GASTONE IL SAGGIO
Pubblicato da mostarda il 2 dicembre 2008
Un vecchio westfalia azzurrino con delle nuvolette bianche dipinte sui fianchi.
Sembrava uscito da un film anni 60.
In linea con l’anno della sua fabbricazione manteneva la sua velocità, che per essere in autostrada non è poi molto.
A bordo quattro giovani ridevano e scherzavano pensando alle vacanze che stavano per cominciare: destinazione Italia, ormai c’erano quasi. La Svizzera stava finendo e tra poco sarebbero arrivati alla frontiera.
Chissà se il pulmino ce la avrebbe fatta anche a tornare indietro, chissà se sarebbe durato fino alla Sicilia!
La lancia thesi era ben oltre i limiti di velocità e dovette fare una sterzata per evitare di travolgere il westfalia.
“Ma pensa un po’! ma che cazzo! credono di poter andare in giro con quel catorcio….. imbecilli e drogati sicuramente.”
L’autista della Lancia era un 50enne prestante e abbronzato, sicuramente benestante, e mai e poi mai pensò che 200 km all’ora sono ugualmente fuori dallo standard autostradale. Gastone Ballarin Delle Torri non era abituato ad avere torto, raramente si metteva dalla parte sbagliata. Per questo lo chiamavano Gastone il Saggio.
Guardò nello specchietto la sagoma del westfalia ormai lontana. -forse è meglio se rallento, fra poco c’è la dogana, spesso c’è coda. Speriamo non perdere tempo.- così pensava mentre si avvicinava alla fila e cercava di capire se mettersi da una parte o dall’altra.
Finalmente arrivò il suo turno e dopo aver salutato i doganieri svizzeri indifferenti fece un bel sorriso a quelli italiani, perennemente incazzati.
“Documenti per favore- chiese il finanziere- appena avuti scomparve nel gabbiotto dove stavano anche altri colleghi.
“Porca zozzona, qua mi fanno perdere l’appuntamento per cena a Sirmione….. ”
Un finanziere più maturo del primo uscì dal ricovero e si avvicinò alla automobile di Gastone, un ufficiale. “Buongiorno, lei ha la targa svizzera ma è italiano vedo….
“Certo, ho parecchi affari in Svizzera e vi risiedo normalmente, ma vengo continuamente in Italia dove ho famiglia….- mentì spudoratamente, in effetti di famiglie ne aveva tre, ma nessuna ufficiale.
“certo, certo….- continuò il finanziere- le vorrei chiedere quindi una cortesia, visto che è italiano non mancherà di poter collaborare con il nostro servizio antidroga, vero?
“..veramente sono di fretta, mi aspettano per una riunione….
“certo lei può rifiutarsi, mica è obbligato. Passa spesso di qua?- domandò con un pizzico di minaccia l’ufficiale
“Senta le ho detto che ho fretta ma se è per aiutare la guardia di finanza questo ed altro, spero che non sia una cosa lunga, di cosa si tratta?- Gastone saggiamente aveva capito che se avesse rifiutato lo avrebbero fermato tutte le volte che sarebbe passato nuovamente, aveva saggiamente scelto il male minore.
“Bene, stiamo facendo una addestramento a dei cani antidroga e dovremmo fare una esercitazione. Niente di strano un nostro incaricato occulterà un certo quantitativo di sostanza nella sua autovettura e il cane sopraggiunto in seconda istanza dovrà rilevarne l’esistenza individuandone il nascondiglio. In genere pochi minuti.”
“D’accordo allora, se sono pochi minuti sono ben lieto di collaborare. Ci si deve aiutare, vero? –Il Saggio iniziava a tastare la possibilità di poter avere un qualche ritorno concreto da questo intoppo.
“Guardi che Lei aiuta noi mentre facciamo il nostro dovere. Noi siamo sempre al servizio del cittadino, se onesto e rispettoso delle leggi.” L’ufficiale tutto d’un pezzo era.
“Sposti l’auto un poco più avanti per cortesia.”
Subito giunse un altro militare che entrò nella parte posteriore dell’abitacolo, in breve ne uscì soddisfatto e si allontanò.
Gastone guardava perplesso la scena, qualcosa in lui percepiva che si stava beccando una fregatura, il suo orgoglio quindi cercava in tutti i modi di trovare il modo di disarmare la situazione analizzando quali risvolti positivi avrebbe potuto trarne. Pochi per ora…..
