a e allora…” Ma che romantico! “Allora ciao Didier.” Avevo l’impressione di avere un nuovo amico e mi scusai per i miei pensieri noir di poco fa. Una funivia chiamata Desiderio… La cosa si fa più che interessante. Vivida. |
Ed eccomi qui, a Chamois.
Finalmente.
Il più e’ fatto.
Non mi restava che scovare un posticino dove andare a dormire e possibilmente che non fosse caro. Non sono mai stata brava nell’addocchiare i posti giusti.
Come quando si va al ristorante in un città sconosciuta.
Molti guardano da fuori, consultano il menu, soppesano i pochi particolari che riescono a scorgere quando qualcuno entra o esce, si fanno mille congetture e poi, solo alla fine, entrano.
A me viene già fame al pensiero di analizzare tutto quanto.
Entriamo e sediamoci.
Qualcosa ci porteranno. E non ci azzecco quasi mai.
Del resto la funivia, Funny come la ribattezzai dopo che mi porto’ a destinazione sana e salva, approdava giusto nella piazza del paese.
E in questa piazza, deliziosa peraltro, c’erano la chiesa, un bellissimo edificio antico, forse il municipio, e un hotel.
Si ma chissà che caro qui cosi’ comodo.
Avrei voluto una cosa più alla mia portata, un b&b, un garni, una pensioncina.
Vabbé, non era il caso adesso di starci a pensare.
Si era fatto tardi veramente.
L’ultima corsa della Funny era alle nove e l’ho presa appena in tempo.
Anche se e’ estate, qui in montagna e’ buio pesto, ormai.
Nessuna luce ad illuminare il cielo.
Bene per l’inquinamento, male per me che dovevo assolutamente sbrigarmi.
E se non ci fosse stato posto??
“Buonasera.
Vorrei una stanza, per favore”.
“Buonasera.
Attenda prego. Siamo pieni. Un attimo che vedo”.
Dov’era la solita cordialità falsa degli albergatori di cui sopra ?
Il receptionist si presento’ a me con un sorriso tirato, mica come il signor Desiderio che sembrava impaziente di issarmi fin qui.
Pareva lo stessi disturbando.
Quell’attimo duro’ una vita.
Dove mi sarei sistemata, altrimenti?
Maledetta me che non prenoto mai.
“Ci sarebbe un’ultima cameretta ma c’è un problema.”
Cosa?
E’ senza bagno?
Ah, no eh!
Niente vasi della notte nascosti nei comodini odoranti di disinfettante e urina, please.
Quelli solo nei miei ricordi di bambina a casa dei nonni ma allora ero talmente felice che andava bene tutto e tutto era un gioco; non vedevo l’ora che di notte mi scappasse la pipi’ per svegliare tutti e creare un bel trambusto con annessa processione il giorno dopo per svuotamento degli stessi, guardando il contenuto con un senso di schifo totale misto alla soddisfazione di averla fatta io quella pipì lì!”
“No, e’ solo che il televisore e’ sprovvisto di telecomando.”
“Un bel problema ma credo che sopravviverò!” risposi con fare spiritoso.
“Vorrà dire che mi farete lo sconto.”
“No, mi spiace, i prezzi sono esposti e sono fissi.”
Antipatico.
E ditemi che c’è il camino, sperai tra me e me.
“E niente camino. Quello solo nella suite.”
Ma mi legge nel pensiero l’oste ostile ?
“So che i cittadini ci tengono a queste particolarità.”
Evidentemente il mio spirito non era stato apprezzato da questo qui che si presentava come la versione incazzata del nonno di Heidi.
“Orso, dai che il caffè e’ pronto” giunse una voce dalla cucina.
“…Lei e’ il signor Orso?”
“Si. Qui e’ un nome comune.
E’ uno dei nostri santi .”
“Ah, che bello! Originalissimo!
Io mi chiamo Caterina. Piacere, Orso.
In Borsa le farebbero la festa, sa? “
Mi era venuta perfino la vocetta da adolescente tanto mi premeva stabilire un contatto.
Di poche parole, non ricambio’ il mio afflato.
Veramente poco socievole.
Sperai non fossero tutti cosi’, gli abitanti di Chamois!
“Secondo piano, ultima porta a destra e domani serviamo la colazione fino alle nove.
Più tardi deve andare al bar.”
Ah, ok. So già che faro’ quella fine li’.
Ma solo domani perché non voglio perdermi niente delle vostre leccornie, dolce e salato, tutto insieme in un tripudio di sapori valdostani per i prossimi tre giorni.
