Il postino di Perdalonga – Prima parte
Pubblicato da poetto il 18 maggio 2009
Sono ormai due anni che faccio il postino in questo piccolo paese, Perdalonga.
Abito in una casa al centro, tra il comune e la chiesa principale del paese.
Pian piano, anch’io, ho incominciato a fare parte del paesaggio, mi conoscono tutti e, specularmente, conosco tutti, o quasi.
Oggi devo consegnare poca corrispondenza, tre lettere e quattro cartoline, poca roba insomma.
Una lettera è per la signora Mara Sanna, una signora anziana, vedova.
La signora ha una nipote che abitava a casa sua fino allo scorso anno, ora ha vinto un concorso a Torino, si è trasferita lì.
È stata dura per lei lasciare questo paese, queste persone soprattutto lasciare la nonna che, dalla scomparsa della madre, era più di una nonna, una mamma.
La vedo, come suo solito, affacciata alla finestra, mi vede arrivare, capisce dal mio sguardo che qualcosa per lei è arrivata.
Esce fuori, si avvicina.
. Ciao Carlo…hai qualcosa per me?
. Buongiorno signora Mara…mi aspettava?
. Ti ho visto arrivare ed ho capito che…è la lettera di Cristina?
. Si, è la sua. Scusi signora ma non sarebbe più comodo usare il telefono?
La signora mi guarda, sorride davanti a questa buffa, a suo modo di vedere, domanda. Per me è la cosa più logica, anziché stare li a scrivere…e poi hai la risposta immediata dell’altro.
. Vuoi mettere una lettera? La lettera rimane nel tempo, la puoi rileggere, non so spiegartelo. Ho chiesto io di inviarmi, di tanto in tanto, delle lettere, certo la sento anche al telefono, però, una lettera è tutto un altro conto.
Le consegno la lettera, il viso della signora si illumina.
Avrebbe sicuramente voluto avere la presenza della nipote a casa, la mancanza di lavoro e la specificità della sua specializzazione hanno “causato” questo distacco.
Una cartolina è per la signora Paola Costa, un’insegnante in pensione tornata dopo tanti anni, anche lei vedova.
Lei insegnava alle superiori, matematica e fisica, non ha avuto figli.
Aveva vissuto tutta la sua vita assieme a Marco, suo marito, fino a tre ani fa quando un incidente stradale aveva posto fine alla loro unione.
Dopo qualche mese aveva maturato l’idea di ritornare nel suo paese natale, qui c’erano ancora sua sorella ed un fratello.
Aveva venduto tutto, portato con se solamente le cose più care, quelle che non avrebbe mai e poi mai lasciato, scordato, perso e preso casa affianco a quella che, una volta, fu la casa paterna.
La cartolina è della sua amica, nonché ex collega, Chiara.
La signora Paola è una brava donna, dal carattere mite è difficile non volerle bene.
Mi avvicino all’ingresso della sua casa, proprio in quel momento la signora apre la porta.
. Buongiorno Carlo.
. Buongiorno signora Paola.
. Cosa mi ha portato? …ah una cartolina! Le mie amiche sono sempre in giro…
. Si…mi pare di capire che sia da Parigi – dico io vedendo l’immagine della cartolina.
. Lo prendi un caffè?
. Volentieri.
La signora mi fa entrare nella sua bella casa, il salotto è pieno di ninnoli, di oggetti frutto della raccolta di tutta una vita.
Mi siedo nella poltrona.
. Le manca Milano? -le domando mentre aspetto che la signora prepari il caffè.
. Mi manca? No! Mi mancano le persone che conoscevo a Milano…quelle si.
. Perché è ritornata qui? Scusi se mi permetto ma è una domanda che volevo farle da tempo.
. Perché la perdita di Marco è stata per me un fortissimo shock, tutto lì dentro mi ricordava lui, parlava di lui…vedi questi mobili? Ebbene non c’è neanche un mobile che sia della casa di Milano, sono tutti nuovi…anche gli oggettini che vedi per casa, come soprammobili, sono quasi tutti regali di amici o parenti. Avevamo preso tanti ricordini, così li chiamava Marco, nei nostri viaggi…li ho lasciati tutti lì, a Milano.
