piehasen

Una raccolta www.storydrawer.org

Ricordi Complessi – 10 – Riunione 23/12/1989

Pubblicato da piehasen il 25 settembre 2010

Scarica come ePub

1 Star2 Stars3 Stars4 Stars5 Stars (Nessun voto)
Loading ... Loading …

*** “Ricordi Complessi” è una raccolta di racconti che un piccolo editore fa scrivere a quattro vecchi amici rintracciati dopo molti anni (siamo nel 1989 – 1990) per comporre un’opera sugli “anni folli” del Sessantotto. Inframmezzati tra i racconti sono riportati anche i verbali delle riunioni di redazione.  ***

RIUNIONE 23/12/1989

 

Editore: Ci siamo tutti? Il registratore é acceso?

Graziella: Sì, sta girando.

Paolo: Non é che facciamo il contrario dell’altra volta? Che dite che é acceso e invece é spento?

Editore: No, é lì che gira, non ti preoccupare. Comunque il trucchetto dell’altra volta é servito a farvi parlare un po’ in scioltezza, senza essere condizionati dal fatto che c’eravamo noi.

Paolo: Tanto, a condizionarci ci sei riuscito bene, almeno a giudicare dalla seconda tornata di racconti.

Andrea: Perché, in che cosa li trovi diversi dai primi?

Simona: É vero, volevo dirlo anch’io: é come se vi foste tutti ritirati in punta di forchetta.

Andrea: Perché, tu ti chiami fuori?

Simona: Io avevo già buttato giù entrambi i racconti fin dalla volta scorsa.

Andrea: Bé, mi sembra anche logico: non siamo scrittori professionisti, e sapere di lavorare per un libro può averci inconsciamente fatti stare più attenti.

Editore: Bravi, come il solito anticipate gli argomenti: leggendo i vostri racconti ho visto che siete incorsi in alcuni errori che volevo farvi notare. Nulla di drammatico, però sarebbe meglio che ne teneste conto, in modo da aggiustare un po’ il vostro stile.

Andrea: Ben venga una lezione di scrittura creativa: non può che farci del bene.

Paolo: Io ho scritto anche il secondo racconto, però continuo a non credere che possa venir fuori qualcosa di pubblicabile.

Simona: Vuoi scherzare? Con le schifezze che ci sono in giro…

Paolo: … sarebbe un peccato non farne una anche noi, é questo che vuoi dire?

Simona: No, é che ormai la forma non ha più importanza, o meglio, ne ha meno di una volta.

Andrea: Io non sono d’accordo: la cultura italiana non potrà fare a meno di essere formale e accademica ancora per parecchio tempo.

Simona: Perché sei così riduttivo? E’ pieno di autori nuovi con uno stile fresco…

Andrea: Perché non si può imparare a scrivere dall’oggi al domani: l’Italia più di altri paesi é rimasta legata ad una concezione controriformista della cultura…

Paolo: Questo te l’ha detto il Duca?

Andrea: Basta che apri un libro scritto in Italia e scoprirai cosa voglio dire. Poi che c’entra, anche il Duca la pensava così, e allora?

Paolo: No, perché se queste riunioni iniziano ad essere un dibattito da biblioforum io mi alzo e me ne vado. Che c’entra la Controriforma?

Francesco: Io ho capito ciò che vuol dire Andrea: anche gli autori “freschi di giornata” in fondo fanno l’accademia dell’antiaccademia.

Andrea: Giusto: scrivono artificiosamente in modo non artificioso!

Simona: Questo mi sembra un sofisma bello e buono, come l’argomento contro gli scettici: sei così sicuro che non ci sia nulla di sicuro?

Paolo: Sì, d’accordo, ma io voglio sapere cosa c’entra la Controriforma in tutto questo.

Editore: Basta, basta, smettetela, é la seconda volta che ci vediamo e già mi siete diventati una congrega di barbogi pedanti. State piuttosto a sentire Graziella che vi dice meglio di me cosa non andava negli ultimi racconti.

