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Eccola!

Pubblicato da martuz il 22 luglio 2009

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Eccola!
Giungeva con passo elegante, ma no che dico, era solo delicato.
Eccola, e il mio cuore già da quando l’aveva intravista voltare l’angolo mi aveva solleticato l’anima con un piccolo salto.
Eccola che mi si avvicina, ma è ancora troppo lontana per salutarla senza mostrare un entusiasmo non consentito.
Se distolgo lo sguardo rischio di perdere il suo nel momento più opportuno. Nel momento in cui sarà abbastanza vicina da poterla catturare, per un istante. Se però mi permetto di continuare a fissarla sarebbe sempre mostrare troppo sentimento. Un sentimento non richiesto. Certamente non comprensibile se svelato.
Eccola, che passo dopo passo mi giungeva sempre più appresso.
Io, che mi aggrappavo al calorifero come un santo al crocifisso o una cozza al suo ruvido scoglio. Attendevo. La guardavo con la coda dell’occhio. Le derubavo la bellezza, se è possibile che un attento osservatore possa diminuire la maestosità di ciò che ammira per il semplice fatto di farlo.
Oh, dio mio, come è difficile fingere disinteresse, o anche semplice simpatia, quando dentro il grido imperioso dell’animo pretenderebbe ben altro compenso alle sue sofferenze! Oh forse no, solo il mio animo è così acerbo da non saper sottostare alle ragioni del pensiero.
Perché ancora mi affligge questa dannazione?
Eccola che quasi mi raggiunge, un semplice saluto. Potrò chiederti tanto animo mio?
Ed ecco quell’uomo arrivare presso lei, fermarla sul più bello. Sacrificare un andamento così armonioso, così saziante ai miei occhi per due misere chiacchiere? Che quell’uomo fosse fustigato per la sua insolenza.
Mentre passavo dalla sorpresa, spiacevole, data da questo inconveniente e giungevo all’invidia per quel tempo che quell’uomo a differenza mia aveva saputo rubarle, non potevo che gioire della consolazione che mi si presentava. Davvero osai tanto?
Colmai quel tempo di attesa coll’impensabile piacere di poterla osservare. Questa volta immobile, o quasi. Eccola, starsene lì innalzata con l’eleganza di una colonna ionica e con la leggerezza e le sinuosità di un filo di fumo.
Eccola saper sorridere anche con chi la annoiava. Perché, chi poteva meno divertirla di quell’uomo il cui solo aspetto ricordava troppo quello di un professore di storia?
Dalla barba lunga, dai vestiti beige, dal pacco di libri che sosteneva in una mano mentre con l’altra tentava di gesticolare. Tutto in quell’uomo sottintendeva il tedio a cui avrebbe assistito qualsiasi mal capitato al suo cospetto, figurarsi lei.
Lei che mi faceva dubitare che l’allegria esistesse già prima di lei. Lei che dal sorriso, dal modo di vestire, sempre ricercato, mai banale, mai alla moda, sempre eccezionale, dal modo di parlare, sempre spontaneo, mai superficiale, mai sgarbato, sempre sorprendente lei che da sola meritava la gratitudine per tutta la dolcezza che c’era al mondo.
Ma eccola infine, finalmente libera.
Eccola riprendere il suo passo, delicato.
Ancora appresso al calorifero, avevo poco da attendere.
Era praticamente giunta.
Abbastanza vicina da permettermi di apprezzare la sua scelta del vestire anche per quel santo giorno, perché benedetto dalla sua visione. Come descrivere la discrezioni con cui persino la sua camicia osava sfiorarle il seno. Quel seno che, lungi dal essere di quelli che volgarmente errano secondo il passo di chi li possiede, seguiva, come un bimbo fra le braccia della madre, il suo andare. Come non perdonarmi l’incanto che quasi mi cullava allora?
E mentre pareva non potessi desiderare altro, eccola che ancora non terminava il suo percorso, e ancora osava avvicinarsi di più a me. Non voglio credere fosse crudele, ma come spiegarsi allora questo comportamento? Non capiva forse come il mio cuore gioisse e soffrisse nel vederla, ma solo per un breve istante. No, non lo capiva, eppure il mio animo non è mai stato così abile da celarsi dietro a falsi sentimenti.
Pensando a ciò faticai ancora di più per negare al mio viso, oltre alla gioia di vederla,anche il dolore di doverla immediatamente lasciare.
Ma forse non era necessario impormi questo distacco così tanto inviso al mio cuore. Se avessi saputo essere abile avrei potuto trattenerla quel poco per riempirmi gli occhi del suo viso la testa del suo profumo, le orecchie del suono della sua voce e, perché no? ,del suo cuore.
Solo trovare un pretesto, questo occorreva. Impossibile. La certezza di non meritarla mi faceva peccare di codardia. La paura del successo, di frettolosità. Insieme non mi facevano concludere niente.
Lei era molto vicina, avrei rischiato che mi superasse prima ancora di poter pronunciare un qualsiasi saluto. No non poteva accadere, il destino non si sarebbe preso gioco di me fino a osare tanto.
Ed eccola, l’idea, finalmente era giunta. Un modo innocente e delizioso per attirare quel raggio di sole dentro l’oscurità che era la mia infelicità. Essenziale era non commettere errori di nessun tipo, non potevo permettermelo. Ma era inutile ripetermelo, forse non lo sapevo? Ma cosa farci se l’emozione senza permesso si impossessava del mio corpo e del mio intelletto? Come fare per evitare che facesse di me la sua marionetta, con la quale far ridere il mondo e magari anche lei. No, era troppo delicata per ridere di qualcuno, non l’avrebbe mai fatto, ma non per questo volevo mostrarmi debole.
Ecco chiusi gli occhi, ancora un istante che si avvicinasse, poi sicuramente avrei saputo ben parlare, ma… cosa fu? Eccola che voltava a destra nel corridoietto senza che ne potessi avere la benché minima idea.

Un commento a “Eccola!”

  1. andrea dice:

    Ciao martuz,
    Bellissima la descrizione della donna. Si resta veramente a bocca aperta a guardarla mentre si avvicina inesorabile…
    splendida l’immagine della colonna e del fumo.

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