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Paradosso mortale

Pubblicato da RG il 11 novembre 2007

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Il cavaliere e il sacerdote entrarono nella stanza del Sommo Tramite Sarlehk Lovatar, un’ampia e luminosa sala di pietra che, come il cavaliere non poté fare a meno di notare, infondeva una sensazione di calore ogni volta che vi si accedeva. Il sacerdote fece un leggero inchino in segno di saluto al suo superiore, mentre il cavaliere mise un ginocchio a terra, portandosi una mano sul cuore e abbassando il capo.
“Ci avete convocati, Sommo?” domandò quest’ultimo.
“Alzati pure, Leanh,” il cavaliere fece come gli era stato detto, “e benvenuto anche a te, Tesk. Sì, ho bisogno di chiedervi un favore.”
L’anziano tramite guardò fuori dalla finestra. La sua barba era candida e piuttosto lunga, i capelli si diradavano sulle tempie. I due uomini attesero finché riprese a parlare, come avvenne qualche istante dopo.
“Ho ricevuto voci preoccupanti da Alenil. Pare che la popolazione sia in subbuglio, e temo che la situazione possa peggiorare.”
Il cavaliere e il sacerdote si guardarono per un istante.
“Hiahl è infinitamente saggio, ma non così i suoi ministri. Il vostro gruppo si è già dimostrato capace in situazioni di questo tipo; vi chiedo di recarvi ad Alenil, di mettervi in contatto col suo tramite e di parlamentare per trovare una soluzione. Tesk, alta è la considerazione di cui godi qui al tempio, e sono sicuro che verrai ascoltato. I vostri compagni, inoltre, sono noti e rispettati. La fede a volte acceca gli uomini. Se così fosse, vi chiedo di riportare la lucidità.”
“Come desiderate, Maestro.”
“Che la luce delle Cinque Stelle vi guidi.”
Detto ciò, e con un ulteriore inchino, i due uomini uscirono dalla sala. Quando i loro sguardi si incontrarono, si domandarono silenziosamente cosa stesse succedendo.


Mentre Leanh e Tesk uscivano dal tempio, Rhick Darfrost parlava innanzi all’assemblea dei Rappresentanti. Il re, Konhrad Krowfist, non era presente, e questo complicava le trattative. Un gruppo di funzionari provenienti dalla regione dell’Adal era giunto in missione diplomatica per riportare gli attacchi che ormai da tempo si susseguivano ad alcuni loro villaggi, e chiedevano di poter aumentare le fila del loro esercito in modo da far cessare le razzie. L’Adal non era mai stata una regione tranquilla, e il Regno, dopo l’ultima guerra avvenuta ormai da alcune generazioni, aveva imposto pesanti riduzioni al suo corpo armato. Nonostante Rhick non fosse né un ambasciatore dell’Adal, né un funzionario del Regno, il suo legame con l’Ambasciata d’Argento determinava la sua presenza alle trattative.
“Benché l’Adal chieda spesso incrementi al proprio esercito, i Rappresentanti devono riconoscere che gli attacchi sono provati, e troppo numerosi per poter essere ignorati.”
“Alcune truppe del Regno sono già presenti nell’Adal per garantire l’ordine,” intervenne un Rappresentante relativamente giovane, “sarà sufficiente inviare altri uomini per fronteggiare gli attacchi di questi delinquenti.”
“Temo che questa non sia la soluzione, mio signore,” continuò Rhick, “come tutti noi sappiamo, i beni recuperati dai delinquenti e il cui possessore o eventuali eredi siano morti – come nel caso di queste razzie in cui interi villaggi vengono sterminati – vengono tenuti a titolo di risarcimento dal corpo militare che li ha strappati ai criminali. Questi beni, quindi, finiscono al Regno, ma in tal modo tutto ciò che viene rubato ai villaggi dell’Adal – ricchezze, cibo, acqua d’argento – resta di fatto perso dall’Adal stesso. Questa situazione è molto redditizia per il nostro Regno, ma temo che alla lunga sarà devastante per l’Adal.”
L’ampia sala venne percorsa da un borbottio. Rhick si era forse spinto troppo in là con la sua frecciata, ma di certo non aveva mentito. I funzionari dell’Adal annuirono e dichiararono ad alta voce il loro assenso alle parole di quell’uomo dai capelli che si ingrigivano precocemente e dalla barba non tagliata che gli conferiva un aspetto vagamente trasandato, nonostante il suo portamento fiero e determinato. Rhick li lasciò parlare per alcuni istanti, prima di sferrare il colpo finale.
