Ti ricordi Chamois?
Pubblicato da caterina il 19 febbraio 2009
Mi serviva una definizione per il cruciverba.
Ero alle prime armi e fortissima la tentazione di guardare in internet.
Mi trovavo all’inizio del gioco e stavo già barando.
“E14 orizzontale: camoscio in francese”
Sette lettere.
Eh, proprio non lo so.
Ho fatto francese alle medie ma chissà se mai l’avrò incontrata la parola camoscio.
C’è quel formaggio, quello d’oro ma non lo pronunciano in francese.
Non so, tipo il Caprice de Dieux o il Camambert.
“Mammaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa. Mi senti?
Camoscio in francese?”
“Sai che non mi viene?”
Mia mamma è un Bartezzaghi in gonnella.
Clicco su Google e come al solito, si aprono molti piccoli mondi, alcuni di essi sconosciuti e inaspettati.
Come questa storia in miniatura, minuscola e preziosa come Chamois…
Avete mai provato a mettere una parola a caso nel computer?
E’ come partire da un aeroporto alla cieca.
Da qualche parte si arriva sempre e quasi sempre con delle gradite sorprese.
Nella prima pagina Google cita: “Commune de Chamois”.
Dev’essere importante se qualcuno ha speso dei soldi per “indicizzarlo”.
Un mio amico esperto di queste cose mi dice che si chiama così il servizio di mettere sempre ai primi posti di una ricerca la parola per cui hai pagato.
Cosi’ se ti cercano, ti trovano subito.
E quelli del comune di Camoscio devono saperla lunga.
Io pero’ avevo bisogno di un semplice vocabolo in francese.
Uno solo.
Ditemi come i cugini d’oltralpe chiamano questa bestia e non se ne parla più.
Potrei chiudere un gruppo di parole crociate e passare al prossimo quadro che mi fa l’occhiolino e deve essere bello tosto.
Beh, già che ci sono, vado a dare un’occhiata a questo posto che il pc insiste che io scandagli.
Foto di chalet carichi di neve, un campanile, una piazza, un altopiano, poche case, un laghetto…solita roba mi verrebbe da dire, se non fosse che corrisponde a realtà.
Si verifica quello strano caso per cui se vediamo dei fiori finti ma fatti molto bene, diciamo “ah ma che belli, sembrano veri!” ma al contrario dei fiori veri e bellissimi ci portano a commentare “ma che meraviglia, sembrano finti!”
Non se ne esce.
Benvenuti a Chamois, dunque, nella Valle di Valtournenche, a lato della Valle d’Aosta.
Comunità montana del Monte Cervino e mi viene in mente Mike Bongiorno con la sua grappa dal nome imbarazzante.
Mi addentro nelle notizie su questo paesino e scopro che ha… novantasei residenti!
Nel Milleottocentosessantuno erano trecentosessantuno.
Praticamente una metropoli e relativo spopolamento della medesima!
Pazzesco.
Mi pare di entrare nella casa di Lilliput.
Ho quasi timore di disturbare, di usurpare piccoli spazi incontaminati.
Come quando qualcuno infila una mano in una stanzetta della mia casa di bambole.
L’educazione e l’ospitalità mi frenano dalla tentazione di dire “ma cosa fai? Fuori dal mio salotto! E non appoggiare il braccio al pavimento che mi tiri su il parquet!”
Cosa ancor più interessante, Chamois è l’unico comune italiano della terraferma a non poter essere raggiunto in auto.
La chiamano mobilità dolce.
Funivia da un certo Buisson, più o meno sulla destra prima di arrivare ad Aosta oppure gambe in spalla.
O aeroplano.
O mongolfiera, aggiungo io.
O sulle ali delle aquile, suggerisce mio papà in un impeto romantico di cui non lo credevo capace.
Altri sistemi non ce ne sono.
Beh ma pazzesco due volte!
E la cosa ancor più curiosa sta nel fatto che il comune ha anche le frazioni!
Sono diversi villaggi sparsi su questo balcone roccioso, assolato e al riparo dai venti.
A nord c’è lo zio Cervino a proteggere questa piccola perla della Alpi.
Leggo anche che dal Duemilasette il comune e’ raggiunto dalla banda larga e quindi collegamenti internet senza fili e gratuiti nei luoghi pubblici, che posso immaginare non saranno comunque moltissimi…
Siamo in Paradiso?
Nemmeno a Milano o a Roma è così.
