LE PASSIONI DI ANGELINA
Pubblicato da Domenico De Ferraro il 28 febbraio 2019
LE PASSIONI DI ANGELINA
Luigino nel tempo libero faceva il buttafuori nel bar di Mezzarecchia era un buono guaglione teneva una sorella un poco impicciona che faceva le marchette dentro un locale sulla rotonda di Maradona. Era ella una di quelle guaglione sguaiate che scrivono sempre storie assurde, dentro piccoli diari una specie di donna cannone. Poverella gli piaceva girare la manovella, ed era sempre felice di fare qualche servizietto a chi desiderava , comprare un po’ di piacere e conquistare cosi un pezzo di cielo. Era alta e dinoccolata come una vite che s’arrampica sopra una mazza di bambù , intrecciato ad un fico dai rami nerboruti. Una vite piena di uve magiche dai grappoli grassi alcuni scuri come i suoi occhi. Angelina era una femmina verace e per la madre era una vera disperazione. Con lei non si poteva stare mai in pace, sempre scocciata, sciancata, scontrosa, ammuculuta dentro un angolo, ammartenata insieme ai suoi turbamenti , ai suoi fantasmi. Amori perduti , scordati dentro la tiella, acqua che bolle con lo pollo assieme allo brodo di gallina, giallo, arancio, odoroso che si spande et sente per tutta la casa. Angelina rassegnata dentro la vita che se pigliata il meglio degli anni suoi . Esistenza lugubre e scurdarella che ti sconvolge la mente in quella confusione che è la vita dei vicoli . Povertà lassa mesta a tanta meraviglia che ti trascina seco per i vicoli budelli . Ogni cosa scorre alcune porte s’aprono altre si chiudono , quando si è troppo soli , dietro quelle porte appaiono mille facce diverse , mille uomini diversi , entrano ed escono a far parte della vita di Angelina . Facce e smorfie , facce scure , facce di merda. Momenti intimi , rassegnati che ti mettono di buonumore ti fanno sognare qualcosa che forse esiste, una vita diversa mentre l’estate sta per arrivare ed ogni male ha finalmente fine.
Angelina piccerella , vola per casa, corre dentro la sua memoria dentro i guai che passano , sciluliano come l’acqua sporca dentro chesta vita, dentro a mille domande dentro la sua anima . Solitaria è sciancata , figlia della bona sciorta, figlia della lupa mannara che sgravò dentro una stalla con accanto un toro infuriato, arrapato come un ciuccio , isterico come un riccio. Tutto passa e niente a volte ha significato , nulla ha senso. Luigino voleva bene a quella sorella la lavava con acqua di colonia gli stirava i capelli poi la guardava ridendo come si fosse una santa uscita fuori da un manicomio criminale.
Luigino mezza cartuccia , schizzinoso , schizofrenico, sempre miezzo e miezzo in quella sua pazzia , in quella sua canzone.
Puozzo sculà dentro lo cesso gli diceva la madre ma che stai facendo
Ma che debbo fare qua non si può mai stare in pace
Hai ragione si sono fatte le otto , vedi dove devi andare a faticare oggi è una bella giornata.
Ma tu c’è l’hai con me mi vuoi vedere muorto , schiattato dentro una fossa , senza un sciore , senza una lampadina che ricordi a questa vita che io ho vissuto ed ho pianto ed ho tanto pregato per l’anima dei morti di chi te muorto
Uhe quello sta bestemmiando i morti mo’ chiamo angelina screanzato.
Angelina lasciala stare quella ha già tanto da fare . Se chiusa nella sua stanza insieme allo nammurato suo chi sa che sta facendo
E che vuoi che faccia . Si stanno baciando .
Si fa maniare, zizziare si strofina come una gatta sopra una canna.
Che belle parole e tu fossi una madre, una donna di polso una santa donna, possa romperti l’osso dello cuollo.
Uhe un altra volta se fosse vivo tuo padre a quest’ora saresti morto ,accise dalle mazzate.
Si vede che sono fortunato .
