B0schi di notte

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B0schi di notte                                            

Non amavo chi mi abbracciava e mentre stringevo, camminando, le cinghie dello zaino, balenava in faccia qualche goccia di pioggia.Diretto sopra di me, verso il sole, avanzavo, in una sequenza di amori successivi che mi facevano, di volta in volta, dimenticare le carezze dei momenti e dei sentieri precedenti.Tutto verde intorno, nella mia mente germogliavano idee e pensieri, e, nel panorama, biondo, con poca barba, apparivo spensierato, mentre salivo.Arrivato per caso alla base della salita, la decisione di proseguire, ormai sera, la prendevo con  semplicità, era solamente un tentativo, ma anche la conseguenza più normale di un sacco di tempo passato in macchina.L’opinione comune dice che imboccare un sentiero da soli, soprattutto a quell’ora, è un imprudenza, ma mi andava così, l’opinione comune non serve a niente, secondo me.‘’ Dove vai col brutto tempo, guarda che piove..bla bla bla bla bla bla…’’ e, come da copione, si fece, tra le nuvole, posto il sole. Ovviamente.Scansati gli impiccioni, distraendomi, pensavo alle righe che, alla luce alterna delle gallerie, leggevo, quando per lavoro mi mandavano avanti e indietro per il nord Italia, sforzandomi di ricordare qualche frase che si adattasse alla mia situazione.Non cercavo poesie o una frase famosa, ma parole , solo parole semplici per un attimo semplice, avanzavo, scorgendo, a pezzetti, il verde che mi abbracciava, avevo gl’occhi verdi, un piccolo sorriso glabro e, in pantaloni corti, tutto sudato, bastava uno spunto.I rovi, l’erba e i fiori incorniciavano degnamente quel che vedevo, nel panorama rincuorante, le montagne salivano verso il cielo e al verde, pian piano, si sarebbe sostituita la roccia bianca, calcarea delle alpi liguri.Quella vista mi donava qualcosa di puro, come una donna incontrata per caso, mi incuriosiva, vicino a me, era l’inizio di un’avventura.Sulla strada, non notavo che la mia presenza, vicino a un albero, rinfrescato dal vento, lì, in quel posto c’ero soltanto io, la brezza accarezzava leggera e non mi importava di niente, finalmente, potevo pensare ai sospiri di chi mi amava e abbracciava, volente o nolente, tutte le sere, andando a dormire senza la febbre di tornare indietro.Il dolce sospiro della terra accarezzava i dintorni, tremavano le foglie, sugli alberi chinati trai massi e lo sfondo turchino, le parole che immaginavo si ripetevano scritte sul tetto del cielo migliaia di volte.Veniva la sera e si allungavano le ombre, un filo di fumo saliva da un camino lontano, sembrava dirmi di andare, di muovermi e, già, le montagne cominciavano, col primo buio, a sembrare soltanto un cupo recinto.Le stelle immobili sovrastavano, erano sempre state lì e anche a me, per un attimo, sembrò di esserci sempre stato, era il caso di muoversi.Avrei voluto essere impassibile e blu come il cielo, avrei voluto ridere d’un guaio o un sospiro nella notte carica di vita, amore e sorprese.Non era che mettere un passo dopo l’altro, ma era il mio cammino, era insignificante per tutti gli altri, ma non per me, per me era tutto, era l’unico modo per essere sicuro di stare al mondo, di dire ‘’ ci sono anch’io ‘’ , anzi ‘’ ci sono ‘’.Cominciavano a volare le falene, si accanivano a vivere quel poco che avevano da vivere prima di diventare polvere, una farfalla vive una notte, ma io, fino ad allora cosa avevo fatto?Dopo che essermi abbandonato al tramonto e a quel tram tram di sospiri, mi ricordai, dovetti ricordarmi quante volte avevo dormito da solo sotto la luna.Era