. Ho sentito che vuole fare ripetizioni di matematica e fisica ai ragazzi del paese.
Entra in salotto con un vassoio, il caffè, preparato con la macchina e le cialde, è già pronto.
Poggia sul tavolo il tutto e mi offre la tazzina.
. Ho bisogno di tenermi impegnata; mi farà bene, e farà bene anche ai ragazzi, questa attività.
. Era severa come insegnante? -domando alla signora ricordandomi la mia di insegnante di matematica, la professoressa Chiatti, una donna rigidissima, ricordo il tre all’orale, le interrogazioni a sorpresa, all’epoca mi sembrava una vera strega ora mi rendo conto che grazie alla sua rigidità ho imparato quel poco di matematica che mi è servita per andare avanti negli studi.
. Il giusto! Non ho mai messo due o uno come facevano alcuni colleghi, però non ho mai promosso chi non lo meritava. Ricordo una mamma, che venne da me durante i colloqui, arrabbiatissima perché avevo dato cinque al figlio, le spiegai che in realtà il cinque andava letto come un quattro, se non come tre, lei nulla insisteva nella sua…stava diventando isterica, incominciò ad urlare, rimasi stupita dalla reazione, anche il figlio, che le stava affiancò, restò interdetto, poi, il ragazzo, resosi conto che avevo ragione io, la bloccò e le disse che il mio voto era giusto e che lui, in tutta coscienza, meritava anche meno del cinque…scusa ti sto parlando di cose che… e tu come ti trovi a lavorare qui? Vieni da Firenze se non sbaglio?
. Bene! Mi trovo bene. Si… abitavo alla Gavinana, Via Francesco Datini. Mio padre gestiva un distributore di benzina, mia madre lavorava in un negozio di scarpe, poi ha avuto me, mio fratello, mia sorella alla fine si è arresa ed ha fatto la mamma a tempo pieno.
. Perché sei venuto a lavorare qui? Firenze da sicuramente più possibilità e poi lì c’è la tua famiglia…scusa se sono impicciona, a me piace capire le mosse della gente, avrei dovuto fare la psicologa anziché l’insegnante di matematica. Marco mi sgridava sempre: ti rendi conto che razza di domanda gli hai fatto? Mi avrebbe sicuramente detto se fosse stato qui…era molto attento a certe cose, non le piacevano certe domande che facevo…aveva ragione, tu non sai quante volte mi sono messa nei pasticci per colpa della mia linguaccia!
. E’ un posto tranquillo, senza tanto stress, a me va bene così…e poi non aspiro a fare chissà quale carriera. A me va bene questo posto tranquillo, dove tutti ti conoscono e tu conosci tutti.
Mi avevano avvertito che la signora era un po’ impicciona, che amava fare domande che altri, probabilmente, si sarebbero tenuti per se, non importa, anche questo è un aspetto del mio lavoro.
Guardo l’ora, è giunto il momento di riprendere il mio giro.
Ringrazio, saluto la signora.
Riprendo il giro.
La prossima lettera è in realtà una bolletta, la prendo in mano è del telefono.
La imbuco.
Dentro la cassetta delle lettere è presente altra corrispondenza, riconosco la busta che ho portato due giorni fa.
Guardo la casa di Carlo Massa e della sua famiglia, ho la netta impressione che questa sia stata abbandonata da diversi giorni, forse sono a casa di parenti.
…….continua…………
26 maggio 2009 alle 17:20
bravissimo!
umano, sensibile, intrigante
27 maggio 2009 alle 09:00
Grazie! mi fa piacere che sia piaciuto.
Un saluto max.
28 maggio 2009 alle 15:08
Ben scritto, a parte qualche errore di battitura. La storia in se’ ha un suo ritmo ben marcato ma non frettoloso come a volte mi pare leggendoti.
Corro alla seconda parte
28 maggio 2009 alle 17:14
Grazie! Ho riletto e corretto alcune sviste…spero di averle corrette tutte.