“L’alternativa per risolvere la situazione sarebbe concedere all’Adal il possesso di ogni bene recuperato nell’Adal stesso dal nostro esercito.”
Il che, ovviamente, era troppo. I Rappresentanti non avrebbero mai acconsentito, e questi erano appunto i piani di Rhick. Avrebbero rifiutato quella proposta, ma non avrebbero potuto rifiutare ciò che lui poneva come alternativa: dopotutto il Regno puntava alla prosperità di ogni sua parte, anche di regioni burrascose come l’Adal. A rincarare la dose intervenne il buffone di corte, che per legge poteva presenziare alle riunioni dei Rappresentanti.
“Bel dilemma: dare all’indifeso un ladro che scacci un altro ladro, oppure farlo re e fargli fare quel che vuole?”
“Quello che proponi è impensabile, Rhick Darfrost,” dichiarò un Rappresentante più anziano, “è giunto il momento della votazione. Chi vota per inviare i nostri uomini?” Poche mani si alzarono, e Rhick non dubitò che le parole del buffone avessero avuto la loro parte. “Chi per far sì che tutto il ricavato del nostro esercito nell’Adal resti all’Adal?” Questa volta, nessuno alzò la mano. “E chi per concedere un aumento del corpo armato dell’Adal?” A questo punto, il gioco era fatto. Rhick non poté fare a meno di sorridere.
“Credo non ci sia più bisogno dei miei servigi. Sono sicuro,” aggiunse rivolgendosi ai funzionari dell’Adal, “che dopo questa generosa concessione del Regno, l’Adal dimostrerà la sua lealtà evitando per molto tempo di fare altre richieste di questo tipo. Arrivederci a tutti.”
Avanzare altre pretese simili sarebbe stato piuttosto scortese da parte dell’Adal, ora. Voltate le spalle all’assemblea, Rhick uscì dalla sala soddisfatto, e trovò ad attenderlo Leanh e Tesk. Il cavaliere indossava la sua armatura da lin, lucida e ben curata; una corta barba gli incorniciava la bocca, mentre le guance e il collo erano accuratamente rasati. Osservava Rhick con la tipica espressione attenta e profonda dei suoi occhi scuri. Il tramite, invece, portava i capelli raccolti in una coda, e stringeva il bastone rinforzato che – Rhick lo sapeva bene – non gli serviva certo per aiutare il suo cammino. Tesk lo stava osservando con un sorriso.
“A volte mi chiedo se davvero fai parte del Regno, o se non sei invece una spia che lo porterà alla distruzione.”
“Quei poveracci non riuscivano neppure a difendersi, dopo la Guerra dei Fiumi. Direi che siamo sufficientemente al sicuro da poterci permettere di non farli più ammazzare da ogni brigante con una famiglia più numerosa della media. Come mai mi venite a prendere qui? Non dovevamo vederci più tardi alla taverna?”
“Il nostro incontro col Sommo Tramite, ricordi? Ci ha dato una missione.”
“Una missione dal Sommo Tramite? Qualcosa di grave?”
“Troviamo Qeo, e ne parleremo tutti insieme.”


Il gruppo partì il giorno seguente, di buonora, in modo da arrivare ad Alenil il prima possibile. Erano in quattro: il cavaliere Leanh, il tramite Tesk, Rhick e Qeo. Qeo era un Custode degli Alberi, un saggio detentore dei segreti della natura, che a seconda dei casi fungeva da guida, consigliere, guaritore o qualsiasi cosa fosse nelle sue capacità. Benché i Custodi non si schierassero mai per alcuna fazione, Rhick sosteneva che Qeo sarebbe rimasto neutrale anche di fronte alla scelta di perdere la mano destra o quella sinistra, finendo per perderle entrambe.
Dopo i primi giorni di viaggio, in cui gli amici si erano aggiornati sugli avvenimenti capitati a ciascuno di loro negli ultimi tempi, i quattro stavano infine giungendo alla meta, ragionando sull’incarico che gli era stato affidato.
“È strano che il Sommo Tramite si preoccupi di una questione così poco attinente alla fede,” stava dicendo Rhick.
