Le Storie del Cinghiale

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Magazzino Provvisorio M55 – Xonn il Grande

Pubblicato da diego il 4 aprile 2008

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Clelius venne assunto all’SMI (Società Mineraria Intergalattica), e trasferito sull’LW-430, dove erano a corto di manodopera. Tenuto conto del bel curriculum e tutto il resto aveva sperato in qualcosa di meglio, ma siccome qualcosa di meglio non era venuto aveva dovuto fare buon viso a cattiva sorte. Così andava la vita.

Considerato su scala galattica, l’LW-430 era un planetoide di dimensioni trascurabili. Possedeva caratteristiche orbitali insignificanti: normale gravità, normali cicli di rotazione e rivoluzione, normalissima alternanza del giorno e della notte. Un’atmosfera perfettamente respirabile. La superficie non si discostava da quella di altre migliaia di pianeti già esplorati: fiumi, ghiacciai, grandi specchi d’acqua dolce e mari di piccole dimensioni. C’erano svariate catene montuose, nessuna delle quali superava i duemila metri, e c’era anche una macchia desertica dov’era impossibile avventurarsi, perché infestata da formicaleoni grandi come palazzi di cinque piani.

Era insomma un luogo abbastanza ameno, e tuttavia snobbato dalle principali guide turistiche spaziali per un comprensibile motivo: al suo interno celava il più grosso magazzino minerario della SMI, come dire il più grosso della galassia. Da quelle parti, dunque, il traffico di cargo commerciali era a dir poco caotico. Nessuno avrebbe voluto visitare un pianeta il cui cielo era solcato ogni minuto da decine di navi puzzolenti e rumorose.

Appena sbarcato sull’LW-430, Clelius era stato definito matricola KJ-779, aggregato alla Squadra di Scarico ZX-711-F, e assegnato al Magazzino Provvisorio M55.

Magazzino Provvisorio, sull’LW-430, era la definizione per gli stanzoni spogli di un chilometro di spigolo dove i cargo atterravano e venivano scaricati. I magazzini di stoccaggio, dove invece le merci erano conservate, si trovavano ai livelli inferiori e naturalmente erano molto più grandi.

In dirittura d’arrivo per finire il suo turno di otto ore, Clelius stava consultando la tabella degli orari di sbarco (modulo YF-6). Fischiò, e un momento dopo Duccius lo raggiunse. Nella sua prima settimana di lavoro, Duccius era l’unico collega con cui Clelius fosse riuscito a stringere una vaga forma di amicizia: in una stanza di un chilometro cubo risultava piuttosto difficile avere qualcuno a tiro per una chiacchierata.

-C’è segnato un cargo alle 09.08- disse Clelius. –L’hai visto?

Duccius guardò verso l’apertura che dava all’esterno. S’intravedeva il cielo nelle tinte delicate del mattino, qualche pallida stella, ma nessuna nave in avvicinamento.

-Da dove arriva?

-Sistema Nepto. Sessanta kiloton di ferrite radioattiva. Termine scarico 09.28, controllo e delibera entro le 09.35 e smistamento per il Magazzino K66-bis. Se non arriva entro due minuti non ce la faremo mai.

Duccius guardò di nuovo il vano d’ingresso. I suoi occhi si piegarono in un’espressione di estrema sofferenza. -Hai avvisato il capo?

-Certo che no… sei tu il caposquadra, dovresti farlo tu!

Duccius si grattò la testa glabra. Non aveva più capelli da quando era stato contaminato da una fuoriuscita di materiale tossico un paio d’anni prima. Con suo enorme rammarico, l’incidente non era stato ritenuto sufficientemente grave da fargli avere il congedo dall’LW-430.

-Probabilmente lo sa già- disse. –Voglio dire: dopotutto chi è che ci consegna le tabelle di sbarco?

Clelius si trovò d’accordo. Nel suo primo mese di lavoro, aveva già imparato alcune fondamentali regole di sopravvivenza:

a) Non aprire i container sigillati ermeticamente.

b) Non litigare con i piloti zentriani per l’odore dei loro tentacoli.

c) Non irritare mai il capo magazziniere Lupus.

