Angel Room
Pubblicato da unsoundnosound il 17 settembre 2007
“quanti giorni?”
“
“quanti ne
rimangono?”
“dipende da te”
“per me è
insignificante”
“dalla punta di un
ago all’intero universo, niente è insignificante”
“non per me”
“e chi sei per
dirlo?”
“sei tu che mi
dovresti rispondere, tu l’hai fatto, è colpa tua”
Angel Room
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Di Ryan Mahawili
Capitolo uno: La
pioggia.
Piove.
La pioggia scende incessante, forma delle piccole
pozzanghere che si riversano in fiumiciattoli per i canali di scolo, che poi
portano alle fognature.
Io mi ritrovo qui a osservarla… saranno ore.
La gente mi passa davanti osservandomi senza guardare, fa
finta di ignorarmi, ma io so che mi fissano per sentirsi meglio.
È così, la gente ha bisogno di vedere persone che stanno
peggio di loro, è normale, è nel nostro DNA.
Ma io chi posso guardare?
Rifiutato dalla società, rinnegato da Dio, senza futuro e
senza passato, un uomo che non sa fare altro che lamentarsi.
Vorrei essere una goccia d’acqua.
Scendo da una nuvola, cado a tutta velocità, non mi importa
di nulla, sento l’ebbrezza del volo e poi mi schianto a terra senza lasciare
traccia.
Si vorrei essere una goccia di pioggia.
Nessuna responsabilità, nessun obbligo, niente di niente,
solo la certezza dello schianto.
Ma non è così.
Milioni di volte ho stretto il pugno deciso a finirla, a
“schiantarmi”, ma non ne ho il coraggio, sono un codardo.
L’acquazzone non ha intenzione di smettere, e io oramai sono
zuppo fino al midollo, sono sicuro di aver preso un raffreddore come non ne
prendevo da anni.
Tiro su il cappuccio del cappotto e comincio a camminare, ho
un posto dove andare, una persona da vedere.
È mia sorella, si chiama Luna, nome strano non è vero?
Ha detto che vuole parlarmi, non ho idea di cosa possa
essere, non la vedo da circa dodici anni, ora ne ho ventisette, so che si è
sposata con un uomo di famiglia benestante, credo si occupi di barche o
qualcosa del genere.
Ha una figlia di un anno, mi ha mandato una foto, mi
spedisce lettere in continuazione, naturalmente io non le rispondo mai, non
saprei cosa dirle, ma oggi ha detto che doveva vedermi per forza, era una cosa
importantissima, una cosa a cui non avrei mai dovuto mancare.
Non so perché ma ho accettato.
Ci saremo incontrati in un bar, davanti alla stazione.
Arrivai con tre quarti d’ora di ritardo, ma lei era lì, era
sola e mi aspettava, stavo per andarmene, quando lei mi ha visto e mi ha
salutato, sono dovuto andare per forza.
-te ne stavi andando?-
-non lo so- era evidente che aveva capito le mie intenzioni,
per lei ero come un libro aperto.
-Cristo Adamo sei zuppo, perché non ti sei portato un
ombrello con te?- era molto preoccupata, perlomeno lo sembrava
- credo che non ti debba interessare, perché mi hai fatto
venire qui dimmi- ho voluto tagliare corto, non avevo intenzione di rimanere lì
più del necessario…
- devo dirti una cosa, non è una bella notizia, so che
probabilmente non te ne fregherà nulla, ma è giusto che tu lo sappia…-
-che cos’è, dimmelo senza perdere tempo Luna..- non avevo
idea di cosa avrebbe potuto dirmi….
- vedi Adamo, papà sta morendo…-
- papà sta morendo? Tu mi hai fatto venire qui per dirmi
questo? Bè ti voglio dire solo una cosa… spero che soffra quel bastardo è
quello che si merita, per me non è mio padre è solo uno stupido vecchio
egoista.
Ora me ne vado, e non cercarmi più, al funerale non ci
vengo-
Mi alzai di scatto, e me ne andai, con l’angolino
dell’occhio vidi mia sorella che piangeva, forse ero stato un po’ duro con lei,
ma per me il discorso famiglia era chiuso lì, e non avevo l’intenzione di
riaprirlo.
Presi l’autobus che mi portò a casa.
Abito in una specie di mansarda su un palazzo di quattro
piani, il proprietario era una specie di amico, se così si poteva definire, io
gli pagavo un affitto basso e lui mi faceva stare lì, a condizione di non
creare casini.
