Chris’ Archives

Una raccolta www.storydrawer.org

Lo Specchi di Waltharia (3)

Pubblicato da chris84 il 14 dicembre 2007

Scarica come ePub

1 Star2 Stars3 Stars4 Stars5 Stars (No Ratings Yet)
Loading ... Loading …

Nina era sconvolta dalla paura, e se solo le sue gambe l’avessero retta, si sarebbe data ad una fuga disperata. Ma non potè fare altro che cadere in ginocchio ed emettere un singhiozzo soffocato. Dagon invece, che era rimasto tutto il tempo immobile a fare da scudo a Nina contro qualunque cosa si fosse posta sul suo cammino, non appena ebbe scorto la misteriosa figura rilassò la presa sulla sua lama turchese, e si concesse un ghigno ed una smorfia di stupore. “Alana, che insperata fortuna trovarti qui! Le mie informazioni dicevano che eri scomparsa da qualche parte a Nord, tra le Foreste Morte e le Steppe Senza Ritorno. Com’è possibile che ora tu ti trovi qui, a meno di una luna di cammino dal Fiume Bianco?” La donna tacque per alcuni istanti, poi rispose con una voce lenta, musicale ed eterea, come lo scroscio delle onde sulla risacca. “Ho lottato contro il Male. Ho viaggiato per eoni ed eoni, ed ho visto mondi che si estendono al di là della percezione dei Mortali. Ho lottato contro l’Ombra, ma il suo potere cresce di giorno in giorno, mentre i miei poteri hanno bisogno di essere distillati ed affinati tramite lo studio costante e l’esercizio della Magia Arcana. Sono stata sconfitta, e la mia Essenza ha rischiato di dissolversi nell’Oblio. Se sono ancora qui, è senza dubbio perchè il mio Destino era quello di incontrarvi e di aiutarvi come posso.” La maga tacque, e, una volta dissipato il fumo che l’avvolgeva, Nina potè finalmente osservarla con tutta calma: sembrava giovane, a giudicare dall’aspetto del suo corpo, in tutto e per tutto simile a quello di una donna che abbia visto trascorrere trenta inverni o giù di lì. La sua figura esile ma ben proporzionata, era abbigliata con una corta tunica celeste, che metteva in risalto la perfezione delle sue forme, tenuta ferma in vita da una fusciacca di seta rossa, intarsiata d’oro. Indossava inoltre un ampio mantello viola, bordato di pelliccia bianca. Aveva una lunghissima criniera di capelli, neri come una notte senza luna; i suoi occhi avevano lo stesso colore di un lago di montagna ghiacciato, e le sue labbra erano vermiglie. Pur essendo i tratti del suo volto gentili, Nina non potè fare a meno di sentire un brivido correrle lungo la schiena, mentre osservava Alana, l’ultima Sacerdotessa della Notte. Pur sembrando giovane, ella in realtà aveva camminato sulla terra per molte vite dei Mortali, e dietro i suoi occhi si celavano ere di sapienza e di saggezza. “Ti ringrazio,” disse Alana, rivolgendosi a Nina, che si trovava ancora seduta per terra, “per avermi riportato la mia fiala: devo averla perduta mentre cercavo di raggiungere questo mio rifugio. I Servi dell’Ombra si fanno sempre più audaci, e non sono più molti i posti sicuri…Ma adesso entrate!” Dagon aiutò Nina a tirarsi su, ed insieme entrarono nel rifugio della Maga. Si trattava di una caverna, asciutta e ampia, che di giorno prendeva luce grazie ad una stretta feritoia che si apriva verso Oriente; il pavimento era coperto di strani tappeti, decorati con figure rappresentanti esseri mitici che non percorrevano più la terra ormai da secoli. Agli angoli della caverna c’erano diversi candelabri, alti quanto un uomo, tutti d’argento, e cesellati in modo da assumere la forma di leoni rampanti. Su ognuno di essi brillavano delle lunghe candele nere, che spandevano intorno una strana luce azzurrina. Dal soffitto pendevano alcune gabbie arrugginite, tenute sospese tramite lunghe catene d’acciaio. Oltre ad un piccolo giaciglio posto nell’angolo più buio della grotta, l’arredamento era composto da un’immensa libreria, rigurgitante di tomi polverosi e pergamene rinsecchite, che occupava per intero una delle pareti, un fuoco che scoppiettava al centro della stanza, ed infine un enorme tavolo di quercia, sovraccarico di libri, sfere di cristallo, piume di uccelli, teschi umani e non, e fiale contenenti strani liquidi che risplendevano debolmente nella crescente oscurità che invadeva la grotta. Alana percorse con passo aggraziato l’intera caverna, gettò un pizzico di una misteriosa polvere sul fuoco -che cominciò