Non voglio chiù pazzia dammi trenta euro
Cosa vuoi ?
Trenta va bene venticinque debbo andare a Fuorigrotta a ritirare un pacco.
Che pacco ? sentiamo se lecito sapere.
Non sono affari tuoi . Sarà una bomba . Un pacco di preservativi.
Una pistola. Si debbo fare una carneficina.
Tu sei malato , a capa a te non ti aiuta.
Vuole fare il boss, il guappo di Casamicciola.
Mo’ mamma stiamo buoni . Ho sentito un lamento
Che lamento io ho sentito un gridolino . Delle voci. Si spandono per la casa , un coro di gemiti e sospiri sopiti ,rosee passioni , profumi mediterranei entrano trasportati dal vento. Nell’eco delle onde del mare ognuno s’abbandona a quel fluire di viole ciocche di canzoni meste che entrano solinghe nell’animo. Luigino si accende una sigaretta la madre riscalda un po’ di latte. Dentro la stanza angelina insieme al suo amante , fantasma, copula si bruscina si attorciglia si vozzea si ciancea fino a giungere ad una serie d’ amplessi . Un onda di amore e ricordi un viaggiare nel tempo nella sua memoria, nella sua giovinezza senza grazia, senza esiti infausti. Angelina ed il suo amante virtuale con cui fa l’amore a tutte le ore . Ella lo possiede si stringe al cuscino lo stringe tra le gambe lunghe ed esili il frutto delle sua passioni. Un lungo sogno, un lungo viaggio fino alla vocca della lupa che ulula si spoglia si mostra per quella che è.
Vulesse morie non essere mai nata
Ma tu sposati apprese
Ma con chi ? Nisciuno mi vuole . Sono condannata a rimanere sola sfigurata, marchiata come una puttana . Sola come una cagna in calore . Solitaria con là sciuscia al vento . Nei miei giorni migliori negli amori che passano mi conducano dove la morte non regala cognizioni di causa neppure un lassativo, un preservativo una buttigliella di vino da sorseggiare dopo un pasto nudo .
Bottigliella d’olio di ricino che una se la beve e si sente meglio .
Angelina figlia mia mia come te lo debbo dire .
Qua siamo tutti morti .
Tutti quanti .
Pensa è morta pure zia Antonietta tre settimane fa e l’altro ieri dopo una vita spesa per il bene altrui . Poveretta l’ hanno atterrata come si fosse una pezza vecchia dentro ad una nicchia assieme a suo marito che era morto tre anni fa te lo ricordi a zio giovannino buonanima una gran brava persona .
Sto chiagnenne da una settimana in silenzio. In corpo a me tengo una guerra di passioni di ricordi vulesse vomitare tutto questo malore piglia a schiaffi chelle persone senza core chelle persone ignorante chelle che non si annettano mai lo culo con la pettola propria . Non c’è stanno più lacrime ne la forza per reagire a chisto male che ti attanaglia l’animo lo rende schiavo una belva assetata di sangue. Vorrei reagire a questo infausto destino a questa sciorta crudele che mi sfianca me fa rimanere senza respiro.
Morte vienimi a pigliare purteme addò sponta ò sole addò le pecore pascolano nei prati dello signore addò a vita sciluia come acqua fresca che scende mista alle passioni di cristo redento .
Infame vita meia fatta ad immagine di una lupa , di una cagna, di una bottana che se ne sta sopra l’orlo di un marciapiede ed osserva il mando andare avanti indietro. Vedo tante macchine passare correre incontro ad un loro destino incontro ad una passione ad una vita che muore nella fossa di una figa purulenta e sanguinante . Vergine santa che cosa orrenda, ingrato mondo tiene due facce due cuori due mani due vite sospese dentro l’attimo di un amore venduto, comprato per pochi spiccioli.
Mi sono venduta per poco sono sciagurata sono indifesa presa dal sopravvento dall’incomprensione rassignata dentro la decadenza senza morale, senza mutande. Appiccicata con la sciorta appicicata con quelle tale quale a me . Pigliatevela chesta vita meia, pigliatela e tienila stretta vicino a quello che credete giusto o sbagliato sia Tutto scorre come l’acqua pure la fila delle macchine che mi vengono a prendere e mi riportano addò mi ha messo il pappone addò ho visto me stessa negli occhi dell’innocenza.