-Bene- disse Clelius. –Comunque io non ne voglio sapere. Tra un’ora finisco il turno e devo andare a prendere Lutezia allo spazioporto.

-Chi?

-La mia fidanzata.

-Non sapevo che avessi una fidanzata.

-Te ne avevo parlato il primo giorno, invece. Me lo ricordo benissimo.

-Non mi pare proprio.

-Invece si! Ecco.

Mostrò a Duccius la sua tabella elettronica, dove aveva caricato una foto di Lutezio come sfondo. Duccius l’ammirò grattandosi la pelata e poi il mento, altrettanto pelato. –Però… che bionda!

-Voglio chiederle di sposarmi- disse Clelius.

-Sposarti? Ehi, frena, sei arrivato appena da un mese.

-E allora?

-Dico, non ti hanno avvisato che non puoi recedere il contratto prima di tre anni? E i contratti dell’SMI sono a prova di bomba, te lo assicuro. Lo sa Dio se non hanno cercato tutti di andarsene, ma non c’è verso. Chiedi pure a chi vuoi.

Clelius fece una smorfia, poi disse: -Abiteremo qui per qualche tempo. Non ho perso del tutto le speranze per il trasferimento. E poi Lutezia è un tipo adattabile.

-Bè non te la prendere, amico, però la maggior parte delle mogli fanno i bagagli dopo la prima settimana. Anche mia moglie era venuta, non te l’ho raccontato? Una volta aveva steso il bucato fuori. Dieci minuti dopo è passato un cargo zentriano da trecentomila kiloton con i retromotori al massimo, e ha vaporizzato le lenzuola del corredo. Quando sono tornato a casa mi aspettava in piedi. Mi ha detto ‘Duccius, io torno da mia madre. Sii così gentile da raggiungermi quando avrai finito di giocare al magazziniere su questo pianeta orribile!’. Proprio così ha detto. Era davvero inferocita, credimi.

-Oh! Però tu sei ancora qui…

-Abbiamo divorziato un anno fa- disse Duccius. –Ormai è acqua passata. È solo che nessuna donna accetterà mai di farsi bruciare le lenzuola da un cargo zentriano. Nemmeno la tua.

-Lutezia non è quel tipo di donna.

Duccius alzò le mani. –Io sto solo cercando di evitarti delle grane. Comunque fai come ti pare.

-Lupus!

Lupus zizzagava sul suo motopattino a gravitazione controllata.

Quando Clelius lo vide era già a metà strada e in un battibaleno frenò davanti a loro.

Il capo magazziniere Lupus era severo, terribile ed efficiente. La sua divisa grigia era sempre rigida e stirata. Non aveva mai un capello fuori posto. Mai un lembo della sua camicia osava avventurarsi fuori dai pantaloni, né un pelo sporgere dalla narice. Ai piedi indossava una cosa che da più di cinque secoli nessuno si azzardava più a portare in pubblico: stivaletti lucidi in vera pelle. Nessuno aveva ancora capito come li avesse avuti, ma nel Magazzino Provvisorio M55 i colleghi anziani raccontavano ai nuovi magazzinieri come Lupus si fosse procurato la pelle per gli stivaletti scorticando un suo sottoposto particolarmente fannullone. Dopo aver conosciuto Lupus, Clelius faticava a credere che fosse una panzana.

-Che cos’è questa riunione? Non avete da lavorare?

-Signor Lupus, noi stavamo constatando proprio adesso…

Lupus incrociò le braccia muscolose sul petto. –Un’ora di demerito, matricola KJ-779. Comma 1/6, Regolamento Interno. Quando siete interrogati dal superiore è il collega anziano a dover rispondere

Clelius tacque all’istante. Un’ora di demerito non era un prezzo così terribile per lasciare l’incombenza a Duccius.

Duccius si schiarì la gola. –Ecco signor Lupus, c’è segnata sul modulo YF-6 una nave Neptiana con sessanta kiloton di ferrite radioattiva, ma non è ancora arrivato nessuno, e così ci domandavamo se…

-La vostra tabella non è aggiornata.

Duccius non osò proseguire. Lui e Clelius restarono in attesa di spiegazioni.

