AMORE, MA NON LO VEDI CHE SIAMO SOLO MORTI CHE CAMMINANO?
Pubblicato da matteo p il 25 settembre 2010
Una casa al primo piano, in pieno centro, nella via dei negozi di marca e dei caffè americani a tre euro l’uno. Silvia mia, ma dove sta il punto? Ce la potevamo risparmiare almeno questa trovata, non credi? Voglio dire, la vita in passerella! E non venire a giustificarti che non lo sapevi che qua tutti parlano con un accento irritante ed hanno l’autista personale. Le chauffeur! Ma Cristo santo, siamo nell’esatto baricentro della Spagna, una nazione che traduce anche gli hot dog in perritos calientes, ed abbiamo avuto la brillante idea di infilarci nell’unico quartiere stronzo dove si biascica il francese. Mais voilà, mademoiselle, tutto sommato fa chic!
Come gli zombie, Silvia cara, morti che camminano e contagiano senza bene sapere il perché! Le chauffeur! Grazie tante, c’è solo un parcheggio nel raggio di un chilometro, a pagamento, e a cinque parallele di distanza. No, dico, con tutto quello che ci costa facevamo prima ad assumerlo per davvero un maledetto autista!
Ma tu che diavolo ne sai, ti ho sempre scaricato davanti al portone, per non farti affaticare il culo.
Un lunghissimo, estenuante, inarrivabile metro e mezzo, mentre io proseguo per quattro file di palazzi a sud, andando a sperperare lo stipendio in quello scantinato enorme che sa di tubo di scarico. Sai, devo ringraziare Dio – per quanto dovrebbe essere lui a ringraziare me che mi ostino a non ignorarlo – se là sotto non mi sono ancora beccato un cancro ai polmoni. Quella è una camera a gas nazista, amore mio, altroché!
Pensa che ogni volta sono costretto a trattenere il fiato fino a quando non rivedo il cielo stagliarsi sulla mia testa, e non ti nascondo che in più occasioni ho rischiato di svenire. Mi conosci, no, non sono mai stato un tipo troppo sportivo. Nella squadra di basket della scuola ero quello che distribuiva i Gatorade ai compagni!
Ah, Silvia cara, che tratto infausto di mondo sono costretto poi a percorrere ogni giorno! Ma lo sapevi che la Terra sta rallentando progressivamente i giri sul prorpio asse? L’ho letto l’altro giorno. Al massimo ci rimangono sei o sette anni, dopo di che il mondo si fermerà del tutto, e allora il magnetismo si sposterà ai poli, provocando il dilatamento degli oceani su tutta la superficie terrestre! Se ci va bene, comunque, una piccola fascia emersa resterà all’Equatore, ma chi puó saperlo per davvero!
Siamo morti che camminano, amore mio, e con tutti i posti che potevamo scegliersi per fare gli ultimi passi, abbiamo scelto il peggiore. O meglio, tu hai scelto il peggiore. Io te l’avevo detto che era meglio andare a vivere a Lavapies.
E non provare a tirarmi fuori la solita vecchia storia degli extracomunitari eccetera eccetera, sai, non ci provare! Okay, ci sono neri e i sudamericani, e allora? Ma da quando in qua siamo diventati anche razzisti? Ah, non oso immaginare cosa sarebbe stato in grado di farmi mio padre se mi avesse visto discriminare a questo modo! Ti ho già detto che prima di diventare alcolizzato e morire di cirrosi epatica militava nel partito socialsita? Ed era pure uno di quelli convinti, sempre in prima fila a prenderle di santa ragione. Idealista di come ce ne vorrebbero oggi, altroché, fino a quando non ha incontrato il vino rosso della vigna di Alberto Cusacci! E da quel momento in poi la lotta di classe, il tutto di tutti, il pugno alzato, l’eskimo, bè, potevano anche andare a farsi fottere!
Comunque, amore mio, che Allah maledica tutte le puttanelle adolescenti che giocano al bovarismo davanti alle vetrine, insieme alle vecchie babbie che non diventeranno mai, attorniandosi il collo con orde di animali pelosi svuotati di ossa e budella. Naziste! Come tutti gli altri, nazisti! Aveva ragione il vecchio a dire che siamo in un mondo di estrema destra! E come dargli torto, quando accanto alla porta di casa c’è l’angelo nero del capitalismo che non aspetta altro che succhiarti l’anima? Agenti di multinazionali che si vestono alla moda e si riempiono di accessori, perché, bada bene, è l’accessorio che ti rende notevole. Ma soprattutto, amore, sono le mode che si multinazionalizzano.