“Sarlehk ha accennato al fatto che la fede a volte acceca gli uomini, ma per il resto l’intera questione lascia nel dubbio anche me. Non è da lui affidarci incarichi di questo tipo,” rispose Tesk.
“Forse la fama di Rhick è arrivata anche alle orecchie dei tramiti,” intervenne Qeo con fare canzonatorio, “com’è che ho sentito che ti chiamano? Il Verbo d’Argento? Non ti sarai bevuto troppa acqua d’argento?”
Il gruppo sorrise, anche se Rhick non sembrava gradire quella fama.
“Ho aiutato l’Ambasciata d’Argento in più di un’occasione, ma perché mi trovo allineato con i loro obiettivi. Tutte le altre sono chiacchiere e leggende.”
“Non ti troverai allineato con quella bella Ambasciatrice piuttosto?” lo schernì Tesk, “spero che la tua bocca non sia detta argentea per altri motivi.”
Tutti risero, e Leanh lo confortò con una pacca sulla spalla.
“Il Sommo ci ha consigliato di metterci in contatto col tramite di Alenil,” disse quest’ultimo, “forse da lui capiremo qualcosa in più di questa faccenda.”
Al contrario della capitale, Alenil era una piccola città, ma aveva avuto la fortuna di trovarsi in un punto strategico della Via dei Ponti. Molte carovane transitavano di lì, e benché non godesse né della vicinanza di risorse naturali, né di altri punti di forza, poteva vivere del commercio e delle sue numerose locande. Sorto proprio grazie alla prima di queste locande, il villaggio si era poi ingrandito finché i suoi abitanti avevano iniziato a coltivare i terreni adiacenti alla città. Benché in passato fosse stata piuttosto sfortunata proprio a causa della sua posizione, che la rendeva il primo bersaglio della regione dell’Adal quando questa decideva di sferrare una guerra contro il Regno, ora che la pace era stabile da generazioni la città stava prosperando.
Arrivati alla città, il gruppo si rese subito conto che qualcosa non andava. Le guardie alle porte erano troppo numerose per una città abituata al transito di così tanta gente, e fermavano troppe persone per chiederne le intenzioni. I quattro vennero fatti passare subito grazie alla vista dell’armatura da lin di Leanh, e al bastone di Custode degli Alberi di Qeo. All’interno, un caotico viavai di persone, carri, carretti e animali da soma affollava la via principale, ma si percepiva una sorta di aura di sospetto che aleggiava tra le persone. Leanh si accostò a un popolano.
“Perdoni, signore, potrebbe indicarci il tempio della città?”
“Il tempio?” la voce del popolano sembrò per un istante astiosa, finché si voltò completamente, notando l’armatura da lin di Leanh. “Certo, cavaliere. Prosegua dritto per questa strada, e quando arriverà alla piazza del mercato, alla sua destra potrà vedere il tempio.”
Leanh ringraziò e, dopo aver lanciato agli altri un’occhiata dubbiosa, i quattro ripresero il cammino.
La piazza del mercato era invasa dalle bancarelle dei venditori di cibo, vestiti, piccoli oggetti e ogni genere di bene che le carovane potessero portare nei loro viaggi sulla Via dei Ponti. Come il popolano aveva indicato, sulla destra si ergeva il tempio; nulla a confronto del grande tempio della capitale, ma l’edificio era sicuramente quello dominante della città: era facile dedurre che i cittadini si affidavano al tramite per consigli in caso di malattie portate da altri paesi, o per raccogliersi in preghiera. I viandanti avevano sempre un motivo per affidarsi a Hiahl nei loro viaggi, e il popolo della città doveva avere ormai nel sangue la paura degli antichi attacchi dell’Adal, e anche se quei tempi erano ormai un ricordo, le persone non avevano perso l’abitudine di affidare agli dèi le loro speranze e le loro richieste di protezione.
“Diamine,” Rhick si era fermato, “una corona per una mela.” L’uomo stava osservando un banchetto di frutta. “Neanche le migliori mele della capitale costano così tanto!”
Il gruppo si diresse al tempio. Inaspettatamente, alcune guardie stavano anche fuori dal suo ingresso. Leanh le salutò con un cenno, e entrò nell’edificio sacro con un inchino in onore degli dèi.
“Stiamo cercando il tramite di questa città,” disse a un accolito, che li condusse nelle stanze più interne del tempio.