Perché figlia mia ti danni tanto. Per quello che hai fatto e ti sei lasciato alle spalle ormai perché non vuoi capire c’è stanne tanti uomini alcuni sono sinceri, altri sono angeli dello cielo, altri ancora pagliacci , demoni cornuti , buoni e malamente senza scarto e senza sangue , la samenta figlia mia la trovi sempre.
Ma mamma quello mi aveva promesso che mi avrebbe sposata.
Mi promise che sarei diventata la sua signora riverita e ben servita la padrona avesse fatto dentro uno dei suoi tanti appartamenti .
Aggio visto figlia mia che appartamento ti ha dato, ti ha messo sopra un marciapiede a fare le marchette.
Disgraziata che sono.
Il sole scende poi risale, la cupa stagione risale lungo il crinale di un ricordo lungo l’ugola lungo il fiato delle passioni Angelina si veste mentre la mamma ritorna in cucina a vedere bollire l’osso di prosciutto. A vedere saltare in padella le alici fritte a sentire l’olio bruciare. Angelina che piange e non vorrebbe essere mai nata . Che ha deciso si fa bionda si ossigena la vulva si mette tre fazzoletti dentro il reggipetto si mette il rossetto che gli ha regalato l’ultimo suo innamorato. Ed è felice a tratti piange ed afferra un idea raminga che vola nell’aria afferra un senso ancestrale la luce di una stella che cade.
Luigino di tanti guai non gli passa manco per la capa , per giunta giura di essere felice cosi si è comprato un cagnolino proveniente dalla Cina di nome Lu lo porta a guinzaglio ,lo porta alle mostre canine ed una gran folla lo saluta ed e uscito pure sul giornale in prima pagina lui e Lu mentre addenta la mano di una signora. Luigino invoglia angelina ad essere allegra e sprona la madre a volare via. La città è una pattumiera , una discarica abusiva dove galleggiano tanti morti uccisi dall’indifferenza delle istituzioni. Una montagna di rifiuti ove s’accumula immondizia su immondizia fino a diventare una forma sempre più grande, fatta di preservativi usati che si accumulano, diventano pupazzi di gomma , dall’aspetto di mostri usciti del nostro sognare , dal vivere tra la folla, sorniona Angelina sorride e trasporta in grembo il frutto di quelle passioni. Un mostro di gomma dalle faccia rossa, simpatico a vederlo che saluta passando, fumando un sigaro lungo due metri, lungo come una autostrada ove passa un grassone dentro un camion , ove luigino si muove sulle punta dei piedi fa una piroetta s’inginocchia ed invita le signorine a danzare con lui sopra una marcia nuziale sopra questa vita effimera , crudele E tutte le vajasse dei vasci ridono si alzano le vesti si spogliano mostrano i loro seni enormi come cocomeri come un sole che tramonta che si squaglia ai limiti di un orizzonte nella furia degli anni che passano il pupazzo diventa il simbolo di una città di un quartiere. Chi lo chiama Giovanni , chi Filippo chi gli dice che simpatico che sei . La dummeneca addò te la fai?
Pure lo parroco lo ha invitato a messa e gli ha preparato uno scanno in prima fila davanti all’altare un pupazzo fatto di condom al gusto di fragola di mela annurca. Un pupazzo una pazzia che ti mette di buonumore che ti fa ritornare bambino. E mentre il tempo passa Angelina, Luigino e la madre diventano un ricordo sempre più debole diventano una falena che si spinge verso una fioca luce , raminga per la città ed oltre va nel sogno intrapreso e rincorso . Un immagine suadente da mille buoni propositi , cullata da un concetto che accende dentro di noi una nuova idea che ci fa rimanere a bocca aperta, quasi stupefatti per quello che abbiamo vissuto per quello che siamo stati.