Mani di gatta
Pubblicato da jacqueline il 25 settembre 2010
Tra due giorni è Natale.
Marella, dal divanetto sotto la finestra, guarda pensierosa la strada piena di gente che va e viene, avvolta in un crescendo di musiche, suoni e voci. É così vicina che quasi tocca con la punta del naso il vetro, appannato dal suo respiro sottile e delicato. Si protende ancora un po’ verso la finestra, tentando di abbracciare con lo sguardo anche l’angolo estremo della via, alla ricerca del suo passo, tra i mille che affollano la via a quest’ora. Gira la testa, frenetica, rivolgendo il suo sguardo acuto ora in una direzione, ora nell’altra; un ragazzo avvolto in un impermeabile guarda in alto, nel cielo grigio e scuro che promette neve. E in effetti piccoli fiocchi volano delicati come accarezzando l’atmosfera fredda là fuori, danzando brillanti sotto la luce come una polverina fatata, e scendono sulle cose, sulle persone, troppo veloci, troppo impegnate, troppo prese in altro per accorgersene.
Ma a Marella non sfuggono questi piccoli dettagli, lei ha imparato ad osservare.
Osservare ed ascoltare senza parlare.
Uno spiffero freddo dal corridoio la fa rabbrividire, nonostante la pelliccia che la riscalda ed il camino acceso.
Un rumore di porte che sbattono la avverte, ed è come se rifluisse nuova linfa in lei: è tornato.
L’aria del salotto si tinge di arancio, man mano che i passi si avvicinano e si fanno più veloci. Marella non riesce a contenere il suo entusiasmo. Fa per scendere dalla poltroncina con i cuscini in velluto, ma ci ripensa. Forse non è giusto andargli incontro e mostrarsi così felice, così entusiasta di vederlo, forse non deve rivelare l’angoscia della sua attesa, forse sarebbe meglio rimanere qui, ferma, rannicchiata vicino la finestra.
Ma subito lui è nella stanza, interrompendo i suoi interrogativi, che la cerca con gli occhi e le si fa vicino, e con il suo sguardo infinitamente dolce le sorride, e le si siede accanto. Le fa una carezza timida, come a chiederle scusa per la sua assenza, come a domandarsi se si può, se la può sfiorare nella sua morbida delicatezza, se non deve forse sottoporsi ad un qualche rito di purificazione, come un supplice prima di accostarsi alla dea.
Gli occhi di Marella brillano, appoggia la testa sul braccio di lui, come un cenno di assenso, mentre lui la accarezza con una delicatezza ineffabile, con amore e paura fusi in un unico sinolo inscindibile.
I loro sguardi si incontrano, e affondano l’uno nell’animo dell’altro.
Lui è confuso, perso, come ogni volta che si specchia nei suoi occhi, tondi e piccoli e scuri, troppo scuri per una come lei, così diversa da tutte le altre, così unica, così umana. Lei allo stesso modo si rende conto di quanto le costi osservarlo così, sotto questa luce, dal basso, sommessamente, e le si inumidiscono gli occhi, piangerebbe se potesse.
Lui parla alla sua amica speciale, con voce piana, in una nota dolce e quasi impercettibile per l’orecchio umano, le fa qualche carezza ogni tanto, e le sorride comprensivo mentre lei lo ascolta silenziosa, con la testa reclinata. Si nutre del suo sguardo quando lo ascolta attentamente, presa dai suoi discorsi. La prende in braccio sussurrandole nell’orecchio frasi incomprensibili e strofinando il suo naso contro quello di lei. Marella può avvertire il calore del suo respiro nella sua bocca socchiusa, tanto sono vicini. Sente una fitta allo stomaco nel rendersi conto della sua impossibilità a qualunque atto in questo momento.
Dei passi nel corridoio, Sophie entra nella stanza.
-Giorgio! Ma cosa fai? – chiede al ragazzo nell suo marcato accento francese. Lui sobbalza e si volta di scatto verso la voce alle sue spalle, stringendo Marella più forte. Non l’aveva sentita entrare, ma Marella si, aveva avvertito il suo passo veloce, e ora la guarda negli occhi con aria di sfida. Sophie le restituisce uno sguardo tagliente, con i suoi occhi azzurri dal taglio felino. Rimane in piedi, davanti a Giorgio, scostando una ciocca di capelli con le sue dita lunghe.
Marella trema, e Sophie scoppia in una risata beffarda, acuta e prolungata. Giorgio prontamente accarezza Marella per rassicurarla, ma lei non abbassa lo sguardo ostile verso la donna che si para davanti a loro.
-Parli di nuovo col gatto?! – , chiede sarcastica Sophie, non nascondendo quel vago disprezzo causato dalla gelosia che la creatura tra le braccia di Giorgio non può fare a meno di suscitarle. Marella strofina il suo piccolo musino grigio contro il petto di Giorgio, che in tutta risposta le fa un’altra carezza, con premura.
Sì, Marella è un gatto.
