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Una Strabiliante Avventura In Arcadia

Pubblicato da Domenico De Ferraro il 2 settembre 2017

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Una Strabiliante Avventura In Arcadia
Di Giandomenico Ferraro
Tra molti luoghi comuni nella sera che conduce a molte idee tutte minuscole che si nascondono come tanti piccoli gnomi nei luoghi più segreti, esseri minuti simili al dito del bimbo pronta ad essere mangiate da un lupo cattivo. Un lupo che si nasconde la nella boscaglia in fondo alla foresta fitta, chiaroscura, intricata ove piccoli occhi ti seguono, ti osservano nel buio prendono corpo, si muovono pian piano sotto le foglie dei grandi alberi , dalle cime che giungono fino al cielo , dondolanti nel vento , bisbigliano, si muovono, ballano, mazurche , tanghi focosi , alberi dai lunghi nasi, simpatici amici di tutti gli animali del bosco, taciti sulle vette dei monti gobbi tra le voci che riecheggiano nel vento che passa e trasporta mille visioni, giochi di luci nel molto tempo speso a rincorrere fantasmi, idee, forme fusiforme, fischi, ed echi di pernacchie trasportate sulle mani di un vento ciancioso ,silente che prende corpo nell’universo, nello spazio che attraversa molti corpi e molte vite . Le visioni s’affollano nella mente, prendono corpo e non conoscono mai fine è uno scorrere ciclico d’immagini, vorticose, spezzata dal caso da una mano che prova ad acciuffare quella idea raminga, fuggita dalle mani di un bimbo.
Il ragazzo dalla lunga mano , ebbe paura per un attimo di essere scoperto di essere tagliato il braccio all’improvviso da qualche maniaco che si nascondeva in quella fitta boscaglia così nera, orribile da vedersi che faceva una paura viscerale una tremarella alle gambe, un tremolio alle labbra , ed il ragazzo dalla lunga mano provò a tirarsi indietro a prendere quello che aveva sempre sognato in quel buco oscuro ,terribile a vedersi ove quella sua piccola smarrita speranza avrebbe potuto cambiare la sua sorte è forse il mondo. Idee di quella fattura così belle nella sera che luccicanti emanavano bagliori inconfondibili dalle mille sfumature che prendevano corpo in forma oleografiche, chimere, mitici guerrieri, dolci fanciulle dai capelli biondi, dolci come la sera, calde come le stelle profonde, turbolenti come il mare con le sue mille domande che vi cadono dentro, fino a giungere la nell’ abisso più profondo ove non c’è nessuno con cui parlare dove il pesce levitano, prepara varie trappole per bagnanti e bagnini.
Il ragazzo dalla lunga mano aveva paura di ciò che era , non era bello, neppure tanto alto ,basso, tarchiato con un pancione peloso, una bocca piccola color caramello ma quella sua lunga mano pelosa con gli unghioni pronti ad afferrarti a graffiarti , mano terribile, capace di muoversi per conto suo , capace di uccidere nella notte mentre dormi, ignaro di cosa possa succedere . Avere un piccolo corpo con una mano gigantesca pelosa, brutta da vedere una mano che sapeva afferrare a volo ogni cosa, una mano amica a volte capace di farti scalare montagne dalla forza enorme. Il ragazzo dalla lunga mano aveva imparato ad usarla, sapeva della sua forza , di cosa era capace quella mano così quando cadde nel mare e incominciò a nuotare scese giù negli abissi in un battibaleno non ebbe paura del pesce levitano e delle sua enorme bocca delle squame affilate , fece lo gnorro, gli mostrò la mano ma il pesce levitano non ebbe paura anzi provò a morderla, scambiandola per qualcosa di commestibile. Poi dopo una tafferuglio un rincorrersi e mordersi a vicenda dopo una sonora scazzottata con guantoni coadiuvati da un polipo , maestro di box ,dopo una decina di round entrambi gettano la spugna dopo essersi picchiati di santa ragione si abbracciano, giurandosi di non battersi più cosi la nel profondo mare il ragazzo dalla lunga mano fece amicizia con il pesce levitano.
