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L’amico invisibile

Pubblicato da poetto il 18 gennaio 2011

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Capita che i bambini si inventino degli amici e Marco, mio figlio, se n’è inventato uno.

Harry, questo è il nome che gli ha dato.

Questo invisibile amico è, secondo mio figlio, un bambino inglese, che parla italiano con forte accento, biondo con gli occhi azzurri, un po’ robusto.

Trovo piuttosto insolito che si sia inventato questo amico invisibile con quelle caratteristiche.

Un mio amico mi ha detto che è normale che i bambini inventino storie del genere, forse il mio ha più fantasia nell’inventare storie.

Lunedì mattina, mi preparo per andare a lavoro, Giulia, mia moglie, sta preparando il bambino, solo che lui non vuole sentirne di andare a scuola.

. Marco, che succede? – gli chiedo con voce bassa.

. Harry dice di non andare a scuola – mi dice il bambino, sembra turbato.

. Perché?

. Mi ha fatto vedere, nello specchio della camera, l’incidente.

. Senti Marco, la mamma deve andare a lavorare, farà tardi se non…

. Papà…tu non credi a Harry…lui esiste sai!

. Marco, lo sai che papà ti vuole bene, però questo amico sta creando un po’ di problemi. Come fa a sapere dell’incidente?

Giulia, intanto, continua a guardare l’orologio, incomincia a essere tardi e lei inizia a perdere la pazienza.

. Senti Mario, ora l’accompagni tu il bambino. Marco, questa storia dell’amico invisibile sta…

. Voi non volete credermi!! – grida il bambino, è agitatissimo. Ci guardiamo in faccia con Giulia, la vicenda dell’amico invisibile ha preso una piega spiacevole e preoccupante.

Il bambino corre in camera sua, si chiude dentro, non vuole uscire.

Tutti i tentativi per convincerlo cadono nel vuoto, poi, dopo circa cinque minuti, apre la porta.

. Harry mi ha detto che possiamo andare.

. Marco, quello che è successo è molto brutto, non voglio che succeda di nuovo…hai capito?! Questo pomeriggio, noi tre, dobbiamo parlare di questa storia dell’amico invisibile.

. Lui non è invisibile. Voi non lo vedete ma io si.

. Basta Marco! – grida Giulia – ora basta. Questo amico deve andarsene…ci siamo capiti? Hai capito quello che hai fatto?

. Calma Giulia… Marco, ora andiamo a scuola, questo pomeriggio…

Il bambino non mi guarda, il suo sguardo è indirizzato verso la sedia vicino all’ingresso. Fa cenno di si con la testa.

. Papà, è tardi – mi dice come se nulla fosse accaduto.

Giulia è molto preoccupata.

Si avvicina, mi sussurra all’orecchio tutte le sue paure.

Il timore che Marco possa essere affetto di qualche patologia psichiatrica si fa strada nelle nostre menti.

Un fatto così eclatante non era mai successo, tutta la storia dell’amico, comunque, è abbastanza insolita.

In auto, ci indirizziamo verso la scuola, che non è lontana da casa, tutto il traffico è, però, bloccato.

Un incidente, poco prima dell’ingresso della scuola, ha causato il blocco, pare che ci siano anche delle vittime, non è chiaro.

. Hai visto?! – mi dice il bambino.

. Marco, cosa avevamo detto?

. Che ne…ma papà! Hai visto che Harry aveva ragione. Lo sai che potevamo essere noi quelli?

. Marco, ora basta! Va bene? Questo è solo un caso, solamente un caso…signorino, la mamma ha ragione, questa storia deve finire…comunque ne parliamo dopo.

Stranamente, l’incidente è accaduto, non posso che pensare al caso, comunque non si può negare la coincidenza.

Telefono a Giulia, le racconto quello che è successo, anche lei propende per il caso.

Eccoci tutti e tre riuniti per discutere della faccenda amico invisibile.

. Allora Marco, lo sai che mamma ti vuole bene – incomincia Giulia – solo che questo amico non può più restare con noi.

. Perché? Lui è un mio amico…mi ha aiutato tante volte…mi fa compagnia.

. Perché non ti cerchi amici, ad esempio, come Dario?

. Dario è noioso e poi lui quando ci sono problemi, scappa. Harry non mi lascia mai solo… perché non vi piace?

. Quello che è successo questa mattina non è stato bello – gli dico. È difficile trovare le parole, non siamo psicologi, non sappiamo se sia giusto affrontare in questi termini il problema, solo che non possiamo far finta di nulla. Quello che ardentemente speriamo è che la vicenda non sia un preludio a qualcosa di patologico, ma sia solamente un capriccio, un gioco andato oltre, insomma, una cosa risolvibile.

. Harry aspetta! – il bambino, anziché guardare noi, guarda verso l’ingresso – no! per favore…

. Marco, la smetti? Guardaci quando ti stiamo parlando.

. Lo state mandando via – grida – se ne sta andando, lui è qui per me…è un mio amico.

. Marco, la smettiamo con questa sceneggiata? – gli dice Giulia.

. Harry dice che non vuole creare problemi…aspetta! Harry, per favore – poi si gira verso di noi – perché lo state mandando via? – intanto si avvicina alla porta, si muove e gesticola come se davanti a lui ci fosse qualcuno.

Seguiamo Marco con lo sguardo, improvvisamente, appare l’immagine di un bambino sui sei, sette anni, biondino, capelli corti, sorride, saluta con la mano e sparisce attraversando la porta d’ingresso.

Restiamo a bocca aperta, incapaci di qualunque commento e reazione.

Marco, intanto, sconvolto, gridando: lo avete fatto scappare…era un mio amico, si chiude nella sua stanza.

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