Canada

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Ero partito senza dir niente, nessuno sapeva. Si sarebbero arrabbiati.Scesi dal treno, ero in Canada, faceva caldo, tutto sommato, le case erano affacciate, colorate, su di una piccola baia, ero in riva al mare, il treno mi aveva lasciato lì.

Giravo per i marciapiedi chiedendomi come avrei spiegato ai miei genitori, soprattutto a mio padre, che non avevo soldi e cambio, e volevo dormire lì.

Mi guardavo intorno, la gente era serena, il tempo bello, onesto, scorreva pacifico, i bambini giocavano nei giardinetti e cominciavo a sentire un leggero languorino, ma non era fame, era solo golosità. Avevo voglia di qualcosa di dolce e poi avrei cercato un posto dove dormire, come avrei fatto coi soldi non so.

La cittadina era chiara alla luce del sole, il miscuglio di colori che mi ricordo oscilla marrone, giallo, rosso a momenti, l’aria era limpida e trasparente e sentivo un buon odore di pane tutt’intorno e puntai il panificio. Entrai.

‘’ Salve ‘’

‘’ Buon giorno ‘’, mi risposero, anche se c’era gente.

Al mio turno chiesi se avevano qualcosa di dolce, sorridendo la signora mi indicò un grosso plooncake, lo presi mentre continuavo a guardami intorno.

Uscendo, come misi un piede oltre la porta, inciampai in una ragazzina che correva con un’amica, avevano l’aria di essere appena scese dal cavallo a dondolo.

Le loro risa risuonavano nella mattina argentina, metallica, erano acute, dolci e acute, affettuose, sorrisero, ‘’ Tu dove vai? ‘’, mi disse una delle due.

Aveva i capelli castani, un po’ mossi, legati dietro con una pinza, la più classica delle bambine, aveva una gonnellina bianca e una camicina con un fiocchetto marrone scuro, che carina!

Mi dimenticai di avere fame, il grosso sacchetto marrone che avevo in mano ingombrava e basta, mi disse di andare con lei, non di accompagnarla, di seguirla.Passammo in mezzo alle aiuole nel parco, entrammo in un campo e poi seguimmo una stradina scoscesa, una stradina da paese, in terra.Mi dava fastidio quel grosso sacco marrone mentre scendevo per quella strada che, pian piano, diventava una mulattiera, sempre più ripida, che precipitava davanti a una roccia. Oltre il masso proseguiva il sentiero, ma, sotto, il vuoto per diverse decine di metri, la bambina con la sua amica, arrampicandosi di traverso, non curante, oltrepassò facilmente la pietra come se non fosse niente, ma, io, con le mani occupate, stentavo , provavo, ma non riuscivo a passare, guardavo giù e mi girava la testa.Accortasi del mio penare la bimba tornò subito indietro per aiutarmi, questa volta, però, c’era qualcosa di diverso, non era più sicura, anche lei stentava, la guardavo, finché, a un certo punto, una mano perse la presa, stava cadendo, cadeva, pochi secondi e poi il vuoto, mi guardava, stava cedendo, la mie mani persero il sacchetto del pane, la presi per un piedino, sudava, l’altra mano su una specie di ringhiera di catena, tremava, strinsi la sua caviglia, il suo viso non voleva andarsene, mi guardava, strinsi più forte.‘’ Non ti lascerò mai ‘’.   

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