S.O.S.
Pubblicato da markingegno il 30 marzo 2009
S.O.S.
Lo so benissimo che il mio non è un caso isolato, che l’ambiente domestico è quello in cui maggiormente si verificano i soprusi e le violenze. Altro che focolare domestico, sicuro approdo nelle tempeste della vita e rifugio dai pericoli e dalle minacce esterne! Vi è al riguardo un ricchissimo repertorio statistico; non passa giorno che non si legga in cronaca di episodi di violenza che hanno per vittima sempre i più deboli ed indifesi: bambini e donne, anziani soli, malati, handicappati, che vengono sottoposti a sevizie, a violenza sessuale, legati ai letti ed immersi nei loro escrementi, segregati in cantina etc etc. A tal proposito, la malvagità umana non conosce veramente limiti! O anche, si legge, di animali sfruttati in maniera crudele, trattati con ferocia ed allevati in condizioni disumane di cattività.
La schiavitù, la prigionia, le torture esistono ancora, purtroppo!
Ma questo non mi è assolutamente di conforto né rende meno dolorosa la mia triste vicenda personale. Se qualcuno trovasse questo messaggio, questa disperata richiesta di aiuto, per favore faccia qualcosa, non faccia finta di niente: chiamate la Polizia, i Carabinieri, l’Esercito, i Vigili del Fuoco, il Telefono Azzurro, la Protezione Animale, la Protezione Civile, il Corpo Forestale, ma fate qualcosa, ve ne supplico, non siate indifferenti al mio penoso dramma.
So bene che in quelle giungle o deserti che sono le metropoli moderne prevale l’egoismo e l’indifferenza, che ognuno finge di non vedere per non impicciarsi dei fatti altrui ed evitare fastidi. Ma esiste ancora l’umanità? La libertà e la dignità di un essere vivente hanno ancora un senso in questa società crudele?
Vi chiedo scusa per la mia scrittura infantile, quasi animalesca, quella che i Maestri definiscono a “zampa di gallina”, ma non è colpa mia. I miei carnefici non mi hanno consentito di studiare, condannandomi all’analfabetismo; quel poco che so, l’ho imparato da autodidatta, di nascosto, come un ladro: sappiate che quando riesco a trovare incustoditi un libro o una rivista o un giornale, me li sbocconcello e li divoro letteralmente, siccome uno affamato di cultura.
La mia vita è un inferno, sono escluso da tutte le attività comuni e da tutte le decisioni; eppure ne avrei bagaglio di esperienze di vita accumulate da mettere a disposizione per il bene comune. A parte che sono anche un po’ sensitivo ed intuitivo e, se mi stessero ad ascoltare, potrei dirgli che tempo fa l’indomani, con più precisione delle previsioni meteorologiche, che solo raramente ci azzeccano; od avvisarli di un pericolo imminente, che so, per esempio, un terremoto in arrivo. Ma loro continuano ad ignorarmi, con una pervicacia degna di miglior causa.
Quando c’è il desco imbandito, se oso prendere posto a tavola su una sedia, mi scacciano in malo modo e mi costringono a consumare frugali pasti a terra, in piatti di plastica che riutilizzano più volte; anche l’acqua, rigorosamente di rubinetto, (non parliamo assolutamente di altre bevande più gradevoli) mi viene servita in una ciotola che neanche si sprecano a lavare frequentemente, per cui, talvolta, al fondo cresce il limo delle acque stagnanti.
Non parliamo poi della varietà del mio menu: sempre ed invariabilmente i soliti alimenti, cibo secco e duro ma così duro che si sbriciola in pezzettini e cibi in scatola, sempre delle marche più economiche, che non si premurano nemmeno di riscaldare, neanche nel forno a microonde.
Risparmiano sulla mia pelle, sulla mia alimentazione mentre loro, i miei torturatori, gozzovigliano e si abbuffano con i cibi ed i manicaretti più prelibati. Al massimo della loro generosità, mi offrono gli avanzi dei loro lauti pasti: i calli, la pelle, il grasso, gli affettati quando cominciano ad andare a male ed emanano un leggero e nauseante fetore.
Peggio che se fossi una bestia!
Sono, praticamente, prigioniero in questa tetra magione, eppure questa è anche casa mia! Se appena mi affaccio ad una finestra o mi sporgo da un balcone, immediatamente mi acchiappano con violenza e mi sbattono a terra. Lo credo bene, hanno paura che qualcuno da fuori possa accorgersi che sono quivi recluso e ristretto ed avvertire le Autorità. Ma tutti i prigionieri e tutti i detenuti, perfino quelli condannati alla pena capitale, fino al giorno dell’esecuzione, non hanno diritto all’ora d’aria?