-La nave Neptiana è stata dirottata in orbita statica intorno al pianeta- disse Lupus. –Hanno segnalato una fuoriuscita di ferrite da uno dei container, e il controllo l’ha messa in quarantena. Sfortunatamente il loro radiofaro di segnalazione a lungo raggio era guasto, così hanno potuto avvisarci solo un’ora fa.

Quell’improvviso colpo di fortuna fece sobbalzare Clelius.

-Signor Lupus- disse. –In questo caso potrei forse terminare il mio turno qualche minuto prima. Dovrei recarmi allo spazioporto per…

Lupus afferrò la tabella di Clelius e vi appoggiò sopra la propria penna elettronica, trasferendovi una serie di dati. –Ecco la nuova tabella con il primo scarico. A causa del ritardo dei Neptiani, ho dovuto aggiornare tutti gli scarichi delle prossime ventiquattr’ore. Avremo piuttosto da fare, da adesso in avanti. Hai controllato le griglie di scarico, matricola JH-765?

-Non ancora, signor Lupus- disse Duccius. –In verità ho avuto un po’ da fare con quei container Sigmax. Duilius… voglio dire la matricola KL-981 li aveva accatastati in disordine, e così io…

-IO HO OR-DI-NA-TO che quelle griglie fossero pronte entro le 09.45! Se non saranno libere prima dell’arrivo dei cargo zentriani, rimpiangerai di essere nato JH-765!

Stava per risalire sul motopattino, quando Clelius lo chiamò, in preda alla disperazione.

-Signore, avevo chiesto che mi fossero condonati gli straordinari, oggi. Arriva la mia fidanzata e io…

-Te ne andrai finito il turno, KJ-779, non un minuto prima. C’è un cargo sul sentiero di discesa.

Detto questo, Lupus diede manetta al motopattino e schizzò in alto in direzione del suo ufficio. Le immense pareti del magazzino vibrarono proprio in quel momento, segno che una nave di grossa stazza stava terminando le manovre di avvicinamento.

-Ehi- disse Duccius. –Mi viene un sospetto. Fa un po’ vedere quella tabella…

Clelius gli passò la tabella, e insieme sbirciarono il nuovo programma di scarico.

-Oh, Dio…

-Che c’è?

-Un carico di grattarola.

-Un… cosa?

Duccius gli indicò la casella dove era segnato il carico della nave. –Corniolite solforosa. Quì la chiamiamo grattarola.

-E perché?

-Bè, mettiamola così… ponendo il caso che uno di quei container si apra per errore, avrai modo di scoprirlo. Ah, ma non è quello il problema.

-E quale sarebbe il problema?

In poche parole, Duccius gli spiegò qual’era il problema.

La corniolite solforosa, un minerale utilizzato per aumentare la conduttività dei cavi elettrici, veniva prodotta su Tzaboon, un remotissimo sistema al limite esterno della galassia. Gli Tzaboniti erano una popolazione poco numerosa e male in arnese, e il commercio della corniolite era il loro unico sostentamento. Per trasportarla utilizzavano enormi navi a noleggio, per lo più di seconda mano e rappezzate alla meno peggio, e per contenere i costi le affidavano ad un solo pilota. Il poveretto era costretto a sciropparsi un viaggio solitario di ventidue parsec, nel vuoto e nel gelo dello spazio profondo. Arrivati a destinazione, i piloti Tzaboniti erano tutti un po’ –comprensibilmente- scombussolati.

-Quanto ci metteremo?- chiese Clelius preoccupato.

-Non molto, se il pilota non è troppo sbalestrato.

In quel momento un boato tremendo scosse il magazzino, seguito da uno stridio di travi metallici piegati.

-Bè- disse Duccius sconsolato. –Forse in questo caso ci metteremo un po’…

Un’ombra gigantesca oscurò il vano di entrata.

Comparve una paratia metallica sterminata. I magazzinieri che orbitavano nei pressi del vano sui loro convogli a sospensione di gravità parevano minuscoli come moscerini.

La nave si piazzò lentamente davanti all’ingresso. Si girò di tre quarti, soffiando getti di vapore dai fianchi e mostrando un grugno ottuso. Un soffio di fumo nero scaturì improvvisamente da una paratia male imbullonata, investendo uno dei magazzinieri. Lo sfortunato schizzò fuori dalla nube tossendo così forte da farsi sentire in tutto il magazzino, lui e il suo carrello ridotti al colore di uno spazzacamino al termine di una giornata molto lunga.