Un amicizia è una cosa seria e come una partita a pallone e come una passeggiata sulla luna e accompagnare il cane dal veterinario. Prendersi un caffè sotto casa in un bar solitario senza un televisore con un barista abruzzese che non sa parlare il napoletano e continua a frignare a guardarti con quei suoi piccoli occhi di topo il mondo e le sue catastrofi . L’amicizia tra i due fu difficile in un primo momento il pesce levitano non si fidava per nulla di quel strano ragazzo dalla lunga mano e poi a cosa avrebbe potuto essere utile un ragazzo con una lunga mano che avrebbe potuto ucciderlo tutto ad un tratto lui quel povero pesciolino indifeso per mano di quel ragazzo così brutto, poco socievole con tanti brufoli sulla faccia. La vita ti mette alla prova, ti dice vai e tu vai , vai con il vento, con le correnti di un mare in tempesta vai fino in fondo al mare in cerca di un amico in cerca della felicità.
La voce del mare avrebbe voluto avvertire entrambi dei tanti pericoli che correvano del mare e dei suoi abitanti di storie e relitti che emergono dagli abissi , salgono lentamente verso la superficie che trascinano con sé ogni cosa ed ogni cosa entra a far parte di questa vita, di questo morire, di un tempo immane che prende corpo, forma sostanza ove mille e mille creature salgono dal profondo e il ragazzo ed il pesce si nascosero intimoriti dietro un cespuglio di coralli, mentre la voce del mare risuonava nelle loro orecchie si guardano s’abbracciano diventano sempre più amici, diventano una sola cosa, un solo corpo, un mostro con un solo occhio che emerge dal profondo mare come una creatura antica invincibile , un kraken tanto grande più grande delle onde del mare in tempesta e sotto alla costa , attratto dalle luci e dell’odore delle ciambelle calde che la donna cannone prepara dentro la sua piccola casa là sulla scogliera bagnata dal mare baciata dalle onde dove sirene e granchi giganti si radunano a giocare tra loro .
La vita è veramente una scommessa oggi hai compreso tante cose domani sei li pronto a partire con lo zaino sulle spalle contento di essere ancora vivo, di essere ancora te stesso forse illuso da una strana promessa, provato un po’ amareggiato con una bella bottiglia di vino nella tasca, pronto a scolartela da solo sotto le stelle . La vita è un lungo viaggio che non sai mai dove ti porterà, dove tutto finirà dove tutto avrà di nuovo inizio, dove potrai rincontrare di nuovo tua madre, tua sorella , dove la strada ti condurrà dove vivono gli dei ed antichi mostri , buffe creature che continuano a giocare con il tuo nome, con la tua vita. Strano sapere come sfogliare un libro e come leggere leggende che prendono forma nella tua mente , diventano reali cosi reali che entri a far parte di quella storia di quel mondo .Ove ogni enigma ed ogni domanda trova la sua risposta nel male e nel bene, per poi esplodere nel cielo come tanti fuochi artificiali nelle calda sera d’estate lassù sul mare calmo che culla il mare e la terra con il suo dolce canto.
La casa della donna cannone, attirava tante strane creature ed il mostro marino il kraken nato dalle paure del ragazzo dalla lunga mano e dal pesce levitano era pronto a colpire ad alzarsi maestoso , titanico pronto a mangiarsi tutte le ciambelle della donna cannone che ignara del pericolo continuava a friggere e canticchiare nella sua bella cucina ché affacciava sul mare. Il kraken bussò alla porta delicatamente, ma la donna cannone era un po’ sorda e non udii chi bussava alla sua porta, le frittele friggevano nell’olio bollente , dorate , gustose , buono come la manna dal cielo , dolce come le fragole , saporite come il nettare degli dei capaci di alleviare, scacciare ogni dolore. Il kraken continuò a bussare alla porta, ma nessuno lo venne ad aprire cosi infuriatosi bussò più forte, tanto forte che il tetto della casa, saltò in aria e la donna cannone vide il kraken, mostruosamente, pronto ad aprire le sue fauci, pronto a papparsi tutte le calde frittele, compreso la donna cannone che prese ad urlare a nascondersi sotto una sedia , poi preso coscienza dell’accaduto si munì di coraggio e prese a scorreggiare cosi forte che il povero kraken cadde, semisvenuto, sulle rocce tra gli scogli dove giocavano le sirene ed i granchi giganti che apprezzarono tanto quel succulento mostro di gelatina, dolce a tratti un po’ amarognolo nei suoi tentacoli e la donna cannone dopo aver finto le sue munizioni ,assistette al lauto pranzo dei granchi giganti che banchettarono con le sirene sotto la luna tra le onde e la donna cannone fece tante polpette di kraken che erano cosi buone, cosi profumate che fecero risvegliare dal coma in cui erano finiti il ragazzo dalla lunga mano ed il pesce levitano.