a sibilare- e si diresse al tavolo, dove ripose la fiala che Nina aveva recuperato. Poi si voltò verso i suoi due ospiti e sorridendo fece un ampio gesto con la mano affusolata, invitandoli a sedere presso il fuoco. “Allora Dagon,” esordì la Maga, con un sorriso per metà malizioso e per metà intriso di curiosità e leggero divertimento “il tuo stupore nell’avermi incontrata è pari solo a quello che ho provato vedendo un Folletto del Bosco al seguito di una ragazza-gnomo! Com’è possibile tutto ciò?” Dagon, che si era seduto vicino al fuoco insieme a Nina, che essendo ancora spaventata dalla Maga gli si era addossata tremando, sembrò imbarazzato per un istante, ma poi fissando il suo sguardo in quello di Alana, disse: “Questa ragazza porta i Segni, e dovresti averli riconosciuti anche tu, Alana. L’ho incontrata che vagava nella Foresta un quarto di luna fa, e vista la situazione, ho deciso di accompagnarla fino al Passaggio sotto il Fiume Bianco, e forse anche oltre…” Queste ultime parole, Dagon le pronunciò a testa china, lanciando uno sguardo furtivo e colpevole alla strega, che, toltosi il mantello, stava raccogliendo una strana erba che cresceva in fondo alla caverna. “Ben fatto,” escalmò Alana, non appena fu tornata accanto al fuoco. “Se davvero questa ragazza è colei che tu dici, hai tutta la mia approvazione, mio caro Folletto!” La Maga sorrise il suo sorriso enigmatico e vagamente inquietante; poi si inginocchiò davanti alla fiamma, con gli occhi che mandavano lampi, e la pelle del corpo che scintillava alla luce delle candele, e cominciò una strana litania in un linguaggio sconosciuto. Dopo un pò Nina, che osservava rapita ogni singolo gesto compiuto dalla Maga, trovò estremamente difficile continuare a restare sveglia: si sentiva spossata, e nonostante la paura, che ogni tanto faceva sentire ancora la sua stretta, si accoccolò accanto al fuoco, e dormì per molte ore. Dagon invece rimase sveglio, a parlare con Alana di quello che stava accadendo nel reame di Senzatempo e nei reami vicini, dell’espandersi dell’Ombra, e di molte altre cose ignote ai Mortali. Le ore scorrevano lentamente, e la notte era ormai fonda; Nina, che si agitava avvolta nel mantello, principiò a fare uno strano sogno: si ritrovò a percorrere un sentiero stretto e malmesso, con l’erba che cresceva tra le basole sconnesse che lo ricoprivano. Fitte tenebre avvolgevano tutto il paesaggio, e in alcuni punti era possibile scorgere delle spesse cortine di nebbia che rendevano indistinguibile ogni dettaglio. Lontano davanti a sè, Nina vide due pareti di roccia altissime, che si ergevano l’una di fronte all’altra, lasciando tra di loro solo un piccolo passaggio. La landa era spazzata da un vento feroce, ma insieme al suo spirare, Nina udì degli strani suoni, simili a grida e lamenti. Ad un tratto comparvero di fronte a lei centinaia di figure spettrali, disposte a schiera: tutte indossavano armature che emettevano bagliori spettrali nel buio, ed apparivano come cavalieri, in groppa a destrieri scheletrici. I lamenti e le urla provenivano da loro, ma Nina non riusciva a capire cosa stessero urlando alle tenebre. Poi, mentre ancora contemplava le figure schierate all’ingresso della valle, vide un minuscolo puntino di luce, posto proprio all’ingresso dello stretto passaggio tra le pareti di roccia. Non appena l’ebbe notato, fu come se gli fosse stata messa davanti una lente d’ingrandimento: si ritrovò alla base di una delle due estremità della valle, all’altezza del terreno, mentre prima vedeva tutto come dall’alto. La luce che aveva visto, proveniva da un piccolo fuoco, che ormai stava per spegnersi; accanto al fuoco, disteso ma perfettamente sveglio, stava un giovane Uomo, che si guardava attorno con gli occhi sbarrati, stringendo convulsamente una corta lama. Nina lanciò un grido, che venne inghiottito dalla nebbia: colui che giaceva accanto al fuoco era Berenno. I cavalieri fantasma gli ostacolavano il cammino, perchè erano schierati proprio all’ingresso della stretta gola, che era l’unico valico attraversabile da un essere umano: infatti, ai lati delle pareti di roccia che formavano la gola, c’erano delle fitte cinture di arbusti spinosi, impossibili da superare o persino da sradicare; e ancora oltre, da ciascun lato si aprivano degli orrendi