L’esplosione atomica
Pubblicato da poetto il 7 marzo 2009
Questo pomeriggio vado al mare.
Mi affaccio alla finestra, poca gente in giro, oggi è domenica.
Dalla finestra della cucina vedo, in lontananza, il mare…adoro questa visione!
Oggi sono solo, i miei sono andati dai miei zii.
Ho finito di pranzare all’una, per fare il bagno devo aspettare fino alle quattro.
Accendo la tivu’ prima di uscire, non mi sembra ci sia nulla di nuovo, le solite notizie, i soliti programmi.
Ho l’appuntamento alle 15 con Marco, ci dobbiamo incontrare sotto casa sua poi andiamo a prendere Nello ed il gruppo è bello che formato.
Marco abita vicino a casa.
Esco con tutto il necessario per il mare, metto tutto in auto, una vecchia fiat uno hobby blu chiaro, era di mio zio, l’ha rimessa a nuovo mio padre ed ora è mia.
Abbiamo programmato di andare a Chia, una spiaggia a cinquanta chilometri da casa, una bella passeggiata…ne vale la pena, visto il posto.
Parcheggio davanti all’ingresso del palazzo di Marco, a due isolati dal mio, suono il clacson, lui scende con l’asciugamano a tracollo e lo zainetto sulle spalle.
Accendo la radio, una stazione trasmette musica degli anni ottanta, i Duran Duran…roba veramente vecchia!! chi se ne importa, è simpatica.
Nello abita vicino al centro commerciale, in auto sono due minuti scarsi.
Arriviamo sotto casa sua, Marco scende suona il campanello, Nello scende dopo cinque minuti, un’ urgenza idrica improvvisa l’ha trattenuto.
Eccoci tutti e tre pronti per una bella giornata di mare, ridiamo, scherziamo.
Le previsioni dicono che potrebbe guastarsi il tempo in tarda serata…per ora è ottimo, il sole scalda l’auto che una meraviglia.
Siamo in mezzo al traffico, il solito cretino ci sorpassa dove non deve, non riusciamo a trattenerci dal fargli un gestaccio.
Fa caldo, molto caldo.
La nostra auto non ha il condizionatore, attraversiamo un ponte, sulla nostra destra vediamo una fila di persone pescando…un classico di questo posto.
In macchina si parla del più e del meno.
Marco legge a voce alta alcuni cartelli stradali…”Porto canale” è l’ultimo che legge.
Alla mia sinistra una Clio nera con un ragazzo e una ragazza ci sta sorpassando.
Improvvisamente un bagliore incredibile ci investe.
Un luce accecante mi disorienta, con una manovra brusca riesco a mettermi in una piazzola di sosta, che casualmente si trova sulla nostra destra.
La macchina si spegne.
Restiamo muti a guardare.
Questione di interminabili secondi, che sembrano ore, ed un rumore assordante ci investe, seguito da una potente folata di vento che scuote la macchina.
Rimaniamo muti, incapaci di fare qualsiasi cosa.
Un fungo enorme si erige davanti ai nostri occhi, ha la stessa forma di quelli che si sono visti in televisione.
Un fungo atomico.
Nessuno di noi sembra avere ferite.
Usciamo dalla macchina.
Il traffico intanto si è fermato.
La gente si è riversata fuori dalle vetture, incapace di darsi un perché a quello che ha visto.
Cosa è successo?!
Come è possibile che una bomba atomica sia scoppiata proprio davanti a noi?!
Non riusciamo a capire dove sia scoppiata…sembrerebbe verso Pula…difficile capire cosa, come…
Rientriamo in auto, accendiamo la radio, questa non si accende, anche la macchina rimane spenta.
Mi viene in mente che se fossimo partiti prima, ora non ci saremo più.
Prendiamo subito i telefonini per sentire i nostri genitori, anche questi non funzionano.
. Cosa facciamo?! – dico agli altri.
. Chiudiamo la macchina e andiamo a casa, mi pare l’unica cosa da farsi! – dice Nello.
. Sono assolutamente d’accordo!– risponde Marco.
Chiudiamo la macchina, ci incamminiamo verso casa.
Tutte le altre macchine sono ferme in mezzo alla strada.
La gente, scioccata, anche noi lo siamo, cerca disperatamente di chiamare i propri cari.
Tra la folla si diffondono mille voci, tutte difficili da verificare.
Camminiamo scioccati, vediamo tanti altri che camminano come noi, alcuni hanno lo sguardo assente, vuoto, altri imprecano contro non si sa chi.
Camminiamo per non so quanto tempo, ci chiediamo cosa può essere successo? Come è possibile una cosa del genere?!
Arriviamo a casa di Nello, in realtà, a piedi, non era così vicino, lo shock ha distorto le nostre percezioni.
La madre, come lo vede, lo abbraccia come se non lo vedesse da vent’anni.
. State bene?! Mio Dio! Ma cosa è successo?! – mentre fa la domanda, la madre di Nello piange. Non riesce a trattenersi. Non l’avevo mai vista piangere in tanti anni.
. Abbiamo attraversato il ponte…non lo so cosa sia successo! Papà?!
. Papà sta’ bene. Ora è dai nonni. Io sono rimasta qui ad aspettarti.
. Signora scusi posso usare il telefono di casa? – chiede Marco.
. Ma certo! Ragazzi scusate…ma… – riprende a piangere.
Il telefono di casa è ancora muto.