Per aver sconfitto il kraken e per aver fatto delle ciambelle cosi buone, il sindaco del paese di vattelapesca volle premiare il coraggio della donna cannone, cosi invitò tutti a casa sua, compreso il ragazzo dalla lunga mano che dopo aver messo in una vaschetta di cristallo il suo amico pesce, camminò tanto, lungo la costa in compagnia della donna cannone che ogni tanto continuava a scorreggiava forte ed ammazzare qualche mostro in agguato tra le rocce.
Il viaggio fu molto lungo, faticoso a tratti , la casa del sindaco vattelapesca si trovava ai confini del paese di vattelapesca dove abitava uno strano nano esperto negli oracoli , sapeva cantare come pochi al mondo, ed era un gran sognatore, capace di presagire eventi ,fatti e misfatti di chiunque , un vero indovino ,qualcuno giurava che fosse capace di sconfiggere ogni male che s’annidava nel corpo altrui, ma cosa strana era stato capace di guarire tanta gente, tranne se stesso, non era mai cresciuto più di mezzo metro e la gente del luogo lo chiamava il terribile nano , mozzicone, brufolone, cacca di cane , piscio di gatto ed il nano andava su tutte le furie per questo e qualcuno che s’era permesso di dirglielo in faccia l’aveva trasformato in pulce , in scarafaggio, in bollito , in caciotta. Cosi tutti avevano paura d’avvicinarsi a casa sua, ora il ragazzo dalla lunga mano insieme al pesce levitano che nuotava nella vaschetta di cristallo in compagnia della donna cannone dovettero passare proprio li davanti alla casa del nano indovino che udito le voci, avvicinarsi sempre più usci di casa e l’invito ad entrare.
Il nano indovino li fece entrare nella sua piccola casa che aveva una grande cantina ove ci teneva stipato ogni cosa ogni suo ricordo, ogni oggetto comprato o trovato lungo i suoi viaggi intorno al mondo , il nano indovino aveva viaggiato cosi a lungo da percorrere tutte le terre del nord , tutte le terre di mezzo , tra foreste, ghiacciai con pelliccia e calzoncini corti il nano indovino sapeva sempre dove andare , dove avrebbe trovato quello che cercava. La donna cannone rimase meravigliata di ciò che vide e quando dopo essere entrata in casa del nano chiese un bicchiere d’acqua, il nano si presentò con una cassa di spumante, una bottiglia di limoncello ed un bicchiere di whisky ghiacciato . La donna cannone prima di scolarsi tutto ,rise tra se poi s’addormento ubriaca sulla sedia a dondolo , mentre il ragazzo dalla lunga mano, insieme al pesce lievitano visitò sopra e sotto l’intera casa del nano che gli presagi che al termine della sua avventura sarebbe diventato immortale qui il pesce rimase assai turbato da quella notizia perché non voleva rimanere pesce e sperava che anche lui al termine di quella avventura ,sarebbe cambiato qualcosa anche per lui. Per intrattenere i suoi ospiti il nano apri il suo magico libro e lesse le sue storie , scritte intorno al mondo e mentre leggeva diveniva sempre più grande che a dire il vero uno non avrebbe mai pensato di dire : ma questo è un nano a me sembra un gigante.
