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DOMENICA

Pubblicato da rossanocrotti il 18 maggio 2008

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DOMENICA

Io e Valeriana avevamo il futuro davanti e avevamo deciso di affrontarlo a qualsiasi costo. Questa prerogativa in comune ci fece andare all’altare con un orgoglio sano e carico di energia che ci faceva volare a una spanna da terra. Al matrimonio c’era quasi tutto il piccolo paese in provincia di Reggio Emilia. E la Uno color oliva sbiadito era bardata a festa con grossi fiocchi bianchi. Il velo di Valeriana nascondeva due occhi scuri più  intensi che mai. Mia madre piangeva e mio padre guardava per aria .

Il vecchio prete (che i presenti si auguravano riuscisse almeno a finire la funzione), con voce sommessa fra colpi di tosse e attacchi d’asma, ci dichiarò ufficialmente marito e moglie. Il pranzo era all’aperto e davanti a me, Ennio, Giovanni, Ruggero e Carlo, tutti vestiti in abito grigio, si guardavano curiosi come se avessero qualcosa in comune. Di comune avevano solamente il fatto di vivere in un paese tanto piccolo dove, prima o poi, le vite degli abitanti si incrociano sicuramente. Il pranzo era ben riuscito e gli invitati stavano ballando sul prato. Io stavo ballando con Valeriana. Sentii una voce che mi chiamò .

Roberto si svegliò. Era Domenica mattina. Sentì l’ assoluto bisogno di trovare la sua Valeriana.  Quello che trovò, non fu altro che la realtà del suo mondo. Quel mondo e quel modo di vivere che l’aveva portato a pensare che la sua vita fosse solo un sogno. Roberto si sentiva bene solo la notte, quando poteva fantasticare e dar vita al suo mondo parallelo. Quando dava vita a me, a Valeriana, ai miei amici, al mio paese, a tutto ciò che voleva fosse la sua vita. E così non riusciva a realizzarsi nella sua dimensione, col suo lavoro di comodo nella bottega del padre, nelle sue piatte serate fra sogni notturni e allucinazioni  sempre più reali.

Quel giorno Roberto andò in montagna. Fu il giorno che incontrò Floriana.

Capelli rossi (tinti), trucco eccessivo, inguainata in un vestito sobrio ma che non dava spazio all’immaginazione. Era  la trascinatrice della compagnia, socievole e provocante. (Anche un po’ merda). Roberto si buttò a pesce su di lei. Con discrezione, cercando di non essere mai pesante o scontato. E la ragazza ci stava, gli dava corda e il povero Roberto pensava di aver fatto una conquista degna di un grande seduttore.

Gli argomenti fra i due erano quasi finiti e il nostro eroe passò alla fase “invito”, ovviamente dove e quando voleva lei.

Roberto aveva fretta. Troppa. Io, nei suoi sogni ero già sistemato  e lui mi invidiava. Floriana si alzò dal tavolo sculettando e dopo aver accettato l’invito, buttò le braccia al collo di un tipo ubriaco con la camicia aperta e i jeans strappati. Floriana faceva così con tutti. Lei rideva, scherzava e giocava con tutti. Non prendeva nulla sul serio quando era in compagnia. Del resto, a casa, di cose serie ne aveva fin troppe da pensare.

Era lei che accudiva il fratello handicappato  da quando la madre era malata di cancro e fortemente debilitata. Floriana col suo stipendio, mandava avanti la famiglia. 

La pensione del padre non bastava. Dalla mattina alla sera lavorava. Tranne la Domenica pomeriggio, quando si concedeva una giornata di svago con gli amici. E diventava un’altra persona. Nessuno ha mai saputo niente della sua vita privata. Così come non saprà mai niente Roberto, che quel giorno pensava di aver trovato la sua Valeriana.

Non aveva calcolato che le persone, in superficie possono essere l’ esatto contrario di come sono realmente. Ed in quel caso tutta la parte buona di Floriana non la conosceva nessuno. Lei si presentava come una normale ragazzetta esuberante e un po’ superficiale, con la quale puoi ridere e scherzare  e se sei simpatico e anche un po’ carino  non ti dirà di no. Roberto andò all’appuntamento, aspettò un’ora, ma Floriana non si presentò.

Era una squallida Domenica metropolitana. Il freddo era pungente e da ogni angolo usciva  tutto il calcio minuto per minuto. La partita regnava sovrana. 

Ore sedici e zero uno.

Tornò a casa veramente deluso. La sua faccia era uguale a quella degli ultras.

Si giocava in casa. Avevano perso.                                                                                                            

Un commento a “DOMENICA”

  1. caterina dice:

    ciao Rossano,

    era da molto che volevo scriverti.
    sono andata a ritroso nei tuoi racconti e trovo molto interessante questo tuo progetto di pubblicare i capitoli del tuo romanzo.
    mi sto appassionando alle vicende di “io e Valeriana”.
    :)

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