Zio Carlo
Pubblicato da poetto il 11 maggio 2009
Domenica compierò 85 anni, non mi sembra vero.
Guardo indietro, rivedo la mia vita, faccio bilanci, sono anni che li faccio oramai.
Da qualche anno, come mi alzo, ringrazio il signore di stare bene in salute.
Non mi non mai sposato, non perché non ci sia mai stata l’occasione ma perché ho preferito seguire da vicino i miei affari.
Sono nato da una normalissima famiglia, i miei avevano avuto solamente, cosa insolita per il periodo, tre figli, due femmine e me Carlo Gredini.
Mio padre faceva l’impiegato delle poste, mia madre casalinga, doveva badare a tre scatenatissimi pargoli.
Ho iniziato dal nulla, poi la fortuna mi ha baciato in fronte, ero attento a mille cose, ho lavorato per anni come un mulo.
Ho incominciato a comprare case, terreni, titoli di stato, quadri, oggetti preziosi.
Accumula, accumula ed ora, dopo tanto lavorare ed accumulare mi sento solo, vuoto, insoddisfatto.
Ripenso alla volta che Giulia, una mia amica, si dichiarò, un fatto assolutamente insolito per l’epoca.
Era innamoratissima di me; un giorno, era il 2 giugno, il caso volle che ci trovassimo da soli, lei si avvicinò a me, mi guardò negli occhi, la guardai domandandomi che cosa avesse, non pensavo ad una mossa del genere, lei si dichiarò, la respinsi, ci rimase molto male.
A distanza di anni quel rifiuto mi pesa come un macigno.
L’altro giorno il medico mi ha detto che ho una salute di ferro, le analisi, che oramai faccio ogni anno da quando ho compiuto i 70, andavano tutte bene, ha misurato la pressione, controllato la schiena.
Mentre mi visitava mi chiedevo a chi andranno le mie cose una volta che non ci sarò più.
Il medico, anche lui si chiama Carlo, mi vede pensieroso, mi chiede e gli rispondo che mi sono reso conto che non mi sono realmente goduto la vita, lui sorride.
Non mi sono goduto nulla, o comunque molto poco.
I viaggi quasi tutti li ho fatti per lavoro, ho visto molto poco confronto a quanto avrei potuto vedere.
Ricordo la volta che sono andato a Venezia, ero lì con un mio collaboratore, lui insistette per andare a vedere Piazza San Marco, alla fine vinse lui, era bellissima.
Ho fatto una vita triste, non me sono mai reso conto, solo in questi ultimi anni ho realizzato, ho capito quanta vita mi sono perso.
Oramai è tardi.
Ho accumulato senza godermi realmente nulla, altri si godranno il frutto del mio lavoro, saranno soprattutto i miei nipoti, Chiara e Paolo.
Chiara è sposata con Dario, non la vedo praticamente mai, le volte che chiamo è occupata, ha sempre da fare; l’ho invitata tante volte a pranzo, è sempre occupata…sarà!
Paolo è più presente, anche se ho il sospetto che sia un furbetto, interessato più alle mie proprietà che alla mia persona; l’ultima volta mi ha chiesto quanto valeva il grande quadro, di un artista molto famoso e quotato, appeso nel salone, gli ho detto che nel 99 lo pagai, mi sembra, 15 milioni di lire, lui mi guardò sorpreso, oltre ad essere un bel quadro è stato un investimento, ora, anche se non l’ho fatto valutare, deve costare sicuramente parecchio.
Ha chiamato il mio collaboratore per alcune questioni su un appartamento, un inquilino moroso.
Piero, il mio collaboratore, mi segue da molti anni, è invecchiato con me, ora è affiancato dal figlio che lo segue in attesa di prendere il suo posto quando deciderà di ritirarsi, mi confessa che è preoccupato per il futuro del mio patrimonio, non vede nulla di buono dopo la mia dipartita, è convinto che i miei parenti faranno piazza pulita in pochi anni dei miei beni, non aspettano altro.
Vorrei fare testamento.
Ho deciso di andare dal “mio “ notaio, quello da cui vado da una vita, per lasciare le mie volontà patrimoniali.
Era da tempo che volevo farlo, rinviavo perché mi sembrava che portasse male, sono abbastanza scaramantico, ritenevo, scioccamente, che fare testamento dal notaio avrebbe voluto dire che la morte si poteva presentare da un momento all’altro, una cosa stupidissima…la morte fa comunque paura anche se sai, dopo 85 anni, che lei è sempre più vicina.
Voglio lasciare qualcosa a chi mi ha seguito nel corso degli anni.
Ripenso al terreno comprato per poche lire nel 74, ora vale un sacco di soldi, a cento metri è nato il policlinico universitario, quando lo presi io c’erano solo campi; pochi, all’epoca, avrebbero scommesso su un suo futuro valore.
Il mese scorso mi è arrivata la proposta di acquistare parte del terreno per costruirci delle palazzine, fosse successo dieci anni fa l’avrei venduto al volo, ora non mi interessa più, che me ne faccio adesso di tutti quei soldi?
La morte è ingiusta, ho sgobbato anni e alla fine si prenderanno altri, che non hanno fatto nulla e che aspettano che mi levi di torno, i frutti di tanti sacrifici.
Non potrò portarmi via nulla, mi sarei dovuto fermare anni fa e godermi quello che avevo, invece!
Giro nel mio palazzo, con tante stanze inutilizzate, protetto da un sistema antifurto all’avanguardia.
In casa, oltre me, c’è anche Giuliana, la signora che assiste la casa, anche se per le pulizie in grande chiamo, due volte all’anno, una ditta, la casa è grande e tante sono le stanze, Chiara la mia cuoca, Piero il mio autista.
Piero è prossimo ai settanta, mi ha chiesto di continuare a lavorare con me, anche lui è solo, dopo che la moglie è scappata con un brasiliano, una storia buffa nella sua tragicità.
Abitano tutti nel mio palazzotto, c’è spazio per tutti e poi a me fa piacere avere gente per casa.
Giuliana abita con il marito, che lavora in ospedale, ed il figlio, occupa quattro stanze al secondo piano.
Chiara è una bella signora sulla sessantina, in carne, sempre sorridente e bravissima in cucina, anche lei single.
Anche loro, mi ha detto la settimana scorsa Carlo, sono preoccupati per il futuro, non si fidano dei miei parenti, soprattutto di Paolo.
Mi spiace per loro ma non sono immortale.
Domenica è il mio compleanno, festeggerò a casa come lo scorso anno.
11 maggio 2009 alle 08:28
E’ una bella riflessione, del resto si sa che nella vita c’è dell’altro… però c’è ancora tempo per amare, magari usando le ricchezze in vista di qualcosa o per qualcuno.
11 maggio 2009 alle 12:46
riflessione un po’ amara, ma la vita non mette mai freno alla possibilità di amare. E’ brutto arrivare avanti negli anni e sentire come se in realtà non si fosse mai vissuto veramente, spero di non arrivare mai a fare questo tipo di riflessione.
12 maggio 2009 alle 14:55
Ciao Poetto. Interessante sviluppo della ben nota riflessione sulla futilita’ dell’avere di fronte alla morte. A me e’ piaciuta molto l’ultima frase. Festeggia a casa, come l’anno precedente. Anche quando ci rendiamo conto che la nostra vita non ci piace, spesso siamo prigionieri delle abitudini, delle piccole routine, e non riusciamo a cavarcene fuori.