Intanto era arrivato un finanziere in mimetica con al guinzaglio un bel cane lupo agitato. Già a qualche metro dalla macchina aveva iniziato a rumoreggiare, il suo istruttore iniziò ad incoraggiarlo mentre gli apriva la portiera del guidatore, immediatamente il cane iniziò ad abbaiare e a sbavare come un rabbioso, l’uomo lo tratteneva a stento, il cane balzò sui sedili e iniziò a grattare con le zampe sulla pelle lucida e intonsa color crema; Saltò sul sedile posteriore e come in preda ad una crisi sconvolse l’abitacolo.
Gastone era impietrito.
Mai e poi mai si sarebbe immaginato una scena simile.
Intanto le automobili passavano la frontiera, anche il pulmino tedesco con i ragazzi a bordo lemme lemme raggiunse la dogana per qualche attimo rimase fermo in attesa proprio vicino a Gastone.
Uno dei passeggeri riconobbe l’auto che poco prima a momenti li investiva e chiese la macchina fotografica al suo vicino per immortalare la scena, ridevano tutti quanti di gusto.
Gastone si accorse solo troppo tardi di ciò che succedeva, ormai la fila si era mossa, il pulmino lentamente accelerò (per quel che poteva) mentre un braccio apparve dal finestrino. Gastone non capì se era un saluto o un gesto di scherno.
Finalmente l’istruttore riuscì a recuperare l’animale e congratulandosi con lui si avvicinò al proprietario della macchina e al suo superiore.
“Tutto bene, la prova è risultata positiva, abbiamo finito.”
L’ufficiale della finanza aveva osservato compiaciuto tutta la scena, si complimentò con il suo sottoposto e rivolgendosi a Gastone disse: “Ha visto? in dieci minuti abbiamo risolto tutto, la ringrazio ancora per la disponibilità, può prendere possesso della macchina.”
Gastone stralunato si avvicinò alla auto, fece per entrare ma si accorse che gli interni erano tutti sporchi di terra peli e bava che il cane aveva spalmato qua e là, per non parlare dei segni lasciati dalle unghie. “ma porca puttana! Scusate va bene collaborare ma qua è tutto sporco! Si rende conto?” Aveva perso la pazienza.
Il militare strinse gli occhi si lisciò i baffi e dopo aver pensato qualche secondo disse “non mi sembra nulla di drammatico se ha pazienza do ordine di pulirle l’abitacolo” “Bernasconi! Vedi un po’ se riesci a dare una pulita ai sedili del signore….. dice che sono sporchi.” Poi salutando con un cenno Gastone se ne andò.
Gastone così rimase altri dieci minuti aspettando che un certo Bernasconi arrivasse a pulire l’interno della sua amata autovettura. A un certo punto spazientito prese uno straccio e sbuffando si pulì da solo il suo sedile.
“Ma non finisce qui!” Urlò mentre sgommava via verso l’autostrada per Milano.
“Madonna che puzza di cane, cribbio santo che schifo….. guarda come mi hanno ridotto la macchina. Adesso come faccio ad andare all’appuntamento questa sera? Forse se chiamo la Titti riesco a farmela portare a lavare in tempo, o almeno mi faccio prestare la sua.”
Così dicendo fece il numero della Titti sul suo cellulare.
La Titti era sua nipote, la figlia di suo fratello. Una venticinquenne studentessa fuoricorso in un paio di facoltà. A Milano era spesso ospite del fratello, lui era in politica o meglio era stato in politica e adesso si godeva la sua pensione da ex senatore a Zanzibar per gran parte dell’anno. Non aveva mai avuto grande voglia di lavorare Gaetano, d’altra parte dopo 15 anni di contributi aveva una pensione di oltre 6500 euro il mese, perché continuare a rovinarsi la bile? Adesso faceva qualche affare con le dismissioni di alcuni edifici appartenuti all’esercito, grazie alle sue conoscenze nella commissione della difesa poteva contare su informazioni privilegiate.
“Ciao Titti sono sono lo zio….sì grazie e tu? Bene sentimi ho un problema alla macchina, fra un’ora arrivo a Milano e devo farla lavare, anzi devo farla sterilizzare, hai capito bene devo fare lavare gli interni in maniera completa perché è successo un casino, poi ti spiego, puoi pensarci tu? Grazie allora te la lascio e tu mi presti la tua smart per un giorno, domani sistemiamo tutto. Problemi?”
Con la Titti di solito non c’erano mai problemi, all’inizio. Sapeva bene che in genere aveva un buon tornaconto nel fare qualche commissione per lo zio.
fine seconda parte…..
e con il DECISIVO contributo di Bernardo d’Aleppo:
terza parte (inpratica l’ha scritta lui, giuro!!)