Il tramite di Alenil era un uomo che iniziava a imboccare la via della vecchiaia. I capelli erano lunghi e grigi, il viso rugoso e con la pelle degli zigomi che cadeva pesantemente verso il basso. Indossava una tunica piuttosto ricca, e li accolse all’interno di una stanza piena di registri e bauli, dietro un tavolo su cui stavano impilate molte pergamene.
“Benvenuti ad Alenil, viandanti. Il mio nome è Morer Yerwok. Cosa posso fare per voi?”
Fu Leanh a parlare.
“Salute a voi, saggio tramite. Ci manda qui il Sommo Tramite di Gild’e’Bry – del quale vi portiamo i saluti – turbato dalle notizie di subbugli nel popolo. Vorremmo chiedervi se ci poteste aiutare a capire la situazione che si sta creando, e offrirvi il nostro aiuto in caso ne aveste bisogno.”
“Ah, doppiamente benvenuti, amici di Hiahl,” rispose il vecchio, “e ricambio i saluti del Sommo. Il vostro aiuto sarebbe sicuramente il benvenuto, per cui lasciate che vi illustri la situazione.
“Non è il popolo ad essere in subbuglio, ma un gruppo di delinquenti, di Rinnegati. Hanno preso a bersaglio questa città, e le loro fila sono sempre più numerose. Le mie guardie iniziano a trovarsi in difficoltà a rispondere ai loro attacchi.”
“I Rinnegati solitamente non attaccano in massa le città,” intervenne Rhick, “avete sospetti per questo comportamento anomalo?”
“La città ha bisogno di regole, e il precedente conestabile è morto precocemente,” fu la risposta dell’anziano tramite, “era una persona altamente dissoluta, che ha portato amoralità e vizio in questa città. È quindi intervenuto il tempio ad aiutare il popolo nel condurre la sua esistenza, riportandolo sulla via di Hiahl. Questi delinquenti si ribellano alle normali regole di civile convivenza, non accettano alcuna imposizione, accusano addirittura il tempio di fare i suoi interessi, e non quelli del popolo. Voi siete un cavaliere, e forse se uno stimato lin parlasse loro capirebbero gli errori che certo porteranno alla dannazione della loro anima. Si sono stabiliti in un accampamento non molto distante dalla città, verso sudest, che diventa ormai un luogo di sporcizia fisica e morale. Sedare questa rivolta sarebbe certo un grande aiuto, da parte vostra.”
“Faremo ciò che è in nostro potere, saggio tramite,” fu la risposta di Leanh, e con un cenno di congedo uscirono dalla stanza. Rhick mise una mano sul braccio del lin.
“Quel vecchio ti vuole strumentalizzare, Leanh,” dichiarò. I lin erano stimati in tutto il Regno, quali simboli di correttezza e onore, e l’anziano tramite non sbagliava quando diceva che forse perfino i Rinnegati l’avrebbero ascoltato. I Rinnegati erano presenti in tutto il regno, un gruppo di persone che, per scelta o per necessità, si dava a una vita non propriamente onesta. Alcuni erano uomini a loro modo onorevoli, spinti dalla fame o dai propri obiettivi. Altri erano i peggiori tagliagole del Regno. “Non mi piace quello che ha detto. I Rinnegati non attaccano intere città: sono dei disperati, non un esercito. E poi hai sentito come parla? Le ‘mie guardie’? Non sapevo che i tramiti avessero un corpo armato.”
“Abbiamo ascoltato un lato solo,” rispose il cavaliere secondo il tipico modo di dire, “ascoltiamo anche l’altro, e poi decideremo cosa fare.”
Il gruppo uscì dalla città, dirigendosi a sudovest, e dopo una breve camminata incontrò l’accampamento dei Rinnegati. Protetto da una rudimentale palizzata, era composto da una serie di baracche occupate quasi esclusivamente da uomini, oltre a un buon numero di prostitute. Come Rhick non mancò di notare, erano impegnati nella costruzione di armi o protezioni rudimentali, e questo non era un buon segno. L’intero accampamento sembrava percorso da una fremente aspettativa. Qeo si era portato davanti agli altri: la neutralità dei Custodi degli Alberi era nota, e nessuno avrebbe attaccato un gruppo che comprendeva una persona che stringeva un bastone delle foglie. Quando sentirono un po’ di occhi puntati addosso, Qeo parlò.
