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Saluti dall’Inferno (2)

Pubblicato da chris84 il 20 novembre 2007

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Il tempo trascorse così, tra me che
volevo dichiararle tutto il mio amore e lei che cercava di non fare nulla che
potesse ferirmi e che al tempo stesso cercava di non fare insospettire il suo
ragazzo. Si, perchè lei aveva già un ragazzo; quando lo scoprii fu un trauma
per me, piansi tante e tante notti e trovavo un pò di conforto solo nel mio
amato heavy metal. Ma il colpo peggiore arrivò quando scoprii chi era il
ragazzo che mi aveva rubato il posto che avrei potuto conquistarmi nel suo
cuore: si trattava proprio del mio migliore amico; con lui avevo formato il
nostro complesso, con lui avevamo deciso di chiamarci “Secret Rites”,
perchè eravamo appassionati di misteri, con lui avevo condiviso tutto ciò che
la vita mi aveva dato e con lui dovetti lottare cercando l’amore. E persi…

Quel maledetto giorno andai
nel garage che usavamo come sala prove e distrussi tutto ciò che gli
apparteneva: il suo basso, il suo amplificatore, i suoi poster e quant’altro mi
capitò sottomano e che gli appartenesse. Poi uscii fuori e mi incamminai senza
una meta. Dopo un pò di tempo, non so bene dire quanto, forse un’ora, forse due
o tre, mi accorsi di essere addirittura arrivato in un altro paese e per la
precisione davanti ad uno strano negozio, una specie di rigattiere che aveva
l’aria di vendere roba procurata in modi non proprio onesti. Qualcosa, non so
che cosa, mi convinse a varcare la soglia di quell’anticamera dell’Inferno,
mentre il mio walkman sparava a tutto volume le profetiche note di “The
Oath”, dei Mercyful Fate. La prima cosa che notai fu la stranezza degli
oggetti  che quello sgangherato negozio
custodiva al suo interno: dappertutto c’erano libri scritti in linguaggi del
tutto incomprensibili e dall’aria antichissima, insieme a strumenti di tortura
simili a quelli medievali, alambicchi, pietre di varie forme e colori, amuleti
strani fatti con piume d’uccelli ed un’inifinità di quella che reputai infima
paccottiglia. Ad un tratto sbucò fuori da quello che doveva essere il retro
bottega, un omino che assomigliava più ad un fauno che ad un essere umano
normale: aveva un’andatura saltellante che su chiunque altro sarebbe apparsa
buffa, ma che su di lui incuteva una strana sensazione, di orrore e repulsione;
su quello che stento a definire un volto vi era dipinta un espressione
indicibile, a metà tra il ghigno grottesco e una certa aria di compiacenza che
ispirava solo nefandezze. E la voce…oh! quella voce, tanto in contrasto con
il suo aspetto ripugnante quanto foriera di sventura. Con la sua maledetta voce
quell’essere mi rivolse queste parole: “Benvenuto, mio giovane amico!
Posso esserti per caso utile in qualcosa?” Vi giuro che quella voce e quel
modo di fare e di porsi mi lasciarono una sensazione così sgradevole che mi
sento male ogni volta che ci ripenso! “Non so…” risposi io.
“Mi sembri alquanto scosso, ragazzo. Ma perchè perdi tempo dietro ad una
ragazzina, ci sono tante altre cose che si possono ottenere se solo si conosce
il modo e…” – “Lei come diavolo fa a sapere…!” cominciai io,
ma il vecchio mi zittì con un cenno della sua mano deforme, e disse: “Ti
ho tenuto d’occhio per tanto tempo e, a parte qualche errore dovuto alla tua
età e alla tua poca esperienza, sei pronto…” – “Pronto per cosa?
Non capisco…” Il vecchio non rispose ma mi consegnò uno strano libro
recante sulla copertina una di quelle strane incisioni medievali raffiguranti
una specie di diavolo danzante; il titolo del libro era quantomeno suggestivo:
“De Instrumenta Diaboli”, e all’inizio lo reputai uno di quei noiosi
trattati sulla stregoneria, magari scritto da qualche inquisitore visionario,
ma mi dovetti ricredere…Il vecchio, dopo avermi dato il libro mi cacciò
letteralmente dal negozio e, sulla porta, mi raccomandò con un ghigno
decisamente poco rassicurante di non passare la notte fuori da solo. Uscito dal
negozio con il libro in mano, cominciai a correre come non avevo mai fatto in
vita mia, e nel frattempo sentivo crescere dentro di me una paura del tutto
ingiustificata, che si trasformò presto in delirio e che mi portò sull’orlo
degli abissi della follia. Ad un tratto non fui più capace di correre, e mi
accasciai ansante sul ciglio della strada che mi avrebbe ricondotto a casa: per
un pò non seppi chi ero, nè cosa stessi facendo riverso sul bordo della strada,
con in mano un libro datomi da un vecchio pazzo…il pensiero del vecchio, per
quanto ripugnante, sembrò confortarmi, così dopo alcuni minuti mi sentii meglio
e decisi di riprendere il cammino, anche perchè stava facendosi buio; prima
però volevo dare un’ultima occhiata a quello strano negozio: da lontano infatti
avrebbe dovuto essere possibile scorgere ancora l’edificio. Mi voltai, ma non
riuscii a scorgere il luogo che avevo visitato poche ore prima…nessun
negozio, nemmeno il paesino che gli sorgeva intorno! Avevo sognato tutto? No,
impossibile: avevo ancora il libro in mano, muto ma tangibile testimone di ciò
che era accaduto. Ma allora? Mi costrinsi a rimandare la faccenda all’indomani
e ricominciai a camminare, mentre gli ultimi raggi di un pallido sole d’autunno
affogavano nelle tenebre più oscure. Tornai a casa e giustificai la mia
prolungata assenza col pretesto di una lunga passeggiata, dopodichè mi barricai
nella mia stanza e, dopo aver acceso il mio fedele stereo, mi dedicai alla
lettura del libro.

2 Commenti a “Saluti dall’Inferno (2)”

  1. Andrea dice:

    Ben riuscita la descrizione del negozio e del negoziante! Corro a leggere il seguito…

  2. fabio dice:

    Ciao Christian, questa seconda parte è stata davvero interessante, corro a leggere l’ultima parte. ^_^

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