Non aveva preso nota del nome dell’ufficiale accidenti! Sarebbe stato inutile parlarne con Gaetano, a quel punto cominciò a irritarsi con se stesso, il peggio che poteva fare, in capo a dieci minuti dovette fermarsi a un autogrill per mandare giù un gastroprotettore. Ne approfittò per fare due passi, in attesa che facesse effetto.
Nel fare il giro dell’area di servizio vide, parcheggiato un po’ in disparte, il pulmino westfalia con le nuvolette, fu un attimo, gli passo accanto graffiando con la chiave di casa tutta la fiancata.
Cosa gli avesse fatto meglio, se la medicina o la vendetta, non sapeva, ma nessuno poteva sfotterlo, anche se, forse non lo avevano proprio sfottuto… Comunque, si fottessero, gli hippy.
Ripassò dal bar e si fece un caffè, con gusto.
La macchina puzzava ancora di cane, se ne rese conto appena entrato, accese il riscaldamento e aprì i finestrini.
Partì sgommando, carico di voglia di “spaccare il culo ai passeri” come gli piaceva dire, dopo poco trovò il pulmino che ancora stava accelerando, carico com’era ci metteva un paio di chilometri per arrivare a 90, lo sorpassò, ma non riuscì a vedere la sua strisciata, pensò allora di essersi sbagliato di lato, si mise a destra e rallentò per farsi sorpassare, voleva vedere il risultato.
Dovette scendere a 80 prima che quelli, increduli, si decidessero a sorpassarlo appena li ebbe a fianco si sporse un poco per vedere bene, e la vide, la sottile linea che presto sarebbe arrugginita allargandosi, sorrise, il viso ancora accostato al finestrino, e accelerò.
Il calabrone lo colpì all’occhio sinistro, lui con un gesto inconsulto, lo scacciò senza neppure capire cosa fosse, solo sentiva il dolore, subito quello, rimbalzato dalla mano sull’occhio destro, lo punse alla palpebra, lui sbandò, vide la macchia azzurra del pulmino avvicinarsi e sterzò d’istinto a destra, si infilò, preciso, in una interruzione del guard rail e si cappottò nel fossato, prima del campo di girasoli.
Il fossato era largo proprio come l’auto, le portiere non si potevano aprire e avere i vetri alzati era una fortuna inutile, al di la c’erano le sponde del fosso, il calabrone era ancora dentro l’abitacolo, disorientato e incazzato, anche Gastone era disorientato, era a testa in giù, ed era quasi cieco, a sinistra l’occhio era gonfio e la cornea era graffiata e dolentissima per l’urto con il robusto corpo del calabrone, a destra la palpebra punta, si era oramai gonfiata, chiudendolo, e ora cominciava a pulsare, sentiva il bruciore del veleno estendersi lungo il trigemino a ritroso e sentiva il ronzio minaccioso del calabrone, prigioniero con lui.
L’acqua cominciò a salire nell’abitacolo, evidentemente il peso del motore aveva affondato il muso e l’acqua che arrivava filtrando da dietro non riusciva a trovare una strada per defluire.
La cintura di sicurezza con il pretensionatore che era entrato in funzione, per fortuna lo teneva un poco sollevato dal tettuccio, ma l’acqua saliva, doveva sganciarsi, poi avrebbe pensato a girarsi, trovò finalmente il pulsante, qualcosa gli faceva solletico sul collo, si sganciò e cadde di testa nell’acqua, imprigionando il calabrone nel colletto della camicia.
Sentì la strada che quello faceva cercando scampo, sentì le prime sette punture, poi non le sentì più, forse quello aveva finito il veleno, forse non poteva sentire più dolore di così.
Intanto il pulmino aveva proseguito senza accorgersi di niente, in quel momento una spider guidata da una bionda con i capelli al vento li stava sorpassando in terza corsia e gli occhi dei quattro erano tutti per lei.
Trovarono la macchina del Savio Gastone il mese dopo, pulendo il fossato dalle erbe, per identificarlo ci volle l’esame del DNA.
fine per ora…
2 dicembre 2008 alle 3:35 pm
Ben descritte persino le qualità dei doganieri, è vero, i nostri sono sempre incazzati, chissà perchè. Aspettiamo di leggere come andrà a finire. N.
2 dicembre 2008 alle 3:49 pm
Eh gia’ aspetto anch’io il seguito…
4 dicembre 2008 alle 9:30 pm
piano piano, serenamente, pacatamente, sto andando avanti.
come piace a noi.
per favore non statemi dietro troppo attaccati…..
5 dicembre 2008 alle 3:58 pm
Ma ci sarà anche Paperino, almeno nel finale?
