Coloro che vissero e furono morti
Pubblicato da letizia il 9 gennaio 2008
COLORO CHE VISSERO E FURONO MORTI
Alex aprì gli occhi, si alzò a sedere e si guardò attorno disorientato.
L’ultima cosa che ricordava era un dolore lancinante e improvviso alla nuca e l’immagine sfocata di Carter prima che gli cadesse tra le braccia perdendo i sensi.
Si portò una mano alla nuca e miriadi di stelline luminose gli esplosero davanti agli occhi. Doveva avere un bernoccolo grosso quanto una palla da baseball.
“Ma cosa…” mormorò Alex confuso. Era seduto sul ciglio di una strada e non ricordava niente, nè di come fosse finito là, nè del perché avesse quel bernoccolo.
Niente, a parte Carter.
“Carter!” chiamò Alex, ma la strada era deserta “Come ci sono finito qui?” si chiese e si alzò in piedi spazzolandosi il fondo dei jeans.
“Carter?” chiamò ancora “Claire… Ma dove siete finiti?” si sforzò di ricordare qualcosa ma le uniche immagini che gli tornavano in mente erano il volto dell’amico e ricordi indistinti di una festa.
“Sì, la festa di Halloween!” esclamò Alex “Ero andato alla festa di…” aggrottò la fronte. Un altro buco nella sua memoria “Luis… o Luke?” scosse la testa “Carter si è chiuso con me in bagno… e si è messo a ridere.”
‘Ho scelto proprio quello giusto!’ aveva detto mentre lui si affannava alla ricerca dell’interruttore della luce ‘Non sei un po’ grande per avere paura del buio?’ poi gli aveva porto la mano ‘Io comunque mi chiamo Carter.’
Alex scosse ancora la testa “No quella è stata un’altra festa. Ieri sera! Ricorda, Alex!” si premette una mano sulla fronte cercando di riordinare i suoi vaghi pensieri “Ero con Carter e Claire al party in maschera.” annuì e sorrise. Sembrava che i suoi ricordi fossero solo di feste “C’era la musica assordante e un sacco di gente. Io ero mascherato da…” abbassò lo sguardo: indossava scarpe da tennis, jeans e maglietta neri “Normale ragazzo?” si strinse nelle spalle “Può darsi, non ricordo neanche questo.” rialzò gli occhi.
Conosceva quella strada. Portava ad un muretto di pietra oltre al quale c’era la spiaggia e s’incamminò in quella direzione respirando a fondo l’aria fresca e frizzante della mattina che sembrava tonificargli i sensi e la mente.
L’oceano era un’immensa tavola azzurra, il cielo era terso e all’orizzonte si delineava il chiarore dorato dell’aurora: stava sorgendo il sole.
“Il sole…” mormorò Alex facendo qualche passo sulla sabbia e rimase a guardare il crescente bagliore giallo oro fino a che gli occhi non gli fecero male. Allora li chiuse e alzò il viso per offrirlo in pieno alla luce tiepida e avvolgente del nuovo giorno. Si sentiva invaso da una profonda sensazione di pace come non provava più da tempo… gli sembrava un sogno poter sentire quel calore sulla pelle.
Perché i vampiri non possono esporsi al sole.
Alex sgranò gli occhi e arretrò di un passo spaventato dal suo stesso pensiero.
“Vampiro?” chiese alla spiaggia deserta “Ma che sto dicendo?” gracchiò una risatina e scosse la testa “Alex, hai bevuto troppo. Ti sei ubriacato a quella stupida festa… e come ti vengono in mente i vampiri? Hai battuto la testa?” fece una smorfia “Forse sì considerato il bernoccolo e stai anche parlando da solo.”
Si premette di nuovo la mano sulla fronte.
“Eravamo alla festa di… non lo so, non importa. Ricordo Carter vestito da… da vampiro!” schioccò le dita “Ma certo, ecco perché ho pensato ai vampiri. E Claire…”
Claire si era guardata intorno con un sorrisetto sprezzante e lo sguardo di un gatto che pensava di procurarsi da mangiare.
‘Forza ragazzi, movimentiamo un po’ questo mortorio!’ aveva detto e si era confusa tra le maschere che sembravano ghignare maligne sotto le luci cangianti.
Claire era vestita da fatina, ricordò Alex. Un abito azzurro brillante, i lunghi capelli biondi acconciati in morbidi boccoli… sembrava davvero una fata delle fiabe.
A loro invece si era avvicinata una brunetta travestita da strega. Aveva messo un bicchiere in mano ad Alex, aveva sorriso languida a Carter poi si era allontanata ancheggiando.
Carter si era passato una mano sulle labbra, lo sguardo fisso sulla ragazza.