avvincente ricordare migliaia di passi o piccole gite notturne, era un record continuo, passarsi avanti indietro per il cervello tutti quei colpi di testa e fortuna che mi avevano portato a spasso in mezzo alle strette e vecchie mura di Genova.A volte ci si appoggiava a un bicchiere e si camminava, a volte  ad un mazzo di carte o ad una piccola ballerina, certe sere si finiva a quattro zampe sfiniti per terra, certe altre ci si affidava alla voglia e, subito dopo, erano sassi e sentieri.La malinconia mi prese in un attimo, mi ricordavo un amore che mi ero inventato e così, di colpo, tutti gli amori erano brutti, tutto sembrava brutto, la bellezza non era più presente in natura.Tutti, oramai, eravamo grotteschi, mi sforzavo, ma, al buio, non riuscivo a ricordarmi niente di bello.Era, ormai, un pensiero che avrei sottoscritto, sembrava una verità raggiunta finché, di fronte a me, non vidi lei che era bellissima e vestita di nero.Mora dalla pelle bianca, sorridente col vestito ballerino stracciato, bellissima strega coi piedini intirizziti dal freddo, gli occhi neri, le dita e le labbra bagnate.Si svegliava così un piccolo bambino dentro di me, era nella sua stanza, era addormentato tra i giochi e stava per divenire un fiume in piena.Tante volte, semplicemente, ero tornato a casa col piscio che puzzava di caffè e le dita rotte dall’impazienza.L’avevo vista per tutta la sera come per un attimo non riuscendole a dire, forse, quel che non voleva ascoltare, forse, fin sulla soglia di casa, sfalsato dalle strane geometrie della sua presenza, fin vicino al suo viso.Nera, coi dentini da gatto, sorridente, appoggiata alla porta, come l’edera, mai l’avevo staccata da lì.”Si butta giù tutto ”, pensavo, ma il piscio puzzava di caffè e di li non l’avevo schiodata.Quando pensavo e ripensavo, nelle domeniche o pasque piovose, prendendomi in giro, dicevo:guarda che strana la vita, vai un attimo, ti giri, è finita, in quel pantano perdevo il mio tempo.Come se il tempo ci portasse vicino infiniti fiammiferi volevo sfregarli tutti, uno per volta, uno a uno, senza fretta, avrei voluto infinite fiammelle a cui fare le foto, infinite foto da ricordare…Ci sono cose che si prendono e altre no, cominciava a far freddo, ero sopraffatto dalla stanchezza, lei era nera, mora bellissima, sorridente, l’aurora dalle dita di rosa, presente e passato si confondevano.Era venuta, regalandomela, la notte.Mi sedetti nell’erba, poi sdraiato cominciai a maledire quello che, forse, avevo bevuto.Se n’era andata, incredibile. ‘’ E’ venuta e se n’è andata ‘’ , pensai.Incredibile.Ero come un barattolo vuoto, mentre la notte ciondolava sui monti, l’oscurità accarezzava gli animali che, balocchi naturali, nel buio, dormivano.Si fece mattina, come una golata di liquore, tornò un po’ di coraggio e la voglia di andare lontano e così furono grotte, salite, sassi, discese, fiori, fiumi, prati e la strada.Tutto, però, assomigliava un po’ a tutto, fottuto disgusto. 

Non amava chi l’abbracciava e, stringendo le mani, correndo, riconobbe la corda sull’albero, saltò, la prese e si lasciò dondolare.

3 pensieri su “B0schi di notte

  1. finalmente una cosa “lunga”.
    mi ha inquietato, sono sincera.
    scritta bene, benissimo. dettagliata, con sprazzi che evocano emozioni, dalle piu’ dolci nei ricordi di bambino q a quelle piu’ impetuose e anche impietose veso chi ti abbrccia nma che tu non ami.
    c’e’ cosi’ tanto dolore nel tuo cuore, Gio?

    Cate

  2. 7 anni c’ho messo, non ne potevo più di avercela sotto il naso..

  3. ….amore dagli occhi neri!

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