Il treno per Mares – parte seconda
Pubblicato da poetto il 5 febbraio 2009
Potterino è a pochi chilometri da Mares, di solito Paola non scendeva dal treno, ero io che salivo per fare il viaggio di ritorno assieme a lei, oggi, però, avevamo un invito a cena da parte di amici.
L’invito a cena, il trambusto mi ha fatto dimenticare anche quello.
Francesca continua a parlarmi, sono ipnotizzato dalla vista del cellulare di Paola, mi avvicino lo prendo.
Francesca si avvicina, ha l’aria spaventata.
Potrebbe essere ai bagni, penso tra me, guardo nella piccola stazione loro ubicazione, sono alla mia sinistra.
L’agitazione è tanta, senza rendermene conto entro dentro il bagno delle donne, non trovo anima viva, un dipendente delle ferrovie mi guarda, vedo che sta per dirmi qualcosa, lo anticipo tirando fuori la foto di Paola, chiedo gentilmente a questa persona se, per caso, l’ha vista oggi, il signore la riconosce, non è sicuro di averla vista “la vedo talmente tante volte che…le confesso che non ricordo se l’ho vista questa mattina”.
Sicuramente questa mattina c’era, non ho nessun dubbio, il problema è sapere dove è andata dopo, che ha fatto in seguito?
La stazione si anima di un gruppo di ragazzi e ragazze, ridono, scherzano, guardo Francesca, non so che fare.
La stazione è piccola, riusciamo a girarla in poco tempo, proviamo a vedere intorno, chiediamo al bar, dove era solita prendere il gratta e vinci, nella sempre disattesa speranza della vincita del secolo, come la chiamava lei, il proprietario del bar ci dice che oggi non s’è vista, camminiamo verso l’edicola, il tempo passa.
Francesca mi convince ad entrare dai carabinieri per sporgere denuncia, le dico che forse è un po’ esagerato come passo, magari …lei insiste, è preoccupata, teme qualcosa di brutto.
Ci presentiamo alla stazione.
Suono il campanello di questa casa adibita a stazione dei carabinieri, una voce al citofono mi domanda che voglio denunciare, gli spiego in breve, il portone si apre.
La piccola stazione è stata ristrutturata da poco, ai muri i calendari dell’arma.
Un giovane carabiniere ci fa accomodare, domanda centomila cose, capisco che servono per comprendere la dinamica dell’evento, fatto sta che mi irritano un pochino.
Domando quando inizieranno le indagini, il giovane mi guarda come se avessi fatto una domanda strana, poi, con calma, mi dice che al momento le pattuglie, solo tre, sono impegnate in un’importante operazione, prende la foto, cerca di rassicurami, la cosa anziché raggiungere quell’effetto fa solo aumentare il mio stato di irritazione.
Francesca propone di vedere se è andata a casa di qualcuno in paese, tentiamo anche questa carta, suoniamo uno, due, tre campanelli nella speranza di sentire si è qui, invece nulla, nessuno l’ha vista.
Provo a rifare il numero di casa, squilla ma non risponde nessuno.
Anche Francesca va via, sono solo con i miei problemi, mi dirigo verso l’auto, sono talmente agitato che non ho neanche fame o sete, vado avanti per inerzia verso il parcheggio, guardo il telefonino di Paola, le ultime chiamate sono le mie, mi rendo conto che non ho detto al carabiniere di avere il suo telefonino.
Mi dirigo verso la stazione per dire del telefonino, nello stesso momento una pattuglia parcheggia a pochi passi dalla mia auto.
Ritrovo il carabiniere di prima gli dico del telefonino, lui prende un fascicolo, si avvicina al computer e scrive, riprende a farmi domande, rispondo a tutto, voglio collaborare al cento per cento, qualunque cosa serva sapere io la dico, rivoglio Paola.
Terminato di scrivere, chiama dei suoi colleghi, gli spiega brevemente il fatto, fa vedere la foto, questi mi guardano, ora le domande le fanno anche questi ragazzi; spiego loro che non era mai successo che si fosse allontanata in quel modo, temevo il peggio, non sarebbe stato corretto aspettare ancora, sarebbe potuto essere troppo tardi, ascoltano in silenzio, con la testa uno annuisce.
