All’improvviso
Pubblicato da poetto il 16 febbraio 2009
Le ventidue, ultimamente esco da lavoro sempre più tardi.
Questa strada è sempre più buia, penso se, prima di uscire dall’ufficio, ho fatto tutto.
Rifletto su quello che mi ha detto Mario, il collega, ha ragione non dovrei uscire così tardi, quello che non riesco a terminare dovrei lasciarlo per il giorno dopo, è più forte di me…sono stanchissimo!
Guardo l’ora nel display del cruscotto, le ventidue e dieci, a casa sono solo, Carla, mia moglie, è dalla madre, rientra fra tre giorni, non vedo l’ora di mangiarmi qualcosa, guardarmi un po di tv e poi nanna.
Accelero, raggiungo i cento all’ora.
Improvvisamente realizzo che davanti a me c’è un’ombra scura, sono attimi, frazioni di secondo, la mia mente prima impegnata a decidere su cosa guardare in tv viene scossa da questo evento.
Un botto…le luci dei fari dell’auto illuminano una sagoma che vola davanti a me, cade sul lato destro dell’auto.
Un tipo in bici, senza luci … tutto accade in un attimo, ho messo sotto uno sconosciuto in bici.
Panico… fermo la macchina, mi avvicino per vedere cosa si è fatto lo sconosciuto, la bici ha fatto un volo di diversi metri, il tipo è caduto in una piazzola di sosta pochi metri oltre, mi avvicino, ha sbattuto violentemente la testa, gli parlo, lo muovo, nulla…mio Dio!…che disastro! Vedo se arriva qualcuno…non so cosa fare…è stato un incidente…non riesco a pensare, sono agitatissimo.
Non passa nessuna macchina.
Non voglio finire in galera, non voglio sostenere un processo…lo so non è colpa mia, me lo sono trovato all’improvviso, fatto sta che l’ho messo sotto io.
I parenti dello sconosciuto, sicuramente, vorranno vederci chiaro, finirò in un vortice giudiziario dai risvolti imprevedibili.
Improvvisamente, nella mia mente, fa capolino un’idea…azzardata.
Per fortuna la strada non è mai trafficata, nessuno ha assistito all’incidente.
Mi carico lo sconosciuto in auto, assieme alla sua bici, copro tutto con un telo che ho nel cofano, fortunatamente la mia auto è bella spaziosa.
Trascino lo sconosciuto fino alla mia auto, non è pesante, in terra le traccie dell’incidente.
Nel portabagagli ho ancora una serie di quotidiani che ho messo da parte per proteggere i mobili dagli schizzi di vernice, sto per andare in ferie, il programma era, tra l’altro, quello di tinteggiare la casa al mare, un utile passatempo.
Metto i giornali in modo da assorbire il sangue, spero che …funzionino e non lascino macchie in auto.
Non passa ancora nessuno, il tipo è dentro l’auto.
Abito in una villetta lungo questa statale, a pochi chilometri da qui.
La mia casa è circondata da un parco di diversi ettari.
Arrivo a casa, parcheggio l’auto nello spiazzo dietro la villa.
Lego i cani, per evitare che mi seguano.
Le ventidue e quaranta, devo agire subito, prendo una pala, la metto in auto.
Non tutto il terreno è curato.
Percorro in auto il tragitto più lungo che posso fare senza lasciare “strane” traccie nel terreno.
Mentalmente cerco di trovare il posto migliore per metterci il poveretto.
Mi viene in mente che un tratto del terreno potrebbe avere le caratteristiche richieste, una zona coperta dagli alberi, poco frequentata sia da me che da Carla e ancor di meno dai parenti e dagli ospiti.
Prendo la pala, incomincio a scavare, sarà l’adrenalina che ho in circolo, fatto sta che la stanchezza che sentivo prima è svanita, mi pare di vivere un incubo, un orribile sogno.
Guardo la fossa, mi pare possa andare.
Centomila pensieri affollano la mia mente…e se lo dissotterrano i cani?…e se fa una puzza talmente forte da attirare l’attenzione?
Decido di usare delle buste nere, grandi che usiamo di solito per metterci l’erba tagliata.
Rientro in casa, il telefono suona, chi sarà a quest’ora?!
- Pronto!
- Mario…sei già a letto?
- Oh! ciao Carla…a letto?
- Ho chiamato prima e non hai risposto.
- Prima?
- Tutto bene?! Ti sento un po’ strano.
- No! è che ho avuto una giornata pesante a lavoro e la testa mi scoppia….prima ero in bagno…scusa se non…
- Hai preso qualcosa?
- Si…solo che l’ho preso da poco, speravo mi passasse da solo. Tu come stai? I tuoi?
- Tutto bene! Mi spiace che ti senta male!
- Ora vado a letto…domani sarà un ricordo questo mal di testa… ciao, un bacio.
-Un bacio…se vedi che non ti passa chiamami che rientro.
- Non preoccuparti! Ciao!
- Ciao!
Prendo una serie di buste per metterci il tipo, non immaginavo che fosse così stancante scavare fosse, sono esausto.
Metto lo sconosciuto, ben imbustato dentro la buca, profonda forse oltre due metri.
Mi domando che fare della bici…seppellisco anche quella.
Mille dubbi tempestano di nuovo la mia mente…che diammine sto combinando? E se mi scoprono?
Sono passati tre mesi dall’incidente.
Apro il quotidiano, vedo una notizia che attira la mia attenzione:” Questo pomeriggio la storia di Amedeo Rossi, scomparso misteriosamente tre mesi fa…la famiglia dopo le infruttuose ricerche ha chiesto, al noto programma tv, un aiuto per rintracciare
il proprio caro”.
