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..amore di plastica..

Pubblicato da janblazer il 30 ottobre 2009

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l risveglio di Vincio dopo i due giorni di riposo del week end era stato difficoltoso.
Una notte tormentata da sogni e incubi finita con il pigiama inzuppato di sudore gettato ai piedi del letto dalla disperazione e dall’insonnia.
Che lunedì di merda.
Davanti allo specchio del bagno si guardò le occhiaie, i pochi capelli superstiti erano arruffati e appiccicati tra di loro, la barba da fare, la pancia che debordava come un salvagente.
Non era il massimo. Non lo era mai stato, ma quella mattina faceva veramente schifo.
Non aveva nessuna voglia di buttarsi sotto la doccia, indossare i consueti pantaloni estivi in viscosa e il camiciotto a manica corta in cotone e poliestere, pratici, da uomo single, che non si dovevano stirare, e infine prendere i mezzi pubblici per andare a lavorare.
Quella mattina non si sarebbe messo dietro lo sportello della cassa dell’Istituto di Credito a cui era approdato più di vent’anni fa e da cui non si era mai mosso, per pigrizia e poca ambizione.
Qualcun altro al suo posto avrebbe cambiato assegni, pagato pensioni e ritirato contanti, sicuramente quel leccaculo del vicedirettore.
Vincio, con gesti lenti e rituali, preparò la moka e con il telecomando accese la televisione.
Le notizie del telegiornale delle sette e mezza si disperdevano nell’aria come l’aroma del caffè appena fatto e la voce del giornalista serviva solo a coprire il silenzio, la solitudine della sua casa, della sua vita.
Si alzò dalla sedia della cucina e si spostò verso la finestra ad osservare.
Era in mutande e canottiera.
Si trattava di orribili mutande bianche, di quelle che si usavano negli anni 60 con la patta, il cui elastico, sfibrato dai troppi lavaggi in lavatrice si era mollato e la canotta, con l’alone del sudore stampato come una sindone, non faceva miglior figura.
Vincio sapeva perché aveva dormito male, perché non era andato a lavorare, perché si sentiva turbato e irrequieto.
Gli era già successo tante altre volte e mai era riuscito a contenere il disagio, il malessere, che improvvisamente si impadroniva di lui e lo catturava trascinandolo in un vortice da cui era impossibile uscire fuori.
Tirò un sospiro, chiuse e riaprì gli occhi e si diresse verso la porta della camera che usava come studio.
Senza accendere la luce si avvicinò alla piccola scrivania, era ancora quella di quando frequentava l’istituto tecnico commerciale, in truciolato di legno laminato marrone scuro.
Dal primo cassetto tirò fuori una chiave, poi si chinò in ginocchio sul pavimento dove era sistemato un grosso baule.
Con una mano sistemò un testicolo che era uscito di lato dalle mutande.
Cominciò ad sentire arrivare l’erezione al solo pensiero di quello che stava per fare.
Le mani si muovevano dentro al baule sfiorando, carezzando, stringendo.
Vincio sorrideva, le sue dita gli parlavano a ogni contatto, gli sussurravano parole che già conosceva.
Era titubante, eccitato e indeciso su chi scegliere.
La bionda Greta o Hanna la rossa?
I capelli lisci neri di Kaori lo convinsero, e la tirò fuori da quel baule delle meraviglie.
Con la pompa da bicicletta cominciò a gonfiare.
Man mano che l’aria entrava dalla valvola, Kaori prendeva forma, le gambe, le braccia la testa e poi il culo, Dio, che culo stupendo aveva la sua Kaori.
Adesso era perfetta, gonfia e tesa come un tamburo.
Che figa era! Altro che quelle troiette che vedeva sculettare per strada. Mai e poi mai si sarebbe messo con una donna o peggio ancora sposato, glielo aveva promesso alla mamma prima che lo lasciasse, glielo aveva giurato stringendole la mano in un letto d’ospedale.
Alle donne interessava solo una cosa, il suo stipendio di bancario, sua madre glielo aveva ripetuto per anni fino al suo ultimo respiro, e per lui questa era diventata l’unica verità a cui credere.
Vincio prese Kaori in braccio, era leggera come una piuma , e la portò in camera sua posandola dolcemente sul letto.
Andò nella vecchia stanza di sua madre e tornò con un fagotto di indumenti.
Per prima cosa volle coprire con delle mutandine quel’osceno buco rivestito di peluria nera sintetica che aveva davanti , poi le infilò un reggiseno che però era troppo piccolo per le tette spropositate della sua bambola e nonostante avesse allargato al massimo le bretelline, tirava da tutte le parti.
Infilare calze e reggicalze era la cosa che più gli piaceva fare, il contatto con il nylon dava il brivido e l’illusione di un corpo vero.
La fronte di Vincio, i cui rari capelli erano un monumento ai caduti, si stava imperlando di piccole gocce di sudore.
Completò l’opera con un vestitino estivo a fiorellini bianchi e blu che si abbottonava dietro.
Con una spazzola le pettinò delicatamente i capelli corvini sfiorandole dolcemente il viso con le mani.
Era bellissima Kaori, quasi come la sua povera mamma.
Dall’altra camera arrivava la voce squillante della Marcuzzi che alla televisione assicurava l’esistenza di uno yogurth regolatore dell’intestino e la pubblicità infastidì Vincio che si precipitò in cucina per abbassare il volume.
Ritornò dalla sua Kaori e si sdraiò di nuovo vicino a lei.
Con garbo e timidezza cominciò ad alzare il vestito di pochi centimetri, gli bastò quel movimento per sentire pulsare la testa, deglutì e sentì il battito cardiaco accelerare.
Continuò ad alzare quel lembo di cotone a fiori fin sopra al ginocchio, allungò la mano sulla coscia e il contatto con il gancio del reggicalze lo fece trasalire.
Spostò la mano verso il centro per cercare lo slip, infilò le dita sotto l’elastico e sentì il contatto con il pelo sintetico del manichino gonfiabile.
Dal comodino prese un barattolo di crema usando l’indice e il medio come un cucchiaio e lubrificò la passera artificiale di Kaori.
Se avesse avuto un cardiofrequenzimetro collegato avrebbe sicuramente cominciato a fischiare come un merlo, il cuore faceva bum bum.
Era ora, si sfilò le orribili mutande lasciandole sul letto, ma qualcosa ancora lo infastidiva.
Si rese conto che si trattava del telefono che stava suonando da un po’ di tempo.
Contrariato e innervosito andò a rispondere.
Era il vicedirettore della banca che voleva sapere dove cazzo erano gli assegni circolari che Vincio aveva preparato il giorno prima. Nessuno li trovava più.
Ma sì, gli assegni circolari erano nel primo cassetto, no, nel terzo, no nella cassetta di sicurezza.
Vincio era in confusione, agitato, con la testa da tutta un’altra parte e non riusciva a ricordare, a far mente locale, farfugliava parole, poi per fortuna una collega riuscì a mettere le mani su quello che stavano cercando e il vicedirettore imprecando riattaccò il telefono.
Vincio, trascinando i piedi entrò in cucina a bere un bicchiere d’acqua, poi ritornò in camera da letto.
Forse aveva compiuto inavvertitamente un movimento maldestro o la valvola dell’aria era chiusa male, Kaori si era completamente sgonfiata.
I vestiti indossati dalla bambola di plastica afflosciata sembravano stracci appoggiati al letto, i capelli, una parrucca da carnevale abbandonata.
Tutto gli sembrò irreale.
Si guardò allo specchio, con il pisello molliccio che spuntava da sotto la canottiera e si sentì di colpo ridicolo.
Ridicolo e solo.
A cosa erano serviti questi anni di isolamento forzato, di clausura, di penitenza?
Soprattutto perchè ?
Era ora di cominciare a vivere.
Prese tutto l’ambaradan appoggiato al letto, quel suo mondo di sessualità triste e distorta e con gli occhi lucidi lo scaraventò disordinatamente nel baule.
Prima o poi sarebbe finito tutto in un sacco dell’immondizia assieme a lontani e tiepidi ricordi e a quella stupida promessa fatta a sua madre.
Poi girandosi verso il telefono scimmiottando un improbabile inchino con le chiappe al vento sussurrò.
“Grazie vicedirettore , grazie mille della telefonata, gran leccaculo che non è altro, per merito suo stasera me ne vado a puttane , chissà che non incontri quella gran zoccola della sua signora”