Con un clangore immenso, la nave Tzabonita si agganciò infine ai trasportatori magnetici, spense i retromotori e si appoggiò dolcemente a terra.

Clelius e Duccius balzarono sui loro carrelli a sospensione e si diressero a tutta velocità verso la nave. Sul fianco destro una gigantesca paratia pressurizzata soffiava come una serpe impazzita.

Duccius rallentò e fece segno a Clelius di fermarsi.

-Ci siamo- disse. –Tu non fare gesti, mi raccomando. Lascia parlare me.

-Ma che stai dicendo?

-Non credo che tu abbia mai avuto a che fare con un pilota Tzabonita.

-No, ma…

In quel momento la paratia pressurizzata si dischiuse con un gran sibilo, e il portellone venne giù come una bocca spalancata.

Stavano lì in attesa, appoggiati ai loro carrelli, quando l’apertura vomitò una musica assordante. Clelius, con le orecchie tappate, gettò uno sguardo interrogativo a Duccius, che si strinse nelle spalle. La musica proveniva da un paio di grossi amplificatori artigianali appiccicati ai lati del portellone col nastro adesivo. Sembrava una specie di vecchia marcia militare.

Un tappeto rosso, pieno di buchi e bruciacchiato, rotolò giù per la scalinata metallica, fermandosi a pochi centimetri dagli scarponi dei due magazzinieri. Quando Clelius sollevò nuovamente lo sguardo, il pilota Tzabonita era comparso.

Guardava fisso davanti a sé, serio come il capo magazziniere Lupus quando sorprendeva qualcuno a sonnecchiare in sala mensa. Clelius non aveva mai visto uno Tzabonita prima di allora. Era alto come un bambino (un bambino di bassa statura), aveva un collo eccessivamente lungo, rastremato verso l’alto, una testa enorme a forma di zucca e due piccoli occhi neri penetranti. La bocca era una breve ferita orizzontale.

Lo Tzabonita aveva le spalle drappeggiate da un malconcio panno rosso, che sembrava ritagliato da un angolo del tappeto. Impugnava nella mano destra una chiave idraulica lunga mezzo metro, come se avesse appena terminato una riparazione urgente alle condutture di refrigerazione del sistema frenante.

-Lunga vita a Xonn!- disse lo Tzabonita, sollevando la sua chiave idraulica.

Aveva una voce insospettabilmente stentorea. Di nuovo Clelius guardò Duccius con aria perplessa, e il collega gli fece capire di non dire una parola. Evidentemente aveva una certa dimestichezza nello scarico di navi Tzabonite.

-Lunga vita a Xonn!- ripeté il pilota.

-Lunga vita!- disse Duccius.

-Chi è Xonn?- chiese Clelius, guadagnandosi un’occhiataccia.

-Io è Xonn!- disse lo Tzabonita. –Lunga vita a Xonn, imperatore di tutta galassia!

I suoi piccoli occhi neri si dilatarono. Due pupille color carbone galleggiavano entro cornee bianchissime. Non aveva palpebre.

Il piccolo essere scese la scaletta con passo traballante, reggendosi alla ringhiera e mulinando debolmente la chiave idraulica.

-Prostrate voi a Xonn!- intimò. –Prostrate a Xonn, imperatore di tutta galassia!

-Prostrati- disse Duccius. –È meglio assecondarlo.

Si inginocchiarono e stesero le braccia in avanti.

-Mi sento un perfetto idiota- disse Clelius. –Pensa se Lupus fosse alla finestra adesso…

-Se vuoi arrivare per tempo allo spazioporto, fa silenzio.

Clelius pensava di aver parlato piano ma lo Tzabonita, nonostante sembrasse sprovvisto di orecchie, aveva un udito perfetto. Qualcosa di pesante –pesante all’incirca come una chiave idraulica- lo colpì all’attaccatura delle natiche strappandogli un gemito.

-Silentio, subcreatura! Voi abitanti di galassia è tutti servi di Xonn! Alzate voi, ora! Xonn ordina: alzate voi!