precipizi, alle cui basi sorgevano degli enormi spuntoni di roccia, simili alle zanne di una belva, e affilati come rasoi. Nina finalmente comprese: Berenno doveva riuscire a sconfiggere in qualche modo la schiera di cavalieri appostati all’ingresso della gola, se voleva oltrepassarla. Non c’era altro modo. Non appena ebbe realizzato la situazione, Nina si svegliò con un sussulto: era madida di sudore, e fu meravigliata oltremisura di trovarsi ancora dentro la caverna di Alana. La Maga ed il Folletto stavano parlando tra loro lontani dal fuoco, che ardeva ancora vivacemente, vicino all’unica finestra della grotta, che permetteva di scorgere un piccolo riquadro di cielo notturno, fiocamente illuminato dalla luce delle stelle. Entrambi accorsero al richiamo di Nina. Dopo aver raccontato loro il sogno che aveva fatto, Nina implorò Dagon affinchè ripartissero immediatamente per aiutare Berenno, ma Alana disse: “Dovrai attendere fino a domani, mia piccola amica. Cerca di riposare e di recuperare le forze, mentre io cercherò di interpretare quello che hai visto in sogno…” – “E come farai?” le chiese Nina, incuriosita, nonostante tutto, dal tono enigmatico di Alana. “E’ presto detto,” rispose la strega, sorridendo. “Consulterò l’Oracolo della Notte! Ed è una fortuna che tu abbia recuperato la fiala con l’Essenza, altrimenti non avrei potuto aiutarti in nessun modo: bevendo l’essenza sarò in grado di poter squarciare per alcuni istanti le nebbie dello Spazio e del Tempo, e di poter venire a conoscenza delle Trame del Fato…” Nina guardava affascinata la Maga, che si preparava a compiere il lungo e complesso rituale che le avrebbe permesso di interpretare il sogno che lei le aveva appena raccontato. Poi, Dagon le si avvicinò e le si sedette accanto, dicendo: “Non è bene, mia piccola fanciulla-gnomo, stare a guardare una Sacerdotessa della Notte mentre cerca di entrare in contatto con la sua divinità protettrice: le Streghe sono particolarmente gelose dei loro segreti! E’ molto meglio se io e te cerchiamo di riposare un pò…” – “Di cosa parlavate mentre io dormivo?” chiese Nina, per tutta risposta. “Oh…,” disse Dagon “temo che fossero argomenti ben poco felici di cui discutere: ci scambiavamo informazioni sull’Ombra che si sta allungando sul reame di Senzatempo e su tutti noi…” – “Chi è la Principessa che hai nominato prima che entrassimo in questa galleria?” Nina era perfettamente sveglia e tranquilla, e sembrava intenzionata ad ottenere almeno qualcuna delle risposte alle centinaia di domande che le ronzavano in testa ormai da tempo; ma Dagon scosse la testa e disse: “Questo non posso proprio dirtelo: dovrai scoprirlo tu stessa!” – “Però tu sai dove si trova il luogo in cui ho visto Berenno, non è così?” lo incalzò Nina. “Si, so dove si trova la Valle delle Anime Perdute: essa si estende a tre giorni di cammino dal passaggio sotto il Fiume Bianco…” – “Allora siamo vicini!” lo interruppe Nina, con gli occhi che le brillavano. “Non così vicini come credi, piccola mia,” le disse Dagon, sorridendo mestamente “il passaggio sotterraneo si snoda per molte miglia, e temo che, prima di raggiungerlo incontreremo ancora i Servi dell’Ombra…spero solo che non siano sorvegliati anche il Fiume ed il Passaggio, altrimenti temo che la nostra impresa diventerà ancora più ardua…” – “Ma noi ce la faremo,” disse Nina in un tranquillo sussurro, fissando il cielo fuori dalla finestra, che si stava pian piano macchiando di rosa, verde e giallo: l’alba era vicina. Intanto il rituale di Alana era andato avanti, ed ora c’era una strana figura ammantata di scuro, eterea come la luna e traslucida, che spuntava direttamente dalla fiamma che guizzava dal fuoco al centro della stanza; Nina vide che l’apparizione stava dicendo qualcosa alla Strega, ma non riuscì ad udire quali oscuri segreti le stesse rivelando. In compenso però, vide Alana assumere un’espressione sempre più sgomenta, ed infine dare in un soffocato gemito d’orrore, il corpo pervaso da un leggero tremito ed imperlato di sudore. Infine l’apparizione alzò il tono della sua voce in modo da renderla udibile anche a Nina e Dagon, e disse: “E’ essenziale che la fanciulla ignori la sua vera identità, e che faccia tutto ciò che deve essere fatto senza conoscerne il vero significato: tutto le sarà spiegato quando