“Vorremmo discutere con voi riguardo la situazione di Alenil,” dichiarò. “A chi possiamo rivolgerci?”
Un gruppo di una decina di uomini si fece avanti. I Rinnegati non avevano una gerarchia, ogni gruppo aveva i suoi capi. Per alcuni gruppi era una persona sola, per altri più d’uno. Dieci persone però era un numero stranamente alto per quel piccolo accampamento.
“Aye, a nome di chi parlate?”
“Io sono Qeo Jaren, e questi sono i miei compagni Leanh Kingsword, Tesk Farah e Rhick Darfrost. Parliamo a nome nostro, e vorremmo capire cosa succede sulla Via dei Ponti.”
“Rhick Darfrost,” disse uno dei dieci uomini, “ti conosco. Sei il Verbo d’Argento.”
La folla borbottò qualcosa.
“Ebbene,” continuò quell’uomo, “chiedete al tramite di Alenil cosa sta succedendo. Alla morte dell’ultimo conestabile ha cercato di continuarne il lavoro, il che non ci sembrava male. Ha proibito le risse, e di vagare ubriachi durante la notte. Ha imposto tasse su ogni attività della città, ‘per proteggerci dall’elevata concorrenza dei commercianti che transitano nella città’. Aye, all’inizio è stata una bella idea, perché se uno straniero piazzava il suo banchetto per un po’, doveva pagare una tassa. Poi però ha messo una tassa minore anche a noi cittadini. Ha detto che il tempio poteva proteggerli dai truffatori con maggiori controlli e guardie, in cambio di un compenso, e ha assunto dei mercenari. Poi ha iniziato a tassare anche il transito per Alenil. Poi ha messo una legge sulle prostitute, che non sono considerate morali, e le ha cacciate. E via così. I commercianti di passaggio iniziano a far girare la voce. Devono pagare per passare, non trovano prostitute, devono pagare per commerciare. Quel vecchio sarà la nostra rovina. La vita costa troppo. Non si può andare avanti di questo passo. Oggi stesso vogliamo far ragionare il vecchio. E ci ascolterà.”
Tutti gli uomini annuirono. La situazione stava degenerando.
“Lasciateci tentare di convincere il tramite,” intervenne Rhick, “a trovare una soluzione di compromesso. Se non ce la faremo, potrete sempre provare voi.”
Rhick sperava che la sua fama gli fosse di qualche aiuto. Era evidente che quegli uomini erano esasperati, e il loro parlamentare non sarebbe stato certo quieto e civile. I Rinnegati, però, non sembravano entusiasti della proposta, mentre si consultavano tra loro. Alla fine, un altro uomo parlò.
“Provateci pure, ma oggi stesso verremo dal vecchio. Se l’avrete convinto, ascolteremo cos’ha da dire. Altrimenti imporremo le nostre condizioni.”
“Abbiamo un patto, allora,” dichiarò Rhick. E con un leggero inchino di saluto, i quattro uscirono dall’accampamento.
“Il vecchio tramite ha esagerato,” disse subito Rhick, “tasse al tempio? Guardie armate? Scacciare le prostitute perché non sono morali? Mi sorprende che il popolo non l’abbia già linciato.”
“Il suo comportamento è strano,” concesse Leanh, “ma l’ha fatto per il bene della città.”
“Il tempio ne trarrà certo un profitto,” intervenne Tesk, “e non è nelle nostre regole imporre tasse al popolo. I templi si sono sempre sostenuti sulle donazioni spontanee. Capisco che la situazione di questa città è particolare, ma non sta agendo secondo i nostri dettami.”
“Dovremo cercare di riportarlo sulla via di Hiahl, allora,” annuì il cavaliere, “anche se dubito che quell’uomo lo faccia per un tornaconto personale.”
“Andiamo, Leanh,” sbottò Rhick, “quel tramite sta facendo errori mortali. Ha messo questi uomini con le spalle al muro, e questo porta alla rivolta. E, ciò che è peggio, sta creando un governo basato sulla religione. Questo è un paradosso. La religione è spontanea, la legge no. Ma non può governare senza leggi. E quindi sta imponendo delle regole che scalzano la morale e la coscienza di questi individui: ha cacciato le prostitute! Temo che presto accadrà il peggio, se non convinciamo quel vecchio.”