Uno di loro mi dice che ora verrano dietro di me, mi accompagneranno a casa.
Salgo in auto, la pattuglia mi segue, faccio la strada in automatico, non mi accorgo di nulla talmente sono preso dai miei problemi.
Il telefonino squilla, ho un sussulto, il cuore batte all’impazzata, guardo il numero, non capisco chi …un momento la cena!
Rispondo al mio amico Mario, mi scuso con lui, non potrò andare, gli racconto, in breve, quello che mi è successo, lui ascolta in silenzio, sento, di tanto in tanto, la parola capisco, mi congedo e riprendo il viaggio, solo dopo che chiudo mi rendo conto che, dietro di me, c’è l’auto dei carabinieri.
Arriviamo a casa, faccio accomodare i carabinieri, questi mi fanno altre domande, vedono la foto di Firenze chiedono, guardano, mi domandano se ha un portatile, vado nello studiolo, dove Paola era solita rifugiarsi per scrivere poesie, trovo il portatile chiuso sopra il tavolino, tutto è in ordine.
I militi mi domandano di vedere la casa, li accompagno, mostro loro tutto quello che mi chiedono di vedere.
Uno di loro, sono in due, uno sulla ventina, alto biondiccio, magro, l’altro più anziano, più basso, tarchiato, quello alto apre il portatile, lo accende, questo non ha password, Paola non l’ha mai messa.
Ora sono io che incomincio a fare mille domande, chiedo loro che intendono fare, cosa può essere successo?
Quello più basso mi guarda, dopo un attimo di silenzio si avvicina.
- Vede, ancora è presto per sapere…come vede abbiamo iniziato subito le ricerche, fosse stato un ragazzo avremo potuto pensare a qualche ragazzata, lo scorso anno, una ragazza, senza dire nulla ai genitori, è andata a Torino per seguire un concerto.
Quello che voglio dirgli è che ci stiamo attivando subito per risolvere il caso.
I carabinieri sono andati via portandosi appresso il computer di Paola, sono solo, sono indeciso se chiamare sua madre, la cosa è abbastanza grave, chiamarla la preoccuperebbe non chiamarla ora avrebbe, tra qualche giorno, un effetto ugualmente nefasto, decido comunque di rinviare la telefonata.
Mangio un panino giusto per riempire lo stomaco, in casa tutto è spento, la tivù, le luci anche quelle esterne, tutto scuro in un inconscio senso di lutto, di perdita.
Sono solo al buio, guardo, dalla finestra della cucina, la strada illuminata dai lampioni, la mia mente è vuota, non riesce a pensare a nulla, non sa dare un perché, un motivo.
Prima di coricarmi chiamo a lavoro per dire che domani non prenderò servizio, non avrei nessuna “testa” per garantire un lavoro tranquillo.
Resto con gli occhi aperti, nel buio della stanza, ogni tanto il silenzio è rotto dalle auto che passano, sono sveglio nella speranza di vedere, da quella porta, Paola entrare come faceva sempre, anche ora mi pare di vederla con il suo pigiama rosa.
La sveglia suona, ho dimenticato di toglierla, mi alzò, ho riposato solo poche ore.
Mi preparo, faccio velocemente colazione, esco meta la stazione dei carabinieri di Potterino, quando facevo questo percorso ero solito mettere l’autoradio, mi piaceva sentire musica degli anni ottanta, oggi non ho voglia di sentire nulla.
Parcheggio l’auto nello stesso posto di ieri, suono il campanello della caserma, una voce mi domanda il motivo della mia venuta, spiego, il portone si apre.
Percorro il corridoio, qui alcune persone aspettano in piedi qualcuno o qualcosa, vedo il ragazzo di ieri, questi mi riconosce, si avvicina, dal suo viso mi sembra di leggere che qualcosa è successo.
CONTINUA………………………
6 febbraio 2009 alle 13:56
vado subito a leggere la terza parte
complimenti