giungerà il momento. Dovrà ricevere tutto l’aiuto di cui sarete capaci,” disse, rivolgendosi alla Maga ed allo Spiritello “e dovrà essere lei a consegnare la Lama Scarlatta al giovane Uomo…” A queste parole la fiamma diede un ultimo guizzo tremolante e si spense, insieme all’apparizione che dalla fiamma traeva vita. Quando il fuoco si spense, il silenzio venne squarciato dal clangore di metallo contro la roccia, e alla flebile luce delle candele che brillavano agli angoli della caverna, Nina vide Alana chinarsi a raccogliere qualcosa di lungo e pesante dalle ceneri ancora fumanti del fuoco, e dirigersi verso di lei. Il suo sguardo era ansioso, e gli occhi luccicavano come zaffiri mentre si guardava intorno, come per accertarsi che nessuno fosse in ascolto. Quando si chinò verso Nina e Dagon, la sua voce era poco più di un roco sussurro: “Il Sigillo è stato spezzato! Nulla più si frappone tra gli Uomini ed il loro Fato! La Lama Scarlatta è tornata a percorrere i Regni dei Mortali! Dovete raggiungere il Passaggio sotto il Fiume Bianco al più presto, e dovrete superarlo entro sette notti a partire da oggi!” – “Sette notti!” soffiò Dagon “Ma è impossibile! Ci vorranno almeno quattro giorni di cammino a tappe forzate solo per arrivare nei pressi del Fiume! Non ce la faremo mai!” – “Non è detto,” disse Alana, e nei suoi occhi brillò, veloce come un lampo, un’espressione maliziosa e divertita, ed il suo volto venne illuminato dall’ombra di un sorriso. “C’è un tunnel che conosco io soltanto, al di là di questa caverna: esso sbuca ai piedi di una delle colline, a qualche ora di marcia dal Fiume Bianco. Attraversatelo e potrete superare il Passaggio in tempo!” – “Bene,” disse Dagon, mentre il suo viso glabro da Folletto si trasformava in una maschera di risolutezza, ed i suoi capelli ricciuti sembravano crepitare, come se fossero stati attraversati da una scarica elettrica. Nina stava per esprimere tutte le sue perplessità e la sua preoccupazione, ma Alana la zittì con un solo gesto della mano, e le fece segno di avvicinarsi. Si allontanarono verso il fondo della grotta, lasciando Dagon a preparare tutto per la partenza. “Ho delle informazioni e dei consigli da darti, e non ho molto tempo: l’ora del nostro distacco si fa sempre più vicina.” – “Come?” disse Nina, stupita e dispiaciuta, “non verrai con noi?” – “No, bambina. Il mio posto è qui. E comunque non vi sarei di nessun aiuto lungo il vostro cammino. Il mio unico scopo era quello di accertarmi che tu fossi Colei che è stata scelta, e di armarti contro i tuoi nemici….Adesso ascoltami: è possibile che una volta al di là delle colline troverete i Servi dell’Ombra che presiedono il Fiume Bianco. Forse riuscirete a non farvi scorgere, ma in caso contrario dovrete combattere per le vostre vite, e per la salvezza di tutto il mondo. Perciò ti prego di prendere con te queste,” e così dicendo, la Maga porse a Nina due lame a forma di mezzaluna, che mandavano deboli lampi scarlatti alla luce delle candele. “Cosa sono?” chiese Nina, prendendo con mani tremanti le armi che Alana le progeva. “Si chiamano Scaglie di Luna, e sono delle lame magiche imbevute del potere della Notte. Esse torneranno sempre da te ogni volta che le scaglierai contro un nemico, e non mancheranno mai di colpire il loro bersaglio.” – “Ma, io non so se…” cominciò Nina, ma Alana la interruppe bruscamente e disse: “Non puoi uscire allo scoperto senza nemmeno un’arma con cui difenderti. Per quanto Dagon sia forte e coraggioso, difenderti è un compito troppo oneroso, perfino per lui.” Nina chinò la testa, e disse piano: “Gli unici esseri contro cui mi accanirò saranno i Servi dell’Ombra; non nuocerò alle bestie che sono state assoggettate al volere dell’Ombra contro la loro volontà….” – “Non mi sarei aspettato nulla di diverso da ciò che hai detto,” disse Alana, guardandola con una sorta di strano orgoglio. Dopo aver lasciato trascorrere qualche istante, riprese a parlare: “Devo affidarti questa spada,” disse, e stavolta nel suo sguardo si leggevano ansia e persino paura. “Questa è la Lama Scarlatta. E’ stata forgiata dagli Dei in un’epoca remota, ed è sempre stata al servizio di una dinastia di Uomini, che ha vissuto nel reame di Senzatempo fin dalla sua fondazione. Non dovrai mai usarla, per nessuno motivo. Non ne hai