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Favola Invernale

Pubblicato da Domenico De Ferraro il 7 febbraio 2012

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FAVOLA INVERNALE

In una vecchia casa diroccata sopra la cima d’un collina ci viveva una graziosa fanciulla .Donna pia lavorava dalla mattina sino a sera ,sotti li comandi d’una megera matrigna. Lavorava ,sfacchinava ,puliva e ripuliva con cura la misera stamberga ,nei momenti di pausa di tanto in tanto usciva
con solo indosso i laceri vestiti a far qualche commissione giù al paese. Poche ed umili case sparse nel fondo valle attraversato da un ripido torrente , con al centro dell’abitato una piccola chiesa con un grande campanile svettante verso Il cielo.Paese di poche anime ,per la maggior parte contadini ed artigiani. Quando ella era sola e nessuno poteva vederla si lasciava andare sconsolata in un lungo pianto rammentava le sue pene e afflizioni : Chi è più sfortunata di me
su questa terra ,poveretta sono, nisciuno mi vuole bene amaro destino mi ha riservato la vita.
Senza madre ne padre abbandonata da tutti li parenti a far la serva a questa brutta matrigna, mariola di tutti li beni miei. La padrona è lei , lei decide e comanda a suo piacimento.
Ed il pianto gli gonfiava le gote e con gli occhi umidi sembrava ancora più bella. La piccola Nina era dolce e maliziosa con un pallido volto simile ad una madonna ,ornato da una cascata di biondi capelli arruffati . Dal corpo esile come un gambo di fiore di campo dalle corolle protese verso il sole .Il tempo passava nello svolgere le mille faccende quotidiane nei giorni pigri e bigi ,nella breve gioia che poteva regalarsi. Un giorno di fine gennaio si sparse la notizia del ritorno di un gruppo di soldati dal fronte di guerra ,per tutta la valle , la voce corse fin sopra ai cascinali pendenti sui monti ,per le strade dello vecchio paese dell’arrivo imminente dei soldati dalla guerra. La maggior parte reduci scampati a mille pericoli da sotto la falce della morte ,stanchi e affamati avevano camminato a lungo attraversato montagne innevate, valichi tortuosi con la gioia di far ritorno a casa dai loro rispettivi familiari. La matrigna saputa la notizia del ritorno fece lavare e lustrare la casa da cima a fondo ,onde non fare una brutta figura e fattasi bella pure lei mando Ninuccia a tagliare legna nei boschi. Poi messosi fuori l’uscio di casa aspettò il passaggio dei giovani soldati con l’intenzione di riceverne ospite qualcuno, per rifocillarlo e alfine conquistarlo. E i soldati stanchi e impolverati passarono carichi di dolori e speranze al suono della banda musicale. Torno dai campi di battaglia ,mattino di luce . Con il sacco sopra alle spalle, la gente ci fa festa,ci saluta, ci bacia, chi ci tira di qua ,chi di là. Il mio pensiero torna ai giorni sofferti . Ai tanti momenti difficili che ho dovuto superare . Alla fame ,ai tanti corpi mutilati ,ai micidiali colpi di cannone. Su questa strada storpia ,solitario marcio stanco e avvilito.
Ho camminato a lungo ,ora sento il bisogno di riposarmi , arrotolare un po’ di tabacco nelle cartine e lasciarmi andare con la cicca in bocca all’ombra di qualche albero secolare.
Aspettare la sera, sedere vicino allo fuoco vederlo scoppiettare ardere ,danzare la fiamma rossastra ,riscaldarmi e addormentarmi come un bambino sognare momenti felici.
Noi siamo muorti accise sotto li colpi delle baionette nemiche.
Dopo averci rialzato con coraggio dal fango e continuato a lottare ,siamo caduti per terra colpiti a morte vinti e insanguinati reggendo ancor l’arma tra le mani. Ora siamo un mucchio d’ossa sepolti e dimenticati in una terra straniera . Io avevo una moglie e quattro figli. Facevo lo fattore nella azienda agricola di Don Alberto .Avevo un calesse trainato da un purosangue inglese .
Ero rispettato e ben voluto da tutti giù al paese. Cosa succederà mai alla mia famiglia , senza il mio aiuto? Cosa farà mia moglie sola, vedova con quattro figli ancora tutti in tenera età ? Tutto ciò mi rende assai infelice ,stò meditando così d’andare a parlare con qualche santo importane ,
per aver un permesso speciale di poter ritornare in vita ,ed aiutare i miei almeno nell’iniziale momento difficile. Io sono figlio d’una famiglia numerosa et illustre . Quinto di otto figli ,cinque maschi e tre femmine. Decisi di partire alla vigilia della grande guerra onde far onore al cognome che porto Rossi Pellegrini. Nello scontro fui spinto e buttato in una fossa circondato dal nemico gridai: aiuto ,alzai le mani ,ma a nulla valse un colpo secco risuonò nell’aria ,caddi riverso in una pozza di sangue. Lì rimasi per cinque giorni abbandonato sotto il sole e la pioggia ,mi decomposi pian piano ,un fetore tale emanava il corpo mio in quello stato da far fuggire