Non posso neppure sedermi o sdraiarmi sui divani, il salotto buono mi è assolutamente vietato, guai ad entrarci, la loro ira sarebbe tremenda. Non potete sapere che voglia matta avrei di entrarci, almeno qualche volta, per ammirare i quadri alle pareti, premere i tasti del pianoforte (onestamente io non so suonare), rotolarmi sui tappeti! Ed invece no, tutto questo mi è assolutamente precluso, come del resto tante altre cose.
Se semplicemente tocco le piante nei vasi od odoro i fiori, se a malapena sfioro le loro ceramiche “antiche” o i loro ninnoli o i mille inutili soprammobili, apriti cielo! mi inseguono con veemenza scagliandomi addosso perfino le scarpe o agitando minacciosi le braccia o dei bastoni, come se non sapessimo tutti quanti che sono patacche e volgari imitazioni.
Se mi avvicino al maxischermo a cristalli liquidi da 42 pollici del loro nuovo televisore, (acquistato a rate con la finanziaria, ovviamente!), che loro adorano religiosamente, come se fosse un’opera d’arte, più che se fosse un quadro di Raffaello, per spostarmi non esitano ad alzare le mani, come se, piazzandomi davanti allo schermo, potessi scalfire il loro prezioso gingillo. Si inferociscono peggio che se gli graffiassi la carrozzeria della loro auto nuova fiammante. Ma si può essere più deficitari ed alienati di così?
Non mi consentono nessuna parvenza di vita sociale, non posso mai uscire a fare una passeggiata, se a malapena oso avvicinarmi all’uscio di casa mi risospingono indietro a calci e mi chiudono la porta in faccia.
Che maleducati! Neanche a casa mia posso mai ricevere nessun altro essere vivente, mai un amico con cui scambiare quattro chiacchiere, fare una partita a carte, leggere Topolino o guardare un documentario sugli animali; figuriamoci se volessi ricevere un individuo di sesso opposto per un appuntamento galante!
A questo proposito, mi hanno anche orrendamente mutilato, hanno coartato anche la mia sessualità: con l’inganno ed il tradimento mi hanno reso eunuco a mia insaputa, senza alcuna informazione, senza alcun consenso informato. E’ stato un trauma tremendo, poco c’è mancato che mi tagliassero pure il pisellino. Ma si può essere così crudeli? Mi hanno sottoposto alla peggiore mutilazione, quella degli organi genitali, privandomi della possibilità di godere del sesso, uno dei pochi piaceri che la vita ci concede. Mi hanno causato un danno biologico incalcolabile, hanno distrutto la mia vita di relazione, ma nessuno ha mosso un dito, nessuno è intervenuto in mia difesa.
In questo Paese i sadici delinquenti ed i peggiori criminali hanno campo libero, hanno piena libertà d’azione! Mi hanno crudelmente castrato per farmi ingrassare, perché a loro, maniaci e perversi, gli piacciono le forme piene e sinuose; per fare acquistare alla mia voce il timbro e la tonalità soavi ed infantili delle voci bianche; per evitare che con la mia maschia e giovanile esuberanza io potessi costituire un pericolo per le femmine della casa. Tutto per invidia hanno fatto, per invidia e per crudeltà!
Quando viene la donna delle pulizie, è un dramma. Dovunque io mi trovi, hanno da ridire, non posso muovermi liberamente perché è sempre bagnato dappertutto, dovunque io debba andare; non posso neanche andare a fare i miei bisogni. Anche la donna delle pulizie, adeguandosi al malcostume vigente in questa prigione disumana, mi prende a colpi di strofinaccio per pavimenti, il famigerato “ mocio” ed impreca contro di me. Per fortuna viene solo una volta la settimana, perché, nonostante le arie da grandi signori che si danno, in fondo in fondo sono dei morti di fame e non possono permettersi di pagarla più di una volta a settimana.
A proposito di bisogni, mi è anche precluso l’uso del WC; mi costringono a fare i bisogni in un vaso, proprio come i prigionieri, o come se fossimo ancora nel cupo medioevo; non posso accedere al bidet, neanche la carta igienica mi forniscono; per pulirmi devo arrangiarmi e come detergente intimo debbo usare, mi vergogno da morire a doverlo confessare, la mia stessa saliva.