Alex aveva fatto uno smorfia ‘Sembra sangue!’ aveva detto posando il bicchiere colmo di un denso liquido rosso.
‘Adesso vedrai che il sangue ci sarà davvero!’ aveva detto Carter ammiccando. Aveva afferrato un ragazzo per le spalle e si era chinato su di lui tenendogli la testa piegata di lato.
Alex ricordò il rumore della pelle che si lacerava, le grida del ragazzo e il sangue che schizzava. E Carter con la bocca sul suo collo come un…
“Vampiro.” esclamò Alex nauseato “Dio, quanto ho bevuto? E soprattutto, cosa. Devo aver avuto le allucinazioni.”
Scosse la testa quasi a voler scacciare quei pensieri orripilanti e guardò il sole che accendeva mille scintille sulle onde dell’oceano poi chiuse ancora gli occhi.
Quando li riaprì non era più sulla spiaggia, ma sdraiato su un lettino d’ospedale. Sentiva l’odore penetrante dell’alcol e degli antisettici.
Su di lui si chinò Carter, il volto pallidissimo, le labbra rosse e quando parlò mise in mostra denti candidi e canini appuntiti.
Alex gridò tirandosi su a sedere e si rannicchiò contro lo schienale del lettino.
“Ehi, Alex!” gli disse Carter “Sono io, Carter!”
Era avvolto in un lungo mantello nero con il colletto alto e rigido dall’interno rivestito di seta rossa, indossava una camicia bianca aperta sulla gola ed eleganti pantaloni neri. Aveva i capelli lucidi di brillantina e tirati all’indietro e gli occhi sembravano scintillare di una luce quasi innaturale contro il pallore mortale del viso.
Alex ricordò la festa di Halloween e riprese a respirare “Scusami…” mormorò “Ho avuto un incubo.”
“Davvero?”
“Già.” Alex si passò una mano sulla fronte sudata “Però ho sognato anche il sole!”
“Davvero?” ripeté Carter con più interesse “Raccontami!”
“Ero sulla spiaggia e stava albeggiando! Era così bello…”
Carter sorrise “Anch’io sognavo spesso il sole all’inizio.”
“Ho sognato anche te.” disse Alex guardandolo “Ti eri trasformato in un vampiro.”
“Hai preso una bella botta.” disse Carter “Ma quell’idiota l’ha pagata cara.”
Alex si portò una mano alla nuca e tastò con delicatezza il gonfiore dolorante. Quello purtroppo non l’aveva sognato “Cos’è successo?”
“Eravamo a quella festa, ricordi? Si è scatenato un putiferio, c’era gente che scappava da tutte le parti. Tu come al solito ti sei chiuso in uno sgabuzzino… non sai proprio cosa ti perdi! Bè, quando sei venuto fuori, un ragazzo ti è arrivato alle spalle con una sedia e te l’ha rotta in testa. Ma dico, una sedia!” Carter allargò le braccia e scosse la testa “Comunque non ti preoccupare, l’ho sistemato io per te.”
“Cosa vuoi dire?”
Carter lo guardò “Sei rimasto svenuto per un bel po’… Ma ora dobbiamo andare, prima che torni il dottore.”
“Perché?” chiese ancora Alex.
“Perché un dottore” spiegò paziente Carter “con i suoi prelievi di sangue, controllo della pressione e altri stupidi esami del genere è l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno. Ci metterai un po’ di ghiaccio sul tuo bernoccolo. E’ ancora notte ma dobbiamo fare in fretta, Claire ci sta aspettando.”
Alex saltò giù dal lettino e seguì la coda svolazzante del mantello da vampiro di Carter “Ehi, a quella festa io da cosa ero vestito?”
Carter scoppiò a ridere “Da quello che sei: fifone!”
Alex cercò di stargli dietro e attraversando le corsie dell’ospedale contò altri quattro vampiri e un lupo mannaro che aveva un coltello piantato in una spalla e la maglietta strappata intrisa di sangue. Ma forse quello non faceva parte del suo travestimento.
Alex distolse lo sguardo e per qualche istante il mondo oscillò sotto i suoi piedi. Deglutì a fatica e si passò una mano, non del tutto ferma, sugli occhi. Si sentiva come se stesse di nuovo per perdere i sensi e aveva voglia di sdraiarsi “Ehi, Carter… il tuo non è un costume molto originale.”
“Già, ma non potevo perdermi l’occasione!” Carter si fermò in mezzo ad un corridoio “Accidenti, ma questo è un labirinto! Dove diavolo è l’uscita?”
Alex si bloccò appena prima di andargli a sbattere contro e una cruda rivelazione gli illuminò la mente come una luce abbagliante, facendogli dimenticare in un attimo lo sgomento e le vertigini.