I due magazzinieri si rialzarono in piedi. Clelius si massaggiò la schiena dolorante.

-Non possiamo scaricarlo e basta? Ti ho detto che devo andare a prendere Lutezia, non ho certo tempo da perdere con questo sciroccato.

-Non ci farebbe nemmeno avvicinare alla nave. Comunque non ti preoccupare, credo di aver capito come prenderlo.

-Silentio, ha detto Xonn!- Lo Tzabonita si avvicinò a rapidi passetti. –Cosa confabula voi? Xonn vuole sapere! Voi parla! Voi dice me! Voi è spie di ribelli Xantriani?

Duccius colse subito la palla al balzo. Spalancò gli occhi come se avesse appena ricevuto la più terribile delle ingiurie, cosa che impressionò alquanto lo Tzabonita.

-Maestà, mi meraviglio di voi! Un’accusa così grave… proprio al vostro Gran Ciambellano!

Lo Tzabonita tacque. Osservava Duccius con un certo sospetto, ma dietro quel sospetto andava montando l’ombra dell’incertezza. Tirò Clelius per una manica.

-Ciampellano?- gli domandò in un orecchio. –Illo è ciampellano, sicuro?

-Certo, ehm… altezza! È comprensibile che dopo un viaggio così lungo non lo abbiate riconosciuto subito.

La minuscola bocca dello Tzabonita si dilatò con rapidità impressionante, fino a raggiungere il punto in cui avrebbero dovuto trovarsi le orecchie. I suoi occhi si rasserenarono. Il suo viso rotondo si distese. Sorrise.

-Ciampellano! Io certo ricorda! Xonn dimentica niente! Imperatore di tutta galassia niente dimentica!- riafferrò la manica di Clelius e se lo tirò nuovamente vicino. –E come suo nome, di gran ciampellano?

-Cippiripù!- disse Clelius.

Xonn si batté la chiave idraulica sulla fronte con gran violenza. -Ciampellano Cippiripù. Mmm… si, si! Xonn ricorda! Fedele Cippiripù, ciampellano!

-Mi compiaccio, vostra maestosità- disse Duccius. –Sono lieto di comunicarvi che la ribellione Xantriana è stroncata. Le vostre truppe hanno sbaragliato le difese di Bambalù, la loro ultima roccaforte, e i capi dei rivoltosi giacciono in catene nelle patrie galere.

-Noi… vinciuto?

-Sì, vostra immensità! Nessuno resiste più al potere di Xonn il Grande!

Lo Tzabonita accolse la notizia come colto da un principio di infarto: cominciò a respirare a grandi boccate e si aggrappò al corrimano della scaletta. Guardò Clelius e poi guardò Duccius e infine roteò su sé stesso guardando in tutte le direzioni. Guardò anche su, verso l’ufficio di Lupus.

-Vinciuto…- disse. –VINCIUTO! Impero di Xonn il Grande è SALVO!

A quel punto emise un lungo raglio che Clelius interpretò come una risata.

-Perdonatemi, vostra gigantezza, ma noi dovremmo…

Ma lo Tzabonita non ne voleva sapere di scaricare il suo cargo. Si sedette a terra, continuando a ridere, e infine si distese in preda a convulsioni irresistibili, e cominciò a girare su sé stesso, elettrizzato. Batteva la chiave idraulica contro il pavimento facendo un fracasso terribile ma, stava notando Clelius, nessuno degli altri magazzinieri si avvicinava per chiedere spiegazioni. Non era affatto la prima nave Tzabonita che attraccava al Magazzino Provvisorio M55.

Clelius lanciò a Duccius un’occhiata supplice, mostrandogli l’orologio.

Duccius rifletté sul da farsi.

-Detesto fare così- sussurrò pianissimo. –In fondo non è colpa sua.

-Ti prego…

Duccius si chinò sullo Tzabonita.

-Maestà- disse.

Xonn aprì un occhio bagnato di lacrime.

-Maestà, avete fatto controllare la vostra nave prima della partenza?

-Perché controlla, ciampellano?

Duccius sospirò con impagabile maestria. –Sire, allora nessuno vi ha avvisato della Polverina Gargantua?