A parte il formaggio, si intende.
“A proposito, si può mangiare qualcosa, stasera?”
“La cucina e’ chiusa ormai. Mi spiace. Se ci telefonava, forse…
Se vuole, qui fuori c’è un distributore di pane.”
E’ fresco. Lo portano tutti i giorni.”
Mi accontenterò, per stasera.
Ci spalmerò dentro i cioccolatini che mi hanno dato sul treno.
Sara’ come mangiare pane e nutella. Gnam Gnam. Sono una che si arrangia, io.
Pero’ questo Orso poteva almeno offrirmi una tazza del caffè pronto in cucina, che diamine!
Proprio degno del suo nome, a questo punto.
Guardi che pago, sa?
“‘Notte, Sig.Orso.”
E non bramire troppo, stanotte. Eheheh.
Ma lo pensai solo, per carità.
4 marzo 2009 alle 12:56 pm
Allora, diciamo subito che ti sei meritata 5 stelline. Ma è perchè fanno media.
Il tuo racconto, splendido, ne vale 6, però dobbiamo considerare gli accenti confusi con gli apostrofi, che fanno 4, quindi la media diventa 5.
Riuscirai a guarire dall’apostrofite, e senza assumere aspirine e tachipirine? Ma certo!!!!!
Datti da fare! Su, all’opera! A correggere!!!
Comunque, bravissima!!! 5 stelline meritatissime!!!!
Ciao!!!
4 marzo 2009 alle 3:13 pm
Eccoci qua, cara Caterina, a tessere lodi su questo tuo scritto.
La prima puntata non mi è piaciuta molto perchè ti sei dilungata un po’ troppo nella fase introduttiva.
Qui invece riconosco Caterina: freschezza, autoironia e capacità di tratteggiare con quattro pennellate un carattere o un avvenimento!
C’è un seguito?
Ti abbraccio
Mariangela
4 marzo 2009 alle 9:28 pm
ciao Giangia.
questi capitoli sono l’inizio di un romanzetto che sto scrivendo.
infatti temo di non essere proprio corretta nel pubblicarli, poiche’ partecipo ad un concorso.
avevo bisogno di vedere se la storia poteva prendere piede.
mi fermo nella pubblicazione sperando naturalmente di vincere per poi pubbblicare il tutto…
d’ora in poi saro’ nele mani del mio ristretto cmitato di lettura ( mio fratello, mia mamma ed Emmaus)
grazie per il tuo commento! ne terro’ conto
4 marzo 2009 alle 9:31 pm
Emmy!!
apostrofite acuta e’ splendida!!!!
devo togliermi questo brutto vizio anchese nel racconto sno stata attenta, correggendo tutte le sottolineature rosse del pc.. mah
sfugge sempre qualcosa.
ad ogni mod, grazie per l’entusiasmo che mi infondi.
siccome ti so sincero e severo nella tua autorevolezza, vado avanti.
la storia e’ già tutta in testa, con la sua fne ma c’e’ il piccolo particolare che…OCCORRE SCRIVERLA!!!!!!
entro il 31 di marzo ce la faro’?
ce la faro’.
grazie di tuto anche a te, come sempre
ps sono entrata stasera esclusivamente per vedere chi e’ l’assassin…
la mia curiosita’ e’ alle stelle.
hai decisamente fatto centro!
6 marzo 2009 alle 1:58 pm
ciao cate
il tuo racconto è spledido e il tuo modo di scrivere è come al solito coinvolgente…ti faccio un grande in bocca al lupo per il concorso e facci sapere
ciao ciao
6 marzo 2009 alle 2:31 pm
grazie, Mattie!
le parole , a volte, sanno scaldare il cuore
siamo tutte piene di concorsi!
speriamo
7 marzo 2009 alle 12:57 pm
Ciao Cate!
Ho problemi con la posta, quindi ti scrivo da qui. Il concorso che dicevi, in effetti, dev’essere breve, mi sa che non va bene il tuo Chamois. Peccato, però…
Spero di riuscire a sbloccare la posta a breve… accidenti a ‘ste cose…
A risentirci!!!
7 marzo 2009 alle 1:25 pm
ciao Ema,
ti ho scritto una mail rendendomi conto subito dopo che nn saresti ruscito ad aprire.
spero tu possa riprstinare, altrimenti scriveremo da qui.
31 luglio 2010 alle 9:49 am
Come e’ andato il concorso?.coinvolgi molto. mi piaci di piu’ in versione reportage…