La notte passó, stanchi morti il ragazzo dal lungo braccio dormi in soffitta , guardando le stelle attraverso il lucernario gli sembrò di vedere il viso di sua madre, confondersi con mille stelle con sogni e visioni oniriche, lunghi viaggi aldilà del comune sapere. Il pesce nero d’invidia, covava vendetta e nuotava nervosamente nella sua vaschetta, maledicendo il giorno in cui aveva accettato di seguire quello stronzo di ragazzo. La donna cannone, sdraiata sul divano con una pancia enorme, russava tanto da far tremare tutte le pareti di casa , che il nano dovette scendere due, tre volte dal letto ed infine mettergli un tappo nell’ano , poiché scorreggiava da far paura.
Il mattino, giunse sereno come le onde del mare, chete sporche ,ridente perdute nell’arrivare a riva schiumando bianche pure come i pensieri dei fanciulli, come la mano che accarezza il bimbo nella culla , la colazione fu abbondante sia il ragazzo dalla lunga mano, sia la donna cannone mangiarono abbondantemente al punto d’abbuffarsi come due palloni aerostatici, che manco poco che scoppiassero da un momento all’altro . Il pesce lievitano invece non toccò cibo si limitò a spruzzare acqua in faccia al nano, ogni qual volta s’avvicinava, al momento di congedarsi il nano, ricordò a tutti tre il presagio che incombeva su loro viaggio, gli disse di non abbandonare mai la diritta via, di non parlare con sconosciuti e di non provare a fare i furbi, poiché il grande fratello li sorvegliava al pesce gli sussurrò dentro una branchia che al fine di quell’avventura anche per lui c’era una bella sorpresa.
Il viaggio prosegui alle prime luci dell’alba che s’alzò dietro il sipario oscuro della notte s’alzò silenziosa come una Venere dalle acque, ignuda si sollevava, con il sole con i sogni degli uomini con le sconfitte ed i secoli che corrono verso altri traguardi , i tre amici camminavano , zoppicanti, il ragazzo dal lungo braccio continuava a portare la vaschetta con il pesce levitano che continuava a lamentarsi a fare smorfie ,boccacce e quant’altro, la follia di un gesto, un lento morire in poca acqua, dannava quel povero pesce che diveniva sempre più nervoso con il tempo che passava. L’avventura continuò nel bene nel male, nella sorte avversa, nel silenzio del tempo che scorre , nel sogno che si desta, diventa acerbo poi matura ed il mondo si muoveva intorno ai nostri eroi correva intorno a loro, intorno alle loro deformità , intorno a ciò che sono ed in ogni cosa viva o morta , risorge , ritorna all’origine di un tempo immemore che ci trasforma con il conoscere, ci porta ad essere noi stessi ,nel mutare degli eventi a volte crudeli, a volte cosi belli e lascivi che ti rendono pan per focaccia al male che in acquato sta’ ad ogni passo che tu fai.
Giunsero alla casa del sindaco a sera tardi , stanchi , ignari di cosa li aspettava , acciaccati, scorticati nu poco sfastriati che per poco il ragazzo dalla lunga mano stava per gettare via la vaschetta dell’acqua con il pesce dentro, scurito, sciallo, spaurito che saltò dall’acqua e schiaffeggiò sonoramente il ragazzo dalla lunga mano : E questo il ringraziamento , questa l’amicizia che mi dai, vil ragazzo, se staremmo nel mio elemento , laggiù negli abissi marini , ti darei una sonora lezione , ma tu guarda nu poco il padre eterno e chisto sono gli amici, che belli amici , un altro poco mi buttava nel cesso come un povero stronzo ah povero me che sfortuna che ho . Ed il ragazzo dalla lunga mano provò a farsi perdonare a trovare mille scuse, mille soluzioni per non adirare di più quel pesce innervosito. La donna cannone prese a correre verso la casa del sindaco , che li attendeva a braccia aperte là sulla soglia scialosa, erosa dalle terme, mangiucchiate dai sorci che avevano una popolosa colonia in quei luoghi ameni.