La notte non ho un letto confortevole su cui riposare; i miei carnefici mi costringono a dormire all’addiaccio, su un misero giaciglio fatto con i loro abiti dismessi, in veranda, dove d’estate c’è un caldo insopportabile (tipo effetto serra), mentre d’inverno si gela letteralmente e mi si rizzano i peli dal freddo polare. Loro, invece, stanno ben al calduccio nelle loro camere riscaldate con le stufe i termosifoni, le termocoperte.
Eppure questa è anche casa mia ed io gli stessi loro diritti!
Mentre loro approfittano di ogni pretesto per festeggiare, anche le ricorrenze e le occasioni più ridicole ed insulse, i miei compleanni passano sistematicamente e vergognosamente sotto silenzio. Mai un regalino, un pensiero gentile, nemmeno nelle feste comandate, nemmeno a Natale, Capodanno, Pasqua.
Eppure, fino a prova contraria, anche io faccio parte della famiglia!
Ogni anno loro immancabilmente vanno in ferie, per uno-due mesi, nella loro seconda casa al mare; io, da quando mi hanno attirato con l’inganno in questa trappola, non sono più uscito neanche una volta. Non ricordo più l’odore della terra o delle strade polverose di campagna dopo la pioggia o il colore dei prati in fiore e dei papaveri rossi. Darei non so cosa per potere rotolarmi su un prato umido di rugiada, rincorrere una farfalla, divorerei, perfino, la tenera erbetta pur di riassaporare i sapori perduti della campagna! Io vivevo felice in un piccolo paesino di montagna, in una bella fattoria ai margini del bosco, prima di essere “adottato”, ma sarebbe più esatto dire rapito, da questa famiglia di pirati e masnadieri per farmi diventare il loro schiavo e strumento di trastullo.
Il periodo delle vacanze estive per me è una tragedia: partono senza alcun rimorso e mi lasciano solo, disperatamente solo, tragicamente solo. E se dovessi avere un malore? E se ci fosse una fuga di gas? E se entrasse un ladro, approfittando della loro assenza? Vengono una due volte la settimana, più che altro per prendere la posta, innaffiare le piante, accendere il computer per leggere la posta elettronica. Con l’occasione mi buttano a terra un po’ di cibo rinsecchito, mi cambiano, se non hanno particolarmente fretta, l’acqua nella ciotola e mi svuotano il bugliolo.
Dopodiché se ne vanno, condannandomi alla solitudine ed alla disperazione ed io me ne sto disteso a terra, impaurito e terrorizzato, cercando di non fare il minimo rumore per non tradire la mia presenza, in preda al panico ed alla disperazione.
Non si può torturare così un individuo!
Certe volte invidio, perfino, la vita dei cani, il che è tutto dire! perché loro sono trattati sicuramente meglio. Per lo meno hanno il loro spazio vitale, la loro bella cuccetta, ed i loro padroni due tre volte al giorno li fanno pure uscire, se li portano a spasso ed in vacanza, negli alberghi, perfino sui treni li fanno viaggiare. Eh sì, nella vita ci vuole fortuna pure nel nascere! Perché non sono nato cane?
La cosa assurda è che poi vorrebbero pure manifestazioni d’affetto, di entusiasmo da parte mia. Loro mi mettono sempre le mani addosso, non appena mi vedono o rientrano a casa, ma, ciò nonostante, vorrebbero che io saltassi di gioia per questo loro trattamento, che mugolassi di piacere, che scodinzolassi come quei servi di cani.
Siccome io mi rifiuto, perché ho una dignità da difendere, allora mi accusano, ingiustamente, di avere un brutto carattere, di essere egoista ed indifferente, misantropo ed asociale e di starmene appartato per i fatti miei. Di non fare niente tutto il santo giorno e di essere un “mangiapane a tradimento”. Certo, loro preferirebbero vedermi sempre prostrato ai loro piedi o seduto sulle loro ginocchia. Vorrebbero che io fossi il loro schiavetto lecchino o un passivo oggetto del loro piacere.
Ma non lo capiscono che l’affetto, l’amore ed il trasporto devono conquistarselo con la gentilezza, con la poesia, con la nobiltà d’animo? Con le coccole e le carezze, il sentimento, le mille piccole attenzioni, i regalini, i pensieri gentili come un mazzo di fiori o una cenetta romantica, possibilmente a base di pesce?
E soprattutto tutto il giorno, non solo quando hanno bisogno di intimità e di calore, e mi cercano e mi acchiappano per portarmi a letto con loro, o quando hanno voglia di giocare e trastullarsi con me! Succede, infatti, che quando cerco di andargli incontro, di stargli accanto e di manifestare, anche fisicamente, la mia affettuosa vicinanza, al contrario, si infastidiscono e mi urlano contro: “Ma che cosa vuoi? Sempre in mezzo ai piedi. Sei peggio di una piattola!” Come possono essere così rozzi e privi di sensibilità?
