Imbibita di pioggia la terra geme
Si lamenta l’erba cipollina
Il muschio cede l’acqua che trattiene
Poi la riprende come respirando
Il cuoio delle foglie morte tace
Si fa poltiglia sotto il piede
Son molli i ricci di castagno
Neppure i rami morti crocchiano più
Cedendo sotto il piede mugolano piano
Eppure
Tra i lamenti cresce ribelle la peonia
Affaccia il capolino anche il muscari
Io cerco il luogo dove sepolto stavi
Mentre io ti aspettavo
Mentre ti cercavo
Là dove la lupara bianca ti lasciò
Là dove avrebbero voluto tu restassi
Non è nel cimitero che ti trovo
Ma qui dove ti lasciarono morente
Coperto dalle foglie e qualche ramo.
Milano 19 Marzo 2009
Ciao Bernardo.
Sembra una poesia di tipo naturalistico, che descrive gli umori, il marciume e la vita del sottobosco e, invece, ecco la zampata: non è un semplice sottobosco, è la tomba di un essere umano, una bella tomba secondo me, se la persona non vi fosse stata uccisa e abbandonata.
Ho voluto in qualche modo ricordare le innumerevoli vittime della mafia che sono semplicemente scomparse, lasciando un vuoto in cui i loro cari non hanno potuto neppure deporre una bara, in preda a un’attesa logorante, senza neppure potersi appoggiare a una lapide nel loro dolore.
Chissà che un giorno si possa vincere questa guerra e dichiarare un giorno di festa nazionale in memoria di coloro che combatterono tutte le mafie immonde e ladre e la paura che il crimine organizzato instilla, degradando il vivere civile a sopravvivenza vile.