Proviamo ad accendere la tv… nulla!
Mi affaccio alla finestra, vedo tanta gente in strada.
I miei saranno sicuramente preoccupati.
. Il telefono ha ripreso a funzionare! – dice Marco.
Chiama i suoi e li rassicura che sta bene.
La madre di Marco chiede se io sono con lui.
Mia madre è a casa dei genitori di Marco.
Prendo il telefono, all’altro capo c’è mia madre.
. Carlo, come stai?! –mi dice con un tono preoccupato.
. Bene mamma. È stata una cosa incredibile, all’improvviso, alla mia sinistra, ho visto un lampo accecante. Ho parcheggiato la macchina in una piazzola. Poi un fungo che si allungava verso l’alto, una cosa mai vista!
. Mi sono spaventata a morte quando ho visto quel mostro. Ho pensato che voi stavate andando lì…mio Dio! Siamo tornati a casa verso le tre…abbiamo sentito un’esplosione…ci siamo affacciati alla finestra e abbiamo visto…..oh mio Dio!!!
. Calma mamma! Non ci siamo fatti nulla.
. E poi il telefono non funzionava e neanche la televisione…volevamo notizie ma nessuno ci diceva nulla…perché non si sapeva nulla.
. Papà e Giulia?!
. Stanno bene. Sono rimasti a casa.
È tutto così assurdo!
Perché qui?!
Non abbiamo ancora notizie, soprattutto, però, non sappiamo cosa fare e come comportarci.
Che fare?
Sono passate diverse ore, mi chiedo se sia il caso di andare a riprendere la macchina.
Sarà lo shock, sarà tutto il movimento ma non mi sento molto bene.
Un senso di nausea, accompagnato da un leggero mal di testa, si sta impadronendo di me.
Chiedo ai ragazzi se mi accompagnano a prendere la macchina, non mi pare una buona idea lasciarla lì.
Nello resta a casa, la madre prima ed il padre poi sono stati molto convincenti.
Ci esortano a lasciarla lì, di tornare subito a casa, secondo loro, l’auto, adesso, è l’ultimo nostro pensiero…non sono d’accordo!
Ci incamminiamo.
I miei ed i genitori di Marco, ci hanno vivamente richiesto a casa.
Non diciamo loro della macchina…si preoccuperebbero…non capirebbero che per me è importante.
In strada incontriamo delle persone che ci raccontano di scene raccapriccianti.
Tutti ci dicono di andare via, di tornare indietro.
La strada è piena di auto ferme.
Un signore ci dice che l’esercito ha chiuso la strada a pochi chilometri da qui.
Non vediamo nessun posto di blocco, continuiamo a camminare, la nausea non è passata anzi anche Marco dice di averla.
Stranamente inizia a piovigginare, una pioggia strana.
Vediamo l’auto in lontananza, camminando in un mare di auto ferme, ci rendiamo conto che la nostra auto, ammesso che si rimetta in moto, sarà difficile, se non impossibile, portarcela via, visto che ci siamo continuiamo il tragitto.
Arriviamo alla macchina, non riusciamo a metterla in moto.
É stata una ingenuità quella di venire a riprendere l’auto, è stato più forte di me, guardo Marco, da vero amico mi ha seguito in questa impresa inutile.
Vediamo qualche testa spuntare qui e lì.
Dobbiamo fare la strada di ritorno a piedi.
Non sappiamo nulla…perché è successo?
Siamo in guerra? È un attentato?
La strada è lunga…in auto è un tragitto di pochi minuti, a piedi è…insomma siamo in cammino da un po’.
Camminiamo senza dirci nulla, Marco non mi rimprovera di averlo coinvolto, forse, inconsciamente, non vogliamo ancora renderci conto che la nostra vita è cambiata per sempre, che un evento, di cui ora non riusciamo ancora a vederne i contorni, ha modificato per sempre la nostra esistenza, e non solo la nostra.
Continuiamo il nostro cammino verso casa, continua a scendere questa pioggerellina.
Arriviamo a casa di Marco.
Tutti sono in gran movimento.
. Ma quanto tempo ci avete messo?!! – dice la signora come apre la porta.
. Siamo andati a riprendere la macchina- risponde Marco.
. Cosa?!!…mio Dio!…la macchina! Senti Carlo tua madre è ritornata a casa…vai figliolo…
Sono talmente shockato che non riesco a realizzare cosa mi stia realmente accadendo.
È successo tutto così in fretta.
Mi dirigo subito a casa.
È difficile accettare che ti possa accadere una cosa del genere, supera la fantasia di chiunque, immagino.
Non so quanto tempo sia passato, mi sembra un secolo.
Ripenso a questo pomeriggio, ridevamo, scherzavamo, eravamo spensierati; sembra un’altra vita.
Salgo le scale di casa con una fatica incredibile.
Dio mio! Cosa mi sta succedendo?!
Sei piani di scale mi sono sembrati venti.
Prendo le chiavi apro il portone.
7 marzo 2009 alle 11:52
posso chiederti da dove deriva Poetto?
e’ una mia curiosita’
7 marzo 2009 alle 11:54
e attendo il proseguo del tuo racconto
7 marzo 2009 alle 11:59
Poetto è il nome della spiaggia della mia città, Cagliari.
Un modo originale per indicare il mio luogo di provenienza.
10 marzo 2009 alle 07:22
la cerchero’ in google, allora e grazie