Il patto col diavolo
Pubblicato da poetto il 6 febbraio 2009
Sono sempre stata una persona razionale.
Ho sempre ritenuto i racconti sul diavolo delle emerite sciocchezze, mi si sono sempre chiesto che cosa potesse farne il diavolo della mia anima, che se ne fa? A che gli serve?
Non ho mai trovato una risposta convincente a questa domanda, non lo so, forse non credendoci, pensando che quelle fossero tutte storie astruse, non mi sono mai realmente impegnato a capire il fenomeno.
La scorsa settimana si avvicina un tipo in ufficio, pensavo fosse un cliente, mi sorride, gli faccio cenno di accomodarsi.
Il mio ufficio, se cosi si può chiamare, è separato da quello di Dario, da una parete sottile di plastica, poco più avanti c’è l’ufficio di Marta, forse non l’ho detto… vendo auto.
Faccio sedere il tipo, vestito con un elegante abito grigio, penso tra me: “Questo sicuramente è un cliente buono”.
- Buongiorno! – faccio allo sconosciuto.
- Ciao Carlo…lo so che non credi in me…fatto sta che io esisto…non trovi?!!
- Mi scusi!! mi perdoni ma non …
- Sono qui per proporti un affare.
- Senta… come avrà notato questa è una concessionaria automobilistica…se non è interessato alle auto…
- Hai fatto le elementari alla Monte Rosso…maestra Marzi.
- Senta…non ho voglia di fare giochetti con lei…se non è interessato alle nostre auto, la prego cortesemente di…
- Ieri ti sei chiesto come sarebbe stata la tua vita se ti fossi laureato in scienze politiche…ti mancavano pochi esami… peccato!!
- Chi sei? Come diammine fai a sapere queste cose?che vuoi da me?! – questo tipo mi sta allarmando, come diammine fa a sapere queste cose?
- So che per te l’anima non vale poi molto…voglio proporti un accordo…
- Le chiedo cortesemente di allontanarsi…non mi costringa a chiamare le forze dell’ordine – penso tra me: Chi diavolo è questo?
- Siii Carlo…sono proprio quello che pensi.
- Ho capito – prendo il telefono della mia scrivania, porto la cornetta all’orecchio, lo sconosciuto sorride.
- E va bene! Conta fino a tre…
- Ma per favore!!!
Improvvisamente mi ritrovo in cucina, davanti alla tivù, sul tavolo il quotidiano di due giorni prima.
Mi giro…sono solo.
Resto fermo, seduto sulla sedia, incapace di capire come sia potuto accadere.
Il televisore è acceso, entra in cucina lo sconosciuto, grido…non so perché…grido.
- Ti ricordi due giorni fa? – dice lo sconosciuto.
- Come sono arrivato qui? Chi sei?…che vuoi da me?
- Due giorni fa dicesti che avresti venduto l’anima al diavolo per tornare indietro e laurearti… ebbene …eccomi! Voglio fare un patto con te..diciamo una sorta di contratto. Dunque, io ti riporto al giorno del tuo ultimo esame e tu, in cambio mi dai la tua anima…
- Allora tu esisti per davvero ?! perché sei venuto da me? Che ne fai della mia anima? Non riesco a capire perché…
- Senti…mi pare che l’offerta che ti sto proponendo sia ottima. Ti sto dando l’opportunità di cercare di fare la vita che hai sempre desiderato…non voglio metterti fretta…diciamo che domani a quest’ora mi ripresento…tu pensaci.
Un forte rumore attira la mia attenzione, mi giro, non sono più a casa ma in ufficio, lo sconosciuto è scomparso, tutto sembra procedere come sempre…sono sconvolto.
Non riesco a capire se quello che ho vissuto adesso sia stato un sogno ad occhi aperti, un frutto della mia fantasia oppure un qualcosa di vero, reale.
I colleghi sono tutti indaffarati nelle loro attività.
Mi avvicino a Dario.
- Scusa, non è che hai visto un signore sulla cinquantina, alto, capelli neri, un abito grigio?
- Abito grigio? No. Chi era?
- No …nulla. Ho visto questo tipo che girava.