Giorgio non teme affatto il rimprovero della ragazza; in tutta risposta si risiede sul divanetto e guarda con Marella la strada, che piano piano va rallentando il suo ritmo, di pari passo con l’oscurità che l’avvolge. Sophie dai suoi occhi blu li fissa con le mani sui fianchi, come in attesa di un’attenzione che nessuno ha intenzione di dedicarle. Giorgio posa la mano sul vetro freddo come ad indicare qualcosa perso nella foschia della magica danza dei fiocchi di neve, un brivido gli corre lungo tutto il braccio fino alla spalla; Marella posa la sua zampina proprio sopra la sua mano.
Una lacrima sgorga dagli occhi socchiusi di Giorgio, si fa strada tra le sue ciglia lunghe, e corre lungo la guancia, annebbiandogli la vista mentre cerca di guardare oltre le loro “mani”.
A Marella dispiace, anche se non piange, e il pianto sommesso di lui le provoca una fitta al cuore, un cuore di gatto, certo, ma non del tutto. Fissano entrambi lo stesso punto, ed è come se si incontrassero da umani in quel punto, ancora una volta, per un ultimo ballo, stretti in un abbraccio umano, come se potessero davvero parlare, parlare di parole, non più solo di sguardi e pensieri, e mettere le loro mani contro il vetro l’una sopra l’altra, mani umane, non mani di gatta.
In quel riflesso sul vetro c’è il sorriso di lei, non un semplice guizzo di sguardi, e il suo volto, e il suo profumo, e la sua voce, e le sue mani, e il suo corpo, un corpo di donna.
Marella si volta verso Giorgio assorto in un’espressione malinconica e persa.
Toglie la zampa dal vetro, tenta di allungarsi verso il suo volto per accarezzarlo, ma non riesce, e ricade sulle sue gambe. Un rivolo di sangue lambisce la guancia liscia e bianca di Giorgio, come un papavero che spunta dalla neve. Un suo piccolo grido di dolore le fa capire che lo ha graffiato, le dispiace ancora di più… come desidererebbe avere mani delicate come quelle di Sophie per profondersi anche lei in tenere carezze!
Sophie si avvicina immediatamente al ragazzo per soccorrerlo, ma lui, sorridendo, la rassicura, non è nulla. Marella con gli occhi lucidi implora perdono, e lui con uno sguardo dolcissimo glielo concede.
Sembra assurdo ai più, ma è convinto che Marella non sia un semplice gatto, ma qualcosa di più, e non solo perchè ha il nome della sua Marella, che ormai ha perso da molti mesi.
C’è un che di umano in lei, un che di ineffabile e sfuggente che la eleva al di sopra delle creature che gli sono intorno. Non saprebbe spiegarlo ad alcuno, anche perchè ancora non riesce a spiegarlo a se stesso, ma talvolta si rende conto di quanto riesca a parlare con lei più che con ogni altra persona, proprio come era con Marella, quella vera…
Si stupisce di come la gatta sia capace di rispondere a segnali che solo la ragazza conosceva, di come sappia certe cose che sicuramente non possono essere casualità.
La gatta è Marella, la sua bellissima Marella, che si sedeva a guardare la strada nelle fredde sere d’inverno e che lo aspettava, per poter guardare fuori insieme, con le mani sui vetri, come i bambini davanti le vetrine dei negozi, la vita frenetica lontana da loro, fuori dal loro piccolo mondo chiuso in una boccetta di vetro. Marella fa le fusa e si strofina contro il suo braccio, come a cercare altre carezze e altri abbracci per colmare il vuoto incolmabile che un soffio di vento ha creato tra loro.
Eppure un tempo avrebbe desiderato tanto provare ad essere un gatto.
26 settembre 2010 alle 13:07
Ciao jacqueline!
Prima di tutto, benvenuta sul sito
E direi che hai fatto decisamente un ingresso trionfale regalandoci questo tuo.
Stile piacevolissimo, scorrevole, prosa fluida che accompagna il lettore senza fatica fino alla fine.
Il “camuffamento” della gatta è quasi perfetto, e veramente si capisce dove vuoi andare a parare solo qualche parola prima che tu lo sveli.
Ho trovato particolarmente evocativa l’immagine dell’aria che si tinge d’arancio. Anzi forse se fossi stato in te avrei usato più spesso questo trucco nelle descrizioni, perché accentua l’aspetto “alieno” della voce narrante, ma non in maniera eccessiva.
Se posso permettermi una piccola critica, io forse non avrei usato un finale così scoperto, in cui dici le cose come stanno. Se provi a rimuovere il testo tra “La gatta è Marella” e “boccetta di vetro”, e poi cancelli l’ultimissima frase, io trovo che aggiugni un alone di mistero che rende il tutto ancora più interessante.
Grazie per avercelo fatto leggere!
Andrea.
3 ottobre 2010 alle 16:30
Ciao, complimenti per la scorrevolezza. Mi piace molto la caratterizzazione dei personaggi, con la sensibilità di Giorgio, l’empatia di Marella e la freddezza di Sophie… le due figura femminili sono così contrapposte che per un attimo non si scorge bene chi sia umano e chi animale, aprendo così il finale.
Alla prossima! :o)
LindaS