Graziella: Grazie. Allora, qualche considerazione di carattere generale. Innanzi tutto ho notato uno stile più freddo, quasi congelato, come se aveste paura di essere giudicati, che l’altra volta non c’era, e questo é già stato detto da voi.

Andrea: Credo di aver già spiegato il perché.

Editore: Sì, ma bisogna che impariate ad essere spontanei anche quando sapete che il vostro lavoro sarà passato ai raggi ics. La prossima volta cercate di considerare me e Graziella alla stregua di robot.

Paolo: Mica facile!

Simona: Tu ci sei riuscito benissimo, hai scritto una storia abbastanza scabrosa, in un linguaggio molto libero…

Andrea: Guarda che non hai capito niente: l’ha fatto apposta per mettere Graziella in imbarazzo.

Graziella: Ci vuol altro…

Paolo: Lo credo bene!

Andrea: E poi non mi venire a raccontare che la storia é vera: te la sei inventata di sana pianta.

Paolo: Liberi di pensarla come vi pare: sono il solo responsabile dei miei ricordi.

Andrea: Ecco, il racconto di Paolo é il tipico esempio di quello che dicevo prima: anche la licenza può essere frutto di un condizionamento. 

Editore: Proprio qui volevo arrivare. Vera o no, verosimile o no, la storia di Paolo é stata raccontata con il preciso scopo di fare un po’ di pornosoft. E questo non va per niente bene: il taglio che volevo dare a quest’operazione era più immediato, più spontaneo, volevo insomma che vi confessaste a ruota libera più che sostenere delle tesi precostituite. E questo vale anche per te, Andrea.

Simona: Sì, é vero, il suo pezzo puzza…

Paolo: …come una pizza pazza.

Andrea: In che senso, scusate?

Editore: Nel senso che invece di raccontare una storia facendo emergere una tesi nello sfondo, tu sei partito dal voler dimostrare una certa tesi e vi hai costruito sopra una storia.

Francesco: L’ho notato anch’io: ricorda lo stile di Asimov.

Andrea: Ahiahiahi, allora la va proprio male…

Simona: Perché, non ti piace Asimov?

Francesco: A me sì, credo invece che il nostro editore preferisca lo stile di Heinlein, tanto per rimanere nel campo.

Paolo: Scusate l’ignoranza, ma non m’intendo di fantascienza. Volete spiegare anche ai profani come me cosa differenzia lo stile di questi due illustri narratori?

Andrea: A te l’onore, visto che li hai tirati in ballo.

Francesco: Isaac prende un argomento scientifico di cui vuol parlare e gli cuce addosso una storia alla bell’e meglio, con uno stile piatto, tirato via, tanto per non fare sempre e solo articoli di divulgazione; e infatti la sua forza sono i concetti, non lo stile narrativo. Invece Heinlein era capace di andare avanti per cinquecento pagine ambientate sempre nella stessa stanza senza farti annoiare un attimo, scriveva romanzi chilometrici in uno stile fluidissimo, partendo magari da un’ideuzza e lasciandola crescere da sola nel corso della storia. 

Graziella: Io non ho mai letto nulla di quei due, forse sono troppo giovane per non considerare la fantascienza un genere vetusto e poco interessante; ma da quello che ha detto l’avvocato mi sembra che il punto sia stato preso in pieno. Sia l’ingegnere sia il signor Paolo hanno voluto – chi per un verso e chi per l’altro – dimostrare qualcosa usando la storia come pretesto. Invece l’avvocato si é tenuto al livello dell’altra volta: evidentemente l’argomento lo appassionava, e infatti il racconto ha molto ritmo e si legge tutto d’un fiato.

Simona: É vero, sei stato una scoperta anche per me. Ricordo benissimo i Full Time, stravedevo per la voce di Roberto, ma tu hai fatto rivivere l’ambiente, il modo di pensare, le gelosie, le rivalità, leggevo ed era come guardare un film.