Questi qui sono avanti anni luce e per una come me che senza il web si sente annaspare in un mare di noia, questo basta per farmi sognare e desiderare ardentemente di approfondire la conoscenza.
Voglio andare a vedere di persona.
Solitamente devo avere un obiettivo per muovermi.
Quella volta mi spinsi fino in Cornovaglia, nel punto più occidentale della Gran Bretagna sulle tracce della scrittrice Rosemunde Pilcher.
Mi ricordo di un film in cui Verdone fece la stessa cosa ma lui cercava Jimi Hendrix.
In Cornovaglia!
Cambiano i fattori ma il risultato e’ sempre quello, si e’ inspiegabilmente curiosissimi di un certo fatto. Scatta un click che ci rende voraci di tutto ciò che riguardi un evento.
Avevo letto tutti i libri in cui la Pilcher era stata cosi’ brava nel descrivere quei posti da farne una meta di viaggio.
Volevo semplicemente stringerle la mano.
C’erano altre attrazioni in quell’angolo d’Inghilterra, Le Mont Saint Michel inglese, il fratellino più modesto dell’imponente Monte della Normandia, i sentieri di Re Artù e la sua probabile tomba insieme alla Regina Ginevra, le maree, la baia di Saint Ives che la Corrente del Golfo rende mediterranea, la Tate Moderne Gallery, le bianche spiagge dei surfisti, le piccole case di pietra dalle facciate in calce bianca, dall’architettura unica al mondo, i castelli e i ruderi dei villaggi del passato…
A est, verso l’Isola di Wight, Virginia Woolf avrebbe potuto farmi l’occhiolino da una delle finestre del suo Circolo Letterario, illuminate da un Faro della costa.
Non so se rendo l’idea dell’atmosfera. Quella delle Sorelle Bronte nelle loro Cime Tempestose, per intenderci.
Ma a me interessava solo varcare il cancello della mia scrittrice preferita e con il mio inglese stentato, manifestarle la mia gioia infinita di conoscere un “mostro di fantasia”.
La considero la più brava nel genere della Letteratura rosa moderna.
Una Jane Austen dei nostri giorni.
Negli anni hanno detto di lei che resterà un caso unico nel suo genere.
Ha saputo intrecciare meravigliose e avvincenti storie d’amore alle tazze del te delle cinque, alle tavole apparecchiate, alle feste e agli eventi della vita.
La descrizione minuziosa di una cucina o di un salotto, di un picnic o di un pranzo natalizio, che altri potrebbero rendere pesante all’inverosimile, usciva leggera ed eterea dalla sua felice penna nonché dalla sua estrema sensibilità.
Tutto nei suoi libri parlava della sua vita e dei posti dove e’ vissuta.
Tutto aveva il sapore della passione.
Per me la numero uno.
In internet ci sono pochissime notizie su di lei.
Il suo ultimo libro risale al Duemila e scopro solo ora che dopo questa sua fatica si sarebbe ritirata. Sono quasi contenta di non averlo saputo mentre lo leggevo perché lo avrei permeato di un alone di malinconia, invece di godermelo tutto dall’inizio alla fine come in realtà feci.
Che miracolo quando uno scrittore crea storie che lo uniscono mani e piedi a chi legge.
Rosamunde era in là negli anni e non so nemmeno se e’ ancora al mondo.
Ma comunque o dovunque sia andata, resterà sempre nel mio cuore per quello che ha saputo scrivere e per i voli di fantasia che ha regalato ai suoi estimatori, io fra questi.
In quel viaggio mi ero fatta paladina silenziosa di tutti i suoi lettori…
Ma torniamo a Chamois.
Anzi…andiamo a Chamois?
Di cosa mi farò portavoce qui tra le montagne?
Qualche punto di riferimento lo troverò, ne sono certa.
La fantasia non mi manca, nemmeno in quattro chilometri quadrati comprensivi di piccolo lago e sparpagliati sulle vette antiche.
Guardando le foto promozionali di questo paese mignon, me ne ero già invaghita. Volevo andare a vedere se anche per me sarebbe scoppiata la passione.
Restava da scegliere la stagione.
Vacanze di Natale o alpeggio estivo?
Optai per la seconda.
Tutto molto più semplice con il clima favorevole.
Meno storie e meno bagagli, un trapuntino leggero di notte e maniche corte di giorno.
Senza considerare che a Chamois bisognava trascinarsi su tutto a mano.
D’accordo sulla funivia ma le valigie non te le portava mica su nessuno e quindi viaggiare il più leggeri possibile qui valeva più che mai.