La mansarda non era molto grande, ma mi piaceva molto, mi
tolsi i vestiti bagnati e li misi a panni sporchi, mi buttai sul letto e mi addormentai.
Non so per quanto dormii, al mio risveglio era buio, e
ancora pioveva, sentivo che c’era qualcosa di strano nella stanza, c’era
qualcuno, o c’era stato….
Squillò il telefono, quattro, cinque, dieci, quindici volte,
ancora non smetteva, pensai fosse ancora mia sorella, ma non credevo potesse
avere il mio numero.
Risposi.
-pronto chi è?-
Nessuna risposta.
-allora? Chi diavolo è? Non ho tutto il tempo che voglio per
stare al telefono!-
Mi risposero.
-hai ragione…744….- e riattaccò.
Pensavo fosse un altro dei miei sogni, ma non era così, mi
diedi un pizzicotto e mi fece male, non stavo dormendo, quella telefonata era
vera, 744 giorni, 744 giorni per cosa?è il resto della mia vita?744 giorni
all’avvento di qualcosa?744 giorni alla fine del mondo?
Non capire le cose mi faceva imbestialire.
Andai in bagno, la luce si fulminò, una leggera luce entrava
dalla finestra.
Aprii il rubinetto, presi il sapone e mi sciacquai la
faccia….
Per un attimo un fulmine illuminò la stanza, vidi lo
specchio e c’era qualcuno dietro di me, mi girai di scatto terrorizzato, ma non
trovai nessuno, cominciai a sudare freddo… non mi capitava da anni
ormai….pensavo fosse tutto finito…ma non era cosi.
Un uomo sotto la mia finestra guardava verso di me, era
vestito di nero con tanto di cappello, e indossava una maschera, non si muoveva
era fisso lì a guardarmi.
Chi era? Cosa voleva? Non riuscii a scoprirlo perché non
appena mi girai un attimo lui era scomparso.
Forse era solo un sogno, un frangente in cui la mia mente si
è divagato in fantasie, forse era frutto della mia immaginazione, ma il brivido
di terrore che mi percorreva la schiena non voleva finire.
Fuori il vento fischiava come non aveva mai fatto, la
pioggia non si fermava, e io rimasi ancora una volta incantato a guardarla
dalla finestra.
Pensai molto, ricordai la mia infanzia…
Credevo di non essere più in grado di piangere, ma una
lacrima scese sulle mie labbra, sentii il sapore salato, chiusi gli occhi, e mi
immersi nei meandri dei miei ricordi, eventi felici, eventi tristi, tornò
tutto, come se fosse appena accaduto.
Ordinai una pizza per cena.
Mi misi sul divano.
Continuai a pensare a mia sorella, e a quel volto, mi
sembrava famigliare, ma non capii chi era….
Accarezzai la pelle del divano, accesi la televisione su All
Music, c’era un video dei Green Day, Holyday, non sono un amante di questo
gruppo, ma lo guardai lo stesso.
Suonano al campanello.
Fuori piove ancora.
17 settembre 2007 alle 12:20 pm
Ciao Ryan. Bello il tuo racconto. Mi piacciono in particolare i paragrafi molto brevi, che marcano un ritmo serrato che invoglia ad andare avanti nella lettura. Certo, ora che ci hai lasciato col fiato sospeso bisogna che ci fai sapere come va a finire…
Grazie per avercelo fatto leggere
17 settembre 2007 alle 1:36 pm
Ciao Ryan, assolutamente…. inserisci al più presto la seconda parte… ^__^.
17 settembre 2007 alle 1:55 pm
grazie si ho scritto fino al 6 capitoletto
mi potete dire come posso fare a inserire un capitolo nuovo senza creare un racconto da capo?
17 settembre 2007 alle 2:16 pm
Entra nel tuo racconto. In alto a destra cerca: Modifica Racconto. A questo punto copia ed incolla la nuova parte in fondo al testo e poi clicca su Modifica in basso. MA eventualmente puoi anche pubblicare un nuovo racconto nominandolo Capitolo 2. A Te la scelta. Io opterei per la seconda soluzione.
18 settembre 2007 alle 8:37 am
Ciao Ryan, Fabio ha gia’ risposto. Io di solito pubblico i vari “capitoli” separatamente, perche’ per la lettura online e’ piu’ semplice leggere tanti pezzi brevi piuttosto che uno molto lungo. In questo modo inoltre le nuove parti vengono messe in cima alla lista dei racconti recenti (nonche’ nella nostra newsletter) in modo che tutti sappiano quando pubblichi