Andrea: Un vero e proprio tuffo nel passato, credo in effetti che tu abbia colto meglio di tutti lo spirito di questo lavoro.

Francesco: Grazie, son confuso…

Graziella: Infine, il racconto della professoressa é quello su cui c’é meno da dire sotto quest’aspetto: si sente che era stato buttato giù insieme al precedente, e che c’é stata una cesura artificiale, anche se il punto in cui “tagliare” non poteva essere scelto meglio.

Simona: Embé… vuol dire che questa volta mi sono evitata di lavorare.

Editore: Siete allora tutti d’accordo su questo punto? Dovete cercare di scrivere più in scioltezza, parlando magari di argomenti che vi appassionano, se vi può aiutare, comunque senza tesi preconcette. Lasciate che la tesi venga fuori da sola nell’evoluzione del racconto, piuttosto che star sempre lì a puntar l’indice su ciò che volete dimostrare. 

C’é poi un altro appunto che vi debbo fare, e riguarda il taglio dei lavori. Se lo avete notato, partite tutti con comodo, come se doveste scrivere un romanzo delle dimensioni di quelli di Heinlein…

Simona: … o di Clancy, o di Stephen King…

Editore: …appunto, quella del romanzo-fiume é una moda corrente, va bé, é uno stile come un altro. Ma chi vuol scrivere un romanzo-fiume non deve restare col fiato corto dopo dieci pagine!

Paolo: Come sarebbe a dire?

Graziella: Posso dirlo io?

Editore: La parola alla nostra revisora editoriale.

Graziella: É questione di proporzioni: chi più, chi meno, tutti avete avuto la stessa carenza di equilibrio, e potete vederlo da voi se guardate questi racconti in controluce a quelli dell’altra volta. Ve la prendete con calma, iniziate a sviscerare un argomento dopo l’altro, e poi di colpo chiudete con due paragrafetti in croce, come se foste rimasti senza benzina. Proprio il suo racconto, signor Paolo, mostra più degli altri questo difetto strutturale: le prove, le tecniche di guida, un bel racconto d’ambientazione; poi compare la ragazza, e il tiro si sposta, diventa importante la caccia al fantasma, e anche questo sta bene, infine il coronamento, e di nuovo si cambia argomento, c’é una minuziosa descrizione del rapporto, e poi la storia rimane appesa lì. 

Paolo: Perché, che c’era da dire di più?

Graziella: Ma che fine ha fatto il kart, se poi avete fatto delle gare, se e come vi siete persi di vista, c’é un mucchio di cose che sono rimaste in sospeso…

Paolo: Ma non erano poi così importanti: il racconto si chiama “Io e la Biella”, non “Io e il kart”!

Graziella: E allora non deve parlare per dieci pagine del kart senza far comparire l’eroina del racconto: sembra che l’argomento sia quello. O se voleva parlare della ragazza sullo sfondo dell’ambiente delle corse, doveva ricondurcisi alla fine.

Paolo: Ma se la Biella poi non l’ho più rivista, il racconto era concluso, o no?

Francesco: Una delle due, Paolo: o parlavi solo della Biella e lasciavi stare il kart, oppure dopo esserti lasciato con la Biella ci riportavi alla pista rossa e concludevi il discorso sul kart.

Graziella: Grazie avvocato, lei sa sempre sintetizzare al meglio.

Paolo: Comunque l’ho già detto e ridetto che non sono uno scrittore: non ci so fare con queste cose, e vi dirò che ho una gran voglia di tornarmene a casa e lasciarvi qui da soli a fare il giochino dell’amarcord!

Andrea: Ma quanto sei permaloso, dannazione: non ti si può fare un’osservazione!

Graziella: Signor Paolo, devo confessare che i suoi modi da bastian contrario stanno cominciando a darmi sui nervi. Per conto mio faccia un po’ quel che le pare…

Paolo: Appunto: me ne vado!