la forza; la tua anima verrebbe assorbita dallo Spirito che alberga nella spada. Il tuo compito è soltanto quello di consegnarla all’Uomo che hai visto in sogno…” – “Berenno!” disse Nina, a voce un pò più alta. “La Lama Scarlatta lo aiuterà a sconfiggere gli spettri di quei cavalieri nella valle, non è così?” – “Solo in parte,” rispose Alana. “Anche la tua presenza sarà fondamentale per riuscire ad attraversare la Valle delle Anime Perdute.” – “Dovrò combattere anch’io?” chiese Nina, evidentemente terrorrizzata all’idea di doversi scontrare con una schiera di fantasmi. “No,” disse lentamente la Maga. Dopo averla guardata attentamente per un attimo, Alana l’afferrò per un braccio, e slacciatole il farsetto, le scoprì la spalla sinistra. Nina, colta di sorpresa lanciò un piccolo grido soffocato, che fece accorrere Dagon verso il luogo dove lei e la Maga stavano parlando. Dagon era sul punto di sfoderare la sua lama turchese, convinto che qualcuno fosse riuscito a penetrare fin dentro la caverna, ma quando vide il segno sulla spalla candida di Nina, cadde in ginocchio, incapace di dire una sola parola. Ripresasi dalla sorpresa, Nina sollevò lo sguardo verso la Strega e disse: “Non è niente! E’ solo una cicatrice che ho fin da quando ero bambina: una volta sono caduta da un albero, e…” – “No, Nina.” Fu Dagon ad interromperla. “Quella che porti sulla spalla non è affatto una cicatrice, ma il segno della tua…” – “Silenzio!” tuonò Alana. “Non hai udito lo Spirito della Notte? Nessuno, nemmeno io stessa, ha il diritto di rivelarle questo segreto! Sarà lei stessa a scoprirlo, quando sarà giunta la sua ora! Ma adesso sappiamo che Nina è colei che stavamo attendendo!” – “Ma cosa dite?” disse Nina, disperata. “Non capisco…” – “So che per te sarà difficile, Nina,” disse Dagon rimettendosi in piedi, e ricoprendole la spalla con un gesto affettuoso. “Ma Alana ha ragione. Per adesso dovrai fare solo quello che ti ha spiegato, senza capire. Verrà il momento in cui tutto ti sarà chiaro.” Nina chinò il capo, sconfortata, ma Alana le afferrò forte una mano e disse: “Quando ti troverai all’ingresso della Valle delle Anime Perdute, e quando avrai consegnato la Lama Scarlatta a Berenno, allora dovrai mostrare la spalla ai cavalieri schierati a battaglia: solo così ti lasceranno passare.” – “Si, ma io….” stava per dire Nina, quando una babele di urla, ruggiti e colpi si abbattè sulla porta della caverna. “I Servi dell’Ombra!” urlò Dagon, sfoderando la lama turchese. Ma Alana lo bloccò e disse: “Se rimarrete qua a combattere, i Servi dell’Ombra avranno la meglio su tutti noi! Dovete andarvene! Io cercherò di ostacolarli, così da darvi un pò di vantaggio su di loro! Il tunnel si trova in fondo alla caverna! Su, sbrigatevi!” – “No!” urlò Nina, ma Dagon l’afferrò per un braccio, trascinandola in fondo alla caverna. “E’ inutile, Nina! Dobbiamo andare.” Ma lacrime di rabbia e dolore scorrevano sul suo volto. I colpi sferrati dai Servi dell’Ombra erano violentissimi, e guardandosi alle spalle, Nina vide grosse schegge di legno staccarsi dalla porta, mentre i cardini di ferro gemevano, come esseri animati. Alana stava immobile, ritta di fronte alla porta, brandendo un lungo bastone nodoso. Mentre Dagon cercava l’ingresso al passaggio segreto che li avrebbe condotti al Fiume Bianco, Nina vide il portone cedere, ed i Demoni fare irruzione nel rifugio della Maga. Si trattava di una trentina di Servi dell’Ombra, creature d’incubo dagli occhi di fuoco, bardate con pesanti armature nere come il giaietto. Alana non arretrò di un passo: alzò il bastone verso il cielo, e gridò alcune parole che Nina non riuscì ad udire nel crescente clamore che pervadeva l’aria. Ci fu un rumore assordante, come il rombo del tuono, ma amplificato per cento volte, ed una saetta di un bianco accecante venne a scagliarsi esattamente sul drappello di Demoni. Dalla volta della caverna vennero giù alcuni massi che quasi ostruirono il passaggio, ma Nina potè vedere Alana ancora viva, che scagliava sui Demoni un incantesimo dopo l’altro. “Ce l’ho fatta! Andiamo!” Dagon era riuscito a trovare l’entrata del passaggio segreto, e vi si precipitò dentro, trascinando disperatamente Nina per un braccio. Correvano a perdifiato sul terreno accidentato del tunnel, e per fortuna un pò di luce filtrava