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Altra dimensione – parte ottava

Pubblicato da poetto il 1 gennaio 2011

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Alcune persone ci guardano, non sembrano minacciose.
Un signore, con una busta della spesa, segue incuriosito le nostre mosse.
. Sei sicuro che la nostra casa si trovi qui? – mi domanda Albert.
. Quei tipi continuano a guardarci, che vorranno? Io non so il tedesco, e se mi domandano qualcosa? – rispondo io.
. Accidenti! Concentrati! È possibile che … ti rendi conto che siamo nei pasticci fino al collo? Te ne rendi conto? – Albert è abbastanza nervoso.
La strada che ho davanti ha poco in comune con la “mia”, ci sono pochi punti di riferimento comuni.
Cerco di capire meglio, di individuare con più cura dove si può trovare il nostro obbiettivo; vedo una piccola casa bianca, stile anni trenta e, tranne pochi “ritocchi”, rimasta immutata nel tempo, questa casa esiste anche da “noi”, in base a lei riesco a individuare con precisione il nostro punto.
. Seguimi, penso di aver capito dove si trova il nostro punto.
Albert mi guarda, sorride, mi segue.
Facciamo diverse decine di metri dopodiché tutto scompare.
La scena che ci troviamo davanti ci stordisce, non è quello che ci aspettavamo.
La strada non c’è più, niente più case, al loro posto alberi, prati, verde.
. Che diammine è successo? – la domanda mi scappa, non riesco a credere di non trovarmi nella mia realtà. Mi guardo in giro spaesato.
. Temo che lo strumento abbia dei problemi e noi siamo… no! Non voglio neanche pensarlo…Martin sistemerà tutto. Dobbiamo segnalare in qualche modo il punto.
Prendiamo una serie di rami che troviamo nei paraggi e facciamo una grande x nel terreno.
Ci guardiamo intorno, notiamo un po’ oltre una serie di case, ci incamminiamo verso di loro.
Arriviamo davanti alle prime case, sono abbandonate, lo sembrano da molti anni, continuiamo a camminare, non vediamo nessuno.
Molte case sono crollate, praticamente tutte sono pericolanti.
Entriamo in una, tutto al suo interno sembra fermo ai primi anni sessanta.
. Che fine avranno fatto le persone? – domando e mi domando.
. Non lo so! Che pasticcio! Sono seriamente preoccupato. Quello che mi viene in mente, vedendo tutto questo, è la crisi dei missili di Cuba, del 1962. Spero di sbagliarmi. Nella nostra realtà quella crisi è stata superata senza la catastrofe, qui, secondo me, anche se, ripeto, spero di sbagliarmi, invece, la crisi è sfociata in scontro aperto tra noi e l’Unione Sovietica.
. Senti, ho fame, sono stanco… che facciamo?
. Non avevo previsto tutto questo. È stato un grosso errore passare in queste realtà parallele senza un serio programma di sicurezza. Avremmo dovuto sperimentare di più…comunque così è andata. Vediamo se troviamo qualcosa da mangiare, da bere. Cerchiamo di capire che tipo di ambiente ci circonda.
. Visto lo stato di abbandono di queste case, dubito seriamente di riuscire a trovare qualcosa da mangiare qui dentro.
Albert sembra molto provato, non riesce a capacitarsi del fatto di essere finito in questa situazione, che ora come ora, sembra molto seria e preoccupante.
Come immaginato, dentro quella casa non troviamo nulla, neanche in quella dopo e in quella dopo ancora.
Più ci inoltriamo verso il centro, maggiore è il numero delle abitazioni crollate.
Siamo in questa realtà da un ora, circa.
. Tutto quello che vedo non mi piace – mi dice Albert fermandosi all’improvviso.
. Albert, non tenerti tutto per te, come sei solito fare, cos’è che non ti piace? – Capisco che Albert intende altro, oltre a quello che macroscopicamente si vede.
. Ok! La crisi dei missili di Cuba ha rischiato di risolversi in un conflitto nucleare, ecco! Io temo che in questa realtà sia successo proprio questo…se ho ragione potremo essere esposti a forti dosi di radiazioni.
. La gente che fine avrà fatto? Possibile che non siamo riusciti a trovare nessuno? E poi se sono morti i loro resti avremo dovuto trovarli.
. Nel 1960, nella nostra realtà, qui vicino c’era la base aerea di Fort Galland, che ora, sempre da noi, non è attiva da molti anni, qui potrebbe essere stata un bersaglio. Sai cosa ti dico? Torniamo indietro e incrociamo le dita sperando che Martin sia riuscito a risolvere. Se nei dintorni è veramente scoppiata una bomba nucleare…hai presente l’isola di Bikini?
. Albert, dobbiamo prendere in considerazione che lo strumento non funzioni. Lo so, sto dicendo una cosa scontata, solo che …
Albert sbuffa, mi guarda, poi guarda a terra, fa si con la testa.
. Sono stanco, spaventato… scusami per prima. Il fatto di non vedere nessuno in giro mi spaventa tantissimo, e poi…non voglio restare qui, proviamo a torniamo indietro e vediamo se Martin è riuscito a sistemare lo strumento… penso che questo posto sia molto pericoloso.
. Sono stanco e spaventato anch’io. Ok, torniamo indietro e incrociamo le dita.
La nostra casa, in questa realtà, non esiste perché era stata edificata nel 1966, e tutta la zona è stata “tirata su” dal 1965, prima non c’era nulla, solo alberi e prati.
Tornando indietro notiamo qualcosa sotto un cumulo di macerie, ci avviciniamo, sotto una patina di polvere c’è uno scheletro.
Acceleriamo la nostra marcia, sappiamo, perché lo sappiamo, che potrebbe non succedere nulla, che potremo trovarci ancora qui, attraversata la nostra x, solo che la speranza, la voglia di crederci, è troppo forte.
Dopo un po’ arriviamo al nostro punto, alla nostra x.
Ci guardiamo, incrociamo le dita, proviamo ad attraversare il punto.

_ Continua_

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