Le risate dello Tzabonita si affievolirono. -Che dice ciampellano?

-Ecco, vostra vastità… prima della caduta le ultime resistenze Xantriane contaminarono le stive delle nostre navi con la Polverina Gargantua. Come saprete è bandita da tutti i trattati intergalattici, ma questo non ha fermato quelle ignobili creature.

Xonn si drizzò a sedere e poi balzò in piedi, allarmato. –Polperina?- strizzò un lembo della camicia di Duccius con i ditini tozzi. –Cosa polperina, ciampellano?

Duccius socchiuse gli occhi. –La Polverina Gargantua, se ti piglia fa la bua!

Xonn strillò. Mollò la camicia di Duccius e cominciò a piangere.

-Xonn ha preso polperina!- gridò. Cominciò dapprima a tastarsi e poi a grattarsi furiosamente. –Io sentiva me poco strano… Xonn sicuro preso polperina! Aiuta Xonn, ciampellano! Aiutate Xonn!

-Dobbiamo decontaminare la nave- disse Duccius. –Prelevare il carico e sottoporlo agli esami. Dobbiamo eliminare ogni grammo di Polverina, prima che il pianeta venga infettato.

-Che aspetta, ciampellano! Tu muove sedere! Scarica nave, presto, presto! Xonn ha preso polperina sicuro! Xantriani malefici… Xantriani spregevoli! Ha dato polperina a Xonn!

Lo Tzabonita sospinse Clelius e Duccius verso il portellone della nave, adoperando la chiave idraulica come un pungolo per bovini. Mentre salivano sui loro carrelli a sospensione lo videro spogliarsi del mantello consumato e controllarsi accuratamente ogni centimetro del piccolo corpo.

-Ma fanno sempre così?- chiese Clelius.

-Anche peggio. Cerca di capirli… tutta quella strada senza mai parlare con nessuno, senza vedere un’anima. Una volta ne è atterrato uno che pensava di essere il capo dei ribelli Xantriani. Comunque sono divertenti, sai, se li prendi per il verso giusto.

-Un corno! Guarda che ora abbiamo fatto!

-Su, adesso non esagerare. Non ci metteremo molto a scaricare la grattarola. Tu bada solo a non far cadere uno di quei container, altrimenti sì che saranno guai.

Cominciarono così ad inforcare i container di corniolite impilati nella stiva, grandi come vasche da bagno.

Come aveva predetto Duccius, non impiegarono più di un’ora.

Quando terminarono, Xonn il Grande sedeva sul pavimento, con la mantellina ripiegata di fianco a sé. Stava ripulendo la cima della sua chiave idraulica e canticchiava a bassa voce.

-Bè, senti- disse Clelius. –Il turno è finito e io devo proprio andare. Se quando arriva Lutezia non sono allo spazioporto con un mazzo di fiori avrò di che nascondermi dentro uno di quei container di grattarola. Ci pensi tu a far firmare i moduli a quel folle?

-Sì, sì, ci penso io.

-A buon rendere, allora.

Si stavano stringendo la mano quando la tabella di scarico nel taschino di Clelius vibrò.

-Che succede adesso?

Anche la tabella di Duccius cominciò ad agitarsi.

-Uno scarico urgente.

-Oh, no… non adesso!

Lessero le istruzioni sulle tabelle.

-Un cargo in arrivo alle 11.32- disse Duccius. –Questa è proprio grossa… hai visto cosa arriva?

Clelius aveva visto. –Oh, santo cielo, ma io ho una dichiarazione di matrimonio da fare! Nessuno vuole starmi a sentire?

-Senti, squagliati prima che Lupus se ne accorga. Gli dirò che le istruzioni di scarico ci sono arrivate subito dopo che te ne sei andato. Troveranno qualcuno per sostituirti.

-Sei veramente un amico, Duccius. Ti devo un favore.

Clelius controllò che Lupus non fosse alla finestra, quindi montò sul suo carrello a sospensione e lo lanciò a tutta birra verso gli spogliatoi.