Ho paura, cara Silvia!
Ho paura ogni volta che vedo un essere umano uscire dal negozio di Louis Vitton con quattro buste per mano. Se ne avesse il modo, credimi, non esiterebbe a far moltiplicare il numero mondiale dei sieropositivi per averne cinque!
Ho paura ogni volta che vedo una donna incinta, perché mi immagino il suo feto come un micromorto che galleggia!
Ho paura ogni volta che vedo uno chauffeur! Autisti del cazzo, altro che chauffeur! Morti che guidano!
Ho paura ogni volta che entro al supermercato, perché qualche trotskista fuori stagione potrebbe riconoscere le mie radici e uccidermi per alto tradimento! Te lo sei mai chiesto perché mi sono tagliato i baffi? Sai, intendo arrivarci intero al maremoto apocalittico! Voglio dire, anche se sono un morto che cammina c’è mica bisogno di infierire.
Ho paura di chiedere informazioni alla gente, perché il diritto all’informazione, al giorno d’oggi, si paga caro!
Ho paura di chiedere scusa, di chiedere permesso, di guardarla in faccia la gente!
Ho paura ogni volta che vedo lo Starbuck’s del cazzo che continua ad avvelenare il mondo con ettolitri di caffè americano a costi assurdi. Io sono italiano, per Dio, come posso accettarlo! Mi sono rimaste troppe poche cose per cui andare fiero della mia nazione, e il caffè, Silvia cara, sta in cima alla lista.
Ho paura ogni volta che vedo chilometri di fila per mangiare un Big Mac Menù che spappola il fegato peggio dell’acido perclorico!
Ho paura ogni volta che passo davanti a un ristorante sushi del cazzo e leggo i prezzi, poi proseguo dritto, e guardando dentro a un ristorante italiano vedo solo egiziani e pakistani che non sanno neanche dove sia l’Italia!
Ho paura di sorridere ed essere preso per ottimista!
Ho paura di rispondere ed essere preso per nichilista, o fatalista, o qualsiasi alttra accezione filosofica deprimente che termini in -ista!
Ho paura di rimanere in silenzio!
Ho paura di romperlo il silenzio!
Le mode si multinazionalizzano, cara Silvia, ma quando la grande onda arriverà, allora sì che ognuno tornerà al proprio posto nel buco del culo del mondo, e finalmente trionferà la pace!
Nel frattempo, però, dammi retta, amore mio, una buona volta nella tua vita! Per favore, vendiamo la casa in passerella e trasferiamoci a Lavapies, a fare gli ultimi quattro passi che ci restano insieme ai neri e ai sudamericani. Per lo meno la smetteremo di sentire la parola chauffeur!
26 settembre 2010 alle 13:18
Ciao Matteo.
Intanto, benvenuto sul sito.
E non c’è miglior biglietto da visita di bel pugno nello stomaco, come questo tuo
Trovo sempre affascinante questo tipo di testo (un po’ sfogo, un po’ omelia, un po’ narrazione), e devo dire che a te è riuscito molto bene.
Il tono forte, estremo, può facilmente scivolare nel grottesco e nel ridicolo, ma a te non capita e mantiene fino in fondo una bella patina di verosimiglianza. Ho trovato forse un po’ eccessivo l’accenno al feto, ma potrebbe essere solo una mia sensibilità particolare.
Il “c’è mica bisogno di infierire” poi riesce da un lato a strappare un sorriso, dall’altro a permettere al lettore di riprendere fiato per un attimo, do trovare quasi un appiglio di tranquillità nella tempesta della tua narrazione.
Grazie per avercelo fatto leggere!
Andrea.
27 settembre 2010 alle 11:05
Ehi Andrea,
grazie a te delle belle parole!
Fa molto piacere essere capiti e apprezzati, in senso critico naturalmente! Ma soprattutto fa molto piacere aver strappato un sorriso…
Per quella storia del feto, invece, bè, diciamo che quello ha un sapore un po’ particolare per me (è un sogno ricorrente… e me la sono giocata così!)
Grazie ancora dell’accoglienza (andrò sicuramente a leggere le tue cose, chiaro!)
Buona giornata
Matteo.