“Io sono un vampiro…” mormorò “E anche tu lo sei. Hai davvero ucciso quel ragazzo e bevuto il suo sangue! Non è stato un sogno, vero?” chiese e lo guardò implorante ‘Dimmi che sono un idiota!’ pregò Alex ‘Che sono un idiota che ha paura persino di quello che sogna!’
“Quel colpo ti ha mandato il cervello in polpette…” mormorò Carter e lo prese per le spalle scuotendolo come un fantoccio “Alex, se ti è saltata la memoria, forse non è una cosa così brutta come può sembrare, ma questo non è il posto nè il momento adatto per parlarne! Dobbiamo uscire di qui e tornare a casa!” sorrise “E tu non sei che un coniglio che ha paura della sua ombra!” alzò lo sguardo verso il soffitto e vide la freccia verde che indicava l’uscita “Oh, eccoti bella mia! Forza andiamo!” prese Alex per un braccio e se lo tirò dietro.
“Già, un coniglio…” mormorò Alex.
Attraversando stradine buie e vicoletti maleodoranti arrivarono fino ad un vecchio palazzo diroccato che Alex ricordava molto bene. Non tutta la sua memoria era andata perduta.
Sgattaiolarono dentro passando da una finestra rotta, scesero una ripida rampa di scale e si fermarono davanti ad una pesante porta di legno massiccio. Carter bussò forte con la mano chiusa a pugno, mentre Alex si guardava attorno, cercando di scrutare nell’oscurità, cercando di dominare la sua paura. Emise un respiro tremante e si passò la mano sulla fronte imperlata di sudore freddo.
La porta si aprì furtiva, Carter spinse dentro Alex poi entrò anche lui e richiuse l’uscio sprangandolo con un catenaccio.
Si ritrovarono in una cantina fresca e buia, ma Alex sapeva dove trovare l’interruttore della luce e allungò subito il braccio.
“Alex!” gridò Claire gettandoglisi addosso “Come stai, ci hai fatto preoccupare!”
“Bene…” rispose Alex e premendo l’interruttore la calda e rassicurante luce di una lampada illuminò ogni angolo dell’ambiente “Bene!” ripeté con più sicurezza e sorrise.
“Ha dei vuoti di memoria.” disse Carter slacciandosi il suo mantello da Signore delle tenebre “Farnetica su incubi, maschere di Halloween…”
“So io quello che ci vuole!” disse Claire. Non indossava più il vestito azzurro ma i riccioli biondi che le incorniciavano il viso dai lineamenti delicati le conferivano l’aspetto candido e innocente di un angelo. Portò ad Alex una tazza piena quasi fino all’orlo e sorrise “Dopo ti sentirai meglio.”
Alex prese la tazza e annuì. I suoi amici, il suo succo d’arancia… era a casa! Ne bevve però solo un paio di sorsi “Ha uno strano sapore.”
Claire e Carter si scambiarono uno sguardo.
“E’ rinvenuto quando era già in ospedale.” disse Carter stringendosi nelle spalle “E’ stato via per un bel po’, dagli il tempo di ritrovare se stesso.”
“Ma ti è sempre piaciuto il sangue di gatto…” osservò Claire.
Alex sputò quello che aveva in bocca e lasciò cadere la tazza che s’infranse a terra spargendo una chiazza di liquido rosso “Sangue?” chiese disgustato strofinandosi la mano sui jeans e gemette “Di gatto…”
“Ti fa impressione uccidere le persone ma devi pur nutrirti in qualche modo.” rispose Claire con rimprovero.
Alex guardò Carter che scosse la testa “Non dovevo farti diventare un vampiro… Ma non potevo sapere che avevi tutte queste fobie. E poi avevi un faccino così carino!”
9 gennaio 2008 alle 8:34 pm
Si, mi sembra un pò babbeo questo vampiro… ma magari deve solo ambientarsi. Però che schifo il sangue di gatto, bleah! Quello l’avrei buttato via pure io!
Brava. Perchè non scrivere un seguito?
9 gennaio 2008 alle 10:28 pm
brrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr
però imbranatello lo è…
brava.
9 gennaio 2008 alle 11:11 pm
Bello, ma troppo corto!! Ne voglio ancora!!
10 gennaio 2008 alle 1:21 am
Una storia sui vampiri allegra! Meno male!
Bello!
10 gennaio 2008 alle 10:59 am
Ciao Letizia,
ho letto con piacere questo tuo racconto, non so resistere allle storie di Vampiri. E’ stato insolito e divertente leggere di un Vampiro un pò impacciato, aspetto altri tuoi racconti del genere!!!
Fabio
10 gennaio 2008 alle 1:42 pm
Mi unisco ai complimenti. Brava!