Quella formazione montuosa che i magazzinieri dell’LW-430 chiamavano le Colline Azzurre erano uno dei più bei posti di tutto il planetoide: era ammantato da una curiosa erba dalle infiorescenze celesti, e così per undici mesi all’anno (escluso il mese in cui le salamandre bovine migravano rosicchiando tutta l’erba fino alle radici) passeggiare sulle Colline Azzurre era come camminare sul mare, in mezzo a onde immobili e colossali.

In quello splendore passeggiavano Clelius e Lutezia, tenendosi per mano.

Clelius aveva quasi avuto l’impressione di poter fare la sua dichiarazione in santa pace, perché Lutezia, dopo essersi lamentata delle condizioni disastrate dello spazioporto, si era calmata, lasciandosi affascinare dalla natura incontaminata del planetoide.

La pace tuttavia non era durata molto.

Come Duccius aveva predetto, e come Clelius aveva temuto, dapprima una nave di nazionalità sconosciuta li aveva sorvolati diretta all’imbocco del Magazzino Provvisorio M89 (che si trovava appena al di là delle Colline Azzurre), sfregiando l’azzurro del cielo con una scia oleosa di fumo nero. Clelius allora aveva tentato di distrarre Lutezia, mostrandole uno stormo di anatre arcobaleno che volavano alla loro destra in formazione a V. In quel momento però era sceso un cargo Chilita di piccolo tonnellaggio. Dal portellone aperto si affacciavano alcuni tizi dalla faccia dipinta. I Chiliti discendevano da migliaia di generazioni di cacciatori, e in mezzo a spaventose urla avevano fiocinato tutte le anatre arcobaleno, issandole a bordo prima di dirigersi al loro magazzino di destinazione. Inorridita dalla scena, Lutezia, che da qualche anno aveva scoperto di possedere una vena ambientalista piuttosto marcata, aveva folgorato Clelius con un’occhiataccia chiedendogli spiegazioni, e Clelius non era stato in grado di trovarne nessuna.

-Clelius, voglio essere del tutto sincera con te- aveva detto Lutezia ad un certo punto. Una nave di classe Delta II, grande come una montagna, stava attraversando placida il cielo. Un nugolo di navette di supporto le ronzavano intorno come moscerini. –Ho riletto il tuo contratto con l’SMI, come ti avevo detto, e non mi convince affatto quella clausola dei tre anni. Non sono sicura di voler rimanere su un pianeta come questo per tre anni… Mia sorella Pancrazia mi aveva avvisata, ma io sono venuta lo stesso per amor tuo. Ebbene, sono qui da poche ore e io…

Non riuscì a terminare la frase, perché uno stridore fragoroso le strappò le parole di bocca. Lutezia si tappò le orecchie, mentre una nave sorvolava le loro teste a bassissima quota. Il rumore era quello dei retromotori frenanti alla massima potenza, segno inequivocabile della particolare natura del carico. La nave ondeggiava e vibrava paurosamente.

Oh, eccola, pensò Clelius. E con questa abbiamo fatto tombola…

Era il cargo diretto al suo magazzino.

Notò che le labbra di Lutezia andavano formando parole, ma lui non poteva sentirla. Attese che il cargo si allontanasse.

-… e con questo spero di essermi spiegata, Clelius. Prenderò il primo spaziotaxi disponibile e tornerò alla stazione orbitante Mirax, a casa di mia sorella, e quando tu avrai risolto la situazione con l’SMI potremo finalmente riparlare dei nostri progetti futuri, ma fino a quel giorno…

-Tesoro, forse dovresti prenderti qualche giorno prima di decidere. Non hai ancora visto le cascate di acqua sulfurea! Ecco, sono laggiù, poco dopo quella fila di alberi, vedi?

-Non voglio vedere nessuna cascata! Con tutto questo traffico di navi, quelle cascate saranno più inquinate di una discarica di plutonite!

Con una mossa repentina, Clelius s’inginocchiò e sfilò dalla tasca la scatoletta con l’anello. Era un anello con un brillante di purissima sanguinella (diamantite rubescente) che aveva comprato di straforo da un magazziniere del Magazzino K34.

-Che stai facendo?- gli domandò Lutezia, cercando di ritirare la mano che Clelius aveva afferrato. –Sei impazzito?

-Accetteresti di sposarmi, Lutezia?