La mia mente mi ripropone tutto l’incidente, impietosamente
rivivo quei drammatici momenti.
Lo sconosciuto ha un nome, una storia come era logico attendersi.
Non voglio assolutamente perdermi la trasmissione televisiva.
Ho bisogno, per un intima necessità, di vederlo da solo, con calma, voglio capire e far capire a me stesso, cosa ho combinato.
Registro la puntata.
La mattina dopo “sto male”, mi spaccio per malato, il solito mal di testa che, in realtà, ogni tanto mi affligge.
Do il giorno libero a Chiara, la cameriera, dicendole che ho bisogno di silenzio e di restare solo.
Metto il dvd nel lettore, sono seduto nel divano, il programma inizia.
Eccolo lì! Esclamo davanti alla foto del tipo.
Nel salotto del Rossi ci sono la moglie e due ragazzine, dallo sguardo assente, raccontano l’ultima giornata del loro congiunto.
La tentazione di spegnere la tv è forte, questo programma aumenta il mio senso di colpa, so che è stato un incidente causato dall’imprudenza di quella persona, solo che io andavo a cento, e forse anche oltre, chilometri all’ora in una strada dove si poteva andare a cinquanta, non posso negare quindi che un po’ di colpa è anche mia.
In sintesi questo signore era andato a fare una passeggiata in bici, stranamente, anziché fare il solito tragitto, aveva deciso di fare un percorso alternativo.
Scopro, infatti, che le ricerche si sono concentrate su un’altra strada, la “mia” strada non era stata presa in dovuta considerazione.
Essendo un abitudinario, i parenti avevano ritenuto che quello solito fosse il percorso da prendere in considerazione.
Seguo tutta la trasmissione, la voglia di sapere se qualcuno ha visto è troppo forte.
Stranamente una signora chiama dicendo di aver visto il signore vicino a casa sua ieri mattina, penso tra me che, sicuramente, ha preso un abbaglio.
Ieri ho avuto un incubo.
Stavo rientrando a casa, all’improvviso la porta si apre, resto fermo per capire che succede, Amedeo Rossi è lì, davanti all’ingresso di casa mia che mi sorride, mi passa davanti guardandomi dritto negli occhi, senza smettere di sorridere.
Mi sveglio tutto sudato, agitato.
Le tredici, la zia di Carla con il marito sono a pranzo da noi, si parla delle ferie, del parentado…il mio sguardo viene attirato da un’ombra, mi pare che ci sia qualcuno in giardino vicino alla macchina.
Mi alzo dal tavolo.
- Mi pare di aver visto qualcuno- dico spostando la sedia.
- Sarà Dario- dice Carla.
- Oggi è Domenica…il giardiniere non viene di domenica.
- Hai ragione…è domenica. Chi può essere?
- Non lo so!
Mi avvicino all’uscita.
La cameriera, che per fortuna aveva il giorno libero il giorno della disgrazia, mi dice di non aver notato nessuno fuori.
Temo che il senso di colpa mi stia dando dei problemi, devo tener duro.
Le tre del mattino, Chiara si sveglia accende la luce della stanza.
- Perché hai accesso?
- Mi pare di aver sentito il rumore di una bicicletta…lo so sembra assurdo…ti assicuro che non stavo sognando. Sono andata in bagno, in sordina ho sentito questo suono…mi è parso il suono di una bici.
- Una bici?! Sei sicura che non stavi sognando? Al limite, nel nostro giardino, a quest’ora, puoi sentire i cani che corrono.
- Hai ragione…come può essere una bici? Magari era il vento o chissà cosa che ha causato quel rumore…scusa se ti ho svegliato.
Amedeo Rossi mi appare di nuovo in sogno, questa volta non sorride più, anzi, sembra visibilmente contrariato, minaccioso.
Il sogno è ambientato in casa, io sono nel salone guardando la tv, improvvisamente questa si spegne, mi si para davanti il tipo, incomincia a prendermi a schiaffi, hai visto cosa hai fatto? Mi grida, chi manderà avanti la mia famiglia? Cerco di evitare i colpi,
gli faccio presente che era senza luci, vestito di scuro e senza catarifrangenti, mi fa presente che stavo andando a centodieci all’ora, i catarifrangenti qualche imbecille li aveva tolti quel pomeriggio.
Mi racconta, continuando a prendermi a schiaffi, che era andato a trovare un amico, tra una chiacchiera e l’altra, non s’era reso conto del tempo passato, era sceso il buio, aveva deciso di fare una strada alternativa per cercare di risparmiare tempo, inoltre, come era andato a prendere la bici, qualcuno aveva preso i catarifrangenti.
Mi sveglio con la sensazione di aver preso un mare di botte, mi guardo allo specchio, la mia faccia è rossa come un peperone.
Dovrò convivere con questi incubi, non ho nessuna intenzione di rivelare quello che è successo, mi spiace ma non farò nessuna confessione.
Ci sono alcune cose che non riesco a comprendere,Chiara, avrà sentito veramente un rumore di bici? Se così così fosse la vicenda potrebbe assumere un aspetto differente.
Non credo a fantasmi, sono convinto che quel rumore, sentito durante la notte ed altri fatti, possano essere spiegati senza tirare in ballo la mia sfortunata vittima.
19 febbraio 2009 alle 09:53
Ciao Poetto,
mi piace pensare che il fantasma di quel poveretto tormenti davvero il protagonista della storia. Ottima scelta quella di introdurre il rumore della bici.
Al prossimo.
19 febbraio 2009 alle 15:37
Ciao Poetto,
descrivi molto bene la paranoia che emerge dal senso di colpa del protagonista.
Grazie per avercelo fatto leggere!
20 febbraio 2009 alle 00:29
Grazie dei commenti!