E per noi donne si sa, una vera sfida dell’impossibile.
Mi ripetevo continuamente che se mi fosse mancato qualcosa, lo avrei comprato là. Ma ci saranno i negozi a Chamois?
Non mi spiegherò mai il perché quando si parte, si pensi di aver bisogno di oggetti che a casa non si usano da decenni.
Se solo riflettessi su questo concetto, riempirei il borsone a metà.
Presi il treno a Verona e cambiai alla Stazione Centrale di Milano.
Ero emozionata quando salii sul treno per Chatillon, Valle d’Aosta.
Mi sembrava un film.
“Tutta colpa del Paradsiso” del favoloso Francesco Nuti.
“Chocolat” , di cui non ricordo la regia ma il negozietto della Binoche è stampato nella mia mente di golosona.
Ma anche Heidi ci puo’ stare, con il nonno sopracciglione, l’amico Peter, il cane Nuvola e i suoi panini nella valigia!
Mi pareva di essere una pioniera che stava attraversando il Midwest diretta nelle saline della California del nord con John Steinbek seduto al mio fianco a farmi da navigatore, ma a scelta, avrei potuto trasformarmi nella cugina di Chatwin alla volta del Perito Moreno.
Un po’ di tutto quello che avevo letto si accatastava nella mente, aumentando a dismisura il mio entusiasmo per quella scorribanda clandestina che mi stavo regalando.
Ero ormai una carbonara, covavo un progetto nell’intimo e avevo l’impressione di recarmici solo io, a Chamois.
Non avevo detto a nessuno dei miei contatti dove sarei andata.
Mi prendevo un fine settimana per viaggiare per conto mio.
Se avessi svelato loro il mio piano, mi avrebbero trattata con sufficienza.
Chi la fa cadere cosi’ dall’altro per uno spostamento cosi’ breve?
“Veneto-Val d’aosta non e’ da fine del mondo!”
“Non e’ partire per Capo Nord!”
Mi par di sentirli, i soloni della mia vita.
Ma qui apriremmo un discorso lunghissimo sulla vera essenza del viaggio per giungere alla conclusione che anche andare dietro l’angolo può essere annoverato alla voce avventura.
Perché c’è di mezzo la volontà di partire, lasciare cose dietro’ di se’, in sostanza c’è di mezzo il cuore.
Dalla paura di ritrovarmi in un posto inflazionato e frequentato da turisti annoiati da tutto e in cerca dell’ultima frontiera in fatto di svago, non chiesi informazioni a nessuno per non svelare la mia meta e mettere in testa strane destinazioni a chi divideva il vagone con me.
Andate da qualsiasi parte ma non la’, per favore.
Non volevo interrompere il mio sogno.
Immaginare dove si approderà è già metà del viaggio.
Quindi zitta e testa rivolta al finestrino, da vera asociale.
Resistetti perfino quando passò il carrellino delle vivande!
Signori in carrozza, si parte!
Mi venivano alla mente nomi come Orient Express, Transiberiana, Titanic.
La fantasia stava gi’ prendendo il volo.
Quando finalmente il treno arrivò alla stazione di Chatillon, ero di uno stanco mostruoso.
Guardavo la mia valigia nel portabagagli e mi sembrava si fosse ingigantita ma ero io che ormai avevo esaurito le mie riserve di magnesio e potassio. A mio parere gli unici responsabili della stanchezza sono sempre questi due sali minerali.
Annaspai nella borsa ma non c’era traccia di una minidose di magnesio che la mia farmacista mi aveva caldamente consigliato proprio per quando si è in giro.
E’ una polverina dolce e frizzante, al sapore di arancio e non c’è bisogno di scioglierla nell’acqua. Te la metti sotto la lingua che cosi’ va in circolo velocemente e l’organismo ne beneficia immediatamente.
Buonissima!
Con il risultato che le avevo ingurgitate quasi tutte a casa, a volte anche due al giorno, come fossero caramelle in polvere, introducendo dosi massicce di magnesio e sentendomi un leone.
E adesso che me ne serviva giusto una…ma mi rendo conto che nell’ottica del poco e compatto per viaggiare leggeri, una bustina di qualsiasi cosa avrebbe certamente pesato!
Sbadatissima e disorganizzata viaggiatrice dell’ultimo momento che non sono altro.
Ecco cos’ero, in definitiva. Altro che pioniera alla ricerca di mondi perduti!
Mi feci forza e scesi a Chatillon.
Molto romantico questo nome. Leggermente fuorviante.