Leanh rimase cupamente in silenzio, e il gruppo si diresse al tempio.


“I popolani lamentano le tasse sulle loro attività e le nuove regole troppo ferree,” stava spiegando Tesk all’anziano tramite, “è contro la nostra etica chiedere denaro per ciò che facciamo.” Il dialogo continuava ormai da un po’, ma il loro interlocutore sembrava sordo alle loro ragioni.
“Quelli non sono popolani della mia città,” rispose il vecchio, “e io non chiedo denaro per il tempio. Il denaro serve a pagare le guardie, a tenere pulita la strada maestra, a far prosperare la città. Raccolgo il denaro solo per il bene della città, non per quello dei tramiti. Sono cose che faceva anche il conestabile.”
“Col vostro permesso, signore,” intervenne Rhick, “il conestabile non promulgava leggi che dichiaravano immorali le prostitute. E il popolo vede le tasse come un obolo al tempio: ciascuno dovrebbe essere libero di fare le proprie offerte agli dèi, mentre in questo modo sentono di essere obbligati.”
“Vi ho detto che quel gruppo di Rinnegati non è il popolo. E cosa posso fare se non capiscono che lo faccio per il loro bene, e non per il mio? I soldi non vanno a me.”
“Abbiamo raccolto alcuni pareri dai mercanti della città,” riprese Tesk, “e molti sono d’accordo con quanto abbiamo sentito dai Rinnegati.”
“Forse,” propose Rhick, “la soluzione migliore sarebbe quella di favorire la nomina di un nuovo conestabile, in modo che torni ad essere netta la divisione tra il governo e la religione.”
L’anziano tramite stava per rispondere, quando un accolito entrò con fare agitato nella stanza.
“Perdonate, mio signore, ma un gruppo di uomini chiede di parlare con voi. Dicono che è importante, e che non se ne andranno finché non li avrete ascoltati.”
I quattro compagni si guardarono, e accompagnarono l’anziano tramite sui gradini del tempio.
Lo spettacolo era inquietante. Una ventina di uomini attendeva nella piazza del mercato che, vista l’ora, si svuotava dai mercanti. Tutti avevano un’arma addosso, e alcuni impugnavano minacciosamente le else delle spade che avevano nei foderi. Si rivolsero con astio al vecchio, che restò ad ascoltarli dalla cima dei gradini.
“Hai esagerato, vecchio,” disse quello che avevano nominato come portavoce, un uomo alto dalla barba scura. “Hai afferrato il potere sulla città e ci obblighi a rispettare le tue insulse regole. Ma il popolo non è disposto a tollerarle oltre. Vattene dalla città, e eleggeremo un nuovo conestabile chiedendo un altro tramite per il tempio.”
“Non sono disposto ad ascoltare un gruppo di delinquenti che decidono che il loro parere sia rappresentativo del popolo,” rispose il tramite, “indirò un’assemblea cittadina per ascoltare i pareri degli uomini giusti, voi andatevene dalla mia città, se non volete che vi faccia sbattere fuori.”
“Questa città non è tua, vecchio. E la gente ha paura a darti torto, non lo capisci? Teme di essere dannata per l’eternità, e all’assemblea tutti sarebbero d’accordo con te. Questa non è la soluzione. Te ne devi andare, e smetterla con le tue ciance sulla dannazione della nostra anima se non paghiamo le tasse.”
“Voi non temete Hiahl!” gridò il vecchio, “andatevene, blasfemi, prima che…”
“Un momento,” Rhick provò a sedare gli animi; l’atmosfera iniziava a scaldarsi, “potremmo trovare una soluzione di compromesso. Il tramite potrebbe favorire la nomina di un nuovo conestabile, che decida le regole della città come è sempre stato, e rinunciare quindi a raccogliere le tasse, e alle regole sulla moralità.”
I Rinnegati, pur con un certo malcontento, sembravano disposti ad accettare questa soluzione. Il tramite non sembrava altrettanto d’accordo.
“Non sono disposto a eliminare quelle regole e a far cadere questa città nella dissolutezza dell’anima! Fuori dalla città, o vi farò cacciare dalle guardie!”
Rhick lo guardò esasperato. Non capiva che quelle persone erano arrivate al limite, e che parole così dure potevano causare l’irreparabile?