Se non temessi le conseguenze, li aggredirei a graffi e morsi, piuttosto! Ma io sono piccolo, solo ed indifeso, mentre loro sono giganteschi e, seppure siano dilaniati e divisi su tante cose, nei miei confronti si coalizzano e fanno gruppo e fanno branco. Certo potrei difendermi con i denti e le unghie, ma alla fine sarei costretto a soccombere, se non altro per una semplice questione di proporzioni fisiche, ed allora potrebbero usarmi qualsiasi tipo di violenza, più di quanto di già non sia costretto a subire.
L’aspetto buffo della faccenda che loro, i miei persecutori, hanno un alto concetto di se stessi, si credono delle creature superiori, i “re del creato” addirittura, ma non è assolutamente vero! Quanto degrado morale vi è nelle loro squallide e vuote esistenze, al di là delle arie che si danno! Io li guardo, li scruto con attenzione, registro ogni loro azione e li giudico ed il giudizio non è certo lusinghiero.
Certi loro comportamenti proprio non li capisco, perché, per colpa loro, non ho una grande cultura ed una grande capacità d’analisi, ma lo stesso percepisco ed intuisco, vado ad istinto, a naso, ma per certe cose ho l’odorato fino. Così come ho le antenne per captare certe situazioni e vi posso dire che in questa famiglia di banditi, dall’apparenza normale, non potete sapere quante miserie, meschinità, egoismi, conflitti, situazioni scabrose, atteggiamenti innominabili si possano nascondere dietro la facciata perbene. Quello che succede, poi, quando si chiudono a chiave in bagno per le loro “pulizie”, è inenarrabile quanto a rumori ed odori, è uno spettacolo semplicemente disgustoso! Li vedo io, quando sono soli, che si infilano le dita nel naso o scorreggiano rumorosamente o fanno altre cose assolutamente disdicevoli!
Loro non hanno una grossa opinione di me, mi tengono in poco conto perché pensano: “quello ragiona come una bestia”; così non si curano di me e si comportano al naturale, allo stato puro ed allo stato brado, senza alcuna inibizione o camuffamento e senza quella formale educazione che, per convenzione, praticano quando si frequentano tra di loro; ma non sanno che io registro ed annoto tutto, perfino ogni più piccolo particolare o dettaglio, e che al momento opportuno sarò un implacabile testimone d’accusa contro di loro.
Non avendo altro da fare, passo le mie giornate a meditare sulla mia triste condizione esistenziale. Qualsiasi cosa io faccia è sempre sbagliata, è tutto vietato, tutto proibito: mi rimproverano in continuazione ed aspramente: “Smettila! Ti vuoi levare di lì! Non si fa, questo non si fa, quante volte te lo devo dire? Ma lo capisci l’italiano? Ma sei scemo?”
Eppure, io vorrei soltanto condividere la loro esistenza, partecipare a tutte le attività della casa: leggere i libri di testo quando i ragazzi studiano; piazzarmi davanti al computer per osservarli quando lo stanno usando, in modo da imparare, a poco a poco, ad usarlo anch’io, non deve essere molto difficile, d’altra parte, se essi ci sono riusciti! Stare a tavola accanto a loro, quando è ora di pranzo o di cena; dormire nei loro letti. Ma essi sono crudeli e costantemente mi respingono, come se io fossi un essere inferiore o un animale addirittura. Profondamente ferito nel mio orgoglio e nella mia dignità, non mi resta altro da fare che dormire. Così facendo, almeno, la vita mi scorre in maniera indolore, in attesa della fine.
Non mi hanno insegnato nemmeno i rudimenti della religione, ma io ho una religiosità innata, credo che esista qualcosa di trascendentale, oltre le nostre effimere esistenze ed oltre la realtà visibile, e l’unica cosa che spero è che ci sia la reincarnazione, che ad ognuno venga data la possibilità di un’altra vita dopo la morte, o magari anche più di una, in modo che io possa ritornare sulla terra, possibilmente a ruoli invertiti, e consumare così la tremenda vendetta contro i miei sadici e dispotici padroni.