Il sindaco del paese di vattelapesca era un maniaco delle pulizia , scopava tutti i giorni , metteva a posto ed aveva un estremo senso dell’ordine , che tutti andavano chiedere consigli come comportarsi per far si che ogni cosa andasse a buon fine, il senso, il minuto che scocca , l’estroso surreale estro che anima il sindaco panciuto un po’ calvo, faceva sempre presagire un certa riverenza un timore atipico che sfociava nella stupidaggine, nella non generosa ammissione di proprie colpe commesse e dato che il sindaco del paese di vattelapesca , era non solo il sindaco , ma anche il giudice ed il gran giustiziere ovvero il boia , il poliziotto perfetto , l’eterno illuso , colui che la sa piu di tutti ed ogni cosa giunge a conclusione solo per mano sua , la povera gente del paese si sottometteva , stracca e scipparmiti che facevano le bave alle bocche a furie di parlare per dimostrare chi aveva ragione . Ma il sindaco non ammetteva contrarietà di nessuna parte civile costituita, quindi di li a poco generalmente ogni discussione finiva con la pena capitale, il taglio della testa o l’amputare membri tal da rendere sterili , sprillati resti ossei pressati dentro un barattolo che venivano sepolti per suo ordine nel cimitero del cane sul colle ombroso.
Ora i tre compagni d’armi si ritrovarono ad affrontare quella belva assetata di sangue che era il sindaco, un essere amorfo simile ad una piovra con tanti tentacoli protesi in ogni direzione , in ogni ufficio comunale ,ministeriale , che perfino il presidente della repubblica aveva timore del sindaco del paese di vattelapesca , poiché sapeva che quando si ciurlava lo sindaco diventava una belva e succedeva lo quarantotto per questo faceva orecchie di mercanti e gli aveva dato in sposa perfino sua figlia che faceva la mignotta a pagamento per farlo stare buono. La donna cannone , non capiva una minghia di cosa stava per accadere cosi si faceva davanti e con tanta riverenza si mostrò gentile , cortese assai rasentando l’aspetto di una madonna dolorosa che apre le braccia al pellegrino che giunge a piedi da lontani borghi che ignari di cosa sia la civiltà in altri luoghi fa festa ogni qual volta ci deve ire perché s’aspetta di portare qualcosa di nuovo a casa.
Il sindaco li fece accomodare e preparatogli tre bevande fresche mise dentro una polverina magica di sua invenzione e strofinandosi le mani gia pregustava la morte orribile dei tre ed il piano era quello d’imbalsamarli e mostrarli al pubblico pagante nel museo del paese come gli eroi del paese di vattelapesca che avevano sconfitto il kraken. Ora il pesce levitano senti puzza di bruciato ed incominciò prima d’entrare in casa a gridare al ragazzo con il braccio lungo di scappare. Guaglió fuggiamo , chisto ci vuole fare la pelle ci vuole imbalsamare . Il ragazzo imbambolato non capì l’avvertimento ed entrò subito dopo la donna cannone che aveva subitamente tracannato gia trequarti di bevanda e si stava per addormentare nella cassa da morto.
Scappa che siam ancora in tempo, quindi il ragazzo dopo aver quasi capito il pericolo si girò di scatto e gettò l’acqua ed il pesce all’aria che afferrato da un gabbiano di passaggio, volò lontano tanto lontano fino a giungere vicino al mare, dove tra le rocce di un alta scogliera c’era il suo nido. Il pesce bestemmiò si divincolò poi prese a cantare e canta che ti passa il gabbiano si commosse ed aprì il becco, cosi il pesce cadde nel mare , fece un bel tuffo , due piroette , un giravolta una mossa , una contromossa, una squarciata ,sciancata, bicocca , ritocca e percocca, chiena di devozione toccò l’acqua e nel toccarla diventò prima un delfino poi un semidio, metà uomo , meta pesce assai simile a Nettuno finalmente libero, mandò a quel paese chiunque e non si fece vedere per piu di un decennio e forse più. La fine dei suoi due amici, della donna cannone e del ragazzo dalla lunga mano , ahimè, fu assai triste, così triste che ancora oggi si può vederli , ammirarli ,imbavagliati , quasi scorticati, immobili in teche di cristallo alla merce di un pubblico pagante che giunge in pellegrinaggio da ogni parte del mondo , entusiasti nel vedere quegli eroi del paese di vattelapesca , mummificati , imbalsamati , che avevano salvati il paese e forse il mondo dal terribile , kraken .

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