dall’ingresso, altrimenti si sarebbero ritrovati a procedere alla cieca nell’oscurità più completa. “Hai idea di quanto sia lunga questa galleria?” chiese Nina, mentre continuavano a correre a più non posso, inciampando di tanto in tanto su qualche sasso e sostenendosi a vicenda per evitare di rompersi l’osso del collo. “Vorrei poterti dire che lo so con esattezza, ma tutto quello che so è che stiamo scendendo verso il basso, e anche che se non ci procureremo una torcia rischiamo di fare qualche bel capitombolo!” Dagon si fermò giusto il tempo di frugare dentro un sachetto di cuoio che portava appeso alla cintura, accanto a quello dove teneva il suo tabacco e la sua pipa di corteccia, e di estrarne una manciata di fiammelle verdine. Egli ne prese un paio e le porse a Nina, dicendo: “Tienile sul palmo della mano, e non ti preoccupare delle bruciature! E’ una specie di polvere di fata!” Nina osservò per un istante le fiammelle da vicino, e vide che sembravano delle minuscole bolle di vetro piene di una poverina luccicante. “Andiamo, non c’è tempo da perdere!” Nina venne riscossa dalla voce impaziente di Dagon, che la incitava a riprendere la loro fuga. Continuarono a correre per alcune ore, e Nina credeva di crollare ad ogni passo, per la stanchezza e la paura. Indossava di nuovo la maschera di legno a forma di muso di volpe, e poteva sentire le urla ed i suoni bestiali alle sue spalle: evidentemente i Demoni combattevano ancora contro Alana, pensò Nina, altrimenti sarebbero già stati quasi sul punto di raggiungerli. Ad un tratto, oltre ai ringhi ed ai suoni di battaglia che provenivano dall’alto, Nina cominciò ad udire un suono nuovo e debole, in tutto e per tutto simile allo scorrere dell’acqua nel letto di un fiume. “Ci siamo!” gridò felice a Dagon. “Abbiamo raggiunto il fiume!” Ma Dagon, rallentando leggermente il passo, scosse la testa. “Siamo ancora lontani. Dimentichi che indossi la maschera, e che questa amplifica i tuoi sensi…” Continuando a camminare a passo sostenuto, Dagon rimase in silenzio per qualche minuto, riflettendo. Poi disse: “Credo che ci vogliano ancora tre o quattro ore di cammino per arrivare alla fine di questa galleria, senza contare che dovremo fare anche una piccola pausa, se vogliamo essere in grado di intraprendere subito il cammino attraverso il Passaggio sotto il Fiume Bianco. Conto di arrivare al Fiume alla luce delle prime stelle…” Nina chinò stancamente il capo, continuando a camminare sulla scia di Dagon, che sembrava immune alla fatica. Dopo un’altra ora di cammino, Dagon decise che potevano concedersi mezz’ora di riposo. “Ci riposeremo di nuovo poco prima di uscire da questo passaggio, quando saremo ormai vicini al Fiume…” Nina lo guardò spaventata: “E se i Demoni ci raggiungono?” – “Oh, non credo che ci riusciranno!” rispose Dagon sorridendo appena, “dimentichi che Alana è rimasta a combattere contro di loro? E poi abbiamo comunque un buon vantaggio sui Servi che ci stavano dando la caccia…No, adesso dobbiamo preoccuparci solo di eventuali nemici appostati nei pressi del Fiume.” Nina annuì coraggiosamente, anche se dentro di sè sentiva il sangue diventare ghiaccio all’idea di doversi scontrare contro i Servi dell’Ombra, e ancora di più quando pensava che avrebbe dovuto necessariamente affrontare le schiere di cavalieri fantasma posti a guardia della Valle delle Anime Perdute. Dagon sembrò leggerle nel pensiero, perchè le poggiò una mano sulla spalla e disse: “Non avere paura: seppur difficile, la missione che devi compiere è più che alla tua altezza. Vedrai che andrà tutto bene.” Dopo aver trascorso gli ultimi minuti di riposo che potevano concedersi tendendo l’orecchio per captare il rumore di eventuali nemici in avvicinamento, Nina e Dagon ripresero a scendere lungo il tunnel, silenziosi come due ombre della notte. Pur avendo smesso di correre, procedevano pur sempre a passo sostenuto, ed in capo a due ore si lasciarono alle spalle gran parte della galleria. Ad un tratto Dagon si bloccò in mezzo al tunnel, e sussurrò a Nina: “Acqua! Acqua che scorre! Siamo vicini al letto del Fiume! Siamo arrivati davvero, stavolta!” Nina si concesse un sorriso: sembravano essere trascorsi secoli dall’ultima volta che aveva riso; ma purtroppo, da quando era scappata via dalla locanda dello “Sbuffo