Capisco che rinchiudersi in se stessi o dormire quasi tutto il giorno è una forma di rimozione, un modo per evadere dalla triste realtà, un meccanismo di difesa per fuggire invece di affrontare i problemi, ma che volete farci, io più di questo non riesco proprio a fare. Il mio cervello poco sviluppato, sempre per colpa loro, la mia povera psiche provata dai tanti traumi subiti e la mia depressione più di questo non mi consentono di ottenere.
Parlare, comunque, è facile, fin troppo facile! Vorrei vedere voi al mio posto, a vivere una vita così squallida ed indegna di essere vissuta.
Comunemente si dice “vita da cani” per indicare una grama esistenza, ma la mia, credetemi, è peggio che una vita da cani, molto peggio, infinitamente peggio!
E’ proprio una vita da gatti.
Aiutatemi, ve ne supplico!
Non lasciate cadere nel vuoto questa disperata invocazione di soccorso!
Non siate sordi ed insensibili al mio grido di dolore!
La sorte ve ne sarà benigna in eterno e questo costituirà il vostro meritato guiderdone.
Ciao, anzi miao.
Nerone
COPYRIGHT © 2009 Antonio Giordano
30 marzo 2009 alle 1:30 pm
Pensavo alla fin fine che si trattasse di un gatto… d’altronde, avendone un branco per casa, li conosco molto bene…
Questo tuo l’hai ben scritto, forse ti sei dilungato un tantino, ma nulla di grave (sono un pignolone…).
Ciao!
31 marzo 2009 alle 9:59 pm
Grazie del commento. Una precisazione: in realtà i gatti sono due e quanto descritto è il comportamento un pò dell’uno ed in parte dell’altro. Ho cercato di immedesimarmi e di vedere le cose dal loro punto di vista. Tu, che hai tanti gatti, ti sei mai chiesto come ti giudicano? Noi ci illudiamo che siano animali,incapaci di giudizio; in realtà, a parte l’istinto, hanno anch’essi dei sentimenti, affettività, volontà,la loro intelligenza ed il loro carattere e forse noi gli rendiamo la vita difficile trattandoli come se fossero oggetti di nostra proprietà e come corrispettivo del fatto che gli diamo vitto ed alloggio. Ma siamo sicuri che loro non preferirebbero vivere liberi, all’avventura, anche rischiando la fame? Mi viene in mente una favola, mi pare fosse di Esopo o di Fedro,su di un animale di campagna (un cane o un gatto o un topo, non ricordo bene)che va a fare visita ad un suo parente di città ma finisce per fuggire disgustato dalla mancanza di libertà dell’animale cittadino.
Ciao.
7 aprile 2009 alle 3:26 pm
Ciao Markingegno, io avevo pensato ad un cane non un gatto
Grazie per avercelo fatto leggere!
Andrea.
PS: riguardo alla storia degli editori di cui abbiamo discusso poche settimane fa, non so se hai visto che stiamo sostenendo un altro concorso, che non fara’ arricchire nesusno di noi, ma almeno neanche ci truffera’
8 aprile 2009 alle 8:56 am
Ti ringrazio per il commento.
Ho intenzione di partecipare al concorso, sono sempre disponiobile per iniziative a fin di bene.
Per fortuna, scrivere non mi serve per campare, altrimenti sai la fame!
Ciao, buona Pasqua.
23 maggio 2009 alle 7:50 am
Markingegno, scusa!
Grazie diecimila…solo ieri sera mi sono accorta dell tuo regalo e mi sono riservata di scriverti stamattina, così ho anche letto questo tuo racconto, che mi ha messo un po’ di tristezza.
Nella mia vita ho avuto per compagni Turbo, un barboncino grigio, vissuto 16 anni, e le gatte Kina (Selvatichina) e Terry (Terribile), la prima vissuta 4 anni, la seconda 9 mesi, entrambe morte per incidente stradale. Quando penso ai miei amici animali mi chiedo se, costringendo le gatte a una vita più domestica – erano due scatenate che si rincorrevano sugli alberi e “facevano fuori” nidi con contenuto, lucertole, topolini, che regolarmente portavano davanti alla porta di casa -, tipo il tuo Nerone, sarebbero ancora in vita, poi, leggendo questo tuo scritto, un po’ mi consolo, ma le gatte non ci sono più.
Veniamo al commento sul tuo racconto: l’analisi che fai del gatto domestico è completa, ne analizzi vita e sentimenti, bravo! Non credo i tuoi gatti si possano lamentare, se riesci a scrivere di loro in questo modo, vuol dire che li osservi e li rispetti.
Ciao e grazie ancora!
P.S. rivolgi un sorriso per me alla tua Sicilia, che amo (ne ho sposato un “prodotto”)