Qualcosa senza senso
Pubblicato da martuz il 11 settembre 2009
“Potete entrare,”
Alzai gli occhi e fissai per un ultima volta la scritta 3F.
“scusate il ritardo, ci abbiamo messo un po’…”
Mi fermai, prima di entrare lasciai passare la signora che sembrava comunque decisa a farlo con o senza il mio gesto.
“Prego sedetevi, ci sono quattro sedie lì”
Prima di sedermi passai in rassegna tutta la sfilza di volti che affollavano quell’aula. Fu una cosa che certo mi impegnò per qualche istante, non era cosa semplice non pensare a quante cose significassero quei volti.
“Allora faremo brevemente il punto della situazione…”
La coordinatrice non la piantava di parlare da quando aveva spalancato quella porta, con su scritto 3F, anche se non era la nostra sezione.
Che noia fare il rappresentante! E dire che all’inizio dell’ anno si erano quasi presi a pugni per la competizione, avevano vinto entrambi, ed ora entrambi erano assenti. L’unica volta all’anno in cui servivano. Così, io, mi ero gentilmente offerto per farne le veci. Gli insegnanti non se l’erano certo potuto immaginare. Ancora adesso potevo gustarmi la loro sorpresa, che da quando ero entrato non aveva avuto la premura di abbandonare i loro visi ebeti.
“Ma sei proprio sicuro, non è che… potremmo chiamare il Bosso…”, il Manza non era troppo convinto della cosa, aveva paura di cosa avrei potuto dire: faceva bene a temerlo.
Non sapevano che occasione mi avevano dato, finalmente.
Continuavo a massaggiarmi le guance, nel mio solito tic, quasi per sondare quanto cresceva di giorno in giorno quell’abbozzo di barba. Smisi, mi levai gli occhiali li guardai contro luce. Attraverso le lenti notai fugacemente come il professor Faroni mi guardasse di traverso, era probabilmente scocciato dal mio quasi disinteressamento all’assemblea. Secondo un professore se non scrivi appunti tutti i secondi vuol dire che non stai seguendo… abbassai gli occhiali li strofinai con l’orlo della maglietta, in mancanza di qualcosa di più adatto.
“Lasciamo un po’ di spazio agli alunni? Hai qualcosa da dire?”
La direttrice dell’orchestra, o forse più simile ad un’ addestratrice di animali da circo si rivolgeva a me come prima a tutti gli altri a cui aveva concesso la parola.
“Ehm, volevo rispondere alla professoressa Doni, se fosse possibile… ecco, lei poco fa ci ha domandato, insomma mi ha domandato perché la nostra classe sembra non mostrare il benché minimo impegno… ecco forse io credo, cioè io ho la risposta alla sua domanda.
Io sono, noi tutti siamo ragazzi che vengono in questa scuola tutti i giorni, tranne uno, e questo per noi non ha più senso. Voi arrivate fate le vostre lezioni, noi non ascoltiamo, non prendiamo appunti; ci assegnate compiti, non li facciamo; fissate delle verifiche, noi le invalidiamo. Tutto ciò non ha senso e non diverte nemmeno. Voi ci riprendete, e allora arriva tra un rimprovero e l’altro quella somma verità che sempre vi ostinate sguainare nei momenti in cui siete maggiormente in difficoltà: tutto quello che ci dite di fare è solo per noi, per il nostro avvenire. Ecco dove sbagliate: ai giovani del loro avvenire non gliene può fregare di meno. Cioè pensateci un attimo, immaginate insieme a me cosa sarà il nostro futuro.
Ci avete insegnato che è importante studiare per avere un bel lavoro e gli ingegneri puliscono i bagni. In chiesa ci hanno detto che dovremo costruirci una famiglia, le statistiche che una famiglia su quattro chiede il divorzio. Ancora in chiesa ci hanno detto che è importante avere bambini, alla televisione che se tentiamo di averli rischiamo migliaia di malattie. Il telegiornale ci ha detto che se anche avessimo bambini non avremmo soldi per farli crescere, studiare, per liberarci di loro quando saranno grandi.