di Nebbia”, le cose erano cambiate in maniera radicale, al punto che le sembrava di vivere in una sorta di dimensione parallela, fatta di oscurità, malvagità, paura e magia; una dimensione in cui non c’era spazio per l’amore, la bontà, le canzoni e le risate. “Propongo di proseguire per adesso: riposeremo quando saremo vicini all’uscita.” La voce di Dagon l’aveva tratta bruscamente alla realtà. Nina annuì e seguì il folletto giù per il sentiero che adesso si era fatto piuttosto scosceso e ripido. In quello che a Nina parve un tempo brevissimo si ritrovarono di fronte all’uscita del tunnel, ed il paesaggio che si trovarono a contemplare lasciò Nina impietrita per lo stupore. Alla loro sinistra sorgeva un picco roccioso immane, talmente alto che la sua cima si perdeva tra le nuvole gonfie di pioggia che solcavano il cielo della sera. Da questo picco di roccia sgorgava una cascata che alimentava il fiume, ed il cui impeto provocava un fragore simile a quello di centinaia di cavalli al galoppo. Alla loro destra invece, crescevano rigogliosi centinaia di alberi, che facevano parte di un’antica Foresta, di cui si diceva che, attraversandola era possibile attraversare ben cinque regni senza doverne uscire mai. “Bene. Siamo arrivati, alla fine. Ma temo che non sia ancora giunto il momento di avventurarsi nel Passaggio sotterraneo che porta al di là del Fiume Bianco.” Dagon contemplava l’affascinante spettacolo delle stelle che si specchiavano sulla superficie cangiante e irrequieta del Fiume. “Riposiamo un pò, e poi vedremo il da farsi.” Nina preparò un soffice giaciglio con delle foglie e delle fronde secche, raccolte all’ingresso della caverna, e su di esso si stese, mentre Dagon guardava le nuvole che si rincorrevano, sospinte dolcemente dalla brezza serale. “Non voglio che resti sveglio tutto il tempo, a vigilare sul mio riposo.” disse Nina, vedendo che Dagon si accingeva a montare la guardia davanti all’imboccatura del tunnel; ma Dagon, sorridendole al di sopra della propria spalla, rispose: “Dimentichi che io sono un Folletto dei boschi, e che non ho bisogno di riposare come fanno gli uomini, e gli gnomi…” Detto questo sprofondò, come era già accaduto, in una specie di sonno-veglia: i suoi occhi erano aperti, e Nina sapeva che in qualche modo Dagon era bene all’erta; tuttavia egli stava seduto, perfettamente immobile, e sembrava addirittura che non respirasse. I minuti trascorsero lentamente, e la sera lasciò il posto alla notte, mentre Nina e Dagon riposavano all’ingresso della caverna, e le acque del fiume scorrevano tumultuose, spumeggiando sulle rive, e contro i sassi. Ad un tratto la luna venne nascosta da un fitto banco di nuvole, e la zona attorno al fiume venne invasa dalle tenebre. Fu allora che Dagon, scuotendo Nina per un braccio per svegliarla, disse: “Questo è il momento migliore per cercare di raggiungere il Passaggio senza essere avvistati: con questa oscurità sarà difficile scorgerci. Su, andiamo!” A queste parole, Nina venne percorsa da un brivido gelido lungo la schiena: avrebbe dato qualunque cosa pur di non dover continuare quella folle corsa alla cieca, cercando di sfuggire a nemici mortali come i Servi dell’Ombra; ma purtroppo questo era ciò che il destino teneva in serbo per lei, e se voleva aiutare Berenno, quella era l’unica via da percorrere. Perciò, strisciando il più silenziosamente possibile dietro gli alberi ed i cespugli che crescevano vicino alla riva sud del Fiume, Nina e Dagon si diressero verso il pinnacolo da cui scaturiva la cascata che alimentava il fiume stesso. Erano giunti all’incirca a metà strada, quando Nina udì il rumore di passi in avvicinamento, ed il suono di voci che borbottavano tra loro. Dimenticando che la maschera amplificava le sue percezioni, Nina credette che i Servi dell’Ombra li avevano finalmente raggiunti, e in preda all’angoscia si lasciò sfuggire un grido soffocato. Dagon si voltò con un movimento rapido, e datosi un’occhiata intorno, le chiese accigliato: “In nome degli Dei, che succede? Hai visto qualcosa?” Nina cominciò a parlare in un sussurro terrificato, mentre le lacrime cominciavano a sgorgare dai suoi occhi: “Io…ho sentito dei passi, e delle voci, e…credevo che fossero alle nostre spalle…” – “Mmm…” disse Dagon pensoso, “probabilmente si tratta solo