Non sapevo più dove mi trovavo.
Ancora in Italia? Già in Francia? Resto del mondo?
Ormai era pomeriggio inoltrato e il sole stava dolcemente tramontando.
L’aria era diventata finalmente fresca e pulita e intorno un bel silenzio pastoso.
Niente ronzii di auto e camion, niente fastidi e rumori provenienti da qualsiasi perfida fonte.
La pace.
E chissà a Chamois, pensai.
Era anche una delle poche volte in cui viaggiavo da sola in un misto di sentimenti tra il titubante e l’orgoglioso.
Mi sentivo leggermente ritrosa ma al tempo stesso stavo assaporando la mia assoluta libertà. Mi stavo trasformando rapidamente in una potenziale cittadina di questo Chamois, entrato nella mia vita casualmente ma prepotentemente a tal punto che me ne chiedevo il motivo.
Sono una sostenitrice del “nulla accade per caso” e questo mi bastava per non farmi prendere il primo treno di ritorno verso la civiltà.
Non che qui fossimo tra i trogloditi, si intende ma non so perché, l’ambiente mi era ostile.
Non lo stavo abbracciando e lo trattavo invece come un posto di passaggio quale in effetti era, tutto sommato.
La mia meta era un’altra.
Un po’ più in la’, un po’ più in su.
Ma anche avessi voluto fare dietrofront, il prossimo treno da Chatillon sarebbe stato l’indomani. Tanto valeva darmi da fare e cercare la stazione degli autobus per arrivare a Buisson, una ennesima tappa prima di salire sulla vetta su questa fiammante funivia tanto pubblicizzata dal sito web.
Meno male che sono partita prestissimo da casa.
E poi perché mi stavo facendo sopraffare dalla malinconia?
Ma dai, è solo una mini vacanza in un minipaese.
Se non mi convincerà, farò anche presto a tornarmene sui miei passi.
E’ anche vero che non ho prenotato e quindi nessuno mi aspetta, nemmeno uno straccio di albergatore.
Ci si sente cosi’ accolti e ben accetti quando si arriva nella hall di un posto qualsiasi e ci si sente chiamare per nome.
“Signorina Tal dei Tali, benvenuta! La stavamo aspettando, sa? “
Adorabili bugiardi.
Sai benissimo che non è vero. Si sono accorti della tua venuta solo nell’attimo in cui hai presentato il tuo vaucher prepagato ma il loro sorriso resta falsamente sincero e a te, avventore spaesato e desideroso di una doccia e di un letto pulito nella tua tana temporanea, va benissimo cosi’.
Li amo già, questi operatori turistici.
La sera si avvicina a lunghi passi.
Le montagne di fronte a me stanno diventando violacee mentre prima erano di un bel rosa e la piccola piazza della stazioncina di Chatillon è ormai tutta all’ombra.
Brutto segno. Mi devo muovere.
La notte mi rende ansiosa se non sono in un luogo certo.
“Scusi, il pullman per Buisson?”
“Qui di fronte” mi rispose un signore dal meraviglioso accento francese.
Il che mi fa considerare ancora una volta il mistero dei luoghi di confine.
Non si sa più se si appartiene a questo o a quel paese.
Le abitudini si fondono e ci si sente un tutt’uno, il confine non esiste, i dialetti sono simili, si condividono le feste Patronali.
Si confondono religioni e ricette di cucina, negozi per la spesa e prodotti locali.
Si condividono tradizioni anche se le carte d’identità parlano chiaro.
Di qua si danno nomi francesi alle cose, di la’ nomi italiani.
Ci si sente partecipi delle lotte politiche e delle notizie di cronaca dei vicini di casa che pero’ hanno la caratteristica di appartenere ad un‘altra Nazione. Si è più vicini a Parigi che a Roma.
Italofrancesi e francoitaliani.
Nessuna barriera ma tutto avvinghiato come le uova e lo zucchero, il latte e la farina per un appagante risultato d’insieme.
E in mezzo solo una montagna…
Eccolo, il pullman ma per meglio inserirmi nella mia avventura montana, lo chiamerà d’ora in poi “corriera”.
Con la corrierina arriverò a Buisson e da li’ se Dio vuole, prenderò la famigerata e tanto reclamizzata funivia per il paesino più piccolo del mondo.
Fino a che ora sarà in funzione questo ascensore volante?
Ecco, mi sta prendendo un’ansia che certo non mi fa bene.
Volevo rilassarmi e invece…
Forse e’ il momento di chiedere seriamente all’Ufficio informazioni e smetterla di giocare a Candy Candy.