“Saremo noi a cacciare te, vecchio!” alcuni Rinnegati stavano cominciando a impugnare le armi.
“Come osate? Vi state mettendo contro gli dei! Guardie, sbatteteli fuori dalla città senza alcuna clemenza.”
Rhick non credeva alle proprie orecchie. Forse il vecchio sperava che questo avrebbe intimidito i Rinnegati, ma erano mossi dalla forza dell’esasperazione. Le guardie mercenarie sguainarono a loro volta le spade, avvicinandosi alla piccola folla, che si fece più minacciosa. Le forze erano però impari: le guardie erano numerose, ben armate, e soprattutto ben protette dietro le loro armature. I Rinnegati, invece, impugnavano armi più rozze, e le loro protezioni erano di fortuna: i meglio equipaggiati indossavano corazze di cuoio.
“Fermi, FERMI!” gridò Rhick, e questo bloccò per un attimo i Rinnegati, ma non le guardie che proseguivano nella loro avanzata. Con un balzo, si portò ai piedi della scalinata, per poi correre in mezzo alle due fazioni, rivolgendosi alle guardie.
“Fermatevi! Non capite cosa state facendo? State scatenando una rivolta! Fermatevi immediatamente, se non volete causare un danno alla città.”
Ma i mercenari erano pagati per eseguire gli ordini di chi li comandava, e non si preoccupavano del destino della città. Con alcune parole di scherno, proseguirono nella loro avanzata. Rhick estrasse la spada per fermarli, gettando ai Rinnegati un’occhiata che li fermò dall’imitarlo. Le guardie della città avanzarono ancora, e due di loro levarono le spade contro Rhick. Il Verbo d’Argento non era però noto solo per la sua abilità oratoria, e numerose battaglie l’avevano temprato. Rispose ai colpi con velocità e destrezza, raggiungendo con l’elsa il cranio della prima delle due guardie, e col piatto della lama il volto della seconda. Entrambe caddero al suolo, l’una svenuta, l’altra stordita.
“Fermatevi,” ripeté ancora, “o sarà peggio per voi.”
Da quel momento, fu il caos. Le guardie si lanciarono all’assalto contro i Rinnegati malamente armati, che risposero all’attacco come poterono. Rhick cercava di stordire i mercenari, ma i Rinnegati erano furibondi, la loro rabbia era alimentata dai colpi portati dalle guardie, che puntavano a ucciderli. Sentì che Qeo, il Custode degli Alberi, salmodiava nella sua lingua arcana parole che stavano bloccando alcune delle guardie, mentre Tesk cercava di far deporre le armi sia all’una che all’altra fazione, separandoli col bastone. Leanh aveva sguainato la spada, ma non osava gettarsi né contro le guardie, né contro i Rinnegati. Tesk cercò di scuoterlo, alcuni gradini più in basso.
“Leanh, fermiamo quelle guardie, o potrebbe succedere il peggio.”
Il cavaliere lo fissò, il suo conflitto interiore era palese sul suo volto.
“Non posso, Tesk. Non posso scagliarmi contro i rappresentanti dell’ordine, le guardie, e quindi contro il tramite e il tempio.” Abbassò la punta della spada, ma poi si rivolse duramente all’anziano tramite che osservava la scena.
“Dovete fermarli. Dovete richiamare le vostre guardie. Quegli uomini che stanno uccidendo sono persone della vostra città, padri di famiglia. In nome di Hiahl, fermateli subito, o il Sommo Tramite che rappresentiamo verrà a conoscenza di quello che avete fatto e vi farà destituire da questa città. Avete infranto la nostra etica e i dettami di Hiahl.”
Le parole del cavaliere sembrarono scuotere il vecchio tramite, che aprì la bocca come se fosse stato colpito da uno schiaffo. In quel momento, però, un gruppo di Rinnegati era riuscito a oltrepassare le guardie, e si diresse minaccioso verso l’anziano, armi alla mano. Leanh li vide.
“Fermi. Quest’uomo pagherà per ciò che ha fatto, ma non è con questo comportamento che risolverete la situazione.”