Editore: Calma, calma, possiamo parlarne dopo, per favore? Tu non fare lo stronzo come al solito e risiediti, e lascia andare avanti Graziella.

Graziella: Grazie. Allora, veniamo al racconto dell’ingegnere. Il suo stile strutturale é ormai abbastanza delineato: una lunga introduzione per spiegare il perché e il percome di quello che racconterà, come se si vergognasse di scrivere un racconto invece che un libello o una satira, e poi un mezzo raccontino scritto sì con un certo brio, ma sempre con l’indice puntato sull’argomento che ha scelto.

Simona: É questo lo stile alla Asimov?

Andrea: Credo di sì, ma falla andare avanti.

Graziella: A mio giudizio deve essere un po’ più morbido, meno spigoloso: se ha scelto di fare narrativa deve narrare, non predicare.

Andrea: Addirittura?

Editore: E si sta esprimendo ancora con una certa morbidezza: io sono uscito dai gangheri quando ho letto questa roba.

Andrea: Vabbé, mi sembra che si stia esagerando…

Editore: No, é che tu hai completamente stravolto il significato di tutto il progetto. Come ho già detto, voglio fare una circostanziata denuncia di una profonda ideologizzazione, e se mi ti metti a scrivere in modo così dogmatico tagli le balle al progetto!

Andrea: Ma che ci posso fare se la rabbia che mi sono tenuto in corpo per vent’anni ha finalmente trovato il modo di uscire fuori? Ho solo voglia di cantarle chiare a tutti quelli che mi hanno rovinato la giovinezza con le loro cazzate.

Simona: Scusa, ma secondo me hanno ragione loro.

Andrea: Tu quoque, Simmy? Dopo quello che c’é stato tra noi?

Paolo: Perché, che c’é stato?

Simona: Guarda che quel che c’é stato o c’é o ci sarà tra noi non toglie nulla al fatto che hai scritto come un Nanni Balestrini di destra!

Francesco: Questa é davvero buona!

Andrea: Mi sembra sempre che stiate esagerando. Addirittura paragonarmi a Balestrini…

Editore: E invece il paragone é azzeccato: hai una prosa troppo dura, ostica, bada bene: non difficile, ma spigolosa e troppo ideologizzata.

Andrea: Ma vi accorgete di cosa sta succedendo fuori di qui? Quarant’anni di guerra fredda sono finiti, il muro di Berlino lo stanno vendendo a pezzi e bocconi, in Romania sta succedendo quel che sta succedendo, il marxismo ha finalmente tirato le cuoia, e voi mi venite a dire di andarci piano?

Francesco: E tu ti accorgi che stai usando le stesse parole di Yves Montand e compagnia bella al festival di Cannes del Sessantotto? Che ci stiamo a fare qui quando a Parigi c’é la rivoluzione? Guarda che la battuta sul mondo rotondo si può anche rovesciare, sai?

Andrea: Andando troppo a destra si finisce a sinistra?

Francesco: Già, proprio così; e se non te ne accorgi ci vuole qualcuno che te lo faccia capire.

Andrea: No, mi spiace, ma non accetto di perdere un’occasione così ghiotta. Abbiamo finalmente l’occasione di far sentire l’altra campana, di parlare in libertà e senza essere bollati con etichette che fra l’altro al giorno d’oggi starebbero tra il comico e il surreale se non ci fossero state di mezzo tante tragedie, e non ammetto di venire annacquato.

Francesco: Ma guarda che nessuno ti contesta questo: le idee sono giuste, ed eravamo tutti d’accordo, almeno io ed il nostro editore: Paolo e Simona sono più tinti di rosso e ci metteranno un po’ a sbiadire.

Paolo: Io non sono un rosso, non lo sono mai stato, ma non sono neanche un neraccio come questo bel tomo!