Lutezia lo guardò negli occhi per sincerarsi delle sue intenzioni, e Clelius in quel momento era drammaticamente serio. –Oh, sei proprio un pazzo, Clelius. Lo sai benissimo che ti amo, ma accettare la tua proposta in questo momento significherebbe dovermi trasferire su questo planetoide terribile, e questa non ho davvero intenzione di farlo! Alla tua prima licenza vieni a casa di Pancrazia, così potremo discutere, senza il pericolo di restare bruciati dai motori di qualche nave.

-Non è poi così brutto, questo posto- disse Clelius. –Ti prego, accetta il mio anello!

Lutezia ritirò invece la mano e si strinse le braccia intorno alla vita. –Clelius, mi dispiace. È la mia ultima parola. Accetterei di sposarti… solo se il sole sparisse in questo istante!

Era un modo come un altro per rifiutare.

Qualcosa nel taschino di Clelius ronzò. Era la tabella di scarico del Magazzino Provvisorio M55, che aveva dimenticato di riporre nell’armadietto prima di andarsene. Erano le 11.32 in punto.

In lontananza si udì una specie di boato, che si disperse in una lunga vibrazione.

Una brezza cominciò a soffiare spazzando la cima delle Colline Azzurre.

-Che sta succedendo, Clelius?- chiese Lutezia. –Senti che razza di vento… e tu vorresti che io…

L’orlo del vestitino le sbatteva contro le gambe, la brezza divenne un vento, e il vento mutò in una bufera. Lutezia si aggrappò a Clelius, spaventata.

Il cielo si oscurò.

Da dietro l’angolo della giacca del fidanzato, Lutezia assisté in preda al panico ad un inspiegabile fenomeno: il sole scendeva verso l’orizzonte a velocità sostenuta. In un baleno fu il crepuscolo, e poi la sera, infine il sole s’inabissò e venne la notte, e le stelle occuparono il cielo.

Lutezia cominciò a piangere e strillare.

-Su, calmati Lutezia. Non è niente. Non è niente.

-Che succede?- strillò lei. –Che cosa è successo?

Il sole in effetti non si era spostato di un centimetro, a voler ben vedere, era l’orizzonte che si era sollevato. Accadeva ogni volta che sul pianeta atterrava un cargo di pesantite tertiana. La pesantite aveva una densità di sei milioni di kiloton al centimetro cubo. Alle 11.32 un cargo ne aveva scaricati cinquanta metri cubi al Magazzino Provvisorio M55, inclinando l’asse dell’LW-430 di una trentina gradi.

-Bè, il sole è sparito, no?- disse Clelius con un sorrisetto. –Chiamiamolo un segno del destino. Vedrai che ti troverai bene qui. Ti porterò a fare un pic-nic e daremo da mangiare ai corvoleoni. Un collega mi ha detto che la stagione degli amori è finita, e ormai sono abbastanza mansueti.

5 Commenti a “Magazzino Provvisorio M55 – Xonn il Grande”

  1. emmaus2007 dice:

    Ciao Diego!
    Ben tornato! Questo tuo l’ho stampato, al più presto ti dirò cosa ne penso. Cosa ne dici del sito nuovo? Bello eh? Si possono pure dare le stelline di gradimento… Ciao!

  2. emmaus2007 dice:

    Okay. Sono riuscito a leggerlo. Che dire? Come sempre, semplicità e non banalità, il segreto dello scrittore… Diego, scrivi un gran bene! Si legge d’un fiato, bellissimo! Cinque stelline meritatissime!

  3. andrea dice:

    Ciao Diego!
    Quanto tempo che non ti si vede! Leggerti è sempre un piacere :)
    Bella questa tua digressione nella fanta scienza. Il tono ironico ricorda un po’ la Guida Galattica per Autostoppisti, ma è più pacato, meno eclatante.
    Grazie per avercelo fatto leggere :)

  4. letizia dice:

    ehm….
    devo leggermelo bene.
    Ma uno strana “sensazione”… poi ne parliamo, eh!!

  5. Oasis Energy Reviews dice:

    Oasis Energy Reviews

    Le Storie del Cinghiale » Blog Archive » Magazzino Provvisorio M55 – Xonn il Grande

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