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Il treno per Mares – parte prima

Pubblicato da poetto il 4 febbraio 2009

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Non era la prima volta che Paola prendeva quel treno, anch’io l’ho preso tante di quelle volte che i visi dei dipendenti mi erano oramai tutti familiari, riconoscevo decine di viaggiatori abituali, spesso passavo il viaggio chiacchierando con qualcuno.
Sono davanti alla piccola stazione di Mares, una piccola cittadina, la poca gente presente è coperta pesantemente per il gran freddo.
Il treno dovrebbe arrivare a momenti, nell’attesa prendo un giornale, mi siedo nella panchina.
Qui non è come Roma, non ci sono tanti binari dove aspettare.
La voce del megafono che annuncia gli arrivi è sempre più incomprensibile.
Il signore che legge gli annunci, a stento riesce a farsi capire.
Seduta nell’altra panchina c’è una ragazza, mi guarda, io, invece, guardo l’orologio… ora arriva!
Paola è solita viaggiare nelle prime carrozze della seconda classe, raramente capita che il treno sia affollato.
Il vento fa volare un foglio di un giornale, l’orologio della stazione segna le dieci e trenta, il binario è ancora vuoto.
La voce gracchiante ed incomprensibile annuncia che il treno arriverà con cinque minuti di ritardo.
Devo dire, ad onor del vero, che capita raramente che il treno faccia ritardo, è una eccezione.
Mi siedo, sfoglio il giornale, passo il tempo fissando un signore che trascina una goffa valigia, dalle sue espressioni deve essere pesantissima, lo vedo rosso, sudato chissà che ci sarà mai lì dentro?!
Eccolo! Si ferma al primo binario, le portine si aprono, la gente scende…poche infreddolite persone lasciano il treno, sono solo quattro, tre donne ed un ragazzo.
Aspetto.
Paola non scende.
Fossimo a Roma, col caos della stazione, potrebbe anche “sfuggirmi”, ma qui!!
Il treno riparte verso la prossima stazione.
Paola?…dov’è?!!
Faccio mille congetture.
Automaticamente, senza neanche rendermene conto, faccio il numero del suo cellulare.
Squilla.
lo lascio squillare per quattro, cinque minuti…nessuna risposta, confesso di essere preoccupato.
Mi avvicino ad una cabina telefonica, nell’agitazione ho lasciato il giornale sulla panchina, vedo che un ragazzo l’ha preso, pensando che fosse abbandonato, il quotidiano è ora l’ultimo mio pensiero.
Faccio il numero di casa…libero.
Riprovo col cellulare…nulla.
Non vorrei allarmare la madre di Paola, è anziana, cardiopatica….escludo, comunque, che possa essere lì, mi avrebbe avvisato se fosse rimasta dalla madre.
Forse ha perso il treno e, magari, sfortunatamente, ha perso anche il cellulare…perché no?! Una combinazione difficile ma non impossibile.
Voglio credere che non sia successo nulla.
La mia mente è vuota, sono talmente agitato che non riesco a pensare, non riesco a prendere una decisione “lucida”.
Penso che l’unica cosa da fare sia prendere l’auto ed andare a cercarla.
Vado in biglietteria.
La mia auto è a Dolino, venti chilometri da qui, sono costretto a fare un biglietto per andare lì.
Fortunatamente la biglietteria è deserta, mi sbrigo in pochi minuti.
Tra due minuti arriva il treno.
Quei minuti sembrano ore.
Provo a richiamare al cellulare…nulla.
Salgo in treno.
Il bigliettaio, un tipo magro con gli occhiali, mi guarda, riconosce il mio viso, ormai sono diventato una “ vecchia conoscenza” di questi treni.
Mi siedo accanto al finestrino, la neve ai lati della strada si sta sciogliendo.
Arrivato!
Entro velocemente in casa.
Guardo in tutte le stanze, di Paola neanche l’ombra.
In salotto rivedo una nostra foto fatta a Firenze, improvvisamente mi rendo conto di aver fatto una stupidaggine, perché non sono andato direttamente a Mares? Che cosa sciocca ho fatto! Forse il mio inconscio pensava di trovarla a casa.
Il mio inconscio sperava che tutto si risolvesse in poco tempo.
Forse è solo lo spavento e lo shock che mi hanno fatto agire così!
Prendo le chiavi della macchina.
Faccio tutto velocemente, in automatico.
Un cartello indica che Potterino è a due chilometri…ho visto centinaia di volte quel cartello…oggi mi sembra diverso…non so spiegarlo.
Spero di non aver incontrato autovelox.
Ho corso come non mai, per arrivare qui.
Ecco l’ufficio di Paola, è in una palazzina grigia di due piani, poco più avanti c’è una rotonda.
Salgo al primo piano.
Trovo Francesca, una ragazza che lavora con lei.
Giustamente è sorpresa nel vedermi, capisco dal suo sguardo che lei non sa dove possa essere Paola, la cosa mi agita parecchio.
Le spiego la situazione, lei gentilmente mi racconta quando l’ha vista per l’ultima volta e cosa ha fatto durante la giornata.
Una giornata assolutamente normale per Paola.
Con Francesca, ripercorriamo il tragitto che Paola era solita fare per prendere il treno.
A piedi ci indirizziamo verso la stazione, piccola e silenziosa.
Facciamo una salitina per arrivarci.
Entriamo dentro.
Nel portafoglio ho una foto di Paola, provo a chiedere al bigliettaio se l’ha vista, sicuramente il suo è un viso noto, e poi, in queste ore passa così poca gente che è difficile dimenticarsi di loro.
Il bigliettaio guarda la foto, mi guarda, mi riconosce, nel senso che riconosce in me uno dei passeggeri abituali del treno.
Nella mia mente mi viene da chiedere il perché continuiamo ad usare il treno, la risposta, sempre mentalmente, arriva subito: perché fare più di quaranta chilometri al giorno è dispendioso in benzina, ecco perché.
Vado verso i binari.
La stazione è desolatamente vuota, in lontananza vedo solo un ragazzino.
Prendo il cellulare, provo a fare il numero di Paola.
Mi pare di sentire la sua suoneria, mi giro, in una panchina a pochi metri da me vedo il cellulare di Paola, è lì che suona e si illumina.
Lo prendo.
Mi guardo intorno sperando di vederla.
Francesca mi dice qualcosa, sono troppo agitato per prestarle attenzione.

CONTINUA……………………………..

2 Commenti a “Il treno per Mares – parte prima”

  1. mattiekian dice:

    Ho letto il racconto tutto d’un fiato nonostante l’angoscia per la sparizione di Paola…aspetto il seguito!
    Complimenti

  2. caterina dice:

    anch’io aspetto!
    che tensione!
    bravo!
    :)

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