Andrea: Non mi sembra questione di essere rossi o neri, camerati o compagni… a proposito, ricordo la storia di quel compagno ignorante che s’incazzó quando andò in Francia e lo chiamarono “camerade”…

Simona: No, scusa, non puoi cavartela con una battutina: come tutti abbiamo accettato consigli e critiche, anche tu devi capire quel che si sta dicendo qui. Nessuno vuol togliere forza alle idee che propugni, mancherebbe altro: devi soltanto essere un po’ più scanzonato nello scrivere. Gli anni ti hanno indurito niente male, sai? E quasi quasi rimpiango quello che eri una volta, quand’eri culo e camicia con quel matto di mio fratello.

Andrea: Non lo so, a me sembra che siamo tutti più rigidi di come eravamo da ragazzi, almeno stando a quel che mi ricordo. Dovrebbe essere il contrario, gli anni dovrebbero rendere la gente più conciliante; invece mi accorgo che ci accapigliamo per un nonnulla. Forse hanno ragione i mass media a descrivere la nostra generazione come gli eterni adolescenti.

Francesco: Oh, ma che ti ha preso? Mi stai cominciando a rompere le balle con questi luoghi comuni, sai? É vero quel che dici, io a te ti ricordavo più disincantato, meno arrabbiato, più scanzonato, ma non puoi generalizzare in questo modo. Quel che vale per te non é detto valga anche per me, o per Simona, o per il nostro editore. Lascio fuori Paolo perché  non ho mai sperato che cambiasse…

Paolo: Vuoi dire che non ci speravi o che speravi di no?

Francesco: Come, scusa?

Paolo: Uno a zero, palla al centro, per una volta…

Francesco: Scusa, mi hai colto in contropiede. Volevo dire soltanto che il nostro amico Andrea non può venire qui e comportarsi come un sociologo da talk-show, traendo verità universali da comportamenti molto particolari come il suo. Scrisse una volta Luca Goldoni che era capace anche lui di fare un sondaggio: visto che nel suo palazzo quello del primo piano era indulgente coi figli e quello dell’attico li picchiava, si poteva dedurre qualcosa sull’influenza dell’ascensore nell’educazione della prole.

Andrea: Ed io starei facendo la stessa cosa?

Francesco: Più che altro, stai assumendo un atteggiamento molto conformista nel tuo anticonformismo.

Editore: Scusate, vogliamo concludere la riunione? Io avrei anche un po’ da fare; se poi volete star qui a fare terapia di gruppo accomodatevi.

Simona: Sì, hai ragione; dopotutto questi discorsi lasciano un po’ il tempo che trovano: ormai quello che siamo siamo, non é che litighicchiare a queste riunioncelle o scrivere quattro raccontini per bimbi scemi possa cambiare i nostri caratteri a trentacinqu’anni.

Andrea: Lo dici come se fosse stato lo scopo di questo progetto, ma almeno io non mi sono mai fatto illusioni in questo senso.

Paolo: Non sono d’accordo: molte volte una sana riflessione sugli errori del proprio passato può far capire qualcosa sul proprio presente.

Andrea: Questa, scusa, ma é una frase da Bacio Perugina. Sono del parere che se uno non ci arriva da solo a queste cose non ci potrà arrivare mai.

Simona: E con ciò abbiamo liquidato cent’anni di psicanalisi…

Andrea: Datemi pure del reazionario, ma nella maggior parte dei casi un buon amico può fare – senza farsi pagare – lo stesso lavoro di un buon  psicanalista.

Paolo: E chi gli amici non li ha?

Andrea: Si attacca al tram, oppure va in chiesa a confessarsi, oppure va dallo psicanalista, che é un amico a pagamento, ma nulla di più. Ma non era questo il punto, mi pare.

Simona: No, il punto era che siamo cambiati rispetto a come eravamo  vent’anni fa.

