Alla finestra…
Pubblicato da chris84 il 21 novembre 2007
Alla finestra…
Aveva passato gran parte di quel pomeriggio piangendo…e pensando, pensando a miriadi di cose diversissime tra loro. Era rimasto affacciato alla finestra della sua camera; se ci si sporgeva un pò, sulla sinistra si vedeva il mare, e i gabbiani che volteggiavano, candidi e inarrestabili nel cielo color zaffiro. Tutte queste ed altre mille cose, che magari una volta avrebbero catturato la sua attenzione, o quantomeno l’avrebbero fatto sorridere di uno di quei sorrisi che, più che vera gioia esprimono un profondo rammarico, lo lasciavano quasi del tutto indifferente: solo di tanto in tanto, durante il pomeriggio infinito, intriso di tedio e trasudante rimpianti e odio, si sentiva un pò scosso, come potrebbe esserlo un ramo da una folata di vento più forte delle altre… Continuava a guardare fuori, giu dalla finestra, tra gli alberi del parco e in strada, senza neanche sapere perchè…magari aspettava un segno, uno qualunque sarebbe andato bene….
Si era chiuso a chiave nella sua stanza, nella speranza di poter allontanare il resto del mondo da sè, di potersi escludere da quella strana umanità cui sentiva di non poter appartenere. Ma i pensieri…quei dannati pensieri, viscidi tentacoli incorporei striscianti da tutte le parti, onnipresenti demoni invisibili pronti a tormentarlo, a bruciare ogni minimo barlume di speranza, o meglio di illusione, pensava…Quando uno di essi riusciva a superare la barriera della sua mente obnubilata, si aggrappava al suo cervello con artigli roventi. Si sentiva agitare le viscere, tremava e sudava freddo in balia di quei pensieri, come in preda ad un cancro, in una ridda incessante e senza requie… Ondate di odio puro, nere come la notte e con un fascino perverso e terribile gli suggerivano cose… non orribili, si diceva, in fondo perchè no? La vita, come una belva assetata di sangue, aveva placato la sua sete con lui; perchè adesso non si poteva accanire contro tutto quello che l’aveva fatto soffrire atrocemente, facendogli versare lacrime brucianti, di odio e di paura, di disperazione e di angoscia? Ma in fondo, lo sapeva bene, le lacrime di una povera creatura completamente sola al mondo… Lo sgomento e l’odio crescevano di pari passo…gocce di sudore scivolavano lungo il viso contratto dal dolore, e cadevano sulle mani tremanti, poggiate sul davanzale. Quanto ancora dovrà durare tutto questo? Si chiedeva, riuscirò a venirne fuori? Potrò smettere di odiare un giorno? Sentì una strana voce sussurrare dentro il suo cuore: “Certo che puoi, dovrai solo dimostrarmi che non hai paura…” – In un attimo lungo come mille eternità egli vide davanti a sè, con gli occhi offuscati dalle lacrime, le scene peggiori della sua vita infelice, e insieme al dolore, alla paura, alla pena per sè stesso, per quel che era stato e quel che era… e sentì la rabbia, la furia farsi strada nella sua anima devastata, demolendo quel poco di sè che era rimasto.
“Non ho paura…” – si sentì sussurrare nel buio che inghiottiva la stanza spoglia in cui si trovava dal pomeriggio, – “Non ho alcuna paura…” – ad un tratto sentì una presenza alle sue spalle, qualcuno che lo osservava…Si voltò lentamente, pronto a cancellare qualunque traccia della tempesta interiore che gli turbinava ancora in testa, e ad allontanare qualunque essere umano di questa terra, venuto al mondo solo per provocargli infinite sofferenze…Ma non c’era nessun essere umano: in piedi, davanti alla porta ancora chiusa stava una donna, la cui figura eterea come la luna aveva i contorni indistinti, sfumati, come coloro che si vedono nei sogni. Il suo volto era sereno, di una dolcezza che gli sembrò inesprimibile; i suoi occhi viola erano lucidi di lacrime e lasciavano trasparire una compassione profonda per colui che le stava di fronte, completamente immobile, ed incapace anche solo di pensare qualunque cosa. Fece dei passi verso di lui, finchè non furono tanto vicini da sfiorarsi. “Impara a conoscermi…” – sussurrò la donna con un tono che racchiudeva in sè, come per magia, tutto l’amore del mondo. Rimasero fianco a fianco a fissare il disco del sole annegare nel mare color della notte; una melodia dolce e triste allo stesso tempo si spandeva nell’aria, come un profumo… La donna si sedette con grazia sul pavimento, si mise la sua testa in grembo, e lo cullò, finchè l’oscurita fu quasi completa, e le prime stelle cominciavano ad avviarsi al loro convegno con la luna, facendo capolino da dietro le nuvole grigie, gonfie di pioggia. Il tempo sembrava essersi bloccato… dopo qualche minuto lei sussurrò: “Ci sono cose tanto belle al mondo, cose capaci di rimettere insieme i frammenti di un’anima e di un cuore spezzati…” – lui, sempre tenendole la testa in grembo e con gli occhi chiusi disse: “Non so chi tu sia, ma sento che la mia anima per te è come un libro aperto, nel quale tu riesci a leggere come nessuno è mai riuscito a fare prima d’ora. Voglio vivere con te per sempre…dimmi il tuo nome…” – Lo sguardo di lei vagava nel vuoto, soffermandosi di tanto in tanto a guardare fuori dalla finestra, le cui tende ora si agitavano lievemente, scosse dalla lieve brezza dell sera. Stette in silenzio per qualche minuto, poi ripetè: “Ci sono tante cose belle, così belle, nel mondo…sei sicuro di volervi rinunciare per stare con me per sempre?” – la risposta le arrivò qualche minuto dopo, in un sussurro debole, che sembrava contenere una forza sconosciuta: “Nessuna paura…nessuna paura…lo prometto…mai più…nessuna paura…” – “Allora vieni qui da me, dammi la mano, e varchiamo insieme i cancelli del mio regno…” – disse la donna, con un sorriso dolce e amaro insieme, alzandosi e dirigendosi verso la finestra aperta, da dove si scorgevano un milione di stelle sfolgoranti, come lacrime su una superficie di velluto nero. Il mattino dopo, all’alba lo trovarono morto, disteso su un letto di viole, i cui petali avevano un colore mai visto, e che non appassivano, neanche se venivano strappate, come qualcuno fece. Aveva un sorriso sereno scolpito sul viso, e si stupirono, perchè era la prima volta che lo si vedeva sorridere: da morto. In una mano reggeva un velo, qualcosa di simile alle stole che portavano le donne dei tempi andati, mentre con l’altra sembrava che stesse tenendo con dolcezza la mano a qualcuno….
26 novembre 2007 alle 1:05 pm
Ciao Chris,
cupissimo, ma anche tenero e dolce, con un finale che si potrebbe definire “lieto”, pur nella sua tragicità.
Bello lo stile: forse solo un po’ da perfezionare i dialoghi “onirici” che sembrano un po’ forzati.
Grazie per avercelo fatto leggere