Adesso non posso sbagliare o perdere tempo.
Sono in viaggio da tutto il giorno, l’adrenalina e’ sotto i tacchi e non sono più cosi’ sicura di voler salire su questo balcone assolato ai piedi del Cervino.
Ma e’ solo un po’ di scoraggiamento dovuto alla preoccupazione di non essere ancora giunta a destinazione, mi dico, Per cui, forza e coraggio. Punto dritta a quella vetrata sulla quale spicca una grossa I di info.
Ne uscii dopo tre minuti molto soddistatta.
In fin dei conti, bastava chiedere.
Per scoprire che da qui a Buisson ci sono solo pochi chilometri tutti percorribili sulla strada regionale R46 e la funivia presta servizio fino a tardi d’estate.
Bene. Un problema e’ risolto.
Andiamo, valigia cara. Vieni con me. Mi sei tornata abbastanza leggera.
Ho detto “abbastanza”. Non leggera del tutto.
Chamois ci stava aspettando, con tutto il suo carico di fascino e storie nascoste tra i fili dell’erba e le onde del Lod, il lago più piccolo del mondo nel paese più piccolo del mondo.
Cosa mai poteva capitarmi con delle premesse cosi’?
Niente.
Calma piatta…Forse.
20 febbraio 2009 alle 5:39 pm
Curioso scrivere: “nella Valle di Valtournenche” un po’ come dire ” nella Valle di Valtellina” o no?
20 febbraio 2009 alle 5:47 pm
ah, puo’ essere.
l’ho preso da internet.
in questo momento sono cme Salgari ( anche se il paragone e’ davvero blasfemo e me ne scuso fin d’ora) nel senso che scrivo di luoghi che non conosco
comunque grazie per la segnalazione che correggero’.
questo e’ un primo capitoletto di una cosa che sto scrivendo.
22 febbraio 2009 alle 10:57 am
Dunque, a mio parere 4 stelline ci stanno tutte, ma non 5.
Il tuo reportage di viaggio è affascinante, coinvolgi il lettore e lo porti per mano verso i luoghi che hai visitato, facendogli assaporare sensazioni ed emozioni. Ti do una stellina meno a causa degli errori d’ortografia, che devi assolutamente eliminare. Ad un concorso, quel tipo d’errore ti farebbe subito escludere dalla lizza dei vincitori, e sarebbe veramente un peccato, in quanto tutto il resto è davvero valido.
Forza, allora! Datti da fare!!! :-):-)
Ciao!!!
23 febbraio 2009 alle 2:36 pm
grazie, Emmy!
mi sei prezioso e penso tu lo sappia
ho necessita’ che tu midi ca pane al pane altrimenti i progetti non decollano mai
e le tue 4 stelle sono per me un firmamento!
11 marzo 2009 alle 9:45 pm
Non immaginavo … mi hai fatto ricordare mille cose, ci sono stato anni fa e ho camminato tanto tanto tanto. Poi fotografato tanto tantissimo. Mi è piaciuto. Sarebbe bello mettere le foto nei racconti …no?
12 marzo 2009 alle 8:20 am
ciao Olaf e che piacere!
a forza di scriverne senza esserci stata,mi sembra quasi che esista solo nella mia fantasia.
quindi ti chiedo se hai info, ricordi, particolari da raccontarmi, ne farei buon uso
in quanto alle foto, io nn riesco ancora a postarle ma se tu riesci,ti prego di metterne qualcuna qui.
un bacio con affetto e adfesso vado a leggere i tuoi occhi.
ci pensero’ su durante la lezione di pilates e oggi mi faro’ viva di nuovo,
cate
10 maggio 2010 alle 6:40 pm
Ciao Caterina! il tuo racconto di Chamois è molto carino e lho messo il link su gruppo di fb amici di Chamois.
Io abito a Chamois… ciao e torna a trovarci…ma chi è orso??
11 maggio 2010 alle 2:15 pm
ciao Hermes!!! grazie.
come faccio ad accedere al link su Chamois?
ho cose da dirti
w Chamois!
11 maggio 2010 alle 3:38 pm
ancora per Hermes,
ti ho trovato in fb! li’ sono Titta Savio
Caterina e’ il mio secondo nome
7 marzo 2014 alle 4:02 am
Typically I really don’t go through post about websites, however need to state that the following write-up incredibly forced my family for you to do thus! Your own composing flavour may be stunned me personally. Cheers, pleasant posting.