Francesco: Ti correggo: rispetto a quel che ci ricordiamo di come eravamo vent’anni fa. Sarà deformazione professionale, ma la vecchia fissa di Orwell é sempre presente nei miei pensieri.

Paolo: Tu ribatti sempre su questo punto: io credo al contrario di ricordarmi benissimo il mio passato.

Francesco: Credimi, vecchio mio, se potessi andare indietro nel tempo e vederti rimarresti sconcertato.

Andrea: Diciamo piuttosto: deluso?

Editore: Basta, passiamo ai voti.

Andrea: Ai voti?

Editore: Sì, ai voti sui racconti della serie “Io e…”.

Paolo: Da voi opportunamente demoliti.

Simona: Io voto per Francesco: il suo racconto era decisamente il migliore della tornata, ivi compreso il mio.

Andrea: Anch’io voto per lui.

Paolo: Anch’io.

Francesco: Non potendo votare per me stesso, voto per il pezzo di Simona, che mi sembra il più equilibrato.

Graziella: Tre voti all’avvocato, uno alla professoressa.

Editore: Adesso votate il peggiore.

Francesco: Non mi é piaciuto il racconto di Andrea, troppo appeso per aria, senza nemmeno quel pizzico di suspense che ho trovato in Paolo.

Andrea: Ringrazio… e do la mia palma proprio a Paolo, che ha fatto un  racconto zoppo e senza capo né coda.

Simona: Mi spiace, ma anch’io do la pernacchia d’oro a Paolo.

Andrea: Perché ti spiace?

Simona: Perché avrei voluto tanto regalarla a te, amore della mia vita, ma tra i due orrori il suo é il più orrorifico.

Paolo: Dopo queste belle batoste, non mi rimane che scegliere il racconto di Andrea, così almeno sono ex-aequo con qualcuno.

Andrea: Non vale! Votazione truccata!

Editore: Scusate, ora devo andare, ma…

Andrea: Arbitro venduto! Vai a coltivare i ravanelli!

Graziella: Il conto dei siluri é: due per l’ingegnere…

Editore: … decidete da soli cosa volete fare per la prossima volta.

Andrea: Ha da scorrere lu sangue!

Graziella: … e due per il signor Paolo.

Francesco: Basta fare i buffoni, dai, se ne sono andati, cosa penseranno di  noi?

Simona: E che ti frega?

Andrea: Ma dai, ci avete creduto sul serio che mi ero arrabbiato?  Piuttosto, vogliamo decidere il tema per la prossima volta?

Francesco: Fa un po’ Decameron, ma facciamolo pure. Che prevediamo per la  prossima giornata?

Simona: Io avrei voglia di scrivere qualcosa sull’amicizia, dopo tanto sesso. Mi pare che fosse un argomento che la nostra generazione ha  abbastanza reimpostato.

Andrea: Guarda che noialtri non abbiamo inventato nulla: abbiamo solo finto di farlo.

Simona: Lo so anch’io che l’amicizia esisteva già prima di noi; é solo che il nostro vivere più aperto, più gregario, le ha lasciato più spazio.

Francesco: Credo che tu non abbia torto: un tempo, ad esempio, quando due si  mettevano insieme scomparivano per i fatti loro; invece ai tempi nostri si restava tutti in gruppo, scapoli e ammogliati.

Simona: Sì, questo é un aspetto della questione; io vorrei invece puntualizzare come la libertà sessuale abbia depurato il sentimento di amicizia della sua componente attrattiva e competitiva.

Paolo: Attrattiva? Competitiva? Ma parla come mangi!

Simona: Attrattiva fra persone di sesso diverso, competitiva tra persone dello stesso sesso.

Andrea: É un punto di vista interessante. Vada per l’amicizia.

Francesco: E anche se oggi ci siamo scaldati un po’, vogliamo restare amici come prima?

Paolo: Supposto che lo fossimo!!!

(La discussione si chiude con una risata).

 

Lascia un commento

XHTML: Puoi usare questi tags: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>