(aveva saggiamente scelto il male “peggiore”? o è un refuso o è scemo)
22 dicembre 2008 alle 10:11 pm
e poi, e poi, e poi? N.
23 dicembre 2008 alle 12:20 am
HAI RAGIONE,
poi, poi, poi, sto aspettando la relazione del mio avvocato.
E poi in questi giorni sono preso da alcuni casi di cui mi occupo.
Non vorrei chiudere in malo modo la questione.
abbbiate pazienza.
12 aprile 2009 alle 1:22 am
mbè???? e poi?????????????????????
16 aprile 2009 alle 9:29 pm
HAI RAGIONE, SCUSA, MA….
meglio evitare casini.
sto veramente demotivato.
2 ottobre 2009 alle 5:27 pm
Non aveva preso nota del nome dell’ufficiale accidenti! Sarebbe stato inutile parlarne con Gaetano, a quel punto cominciò a irritarsi con se stesso, il peggio che poteva fare, in capo a dieci minuti dovette fermarsi a un autogrill per mandare giù un gastroprotettore. Ne approfittò per fare due passi, in attesa che facesse effetto.
Nel fare il giro dell’area di servizio vide, parcheggiato un po’ in disparte, il pulmino westfalia con le nuvolette, fu un attimo, gli passo accanto graffiando con la chiave di casa tutta la fiancata.
Cosa gli avesse fatto meglio, se la medicina o la vendetta, non sapeva, ma nessuno poteva sfotterlo, anche se, forse non lo avevano proprio sfottuto… Comunque si fottessero, gli hippy.
Ripassò dal bar e si fece un caffè, con gusto.
La macchina puzzava ancora di cane, se ne rese conto appena entrato, accese il riscaldamento e aprì i finestrini.
Partì sgommando, carico di voglia di “spaccare il culo ai passeri” come gli piaceva dire, dopo poco trovò il pulmino che ancora stava accelerando, carico com’era ci metteva un paio di chilometri per arrivare a 90, lo sorpassò, ma non riuscì a vedere la sua strisciata, pensò allora di essersi sbagliato di lato, si mise a destra e rallentò per farsi sorpassare, voleva vedere il risultato.
Dovette scendere a 80 prima che quelli, increduli, si decidessero a sorpassarlo appena li ebbe a fianco si sporse un poco per vedere bene, e la vide, la sottile linea che presto sarebbe arruginita allargandosi, sorrise, il viso ancora accostato al finestrino, e accelerò.
Il calabrone lo colpì all’occhio sinistro, lui con un gesto inconsulto, lo scacciò senza neppure capire cosa fosse, solo sentiva il dolore, subito quello, rimbalzato dalla mano sull’occhio destro lo punse alla palpebra, lui sbandò, colpì il pulmino e rimbalzò a destra, si infilò preciso in una interruzione del guard rail e si cappottò nel fossetto stretto prima del campo di girasoli.
Il fossato era largo proprio come l’auto, le portiere non si potevano aprire e avere i vetri alzati era una fortuna inutile, al di la c’erano le sponde del fosso, il calabrone era ancora dentro l’abitacolo, disorientato e incazzato, anche Gastone era disorientato, era a testa in giù, ed era quasi cieco, a sinistra l’occhio era gonfio e la cornea era graffiata e dolentissima per l’urto con il rodusto corpo del calabrone, a destra la palpebra, punta, si era oramai gonfiata, chiudendolo, e ora cominciava a pulsare, sentiva il bruciore del veleno estendersi lungo il trigemino a ritroso e sentiva il ronzio minaccioso del calabrone, prigioniero con lui.
L’acqua cominciò a salire nell’abitacolo, evidentemente il peso del motore aveva affondato il muso e l’acqua che arrivava filtrando da dietro non riusciva a trovare una strada per defluire.
La cintura di sicurezza con il pretensionatore che era entrato in funzione, per fortuna lo teneva un poco sollevato dal tettuccio, ma l’acqua saliva, doveva sganciarsi, poi avrebbe pensato a girarsi, trovò finalmente il pulsante, qualcosa gli faceva solletico sul collo, si sganciò e cadde di testa nell’acqua, imprigionando il calabrone nel colletto della camicia.
Sentì la strada che quello faceva cercando scampo, sentì le prime sette punture, poi non le sentì più, forse quello aveva finito il veleno, forse non poteva sentire più dolore di così.
Intanto il pulmino aveva proseguito senza accorgersi di niente, in quel momento una spider guidata da una bionda con i capelli al vento li stava sorpassando in terza corsia e gli occhi dei quattro erano tutti per lei.
Trovarono la macchina del Savio Gastone il mese dopo, pulendo il fossato dalle erbe, per identificarlo ci volle l’esame del DNA.