- Forse voleva vedere le auto.
- Non saprei. Aveva un aria strana.
- Sospetta?… Cioè?
- No… nulla. Forse sto esagerando.
- Senti Carlo, se ritieni che sia pericoloso dillo a quelli della sicurezza. Ci sono le videocamere di sorveglianza…se dovesse succedere qualcosa metteremo in mezzo anche questo tipo.
Riesco a convincere Aldo, addetto alla sorveglianza, a farmi vedere la registrazione della telecamera dell’interno degli uffici.
L’orologio del video segna le undici e dieci, proprio l’ora dello sconosciuto.
Guardo il mio ufficio, per oltre quindici minuti non entra nessuno, dello sconosciuto non rimane traccia.
Non posso essermelo sognato.
Continuo a pormi la stessa domanda per tutto l’orario di servizio.
Faccio ipotesi, congetture, cerco di capire cosa mi sia successo.
A fine turno giungo alla conclusione che devo aver fatto un sogno ad occhi aperti, che ne so, forse la stanchezza, forse lo stress devono avermi giocato brutti scherzi.
Andando in auto continuo a farmi domande.
Giungo alla conclusione che la prossima settimana andrò dal medico di famiglia per raccontontargli i fatti, certo la cosa un po’ mi secca.
Sono convinto che domani non ci sarà nessuno a chiedermi l’anima, sicuramente è stato tutto frutto della stanchezza.
Tra un ora sarà passato un giorno dalla presenza dello strano tipo.
Ho dormito male pensando a quello che mi è successo in giornata.
Undici e venticinque, un ragazzo si avvicina, si siede, ha in mano una rivista di auto.
- Buongiorno! – faccio al giovane, questi sorride, guarda l’orologio.
- Cosa hai deciso?! – mi fa, indicando l’orologio, il tipo.
- Come scusi?!
- Per favore, non rifacciamo il teatrino di ieri, sai benissimo chi sono. Ieri ti avevo detto che sarei venuto…allora?!
- Ammesso che sia vero…che tu sia veramente quello che dici…cosa
- Guarda, non devi firmare nulla, mi devi dire solo che accetti la mia proposta…quello che perdi è la tua anima.
- Perché è cosi importante? Non capisco. Se ti do l’anima cosa mi può succedere in futuro? Non riesco a capire che…
- Carlo, se mi dai la risposta ti riporto al giorno del tuo ultimo esame…ricordi? Sicuramente si! Poi abbandonasti gli studi…ti do una opportunità unica…pensaci.
- Te la pago con l’anima…nel caso accettassi.
- Ogni cosa ha un prezzo…allora?
- Ok.
- Bene!!! ripeti la formula: accetto la proposta.
- Accetto la proposta – è tutto così assurdo, guardo il giovane, stento a credere che sia quello che dice. Cosa succederà in seguito?
Squilla il cellulare, mi giro per cercarlo nella scrivania.
Sollevo lo sguardo, il giovane è scomparso.
Si avvicina una coppia, si siedono, mi chiedono informazioni sulle auto esposte.
Termino l’orario di lavoro, non è successo nulla, tutto procede come sempre, torno a casa, guardo un po di tv, ripenso alla giornata appena passata.
Prima di coricarmi mi domando se domani sia veramente il caso di andare dal medico per raccontargli di queste allucinazioni.
Sei e cinquanta, la sveglia suona.
Accendo la luce della stanza, rimango fermo immobile davanti a quello che vedo, sono nella mia vecchia camera da letto.
Qualcuno bussa alla porta.
- Carlo…sveglia! Alle dieci hai l’esame…ripassati qualcosa – è la voce di mio fratello.
Sollevo la serranda, la luce dei lampioni illumina la strada, vedo il giovane
dell’ufficio in strada, appoggiato ad un lampione, sorride, mi fa un cenno di saluto.
Allora è tutto vero!
19 febbraio 2009 alle 10:23
Poetto,
anche questo tuo racconto l’ho letto con molta attenzione e mi è piaciuto.
Convincenti i dialoghi e descrizioni non troppo lunghe, come piace a me.