4 Commenti a “..amore di plastica..”

  1. andrea dice:

    Ciao Janblazer, a tratti un po’ troppo esplicito per i miei gusti, ma riconosco che la schiettezza nello scrivere puo’ anche essere una cosa positiva :)
    Forse appena troppo frettolosa la scena del “risveglio”, sul quale si poteva magari elaborare un po’ di piu’.
    Grazie per avercelo fatto leggere :)

  2. janblazer dice:

    Non posso che darti ragione Andrea..
    Volutamente splatter..se così posso definirlo..con qualche volgarità e parole poco eleganti..
    E’ vero anche del “risveglio” forse un po’stiracchiato..
    E’ il problenma di stare dentro ai 3000 carattteri del racconto breve sul web..
    Quello del web è un mondo veloce.. se un applicazione si pianta per tre secondi la gente clicca e si sposta..se un racconto è più lungo di tre minuti..i lettori escono dalla pagina..
    Ciao Andrea..mi piacciono i lettori attenti come te.. grazie della visita..

  3. bernardodaleppo dice:

    Ciao Janblazer,
    simpatico qst tuo, a me non ha dato noia il fatto che sia esplicito, trovo molto meglio i termini nudi e crudi che non le allusioni velate di “pruderie”, queste sì le trovo volgari. Ma si sa è questione di gusti. Comunque, se non si tratta di concorsi, io non mi farei legare da misure teoriche, è anche vero che questo racconto non è veramente concluso, sì va a puttane, ma ripone comunque la fidanzata nel baule, potrebbe essere il primo di una serie di episodi sulla plastica e l’eros, o con ciascuna delle “fidanzate” ad es.
    8-)

  4. janblazer dice:

    Ciao Bernardo..
    concordo sul fatto che certe velate pruriginose allusioni ricordano fumosi cabaret degli anni 50 ed è meglio il linguaggio che si usa per strada..quello che ormai fa parte della nostra epoca..
    Bella l’idea di una serie di episodi..
    eh eh eh..non sei il primo che mi sprona a scrivere successive puntate ai miei racconti brevi..
    forse è il mio modo di scrivere che non chiude mai una situazione definitivamente.. ma lascia sempre una porta aperta..
    La lunghezza non è un vincolo lo so..ma ti garantisco che quando un racconto è leggermente lungo i lettori del web lo abbandonano..
    (fatta eccezione per gli appassionati di letteratura come noi..)
    Grazie e saluti !!
    Jan

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