di sentinelle. E magari non hanno nemmeno sentito il tuo grido; ma non possiamo rischiare di venire avvistati. Presto, dietro quei tronchi!” Così dicendo, il Folletto si diresse verso dei grossi tronchi di quercia, situati nei pressi di una sporgenza rocciosa, a pochi metri da dove si trovavano. Era il nascondiglio più adatto per tendere un agguato. Dagon guardò Nina fisso negli occhi, e le disse: “Stavolta ho bisogno del tuo aiuto: non avremo tempo per un secondo attacco; se dovessimo fallire il primo colpo, le sentinelle darebbero subito l’allarme, e verremmo scoperti e catturati. Dovrai scagliare le tue armi contro i nostri nemici…” – “Ma…io…” protestò debolmente Nina, ma venne subito interrotta da Dagon: “Si tratta della loro vita,” disse mentre i suoi occhi brillavano nell’oscurità come gemme “o della nostra…Abbiamo una missione da compiere, non dimenticarlo.” Nina chinò il capo, e stette così immobile per qualche minuto, poi annuì, sempre con lo sguardo fisso sul terreno. “Bene,” disse Dagon. “Ora, non appena ti darò il segnale tu dovrai scagliare le lame che ti ha dato Alana dritte verso le sentinelle. Dovranno essere dei colpi sferrati per uccidere, altrimenti non avremo una sola possibilità di fuga. Hai capito bene?” Nina annuì. Poi, sollevando finalmente lo sguardo verso il Folletto chiese: “E tu, cosa farai?” – “Io mi dirigerò verso quella macchia di rovi che vedi laggiù”, e indicò verso sud-est. “Il segnale sarà un piccolo lampo di luce blu. Andrà tutto bene” aggiunse guardando Nina con uno sguardo sereno e rassicurante. Poi sparì in una nuvoletta di fumo. Dopo qualche istante Nina scorse le deformi figure delle sentinelle che si dirigevano proprio verso di lei. Non fece in tempo a farsi prendere dalla paura, che una minuscola saetta turchese brillò in cielo, esattamente sopra il cespuglio dove stava in agguato Dagon. Nina contemplò le Scaglie di Luna ricevute in dono dalla Maga per un istante che le parve durare per secoli; poi, come se non avesse mai avuto in mente altra idea che quella, le scagliò entrambe in direzione delle sentinelle. Nello stesso istante, Dagon lanciò la sua lama turchese da dietro i cespugli. Entrambi i colpi andarono a segno, e le sentinelle caddero senza un suono, ignare di cosa o chi le avesse colpite. Nina restò immobile dietro il tronco dove si era nascosta, fissando inorridita i cadaveri delle sentinelle, che si erano contorti e ridotti ad un ammasso di ceneri fumanti. Fu Dagon a riportarla alla realtà, chiamandola dolcemente, e poggiandole una mano sul braccio. “Sei stata davvero coraggiosa, Nina, ma adesso dobbiamo andare. Potrebbero esserci altre sentinelle in giro…” Docilmente, Nina lo seguì, ma senza vedere il sentiero che stavano percorrendo, nè tantomeno il paesaggio che li circondava. Si accorse a malapena di essere passata al di là della cascata, e di essere giunta all’imboccatura del Passaggio sotto il Fiume Bianco. Dagon la fece sedere per terra, su un giaciglio di giunchi e felci, e uscì di nuovo fuori, dicendo: “Io vado ad assicurarmi che nessuno sia sulle nostre tracce, e che tutto sia calmo. Tu resta qui, e cerca di fare meno rumore che puoi!” Detto questo, sparì oltre il velo d’acqua della cascata. Nina rimase seduta per terra senza muovere un solo muscolo: non riusciva a capacitarsi di avere ucciso un essere vivente, anche se si trattava di nemici, che l’avrebbero uccisa senza pietà, se ne avessero avuto l’occasione. Sentiva che era un qualcosa che non faceva parte di lei, la sentiva come un’azione estranea al suo Spirito. Dopo aver riflettuto ancora un pò, Nina decise che in futuro avrebbe fatto di tutto per evitare di uccidere di nuovo. Trascorsi alcuni minuti, Dagon fu di ritorno: aveva l’aria soddisfatta. “Ho nascosto tutte le eventuali tracce che avrebbero potuto condurre a noi due. Adesso sono più tranquillo: avremo modo di viaggiare un pò più serenamente.

Un commento a “Lo Specchi di Waltharia (3)”

  1. Andrea dice:

    La storia è decisamente interessante, la trama ricca di colpi di scena, i personaggi affascinanti. Resto del parere che ridurre tutto questo in un racconto sia un po’ uno spreco, ma aspetto di leggere il finale prima di pronunciarmi :)

Lascia un commento

XHTML: Puoi usare questi tags: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>