3 ottobre 2009 alle 10:24 am
Mi sono accorto di una incongruenza e qualche errore di battitura nella chiusura che ho proposto al tuo racconto, quindi la riposto corretta:
Non aveva preso nota del nome dell’ufficiale accidenti! Sarebbe stato inutile parlarne con Gaetano, a quel punto cominciò a irritarsi con se stesso, il peggio che poteva fare, in capo a dieci minuti dovette fermarsi a un autogrill per mandare giù un gastroprotettore. Ne approfittò per fare due passi, in attesa che facesse effetto.
Nel fare il giro dell’area di servizio vide, parcheggiato un po’ in disparte, il pulmino westfalia con le nuvolette, fu un attimo, gli passo accanto graffiando con la chiave di casa tutta la fiancata.
Cosa gli avesse fatto meglio, se la medicina o la vendetta, non sapeva, ma nessuno poteva sfotterlo, anche se, forse non lo avevano proprio sfottuto… Comunque, si fottessero, gli hippy.
Ripassò dal bar e si fece un caffè, con gusto.
La macchina puzzava ancora di cane, se ne rese conto appena entrato, accese il riscaldamento e aprì i finestrini.
Partì sgommando, carico di voglia di “spaccare il culo ai passeri” come gli piaceva dire, dopo poco trovò il pulmino che ancora stava accelerando, carico com’era ci metteva un paio di chilometri per arrivare a 90, lo sorpassò, ma non riuscì a vedere la sua strisciata, pensò allora di essersi sbagliato di lato, si mise a destra e rallentò per farsi sorpassare, voleva vedere il risultato.
Dovette scendere a 80 prima che quelli, increduli, si decidessero a sorpassarlo appena li ebbe a fianco si sporse un poco per vedere bene, e la vide, la sottile linea che presto sarebbe arrugginita allargandosi, sorrise, il viso ancora accostato al finestrino, e accelerò.
Il calabrone lo colpì all’occhio sinistro, lui con un gesto inconsulto, lo scacciò senza neppure capire cosa fosse, solo sentiva il dolore, subito quello, rimbalzato dalla mano sull’occhio destro, lo punse alla palpebra, lui sbandò, vide la macchia azzurra del pulmino avvicinarsi e sterzò d’istinto a destra, si infilò, preciso, in una interruzione del guard rail e si cappottò nel fossato, prima del campo di girasoli.
Il fossato era largo proprio come l’auto, le portiere non si potevano aprire e avere i vetri alzati era una fortuna inutile, al di la c’erano le sponde del fosso, il calabrone era ancora dentro l’abitacolo, disorientato e incazzato, anche Gastone era disorientato, era a testa in giù, ed era quasi cieco, a sinistra l’occhio era gonfio e la cornea era graffiata e dolentissima per l’urto con il robusto corpo del calabrone, a destra la palpebra punta, si era oramai gonfiata, chiudendolo, e ora cominciava a pulsare, sentiva il bruciore del veleno estendersi lungo il trigemino a ritroso e sentiva il ronzio minaccioso del calabrone, prigioniero con lui.
L’acqua cominciò a salire nell’abitacolo, evidentemente il peso del motore aveva affondato il muso e l’acqua che arrivava filtrando da dietro non riusciva a trovare una strada per defluire.
La cintura di sicurezza con il pretensionatore che era entrato in funzione, per fortuna lo teneva un poco sollevato dal tettuccio, ma l’acqua saliva, doveva sganciarsi, poi avrebbe pensato a girarsi, trovò finalmente il pulsante, qualcosa gli faceva solletico sul collo, si sganciò e cadde di testa nell’acqua, imprigionando il calabrone nel colletto della camicia.
Sentì la strada che quello faceva cercando scampo, sentì le prime sette punture, poi non le sentì più, forse quello aveva finito il veleno, forse non poteva sentire più dolore di così.
Intanto il pulmino aveva proseguito senza accorgersi di niente, in quel momento una spider guidata da una bionda con i capelli al vento li stava sorpassando in terza corsia e gli occhi dei quattro erano tutti per lei.
Trovarono la macchina del Savio Gastone il mese dopo, pulendo il fossato dalle erbe, per identificarlo ci volle l’esame del DNA.
5 ottobre 2009 alle 8:08 am
ah! ah! ah!
massì, potrebbe anche andare.
Peccato per la nipote che non riesce a fare la comparsata che avevo immaginato per lei. Ma almeno finisce!
Grazie per avermi tolto la castagna dal fuoco, o il Gastone dall’autostrada.
… in questi casi non si paga vero?