In macchina
Farò il pieno quando ne avrò bisogno.
Mi sono portato le mie quattro cose ed è meglio che cambi aria.
Ho sempre sognato mangiare alla cazzo, lontano da qui, per strada, polvere, poca gente, tanta polvere, cameriera a righe bianche e rosa, come nei film, una coca e quello che c’è, non mi aspettava nessuno, una volta tanto mi sento inaspettato, per una volta sono esplosivo, bello e inaspettato, facciamo interessante.
Dormire?
Il divertimento di scegliere camera, fuori o macchina è impareggiabile.
Poi magari opti, medio-man, per la camera e ti senti come in quei film, solo che sei, solo come un cane, e non dopo una rapina in banca con una bella ragazza che alla fine della storia ti darà un bacio e magari nella stanza vicino fanno fuori qualcuno e, se volessero cercarti, li ti beccherebbero di sicuro.
Mi stava pure antipatico quel tipo che dava le chiavi, vada all’inferno, e gli dico, sorridente, no grazie.
Niente è come la fuori.
Mi piace l’odore della polvere, mi piace il profumo della sera, mi piace l’odore della strada e il huuoooooom delle macchine ogni tanto che passano.
Niente è come fuori, sento crescere l’erba
”I can belive a news today”,
con lo stereo acceso,
”sunday bloody sunday”
con lo stereo a palla,
l’orizzonte diventa di velluto, se ne va anche l’ultima traccia del rosso, che lasciava, andandosene il sole, e il cielo, azzurro scuro, si mette un nuovo vestito e comincia un po’ a pungere.
Niente è come qui fuori, ti ripeti, come un cretino, quando comincia a far freddo, contando le stelle, cantando un pochino, la nebbia, lontana, fa un po’ effetto mare davanti a polvere e cactus quando, ” sunrise tequila ”, quel che bevi comincia a farti un po’ schifo e la bottiglia vola fuori dal finestrino.
Che bella che è, ora, appoggiata, lì, mezza rotta con l’etichetta a tendina, potrebbe averla bevuta chiunque, un serbatoio di sonni da diecimila lire, all’ombra, scassato, stanco, tra una macchina, la polvere, sassi, piante, cocci di vetro, è diventato bellissimo, con la barba un po’ lunga e i cappelli arruffati, anche il suo proprietario.
Ti trascini un po’ apposta, fino al baretto, con sguardo fiero finto disinteressato, magari con la mano in tasca con l’altra ti pettini mentre ti avvicini.
È presto, molto presto, chi dorme al freddo si sveglia presto, ti credi fico, filosofo, per gl’altri sei solo cretino con la schiena rotta per la nottata.
Con gli occhi secchi apri la porta, cigola come le tue giunture, la ragazza ti guarda, sei quello di ieri sera, lo sa, chissà che hai combinato, lo sa, per lo meno l’ hai incuriosita:
”un caffè ”
e, dopo poco, secco: ”come ti chiami?’’
bionda, abbastanza alta, magra, faccia simpatica, alla radio c’è bob marley, è scollata, canticchia, ammicca a una cartolina, ha un po’ sonno:
” tu dove vai? ”
certe persone preferiscono quelli che dormono in camera.
…anch’io ho immeginato di andar via così su due piedi, un paio di mutande di ricambio e buttar via i problemi! Ma poi l’immagine era troppo squallida e malinconica e ho preferito non rischiare… codarda! Avrei avuto un così bel racconto da scrivere almeno! ;-)