ASFALTO
Pubblicato da stefy il 11 aprile 2007
Scendo dall’autobus spinta da un signore anziano e calvo, che mi respira sul collo. Apro l’ombrello, cercando di evitare la folla di stranieri che si accalca trepidante alla fermata. Ho caldo chiusa nel piumino d’oca: pioviggina, l’aria umida si attacca ai vestiti e ai capelli. Il pacco regalo per Federico mi ingombra e rallenta i movimenti. Attraverso la strada, nel mare di facce e cappotti e foulard e ombrelli, incerta sui tacchi alti. Schivo le pozzanghere, ma piccoli spruzzi di acqua e fango mi finiscono ugualmente sui pantaloni nuovi.
E’ un giorno speciale, è il nostro anniversario, anche se ormai sono già quattro anni che sto con Federico. Incredibile come passa il tempo, una sera abbracci per caso un estraneo e te lo ritrovi compagno fedele per un buon tratto di vita. Sorrido e penso alla faccia che farà quando gli darò il regalo e non mi accorgo di un taxi che mi sfiora a pochi centimetri a velocità pazzesca, quasi a voler salire sul marciapiede. Mi scanso distratta e neppure arrabbiata, mi rendo conto di quello che è successo in ritardo, non faccio in tempo a protestare. Stringo il pacco sotto il piumino, mezzo umido e stropicciato.
Comincia a piovere più forte, gocce pesanti e improvvise cadono sull’ombrello, mi scivolano di lato, mi carezzano il corpo, e finiscono a terra, piccoli frammenti di atomi cristallini. L’acqua irriga l’asfalto, scorre violenta giù dai palazzi sul cemento grezzo penetrandone orifizi nascosti e infiltrandosi tra zoccoli e battiscopa. Affretto l’andatura, salto una buca, evito un pezzo di strada dissestata appena in tempo per non cadere. Federico mi aspetta al bar del centro, solito cappuccino pomeridiano dopo il lavoro, mezz’ora di chiacchiere chiusi al caldo a guardare la gente nella strada che si affatica verso casa. Devio per un viottolo meno trafficato, avvolta da grigio e acqua. Una zingara mi si avvicina, appesantita da coltri e stracci.
“Signorina come sei bella” mormora sopra i rumori del traffico e dei clacson. Mi viene dietro con la mano tesa, mi fissa, occhi piccoli e sospettosi, ammaliatrice imperfetta di anime vagabonde. Faccio finta di non vederla e tiro dritta, seria, raggomitolata nei pensieri. Mi segue per un po’ e continua a cantilenarmi dietro, poi si arrende e se ne va. Raggiungo il bar, Federico è immobile sotto la tettoia.
“Ciao” gli dico, posando l’ombrello sul gradino di marmo.
“Ciao” mi saluta, serio e trasandato.
Tiro fuori il pacco, è fradicio.
“Auguri” gli dico sorridendo.
Guarda il regalo per un attimo ma non lo prende:
“Non dovevi, Laura. Lo sai che non mi piacciono queste cose”
“Ma per una volta”.
E’ serio, non vuole il regalo.
“E’ per te”, lo sprono, confusa e accaldata. Mi slaccio il piumino e mi tolgo la sciarpa. Lui resta in silenzio a fissare la strada, piccoli mattoni squadrati e scuri, irregolari nella loro disposizione. Resto ferma accanto a lui, appesantita dal cappotto, dai guanti, dal pacco spiegazzato e tutto bagnato, dolorante nei piedi stanchi e gonfi.
“Entriamo?” gli chiedo, ma Federico non riesce a distogliere lo sguardo dall’asfalto. Poi mi fissa e ha questi occhi acquosi e strani che non mi sembrano neanche i suoi, pieni di nuvole e astrazioni e pensieri.
“Io non so come deve finire”
“Cosa?” domando, sorpresa.
“Questa storia”
“Quale storia?”
“La nostra. Io e te. Non sono sicuro”
Resto muta, e credo di aver capito male e tutta questa roba in mano mi dà fastidio e la voglio posare e voglio entrare a sedermi perché i tacchi alti mi fanno male e li ho messi solo perché oggi è un giorno speciale e dovevo essere bella per lui.
“Ma che stai dicendo?” riesco a dire con un filo di voce, ma mi viene fuori un tono così alto e stridulo che una signora grassa si volta a guardarmi.
“Non gridare” mi rimprovera lui, tirando un calcio a un ciottolo bagnato. Ora diluvia e la tettoia non ci ripara. Ci guardiamo e Federico ha un’espressione che non conosco e una voce e una faccia che non è la sua.
“Parliamo dentro ok?” lo imploro.
“No, vado via, scusami”
“Vai via dove?”
“Ti telefono, chiariamo con calma, ora ho fretta”.
E’ già sulla strada, balza con un salto giù dal marciapiede e senza ombrello se ne va, e mi dice con gli occhi “scusa non volevo, ora non lo so, non ho voglia, sono confuso, ti prego perdonami, ma non posso, non saprei che dire e non ho nulla da dire”. Voglio muovermi e fermarlo, tirarlo per il soprabito scuro che gli ho regalato per Natale e chiedergli i perché e i per come, ma non ce la faccio, scendo i gradini e resto ferma, immobile in mezzo alla strada, i piedi sommersi da chilometri di pioggia e acqua, ancorati e saldi a terra. Vorrei gridare, ma la voce mi muore in gola. E non importa se mi bagno e piove e tira vento e di colpo fa freddo e dovrei rimettermi la sciarpa. Non importa se il regalo mi scivola dalle dita, non importa se mi spingono e mi urtano e inciampo e cado. Non importa se ho le mani sporche di fango e acqua e se le ginocchia mi premono ferite sull’asfalto. Un vigile mi rimette in piedi, mi aiuta a raccattare le mie cose, mi apre l’ombrello:
“Tutto bene signorina?”.
Lo guardo e non lo vedo, è davanti a me, chiuso nel paltò blu scuro e gli stivali, il casco di servizio. Ha quest’aria interrogativa e mi fissa, allora annuisco e dico:
“Si, tutto a posto, grazie”.
Torno indietro, traballo un po’ sui tacchi, tiro su il cappuccio e cammino, passo dopo passo. Il cielo ora è quasi sgombro, piove poco e l’asfalto lentamente si asciuga.
12 aprile 2007 alle 9:36 am
Grazie Stefy, è stato molto bello leggere questo racconto. Quello che doveva essere un momento di gioia per la ragazza, si è trasformato poi in puro incubo! La fine, con lo sparire della pioggia… ci regala un pochino di ottimismo. ^_^
12 aprile 2007 alle 1:29 pm
Ciao Stefy, come sempre dopo i tuoi racconti, resto senza parole… grazie per avercelo fatto leggere.
30 aprile 2007 alle 8:04 am
complimenti, la protagonista sta su una nuvoletta rosa ed all’improvviso viene giù, insieme alla pioggia, finisce a terra nel fango. Si risolleva però, all’incontrario della pioggia e va incontro a un altro giorno, magari di pioggia, magari di sole. N.
30 settembre 2007 alle 6:02 pm
è semplice nelle sue descrizioni ma estremamente imprimente