ladri e sciacalli per lo forte lezzo. Al settimo giorno un grosso carro trainato da due cavalli venne, alcuni uomini mi pigliarono e mi chiusero in un sacco e lì rimasi sino a diventare solo un povero ammasso di ossa. Povera mamma mia ,poveri fratelli miei quanto vorrei riabbracciarli ancora .
Io invece tornavo dal fronte , con una licenza premio dopo essere stato per ben tre anni con coraggio in prima linea . Preghiere e notti insonni ,le urla dei soldati catturati
trascinati con forza dietro le linee nemiche e alfine uccisi.
Ho avuto la possibilità tante volte di trarmi in salvo ,di nascondermi all’assalto dei nemici ,mi sono trovato faccia a faccia con la morte tante volte ,non ho pianto ,ne riso, un solo pensiero ha sorretto l’animo mio : combattere, andare avanti fino alla fine della battaglia. Nei boschi autunnali s’odono ancora i mortai tuonare , all’arme affrontarsi ,sulle auree pianure tra i laghi celesti , su quali s’ode un grido lugubre abbracciando la luna notturna i guerrieri moribondi con il loro lamento selvaggio sulle labbra straziate. Quieto s’agglomera nei campi di grano il sangue versato ,frescura lunare ,tutte le strade un tempo di pace convergono in un canto . Io ero sulla via del ritorno cantando andavo quando un areo nemico mi colpì alle spalle .
Venti giorni sull’Ortigara senza il cambio per dismontà ta pum ta pum ta pum… ta pum ta pum ta pum… E domani si va all’assalto, soldatino non farti ammazzar, ta pum ta pum ta pum… ta pum ta pum ta pum…Quando poi si discende a valle battaglione non hai più soldà. ta pum ta pum ta pum… ta pum ta pum ta pum… Nella valle c’è un cimitero, cimitero di noi soldà. ta pum ta pum ta pum… ta pum ta pum ta pum… Cimitero di noi soldà forse un giorno ti vengo a trovà. ta pum ta pum ta pum… ta pum ta pum ta pum… Ho lasciato la mamma mia, l’ho lasciata per fare il soldà. ta pum ta pum ta pum…ta pum ta pum ta pum… Quando portano la pagnotta il cecchino comincia a sparar. ta pum ta pum ta pum… ta pum ta pum ta pum… Battaglione di tutti i Morti, noi giuriamo l’Italia salvar. ta pum ta pum ta pum… ta pum ta pum ta pum…
Mille case l’une strette all’altre e la mente si perde in un infinito
di frasi e visioni ,di speranze perdute.
Vento porti con te canzoni di guerra nate su in montagna per
lugubre contrade .Vento passi gelido sopra la croce d’ognuno ,sopra il corpo afflitto e muto .
Passerà mai qualcheduno per codesto bosco m’ aiuti a far ritorno
a casa mia? Avete voi un cuore? In molti dicono che voi non l’avete.
Ed io mi consumo d’amore sull’uscio di casa nell’attesa
di veder passare un giovane eroico soldato.
Tutti mi dicono: Ah pazza mangiata dall’ invidia ,rosa dalla follia
e vana la tua attesa. Soldato d’imprese disperate ,marinaio senza vela ne remi dove t’avventuri?
In quali deserti di sabbia ,dietro morgane ,fuochi fatui ,
acerbe canzoni si spegne la tua sete d’amore.
Poverina dice la gente s’è matta.
Ma lasci che ti dica: chi di spada ferisce di spada perisce.
Per te soldato mi sono persa nella speranza di trovarti.
Forse è vero io ai difficili amori sono nata.
La fanfara dei soldati giunge a passo lento ,il rullo dei tamburi s’ode crescendo in ogni luogo.
La musica rende l’ aria lieta la gente s’affaccia dalle finestre.
Pian piano escono di casa non più intimoriti per andare incontro ai soldati che cantano:
Quel mazzolin di fiori che vien dalla montagna bada ben che non si bagna ché lo voglio regalar, bada ben che non si bagna che lo voglio regalar. Lo voglio regalare perché l’è un bel mazzetto, lo voglio dare al mio moretto stasera quando vien, lo voglio dare al mio moretto stasera quando vien ecc. ecc. Nina vedendoli da lontano incomincia a correre lungo il ripido pendio della collina ricoperta di candida neve. Le strade s’affollano sempre più ,arriva in paese con un grosso fiatone il cuore gli batte forte. La folla rumorosa lancia urli e spintoni nel salutare il passaggio del convoglio militare file di soldati che marciano compatti a piedi o a bordo di camionette e carri armati. Non ha il tempo di voltarsi indietro , che spinta dalla folla cade sotto un carro . L’urlo di dolore neppure s’ode mentre la colonna di autoblindo continua ad andare avanti verso il suo destino. Nessuno s’accorge della sua morte tranne alcuni che cercano di soccorrerla inutilmente, il suo sangue macchia la candida neve rende roseo ogni cosa intorno ,un vecchio la prende in braccio l’alza da terra mentre sfilano i soldati e le giovani donne si fanno belle per loro . Il suo caldo sangue scorre bagna la madre terra innevata ,ed in quel luogo un fiore roseo e azzurro nascerà sarà forte e bello, sarà il fiore della libertà .

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