I popolani erano fuori di sé dalla rabbia. Avevano visto i loro compagni cadere e morire per colpa dell’uomo che Leanh stava proteggendo, ed ora volevano solo la sua testa. Cercarono di scavalcare il cavaliere, ma questi ne arrestò l’avanzata. Accecati dall’astio, i Rinnegati iniziarono a levare le armi contro di lui. Leanh era abile nell’arte della spada, e parò i colpi uno dopo l’altro, proteggendo l’anziano tramite. Ma combatteva solo per pararsi, senza restituire i colpi, e i Rinnegati si facevano più numerosi, oltre che ardenti di rabbia. Il cavaliere non arretrò di un passo, nemmeno quando i colpi portati contro di lui, che si facevano sempre più numerosi, iniziarono a scalfire la sua armatura da lin, e poi a causargli le prime ferite più serie. Leanh continuava a parare, formando un muro inespugnabile tra i Rinnegati e il tramite. Finché gli affondi divennero troppi, una spada oltrepassò la sua guardia intenta a parare un’altra lama, e colpì il cavaliere in pieno petto, affondando nella carne. Leanh cadde al suolo, e questo sembrò gettare un’ombra su tutta la piazza.
“Nooo!” Rhick aveva visto la scena, e il suo terribile grido si levò dal centro della battaglia. Tesk guardò il compagno cadere lentamente, e poi l’uomo che l’aveva colpito. Quel gesto sembrò risvegliarli dall’incubo di rabbia in cui erano imprigionati, e il Rinnegato lasciò cadere la spada, come se non riuscisse a credere di essere stato lui a portare il colpo. In pochi attimi, tutta la folla si era fermata, come trattenendo il respiro. Tesk si chinò subito sul cavaliere per cercare di curarlo, guardando con disgusto la profonda ferita. Ne aveva osservate così tante nella sua vita, ma quella così grave e profonda nel petto dell’amico sembrava più intollerabile di qualsiasi altra avesse mai visto.
Rhick si avvicinò con rapide falcate, capendo quanto fosse grave il colpo ricevuto dal cavaliere solo quando si trovò accanto a lui. Fu con rabbia che si girò verso il vecchio tramite che guardava Leanh con occhi sbarrati, come se anche per lui si fosse spezzato l’incantesimo che l’aveva portato a comportarsi in quel modo, e con altrettanta rabbia gli si rivolse.
“Ecco dove ha portato la tua cecità. Verrai cacciato con disonore da questa città, un disonore che fortunatamente non macchia tutti i fedeli di Hiahl.”
Leanh sollevò la mano, e Rhick la strinse.
“Hai fatto fede al tuo onore, amico mio. Ma perché devi essere così dannatamente stupido?”
Leanh sorrise stancamente, mormorando qualcosa.
“Mio figlio. Sarà il lin che io non ho fatto in tempo a diventare.”
Rhick strinse più forte la sua mano, da cui mancava solo l’ultimo anello. Il cavaliere volse lentamente lo sguardo, e incontrò quello dell’uomo che l’aveva colpito.
“Che Hiahl ti perdoni.”
E con queste parole, morì.

2 Commenti a “Paradosso mortale”

  1. Andrea dice:

    Ciao John,
    e’ bella questa storia. Gestisci la trama molto bene, e il gruppo di protagonisti risulta subito simpatico al lettore.
    Un difetto che ho trovato pero’ e’ che forse stai usando un’ambientazione incredibilmente complessa (i tramiti, i custodi, i lin e cosi’ via) senza darti la pena di descriverla a dovere. E’ un peccato perche’ invece secondo me nella societa’ che hai descritto potresti ambientarci una saga intera, altro che un racconto :)
    Personalmente, spero in altri racconti con la stessa ambientazione.

    Grazie per avercelo fatto leggere :)

  2. JohnElfman dice:

    Grazie per il commento e per il tempo speso a leggere il racconto :)
    Ti confesso che, in effetti, questo racconto è un “esercizio” di scrittura riguardo alcuni dei personaggi minori della saga che vorrei scrivere. Ho passato qualche mese ad approfondire l’ambientazione, ed ora sono in fase di stesura della trama: nel frattempo volevo “prendere la mano” raccontando qualcosa di quei personaggi e di quella ambientazione, ed ecco la genesi di questo racconto.
    Condivido le tue speranze riguardo a qualcosa in più di questo racconto, quindi :P (e chiedo scusa per le cose non spiegate, in effetti non volevo svelare troppo, ma questo forse lascia un po’ sospese alcune cose)

    Grazie ancora per la disponibilità e il commento

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