Voi ci avete insegnato l’importanza della pace, il mondo ci ha detto che non ne è molto interessato. A casa ci hanno detto di essere generosi; qui ci avete mostrato come tutti siamo degli egoisti che mandano a morte migliaia di persone e bambini. A casa ci hanno sempre detto che siamo speciali, qui che facciamo parte di sei miliardi di persone che sono simili a noi, spesso migliori. I grandi poeti ci dicono di goderci la vita, ma tutti gli adulti sono depressi. Quel che ci attende è fallimento, insuccesso, delusione, solitudine. Nessuno scopo ci schiude la strada, il non senso ci benda gli occhi e ci spinge in questa vita, che è sbagliata, non è la nostra, che finirà in ogni caso non come vorremmo noi, e questo lo sappiamo. Ma anche che l’uomo in sé non ha senso che non è altro che una malattia, che un errore in cui è incappata la natura, che un giorno comunque famosi o no non esisteremo più, e non solamente perché saremo morti, ma anche perché tutta la terra, tutto l’universo, come abbiamo studiato qui, non sarà più come questo. Che sia o non sia esistito l’uomo tra qualche miliardo d’anni non farà differenza.
Niente di ciò che ho detto ha senso, perché niente al mondo lo ha. Quindi se lei vuole saperlo non studiamo perché non ha senso, e ahimè l’uomo è ragionevole e fa solamente ciò che ha senso.
Allora se non volete scontrarvi con la nostra noia mortale, vi conviene parlarci del nostro presente, perché quello, ancora lo vediamo, sappiamo com’è e possiamo comportarci di conseguenza. Non so, diteci che dobbiamo studiare poesie a memoria perché è un ottimo modo per rendere le ragazze più disponibili,che dobbiamo studiare economia per avere tante parole tecniche con cui confondere i nostri e spillare loro più soldi. Se avete da dirci altro non disturbateci, lasciateci ballare,sballare non vogliamo altro.”
Detto questo mi mancava tantissima saliva in bocca, feci comunque finta di niente, e sempre fingendo, paventai una gran non curanza, con la quale mi alzai e me ne andai da quell’aula lasciando tutti orribilmente pietrificati.
12 settembre 2009 alle 06:56
Piacevole, ben scritto ma un pò troppo pessimista , P.K.Dick diceva : “la realtà è ciò che non se ne va quando smetti di crederci. “, ma io penso e che ognuno di noi è la realta e a parte le regole, le leggi, la società in cui vive , il nostro essere è solo ciò che riusciamo a tirare fuori da noi , nel bene e nel male, al di là di ogni condizionamento o insegnamento esterno. E questa è la vera sfida della vita.
Ciao a rileggerti presto!
Bruno 62
17 settembre 2009 alle 17:25
Di recente, grazie a un socialnetwork, ho trovato quasi intere classi di miei ex studenti degli anni ’80 e ’90, e, proprio da alcuni di coloro che erano più scatenati nel contestarmi, ho avuto la sorpresa di sentirmi rivolgere parole di stima. Ho dovuto chiudere il mio account perché ero addirittura imbarazzato dall’affetto che molti mi hanno manifestato. Non so quanto e se i miei insegnamenti abbiano giovato alla loro carriera, ma mi ha fatto immensamente piacere scoprire che, qualunque fosse il loro ruolo professionale, ho avuto l’impressione che fossero, in gran parte, in particolare quelli più problematici, divenuti adulti affettivamente e psicologicamente equilibrati.
Chissà se questo accade, in massima parte, indipendentemente da, o nonostante, la scuola?
In ogni caso credo che il presente sia una nozione trascendente, (ha una durata che è pari allo spessore di un piano in geometria)un tempo si diceva “stamani mangiai una granita” e “stasera andrò al cinema” oggi si dice “l’anno scorso ho mangiato un panettone” e “stasera vado al cinema” il presente viene dilatato a dismisura, già in questo vedo si mostra la società dei consumi e della eterna giovinezza (in tv “sono morti due ragazzi di trent’anni”) il futuro è adesso!
25 settembre 2009 alle 15:49
Ciao Martuz,
indubbiamente ben scritto, anche se la mia natura tendenzialmente ottimista non mi ha aiutato molto ad immedesimarmi nel rappresentante.
Pero’ mi hai ricordato tutte le volte che ci sono andato io ad un consiglio di classe, come rappresentante. Ammetto di non essere mai stato loquace come il tuo protagonista