La Dama della Notte
Pubblicato da chris84 il 17 novembre 2007
Grosse
gocce di pioggia continuano a picchiettare sul vetro della finestra, oltre la
quale si scorge il mare in tempesta, e l’eterno andirivieni delle onde, orlate
di schiuma, che s’infrangono sugli scogli frastagliati. Il cielo sembra essere
immerso anche lui in cupa meditazione, e le nuvole che corrono veloci, sospinte
da un vento freddo e tagliente come lame di ghiaccio, sono i suoi pensieri che
si rincorrono. Si vedono stormi di gabbiani che volano lontano, verso nord;
sembrano immobili, come dipinti nel cielo grigio, screziato di lampi rossastri,
mentre si dirigono verso l’Infinito. Il sole, che non ha brillato con il suo
consueto splendore, ma ha lanciato di tanto in tanto qualche raggio fugace ad
accarezzare le cime di abeti della foresta, adesso lancia un ultimo fulgido
guizzo d’addio, prima di completare il suo quotidiano peregrinare, e di darsi
convegno con la luna, oltre le stelle, là dove il cielo e la terra si uniscono.
Guardo sotto di me, e vedo una vecchia barca ormeggiata nei pressi del molo: le
onde, infaticabili ballerine, la prendono sotto braccio e la fanno danzare con
loro, dandole le movenze e la grazia di un cigno…Mi soffermo su ogni
dettaglio: dalla vela candida ammainata con cura, ai rotoli di corda arrotolati
e riposti sotto il sedile, al timone che affiora dal pelo dell’acqua ogni volta
che un’onda più sbarazzina delle altre solleva lo scafo della barchetta, come
per convincerla a mollare gli ormeggi ed a venir via con se…Più guardo la
barca incrostata di salsedine e con la vernice sbiadita dal sole, e più mi
sento simile a lei: vecchio e stanco, senza più alcuna voglia di abbandonarmi
alle gaie prodezze delle onde. La pioggia continua a cadere, fitta ed uguale,
ma senza mai essere monotona. Sembra quasi che nasconda in se una melodia
arcana, che voglio scoprire, e mi metto in ascolto insieme alla Natura, che
invece la conosce bene e se la gode in ogni sua sfumatura. Cerco di guardare
dentro di me, di scoprire dove si annida il demone che mi tormenta l’anima, ma
non riesco a scorgere altro che una densa foschia, che rende indistinguibile
ogni dettaglio…Essa è in tutto e per tutto simile alla nebbia che si adagia
sul paesaggio che si scorge dalla finestra, come un mantello che ti copre,
avvolgendoti col suo tepore…Riesco ancora a vedere la spiaggia, anche se
l’oscurità si va infittendo, insinuandosi dentro di me con la sua sensualità
malinconica e cupa; le onde hanno smesso di danzare con la barchetta, e adesso
ognuno si sta godendo il meritato riposo…Ognuno tranne la solitaria figura
che guarda ancora dalla finestra, il cui sguardo cerca di penetrare la cortina
di pioggia e nebbia, come per carpire i più intimi segreti della notte…La
luce che filtra dalla finestra è l’unica nel raggio di miglia, e sembra
l’incerta lanterna di un viandante che non sappia più dove dirigere i propri
passi…
La
selvaggia bellezza del paesaggio mi porta alla mente una figura di donna dalla
pelle eburnea e dai capelli color della notte, nei cui occhi rilucono stelle
sconosciute, come fuochi perpetui, inestinguibili fiamme celesti. Una donna che
voltandoti le spalle, ti rivolge un cenno impercettibile col capo, invitandoti
a seguirla, lontano nel cuore dell’oscurità e della notte…Senti che stai per
abbandonarti al suo richiamo, ma c’è qualcosa che ti trattiene ancora, come le
radici di un albero lo trattengono sul terreno: è la tua anima, che non ancora
monda di tutte le impurità, chiede aiuto a gran voce. E’ il tuo cuore, che straziato
e lacerato, sanguinante e pulsante di vita ti chiede di non abbandonare il tuo
sentiero…La donna fa qualche passo ancora, poi si volta e ti guarda di nuovo,
stavolta dritto negli occhi: ti chiede insistentemente di seguirla, senza
parole, ma con cenni e sguardi più eloquenti di tutte le parole profferite da
quando l’uomo esiste. Ti senti perforare dal suo sguardo ghiacciato, e nello
stesso tempo ti senti avvinto da catene di fuoco: senti il dolore strisciarti
dentro come una serpe, avverti l’anima che si tende al massimo, nel disperato
tentativo di non strapparsi a metà…Urli tutto il tuo dolore alla notte, e
senti le lacrime rigarti il viso: vorresti andartene e seguire i suoi passi, ma
sai che non puoi, non ancora…
Lei
allora scompare lentamente, su un sentiero che i tuoi occhi non riescono a
scorgere, ma sai che tornerà di nuovo, come ogni notte…
17 novembre 2007 alle 7:27 pm
Ciao Chris,
intanto benarrivato
Poi grazie mille per questa splendida prosa. Le descrizioni sono avvincenti come il più serrato dei dialoghi, e il protagonista che si sente come una vecchia barca e che rifiuta poi la donna porta con naturalezza al parallelo amore-mare in tempesta, suggestivo, nonché certamente azzeccato. C’è giusto un “rotoli arrotolati” che si potrebbe limare un po’, ma per il resto tanto di cappello
20 novembre 2007 alle 8:51 am
Grazie! Sai, mi capita spesso di accorgermi di espressioni da smussare solo quando rileggo dopo diverso tempo qualcosa che ho scritto, perchè quando scrivo, dev’essere tutto di getto, e l’operazione di revisione è talmente noiosa!!